BRUTTO PERIODO PER I LADRI D'APPARTAMENTO (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
"In Lombardia sta succedendo qualcosa che non si riesce a spiegare: qui il coronavirus sta circolando in modo anomalo".

L’esperienza delle precedenti pandemie bastava a immaginare questo scenario.
Tuttavia si tratta di fenomeni che toccano una tale quantità di sfere, da quelle naturali a quelle sociali,
con innumerevoli ramificazioni, che per affrontarli un approccio interdisciplinare è fondamentale.
Io l’ho acquisito attraverso un percorso professionale atipico: prima da virologa, successivamente da parlamentare,
e infine da direttrice di un centro di studi interdisciplinare in Florida.
Nel mio libro Salute Circolare mi ero precisamente concentrata sugli squilibri globali che rendono sempre più probabili simili scenari.
In un certo senso, questa pandemia la stavamo tutti aspettando.

La pandemia ha mostrato alla luce del sole l’assoluta impreparazione dei governi occidentali:
sono situazioni in cui non si può discutere di ogni scelta, ci vuole una catena di comando chiara
e questo non significa adottare il modello cinese ma far funzionare più efficacemente il nostro.
Il panico sui mercati è stata la logica conseguenza.

Questa emergenza ha rivelato che è il vero punto di fragilità del sistema è la sua velocità.
Attraverso le infrastrutture di comunicazione siamo riusciti ad accelerare (e quindi a trasformare qualitativamente)
dei fenomeni che prima mettevano millenni ad accadere.

Pensiamo al virus del morbillo: non era altro che una mutazione della peste bovina che si è trasmessa all’essere umano
quando abbiamo iniziato ad addomesticare la mucca. Il morbillo ha invaso il mondo camminando, a piedi.

Pensiamo all’influenza spagnola, che un secolo fa ci ha messo ben due anni per diffondersi.

Questa volta invece sono bastate un paio di settimane.
Un virus che stava in mezzo a una foresta, in Asia, è stato improvvisamente catapultato al centro della scena,
passando da un mercato in cui venivano radunati animali provenienti da aree geografiche molto diverse
Siamo noi ad aver creato l’ecosistema perfetto per generare spontaneamente delle armi biologiche naturali.

Nel ciclo naturale, se pure il virus usciva dalla foresta andava a finire in un villaggio di cento persone e lì esauriva il suo ciclo di vita.
Noi stiamo vivendo un fenomeno epocale, ovvero l’accelerazione evolutiva del virus.
La tecnologia è troppo veloce per quello che la biologia è in grado di assorbire

Di fronte alla catastrofe attualmente in corso in Lombardia, con i suoi elevatissimi tassi di contagio
e di letalità rispetto agli altri focolai, è urgente porsi la domanda.

Che cos’è successo a Codogno, a Bergamo, a Brescia?

In questa fase possiamo soltanto fare delle ipotesi.

Io credo che ci siano dei fattori, che ancora non conosciamo, che possono favorire la diffusione
e la permanenza del virus, eventualmente legati alle strutture ospedaliere.

Esistono esempi precedenti: il virus SARS 1 era circolato attraverso la condotta dell’aria dell’Hotel M a Hong Kong.
Oggi noi dobbiamo essere certi che il coronavirus non sia entrato negli impianti di aerazione di edifici vetusti.

Anche la letalità potrebbe essere legata a diversi fattori ancora da studiare.
Si possono fare infinite ipotesi con criteri epidemiologici: caratteristiche demografiche (età e sesso),
qualità dell’aria, resistenza agli antibiotici, abitudini alimentari, comportamenti…
Una spiegazione si deve trovare.

Se la Lombardia non fosse un caso eccezionale, se dopo Milano allo stesso ritmo dovessero cadere
Roma e Parigi e Londra e tutte le altre città, allora avremmo a che fare con una catastrofe di proporzioni gigantesche,
persino più grandi di quelle con cui ci stiamo confrontando ora.
Per quello abbiamo bisogno di capire cosa sta succedendo.

