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tontolina

Forumer storico
La caduta dell’egemonia mondiale: come i paesi BRICS sostituiranno gli USA
© REUTERS/ Stringer
Mondo
16:46 03.09.2017URL abbreviato

Il 3 settembre nella città cinese di Xiamen comincia il nono summit BRICS. Un'organizzazione complicata, anche amorfa ma molto necessaria per il mondo moderno. Gevorg Mirzayan, docente del dipartimento di politologia dell’Università di Finanza del Governo della Russia ha analizzato le prospettive dell’evento per RIA Novosti.

Prima era tutto semplice: della regolarizzazione dei processi mondiali si occupava l'Occidente. Adesso non è più tanto semplice.
Primo, l'Occidente collettivo non esiste più perché la serie contraddizioni negli interessi nazionali e le opinioni sui processi mondiali hanno già portato al disaccordo (alcuni parlano del dissidio) tra gli USA e l'Europa orientale. La Germania ha già dichiarato che non solo andrà per la sua strada, ma anche farà causa nei tribunali internazionali contro gli USA se approveranno le sanzioni contro le compagnie tedesche per il commercio con la Russia.
Secondo, il paese chiave dell'Occidente — gli Stati Uniti — non è più capace di dirigere i processi mondiali.

Assorte dalla lotta politica interna e la crociata contro il presidente Donald Trump, le elite americane o stanno ignorando la politica internazionale, o la guardano in modo molto superficiale, o semplicemente la usano per risolvere i problemi interni (basta ricordare la mostra dei muscoli con la Corea del Nord oppure il pacchetto di sanzioni contro la Russia).

L'indebolimento degli USA crea un vuoto di potenza, perché un paese solo non può occupare il loro posto di moderatore mondiale e quindi appaiono le prospettive per i blocchi e le unioni regionali. E innanzi tutto per il BRICS.

Certamente il BRICS unisce membri troppo distinti. Questa struttura non è mai stata, non lo è e nel futuro vicino non sarà un gruppo di integrazione tipo NAFTA o l'Unione Eurasiatica. Sono stati troppo distinti e hanno troppi disaccordi.

Per esempio, la Russia e la Cina sono contro la riforma dell'ONU (del Consiglio di Sicurezza in particolare) e India, Sud Africa e Brasile sostengono invece questa idea. Mosca e Pechino in generale intervengono contro il controllo americano del sistema finanziario e politico mondiale e altri paesi sono invece d'accordo.

Perfino fra di loro ci sono anche dei seri conflitti bilaterali: l'India e la Cina hanno la questione dei territori contesi e una concorrenza seria per l'influenza nel sud-est asiatico.

Però, nonostante tutte le complessità, il BRICS è il pretendente principale per il ruolo di centro alternativo per la direzione dei processi mondiali.
I membri sono i paesi più potenti del mondo in via di sviluppo.
Nel BRICS non c'è un paese dominante. Questo da un lato è negativo, perché non c'è nessuno a dare uno scopo comune. Dall'altro lato ha i suoi vantaggi. "Nel BRICS nessuno impone niente. Quando gli approcci non coincidono si conduce un lavoro paziente e scrupoloso per avvicinarli", ha detto Putin.

Vladimir Putin ha gia dichiarato che vuole discutere con i colleghi del BRICS la lotta contro il terrorismo, la corruzione e il narcotraffico. Considerando gli ultimi eventi nel mondo, la prima questione è la più importante. "La Russia esorta non solo in parole, ma anche nella realtà a cominciare a formare un ampio fronte antiterroristico su base legale internazionale con l'appoggio dell'ONU", egli ha detto. In questo lo sosterranno tutti i paesi BRICS, soppratutto la Cina e l'India che soffrono il problema del terrorismo.