C’è sicuramente una strumentalizzazione che rende più difficile affrontare la questione a mente fredda.
Ogni morte è una tragedia. Ma noi stiamo cercando di gestire una pandemia, ovvero evitare altre morti,
e ogni decesso rappresenta delle informazioni preziose.

Quindi sì, distinguere tra morti “da” coronavirus o “in associazione” al coronavirus è necessario.

Che possano nascere delle polemiche su questo è molto grave.
Noi dobbiamo fare queste distinzioni perché ci aiutano a verificare delle ipotesi.
Quello che sta accadendo in Lombardia, ripeto, deve essere chiarito.
La questione dei criteri di reporting dei casi è fondamentale:
abbiamo bisogno di dati armonizzati a livello nazionale, europeo, mondiale.

Altrimenti brancoliamo nel buio.

Se c’è stata una corsa agli ospedali questa non ha certamente migliorato la situazione.
Da tempo con il mio centro di ricerca stiamo proprio lavorando sull’influenza dei media
(e nello specifico delle fake news) nella diffusione delle malattie.

Ci siamo interessati alla peste suina africana, che se dovesse diffondersi per spillover al circuito industriale sarebbe una catastrofe economica,
e abbiamo osservato come il dibattito nei media influenza i comportamenti della popolazione, producendo talvolta degli effetti perversi.

Un’epidemia è un fenomeno sociale oltre che biologico e dobbiamo chiederci cosa fanno i media al coronavirus.
Per ora sappiamo che producono molti cosiddetti “worried healthy” che assumono comportamenti disfunzionali.
Ma nel momento in cui cominciano a emergere fake news sui virus creati in qualche laboratorio militare segreto,
come si è visto in rete, si pone ancora un ulteriore problema: quello della delegittimazione degli scienziati visti come untori.

Il coronavirus è un cigno nero che stravolgerà il rapporto tra scienza e società, il modo di lavorare, il modo di comunicare.
Ora dobbiamo essere pronti a quello che verrà.

continua su: Coronavirus, l’allarme di Ilaria Capua: “In Lombardia sta succedendo qualcosa che non si spiega”
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Val

Torniamo alla LIRA
Dovremo un giorno ricordarci del 19 marzo 2020, festa del papà.

Mai prima di ieri avremmo pensato di plaudere a un commento vergato dal vicedirettore dell’Huffington Post, Alessandro De Angelis.

Questa volta, chapeau! L’ha azzeccato.

Nell’editoriale dal titolo: “Presidente, esca dal format”, De Angelis coglie in pieno la contraddizione di fondo
che rende dissonante la comunicazione del presidente del Consiglio con il tipo, e la qualità, d’interventi
che il Governo da lui presieduto sta implementando per fermare il contagio da Coronavirus.

Non è questione di forma, che potrebbe interessare la stretta cerchia degli esperti della comunicazione,
ma di sostanza perché ciò che fa e che dice, e come lo dice, il premier si ripercuote inevitabilmente sugli standard di vita di ogni italiano.

Nel mirino della critica di De Angelis c’è il post che Giuseppe Conte ha dedicato alla ricorrenza del 19 marzo.

Una roba stucchevole, un veleno per i diabetici.

Ma come si fa a scrivere: “Questo è il tempo della riscoperta. Del valore di un abbraccio, dell’importanza di guardarsi negli occhi,
del calore di una stretta di mano” quando, nello stesso momento, il Governo, a torto o a ragione,
a scopo di prevenzione ha consegnato tutta l’Italia agli arresti domiciliari?


Non ci si può toccare, non ci si può abbracciare, non ci si può baciare è lui fa l’elogio del contatto umano?

Qualcuno sarebbe autorizzato a chiedersi: “ma Conte ci è o ci fa?”