Oltre alla lotta contro il terrorismo, Mosca cerca di usare il BRICS per promuovere le proposte russo-cinesi per contrastare la prospettiva della guerra nella penisola coreana. Mosca e Pechino propongono il "congelamento doppio" — Pyongyang congela i test missilistici e gli USA fermano le esercitazioni con la Corea del Sud che sono provocatorie secondo la Corea del Nord. È chiaro per tutti che questo piano è destinato non solo alla riduzione della tensione nella questione coreana, ma anche alla diminuzione della presenza militare e politica degli USA nell'Asia orientale. Se la Russia e la Cina riusciranno di convincere gli altri partner del BRICS a sostenere questa proposta, sarà un colpo serio alla posizione degli USA nella regione.

Riguardo l'economia, il BRICS deve diventare una piattaforma per creare gli istituti finanziari globali che saranno l'alternativa a quelli sotto il controllo degli Stati Uniti. "La Russia condivide la preoccupazione dei paesi BRICS dell'ingiustizia dell'architettura finanziaria ed economica moderna che non prende in considerazione il peso dei paesi in via di sviluppo", ha detto Putin.

Per esempio, è stata aperta la Nuova banca dello svulippo BRICS. "Sono già stati approvati sette progetti di investimento nei paesi BRICS per l'ammontare di circa 1,5 miliardi dollari. Quest'anno si aspetta l'approvazione dalla NBD del secondo pacchetto di progetti da 2,5-3 miliardi dollari", ha sottolineato Putin.

Inoltre i paesi BRICS hanno attentato a qualcosa di sacro: il dollaro. "Russia e BRICS cercheranno di ottenere la diminuzione della dominazione di alcune valute. Il mondo multipolare non è compatibile con il dominio del dollaro", ha dichiarato il presidente della Commissione del Consiglio della Federazione per la politica dell'informazione Alexey Pushkov. I membri di BRICS si sono già accordati sul commercio parzialmente in valute nazionali.

Perfino il summit BRICS è un luogo positivo per incontrarsi con altri colleghi. Per la cooperazione sono invitati anche altri paesi (la parte cinese che ha proposto il formato BRICS+).

Ovviamente sono paesi amici.
La Cina ha scelto non l'economia più grande dell'Asia sud-est (l'Indonesia) e non quella che cresce più velocemente (la Cambogia) ma la Tailandia, il partner della Cina.

Vladimir Putin pianifica di comunicare anche con il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi sulla lotta comune contro il terrorismo, la stabilizzazione del Medio Oriente e la prospettiva del collegamento aereo diretto tra la Russia e l'Egitto (fermo dopo l'esplosione dell'aereo russo il 31 ottobre 2015). In alcune questioni l'Egitto per la Russia è un partner più importante del Sud Africa e del Brasile. Però non saranno gelosi perché nel programma del summit ci sarà posto per tutti.
 

tontolina

Forumer storico
Saranno Golden Brics?
Mentre impazzano le criptovalute, c’è chi torna all’oro
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12 settembre 2017
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Guido Salerno Aletta
Editorialista dell'Agenzia Teleborsa

C'è un nuovo mosaico che si va componendo: tutto gira da una parte attorno alle forniture energetiche della Russia ed agli acquisti che ne fa la Cina, e dall'altra alla regolazione di questi rapporti in yuan invece che in dollari, con futures garantiti dall'oro.

E' di queste ultime ore la notizia che si è fatto più stretto il legame tra russi e cinesi: la China Energy Corporation ha acquisito da un consorzio di Glencore e dal Qatar Investment Authority il 14,16% di Rosneft, il colosso russo dell'energia. E' un'operazione pari a 9,1 miliardi di dollari che rafforza ulteriormente il partenariato energetico tra Mosca e Pechino.