Non è che si voglia cavillare sulla necessità di tenere in linea di coerenza il pensiero
e l’azione del capo di Governo dell’ottava potenza industriale del mondo, ma qui si esagera.

Conte oggi scopre il valore dell’abbraccio?

Proprio nel giorno della tragica foto che ritrae la lunga colonna di automezzi militari che in fila indiana lasciano Bergamo
carichi di bare alla volta dei forni crematori dove un imprevisto numero di cadaveri, inimmaginabile in tempi di pace, dovrà essere incenerito.

Ma che gli ha detto il cervello?

Un messaggio del genere nel giorno in cui tanti figli non hanno potuto, non diciamo abbracciare,
ma neppure volgere l’ultimo sguardo al proprio genitore giunto da solo e senza il conforto dei propri cari al capolinea della vita terrena.

Francamente non sappiamo spiegarlo: è sadismo o incoscienza, quella di Conte?

Per De Angelis il problema è il format.

Il premier sarebbe incastrato in una comunicazione da Grande Fratello, ben inteso quello di Rocco Casalino non di George Orwell (troppa grazia)
che creerebbe, aggiungiamo noi, una dicotomia schizofrenica tra l’Essere del pittoresco personaggio Peppino Conte
e il Dover Essere delle regole che il politico-giurista Giuseppe Conte dovrebbe per primo rispettare prima di chiamare gli altri a farlo.

Frasi degne di essere incapsulate nella stagnola dei Baci Perugina: sbirciate di straforo, appallottolate e cestinate.
Mai prese sul serio.

Frasi stupide, inopportune che fanno il paio con gli scatti del Book fotografico che immortalano per i posteri
il Conte-John Fitzgerald Kennedy che scruta orizzonti lontani,
il Conte- Winston Churchill che pensoso s’immerge nell’ora buia della Storia,
il Conte-Papa Francesco che impartisce la benedizione al suo gregge di anime disorientate alle quali promette: “Presto torneremo a stringerci più forte di prima”.

Se questo è il meglio che il suo staff della comunicazione sa tirare fuori,
comprendiamo il perché questo premier ci appare ogni giorno di più inadatto al ruolo e, soprattutto, più urticante.

Ha ragione De Angelis, occorrerebbe un discorso di verità che riconciliasse il sentimento popolare con la durezza del momento che stiamo vivendo.

Ma i discorsi di verità richiedono un approccio virile nel rapporto con il prossimo che, a quanto pare,
da un po’ di tempo sembra che sia un’eresia solo farvi cenno.

Dovrebbero saperlo al Governo: non è tempo di telenovelas.

I buoni sentimenti, distribuiti un tanto al chilo, non sono l’antidoto alla crisi d’incertezza sul futuro
che sta divorando a tempo di record il tessuto connettivo della società italiana.

Oggi la paura più grande non è il virus.

A terrorizzare è il non sapere cosa accadrà dopo che il virus sarà scomparso.

Se si avrà la forza per rimettersi in piedi economicamente e socialmente.

Perché vittime innocenti non le fa solo il Covid-19, ma anche la miseria.

Ora, non si tratta di abbandonarsi ad eccessi polemici, come invocare la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo
per la chiusura temporanea di un parco pubblico, protestare per la libertà stuprata se viene momentaneamente proibito lo shopping,
gridare per la dignità umana negata se per qualche giorno, a titolo precauzionale, non è permesso fare jogging all’aria aperta.

Tuttavia, limitare i movimenti e la circolazione delle persone per poi affidare alle rete dei social un pensiero pleonastico
su quanto sia prezioso il calore di una stretta di mano, suona come uno sfottò che sarebbe di cattivo gusto
se lo provocasse un esperto di satira, ma che diventa inaccettabile se lo si mette sulle labbra del presidente del Consiglio.


Ma anche il post incriminato ha del positivo.

Si è rivelato essere un affidabile indicatore di verità sul grado di adeguatezza di questo premier allo stato d’eccezione.

Il nostro giudizio è noto: Giuseppe Conte e la sua squadra di Governo non sono all’altezza del momento di assoluta gravità.

Se è vero che la forma è sostanza, non basta cambiare format comunicativo per risolvere il problema.

Meglio sarebbe sostituire il timoniere e tutto l’equipaggio prima che la barca Italia finisca sugli scogli.

Siamo in uno stato di guerra, con una conta dei morti che supera le tre migliaia di vittime?

Allora cosa aspetta il capo dello Stato a promuovere un Gabinetto di guerra in cui siano rappresentate tutte le forze politiche presenti in Parlamento?

È il momento per il presidente Sergio Mattarella di ripercorrere le orme del suo illustre predecessore Enrico De Nicola,
intestandosi dopo quella del 1944 una seconda “Svolta di Salerno”.

Allora per governare un pezzo d’Italia liberata dal nazi-fascismo, il comunista Palmiro Togliatti
non ebbe scrupoli a sedere acanto a monarchici, liberali e democristiani nel Secondo Governo Badoglio.

Si potrà chiedere lo stesso spirito unitario ai vari Nicola Zingaretti, Matteo Renzi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi
e a qualche grillino pescato a sorte dalla piattaforma Rousseau?

L’ora è grave. Oggi piangiamo i morti, domani commisereremo gli italiani, e saranno tanti,
vaganti tra le rovine che questa peste dei giorni nostri avrà lasciato a duro monito per le comunità che da quelle rovine dovranno risorgere.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Alla canna del gas .......

Almeno non ci prendesse per i fondelli.

Dire bugie in un momento come questo non è serio, né responsabile.

Va bene chiedere la massima collaborazione da parte di tutti ma, almeno, ci risparmi frasi che provocano una rabbia infinita nei malati,
nei parenti dei defunti e in tutti gli operatori costretti a lavorare in condizioni a volte davvero drammatiche.

C’è una frase del presidente del Consiglio che davvero indigna: “Non abbiamo sottovalutato nulla”.

L’ha detta ieri al Corriere della Sera senza, naturalmente, che il giornalista asservito replicasse.

Davvero presidente non ha “sottovalutato nulla”?
Il 31 gennaio già si parlava di emergenza sanitaria. Cosa ha fatto da allora il governo?
Ha fatto approvvigionamenti di mascherine, guanti, tute e occhiali di cui dotare subito il personale medico
dei pronto soccorso e dei reparti di medicina generale e pneumologia? No.

Il risultato sono i 2.629 medici contagiati dal coronavirus, di cui già 8 morti, più gli infermieri e gli operatori sanitari.


Ha fatto approvvigionamento di respiratori e altro materiale per affrontare l’emergenza? No.

Ha approntato un piano per aumentare i reparti e i posti letto di terapia intensiva dando alle Regioni i fondi necessari? No.

Ha pensato all’approvvigionamento preventivo di mascherine e disinfettanti a disposizione degli italiani attraverso la rete delle farmacie? No.

Ha fatto un piano di prevenzione? Vietato gli accessi? Controllato tutti coloro che tornavano a centinaia dalle zone a rischio? No.

Altro che “Non abbiamo sottovalutato nulla”
Spera forse che gli italiani si dimentichino le frasi indirizzate a chi chiedeva il blocco delle frontiere prima
e la quarantena per le persone tornate dalla Cina:

«Così si alimentano inutili allarmismi: la possibilità di diffusione del virus in Italia è pressoché remota».

Pensa davvero che ci siamo dimenticati le sue accuse ai medici di Codogno,
come se fossero stati loro a scoperchiare il vaso di Pandora facendo esplodere il contagio?