Negli ultimi anni, la Cina ha rafforzato i rapporti commerciali con la Russia. In particolare, quando hanno concordato la fornitura energetica per il valore equivalente di 400 miliardi di dollari, la Cina ha voluto che anche il pagamento del gasdotto venisse effettuato con obbligazioni del tesoro cinese denominate in yuan. Così, mentre la Cina paga l'energia russa in yuan, la Russia usa gli yuan per comprare merci dalla Cina. Il rublo è uscito così dalla morsa della speculazione internazionale, superando la crisi che lo aveva colpito dopo la brusca riduzione dei prezzi internazionali del petrolio. Inoltre, comprando merci all'estero in yuan, rende ancora più liquida internazionalmente questa valuta, avvantaggiando indirettamente l'export cinese che si smarca dal dollaro.
Non basta: la Russia ha istituito una filiale della Banca di Russia a Pechino ed utilizza i suoi yuan cinesi per comprare oro sulla Borsa di Shanghai. A questo punto, è come se il commercio del petrolio sino-russo fosse garantito da una sorta di “gold standard”.

La Cina, principale importatore mondiale di prodotti energetici, vuole estendere l'utilizzo della propria moneta, lo yuan, per i questi acquisti, sganciandosi dal dollaro. Sa, però, che i Paesi fornitori potrebbero temere di avere in portafoglio una quantità eccessiva di moneta cinese, ancora poco liquida sui mercati internazionali: per ovviare a questo inconveniente, ai futures per l'acquisto del petrolio da parte cinese, denominati in yuan, si aggiunge una garanzia aurea localizzata a Shanghai.

Nel frattempo, fiutando la scarsa fiducia nelle valute tradizionali testimoniata dal fiorire incontrollato delle criptovalute, la Banca del popolo cinese ne ha vietato la sottoscrizione, definendola “illegale”. La decisione è stata presa in collaborazione con la Commissione per la regolamentazione della Cina, la Commissione per la regolamentazione bancaria cinese e la China Insurance Regulatory Commission. Questa decisione ha valore retroattivo, ed il capitale già raccolto tramite le ICO (Initial Coin Offer) deve essere restituito agli investitori.

Mentre da una parte del mondo si esplorano nuovi sentieri che rendono ancora più fittizia e volatile la ricchezza, dall'altra parte si torna all'oro. Si va dall'iperuranio delle monete virtuali basate sulle blockchain informatiche alla preistoria del tallone aureo.

Il futuro è tutto da scrivere. Saranno Golden Brics?
 

tontolina

Forumer storico
L’attacco al dollaro della Cina prosegue e Trump blocca Alibaba su MoneyGram
Pakistan e Cina regoleranno gli scambi in yuan e non più in dollari.
E l'America di Trump reagisce con minacce per il sostegno di Islamabad al terrorismo islamico.

di Giuseppe Timpone, pubblicato il 03 Gennaio 2018 alle ore 10:29

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La Banca di Stato del Pakistan ha dato il suo via libera alle imprese pubbliche e private, affinché gli scambi di beni e servizi e gli investimenti con la Cina possano avvenire in yuan. La nota arriva a un paio di settimane di distanza da dichiarazioni favorevoli in tal senso del governo di Islamabad e sembra legato al CPEC, il China Pakistan Economic Corridor, un accordo commerciale tra i due paesi, che a sua volta rientra nel più vasto progetto di Pechino di creare una nuova Via della Seta, che leghi economicamente ben 60 paesi. E non sembra una coincidenza che questo annuncio venga reso a pochi giorni di distanza dalle schermaglie verbali con Washington. Nei giorni scorsi, il vice-presidente Mike Pence si è recato per la seconda volta in poco tempo in visita in Afghanistan per stare vicino alle truppe americane ivi stanziate e da lì ha attaccato proprio il Pakistan, avvertendolo che il sostegno ad Al Qaida avrà un costo e che l’alleato avrà molto da perdere proseguendo su questa strada. (Leggi anche: Ecco perché l’ascesa dello yuan sarebbe positiva per l’economia mondiale)

Chiaramente, Islamabad ha negato le accuse, ma la tensione con gli USA è salita tantissimo, tanto che diversi analisti italiani vi hanno letto nell’adozione dello yuan come valuta per gli scambi con la Cina una sorta di ritorsione contro la Casa Bianca. In realtà, guardando alla tempistica dei fatti, sembra vero il contrario, ossia che l’amministrazione Trump abbia attaccato il Pakistan dopo che questi ha esternato i suoi piani per adottare lo yuan al posto del dollaro nelle relazioni bilaterali con la Cina.