Forse Conte spera che nessuno si ricordi quando, il 26 febbraio (5 giorni dopo i primi casi) dichiarò:

“La vita deve continuare” aprendo al ripensamento delle misure di restrizione per Milano,
come richiesto accoratamente da un altro incosciente, il sindaco dei ricchi, Beppe Sala.


Fu proprio a seguito di queste scellerate dichiarazione che i giornali furono “costretti” a cambiare registro
e che il presidente del Pd, Zingaretti, si sentì in obbligo di andare a prendere l’aperitivo sui Navigli… beccandosi il contagio.

“Non abbiamo sottovalutato nulla”… Si è visto.
Quando i sindaci di Alzate e Nembro avevano chiesto di essere dichiarati zona rossa, lo ha fatto? No,
anzi li ha fatti addirittura richiamare all’ordine dalla ministro Lamorgese.

Quando i governatori del Nord hanno chiesto di estendere le limitazioni, li ha ascoltati? No.

Ogni volta le decisioni del governo sono arrivate con almeno una settimana di ritardo sulle necessità, mentre il virus galoppava.

Poi la spettacolarizzazione degli annunci dei decreti, con l’effetto di creare prima l’assalto ai supermercati, poi quello ai treni verso il Sud.

“Non abbiamo sottovalutato nulla”? Vero, signor presidente?
Potremmo anche continuare, l’elenco è lungo.

Ci limitiamo a citare l’opposizione alla richiesta di sospendere Schengen per attuare i controlli alle frontiere,
come hanno fatto ormai tutti gli altri Paesi europei, mentre (dall’inizio dell’emergenza)
in Italia sono stati fatti sbarcare più di 600 clandestini scaricati dalle Ong senza alcun controllo.

Il tragico bilancio che ogni giorno cresce, purtroppo, è davvero solo il risultato delle sottovalutazioni sue e del governo
oltre che della mancanza di coraggio nel gestire l’emergenza.


Stia pur certo, presidente Conte, che – alla prima occasione – anche gli italiani “non sottovaluteranno” questi errori e le sue frasi arroganti.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Vogliono impedire di fare una corsa solitaria nei campi ma la metropolitana è piena zeppa di gente.

Quasi tutti girano con mascherine inefficaci e fino a ieri si accalcavano davanti agli scaffali dei supermercati
per contendersi un pacco di fusilli o sette confezioni di fragole.

Si può portare a spasso un cane ma non un bambino.

Hanno promesso 600 euro alle partite IVA ma l'Inps non ha nemmeno i moduli.

Non è possibile acquistare un quaderno o un lapis ma solo rotoli e rotoli di carta igienica.

I cantieri edili continuano a lavorare, e sono pieni di operai della bergamasca.

Il Parlamento è chiuso ma medici e infermieri in trincea non hanno protezioni,
così come quanti lavorano nelle varie "fabbrichette" e nei posti legati al commercio.

C'è un sindaco che prima è andato a Chinatown (via Paolo Sarpi, Milano) a mangiare gli involtini primavera,
quattro giorni dopo ha blindato le scuole (ancor prima di tutta Italia), quindi nel giro di un'altra settimana
ha scritto l'hashtag "milanononchiude" e adesso fa girare la metropolitana piena come un uovo.

Tutti sono invitati a cantare dalle finestre, ma se uno va a suonare il clarinetto da solo in un bosco lo arrestano.

I clochard sono invitati a starsene in casa.

Mi fermo qui.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Questo é il livello dei parassiti che ci governano... e che Mattarella vorrebbe che l'opposizione appoggiasse.
Io ho comprato la mascherina " carta igienica". Confezione di 14 mascherine Euro 3,50
Altro non è che un pezzo di stoffa. Naturalmente senza alcuna marcatura.
Oggi ho comprato delle mascherine vere. CE. Non c'è paragone.
Solo un inetto come lui può chiamarle "mascherine".....e pensa di aver ragione.

Purtroppo, un paese come il nostro, già provato da una lunga e dura crisi economica,
e prostrato e demoralizzato per un'emergenza sanitaria di proporzioni che nessuno si aspettava,
avrebbe bisogno più che mai di figure politiche all'altezza del momento......
abbiamo invece gente come questo Boccia, di cui già si conosceva l'ottusità
e l'atteggiamento velenosamente maldisposto verso le regioni del nord
( la cui richiesta di maggiore autonomia Boccia ha sempre ostacolato) e di cui ora si può apprezzare il cattivo gusto, l'insensibilità...
Ma non ci saranno dimissioni, perché il presidente del consiglio , l'azzimato fanfarone Conte, è dello stesso spessore..
 

Val

Torniamo alla LIRA
Si è presentato in conferenza stampa con la mascherina appesa all'orecchio.

"Questa è la mascherina che utilizziamo noi che non andiamo in ospedale",

ha spiegato in ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia ai giornalisti prima di posarla sulla scrivania e iniziare a parlare.

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Val

Torniamo alla LIRA
Ma quella indossata da Boccia non è una mascherina qualsiasi: è la mascherina "di carta igienica"
che aveva fatto scoppiare le polemiche.

"Bastava guardare le mascherine per capire che non erano idonee, sono state tutte ritirate,
non vanno bene per infermieri e medici. Ci hanno mandato delle mascherine che sono un fazzoletto
o un foglio di carta igienica che viene unito.

"Le mascherine oggetto della critica ingiusta e ingiustificata a Borrelli sono mascherine e non carta igienica", aveva subito risposto Boccia.
 

Val

Torniamo alla LIRA
"sterili polemiche" le chiama lui. Proprio Lui ?????? Che è il primo a farle.
Poi - se gli rispondono - si "indigna".

E così ieri il ministro si è presentato con la mascherina appesa all'orecchio.

Un fatto che ha attirato molte critiche: sui social molti utenti hanno contestato Boccia e commenti negativi sono arrivati anche dal mondo della politica.

"Boccia ha dimostrato di non avere le qualità per ricoprire un ruolo istituzionale in questo momento.
Non esiste sulla faccia della terra che un Ministro si metta a fare pagliacciate durante una pandemia nella sede della Protezione civile"
su Twitter il leader di Azione, Carlo Calenda.

"Conte dovrebbe chiedere le dimissioni", ha continuato.

"Fare ironia sulle mascherine è assurdo, un atteggiamento indegno delle nostre istituzioni.
A maggior ragione dopo ciò che sta accadendo sulle mascherine dalla Lombardia alla Sicilia
e dopo le giuste proteste di Fontana e Musumeci", ha scritto su Facebook Matteo Renzi.

"Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ora cacci Francesco Boccia dal suo Governo e lo faccia subito, senza perdere tempo
- il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli -. Un ministro che in conferenza stampa fa lo show
ridendo con la mascherina a metà viso nel giorno in cui l’Italia ha il picco di 627 morti e supera i 4000 decessi è indegno della sua carica.
Conte, che in questi giorni ha telefonato alle istituzioni di Bergamo per manifestare la sua vicinanza,
ora la dimostri nei fatti: stamattina a Bergamo i militari stanno portando via altre 74 salme.
Di fronte a questa tragedia non ci possono essere in sottofondo le risate del ministro Boccia che dovrebbe avere la dignità di dimettersi subito".

"L'Italia ha oltre 4000 morti. La Lombardia piange 2550 persone. E il ministro Boccia cosa fa?
Ride e fa il pagliaccio in conferenza stampa con la mascherina? Che miseria umana. Che figura miserabile", ha dichiarato Paolo Grimold.

"Senza rispetto per chi muore e tutti i giorni rischia la vita per curare le persone",
"Ti devi dimettere e vergognare di aver riso sui morti",
"La finisca, si vergogni e si dimetta",
si legge invece tra i commenti su Twitter.

Così il ministro ha cercato di spegnare subito le polemiche.