Non stiamo parlando di una perdita significativa sul piano dei numeri: il Pakistan ha esportato beni e servizi per circa 1,62 miliardi di dollari nel 2017 verso la Cina, ma ne ha importati per 10,57 miliardi, segnalando un enorme squilibrio commerciale. L’interscambio ammonta, quindi, a poco più di 12 miliardi di dollari, nulla che possa impensierire Washington, nemmeno nel caso in cui il 100% di tali pagamenti venisse d’ora in avanti regolato in yuan. Tuttavia, qui vale il principio: il dollaro viene bypassato da un’economia asiatica per le relazioni commerciali con paesi terzi, mettendone a rischio lo status di valuta di riserva mondiale.

Cina attacca il dollaro
Il pericolo è tanto più forte, se si considera che la Cina stia ambendo apertamente a sostituire progressivamente il dollaro nelle relazioni con i principali partners commerciali. A inizio settembre, nel corso di una riunione con gli altri membri del cosiddetto Brics (Brasile, Russia, India e Sudafrica), Pechino ha avanzato un’offerta alle altre economie asiatiche con cui commercia: regolare in valute locali e non più in dollari i pagamenti per la compravendita di petrolio, garantendo migliori condizioni contrattuali a chi optasse per tale soluzione. Un attacco nemmeno velato al dollaro, che sta creando più di qualche preoccupazione negli USA. (Leggi anche: Bomba cinese contro petrodollari, America minacciata)

Che tra le prime due potenze economiche del mondo sia in atto una guerra sotterranea e non militare (per adesso, per fortuna) lo segnala non da ultimo anche il blocco da parte della Commissione per gli investimenti esteri negli USA (Cfius) dell’autorizzazione alla vendita di MoneyGram alla cinese Ant Financial, società affiliata ad Alibaba, colosso delle vendite online, il vero concorrente diretto di Amazon nel mondo, anche se per adesso vanta un business molto concentrato in patria. L’operazione da 1,2 miliardi di dollari è saltata per le evidenti riserve dell’amministrazione Trump, che accusa esplicitamente la Cina di favorire le proprie imprese, ai danni degli interessi dei lavoratori americani.
Nei precedenti 27 anni, solo tre accordi transnazionali erano stati bocciati negli USA.

Trump più vicino a Riad per difendere il dollaro
Lo scontro USA-Cina, quando siamo a quasi un anno di presidenza Trump, è stato meno intenso del previsto, anzi i toni tra Washington e Pechino sono rimasti abbastanza distesi per via dell’alleanza di scopo tra le due capitali nel cercare di porre un freno alle bizzarrie della Corea del Nord. Donald Trump ha chiesto al collega Xi Jinping di collaborare, ottenendo in cambio un nuovo accordo commerciale con gli USA più favorevole di quanto non verrebbe altrimenti redatto. Ma la divergenza degli interessi nazionali nel medio e lungo termine non potrà che riportare le due potenze su lati opposti del tavolo. La Cina è conscia della propria forza economica e ormai confida che, almeno in Asia, la progressiva erosione del dollaro in favore dell’adozione dello yuan negli scambi sia solo questione di tempo.

Per arginare il più possibile tale rischio e allontanarlo negli anni, Washington si stringe attorno agli alleati preziosi nel mantenimento dei petrodollari: i sauditi. E non è un caso la riapertura delle ostilità verso l’Iran, nemico dell’Arabia Saudita. Senza il convinto sostegno di Riad, il dollaro cesserebbe all’istante di essere valuta per pagare gli acquisti dei barili di greggio nel mondo. E la vita per gli americani sarebbe meno facile. (Leggi anche: Sogno americano si trasformerà in incubo con fine petrodollari)

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