"Penso che in questo momento gli italiani abbiano bisogno di risposte e non di sterili polemiche.
La mascherina che ho indossato durante la conferenza stampa è del tipo che indosso quotidianamente
e che indossano i miei collaboratori. Inutile e indegno lo sciacallaggio che leggo sui social su una cosa
che facciamo ogni giorno dalla mattina alla sera. Borrelli sorrideva perché, dopo il primo click,
c’erano già le prime dieci domande di medici volontari! Ma nemmeno in un momento così si riescono ad evitare polemiche inutili?".
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ipotesi non così assurda come potrebbe sembrare......

Tutto si è consumato in novanta minuti.
Qual è stata la leva che ha fatto esplodere il caso Bergamo e l’aumento esponenziale dei contagi in Lombardia?
Tutto potrebbe essere cominciato da una partita di calcio.

Lo dice la protezione civile.

Atalanta-Valencia
, 19 febbraio 2020, ottavi di Champions League, stadio San Siro. Milano.

Massimo Galli, primario del reparto malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano fa sapere:

"Certamente quella partita può essere stata un importante veicolo di contagio.
Penso che l’epidemia sia partita prima, nelle campagne, durante le fiere agricole e nei bar di paese.
Ma il fatto di concentrare decine di migliaia di persone della stessa zona nello stesso luogo può essere stato un importante fattore di diffusione"
 

Val

Torniamo alla LIRA
E circola un’ipotesi: il virus potrebbe essere venuto da fuori. Fuori casa.

È un fatto che pochi giorni prima accada qualcosa.

In un cimitero spagnolo e in una trattoria di Zogno, sulla sponda del Brembo.

Il 13 febbraio, nella regione valenciana muore un uomo che soltanto il 3 marzo,
quando ne verrà riesumato il cadavere, risulterà positivo al coronavirus.

È il primo decesso accertato per Covid-19 in Spagna.

Il 13 febbraio, sei giorni prima della partita di San Siro, il virus aveva dunque già colpito nel sud della Spagna.
Quell’uomo era un caso isolato? O tra i 2.500 fan che arriveranno a Milano la settimana successiva c’è qualcuno già infetto?
È un giallo in cui il morto è dietro l’angolo.

Il 14 febbraio, in una trattoria di Zogno, si festeggia San Valentino. Ma non è una serata da sogno.

Il 23 febbraio i clienti di quella sera vengono contattati dall’Asl perché uno dei clienti è risultato positivo al coronavirus.

Risultato: il virus gira nella regione valenciana e a Zogno, venti chilometri da Alzano e Nembro, due degli epicentri del contagio.

Mancano pochi giorni a San Siro.
È un fatto che il giorno dell’andata degli ottavi l’esodo dei bergamaschi che raggiungono il Meazza coinvolge più di 45mila tifosi.

Arrivano da ogni dove: da Bergamo, dalla pianura, dalle valli. Vogliono esserci nel giorno in cui il calcio scrive la storia.
I pullman, censiti dal tifo organizzato, sono 28. Poco più di 1.500 persone. Gli altri, la maggior parte, arrivano in macchina.
Ci sono tra loro anche quelli che abitano nei 38 comuni della val Seriana, uno dei focolai del contagio.
Sono 540 persone secondo quanto Repubblica ha ricostruito in base ai dati forniti dal tifo organizzato.
Una festa dello sport. Piazza Duomo, da lì si prende la metro con un cambio per arrivare a San Siro.

È un dettaglio che però dice molto.

Perché sulla metropolitana sale anche il giornalista spagnolo Kike Mateu risultato positivo al Covid-19 pochi giorni dopo.

È sicuro di aver contratto il virus lì.

Questo è l’evento che può aver creato l’innesco.

È un fatto che il 4 marzo, 14 giorni esatti dopo la partita di San Siro, la curva dei contagi bergamasca subisce un’impennata.
 

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