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MAZZUCCO live - Puntata 70 - SILENZIO STAMPA

al ministero dell'economia e della finanza è stato scelto Roberto Gualtieri che è l'ideologo del fiscal compact

e i grillini diranno sì? hanno detto Sì!

Ecco il Conte2: le facce e i numeri del nuovo governo
 
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la formazione del nuiovo governo
fa pensare che Conte, protetto dal Vaticano-Gesuita,
sia anche un massone importante
 

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Roberto Gualtieri: non un ministro, ma un colonnello della repressione


 

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Gualtieri (Pd) insulta Rizzo che replica: “Fuori da qui ti gonfiavo gli occhi”
NEWS, POLITICA giovedì, 5, settembre, 2019
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Gualtieri (Pd) insulta Rizzo che replica: “Fuori da qui ti gonfiavo gli occhi” - Imola Oggi

”Sinistra colta e moderata votata dagli istruiti’. Ecco il nuovo ministro dell’economia, l’arrogante Roberto Gualtieri, professore di storia, che diceva a Rizzo durante un talk show che non è intelligente. Era maggio 2019, solo qualche mese fa.

Rizzo gli rispose: “Me lo dici qua che non sono intelligente, se me lo dicevi fuori ti gonfiavo gli occhi”
 

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Conte bis, ora bisogna rimediare ai disastri di Salvini (e non sarà affatto facile) - Linkiesta.it

Ci siamo, è il gran giorno del giuramento ed entro pochi giorni, con il voto di fiducia delle Camere, il nuovo esecutivo M5S-Pd sarà insediato e operativo. Come in tutti i battesimi è il momento dell’ottimismo e per molti versi dell’euforia: ai grillini non sembra vero aver evitato una prova elettorale che li avrebbe dimezzati; al Pd sembra un sogno aver rovesciato rapporti di forza che sembravano inattaccabili e che minacciavano di tagliarli fuori dal governo per un decennio. La lista dei ministri riserva poche sorprese e rivela una precisione quasi millimetrica negli equilibri tra partiti, correnti interne, uomini e donne, persino filiere d’amicizia personali.
L’unico fuor d’opera sembra la chiamata di Luigi Di Maio agli Esteri: le posizioni grilline sulla scena internazionale hanno determinato finora una catena di gaffe e incidenti senza precedenti, culminate sei mesi fa col ritiro dell’ambasciatore francese dopo l’incontro tra una delegazione del Movimento e i Gilet Gialli che avevano appena sfasciato Parigi. E tuttavia il nuovo corso del premier Giuseppe Conte, con il vasto consenso già ricevuto dalle cancellerie europee e da oltreoceano, fa immaginare che le esuberanze movimentiste di Di Maio siano state seppellite in cantina e che lì resteranno per tutta la durata della legislatura.

Dario Franceschini è anche il titolare della riforma del 2014 che l’ex-ministro grillino Alberto Bonisoli ha appena demolito. Tenerla o buttarla via? E come farlo senza irritare i nuovi alleati?

Si brinda, dunque, e si festeggia, cercando almeno per il momento di dimenticare il vero problema che seguirà alle cerimonie e ai riti dei prossimi giorni.
È riassumibile in una parola: discontinuità.[a me sembra il ritorno al passato con un gov.tipo Monti che non era riuscito ad ucciderci tutti]
Se ce n’è una moderata dose negli uomini, dovrà necessariamente essercene nelle cose. Non sarà facile, e non soltanto sui terreni tanto attenzionati dell’immigrazione e delle misure economiche, dove si potrà agire bordeggiando almeno per un po’.
Fra le novità dell’esecutivo, ad esempio, c’è il ritorno del ministero delle Pari Opportunità guidato dalla Pd Elena Bonetti e di quello dello Sport assegnato al M5S Vincenzo Spadafora, che si troveranno ad affrontare una prevedibile marcia indietro su due dei provvedimenti-bandiera del vecchio governo, fortemente sostenuti dai grillini ma ascrivibili all’iniziativa leghista: il Codice Rosso (made in Giulia Bongiorno) che la sinistra Pd criticò come misura inefficace e velleitaria e la riforma del Coni (made in Giancarlo Giorgetti) che ha stroncato il Comitato Olimpico di Giovanni Malagò trasferendo poteri e miliardi alla nuovissima Sport e Salute.
Che fare?
Un immediato rewind oppure qualche mese di melina prima di aggiustare le cose?


Ai Beni Culturali, dove si reinsedia Dario Franceschini, la situazione è ancora più complicata. L’esponente Pd, gran tessitore della mediazione con i Cinque Stelle e adesso pure capo della delegazione democratica, è anche il titolare della riforma del 2014 che l’ex-ministro grillino Alberto Bonisoli ha appena demolito, con uno degli ultimi atti del vecchio governo gialloverde, portato a termine a Ferragosto quando la crisi era già conclamata e contestatissimo dalla sinistra (nonché dalla gran parte degli operatori del settore).
Tenerla o buttarla via prima ancora che entri effettivamente in vigore? E come farlo senza irritare i nuovi alleati?


Francesco Boccia si troverà per le mani la partita dell’autonomia regionale e sarà incalzato da due opposte istanze: le proteste e richieste del Sud e gli interessi dell’Emilia Romagna

I problemi principali ci saranno in tutti i dicasteri dove un esponente del Pd prende il posto di un ministro Cinque Stelle, a cominciare dalle Infrastrutture dove Paola De Micheli sostituisce Danilo Toninelli e dovrà gestire uno dei progetti-bandiera del M5S pre-crisi, cioè la revoca delle concessioni autostradali, contro la quale i democratici si sono ripetutamente espressi un po’ per convinzione, molto per le consolidate relazioni con il mondo dei gestori. Ma anche nei ruoli dove l’avvicendamento riguarda un Pd al posto di un leghista i problemi ci saranno, eccome. Agli Affari Regionali, ad esempio, Francesco Boccia si troverà per le mani la partita dell’autonomia regionale e sarà incalzato da due opposte istanze: le proteste e richieste del Sud (il Pd ha avuto anche un nuovissimo ministero del Mezzogiorno, con Peppe Provenzano) e gli interessi dell’Emilia Romagna, una delle tre regioni che insistono per un provvedimento immediato, che tra l’altro si avvia verso complicate elezioni regionali.

Essere “discontinui” non sarà facile. In molti casi bisognerà correggere provvedimenti che i grillini hanno prodotto o sottoscritto al suono delle fanfare. Di solito queste cose si fanno sottotraccia, senza clamore, utilizzando direttive e circolari più che iniziative legislative apertamente contro-riformiste, ma in questo caso la discontinuità dovrà essere esibita, proclamata, resa evidente, come si è promesso all’elettorato: dalla prossima settimana, chiusi i festeggiamenti, sarà questo il primo rovello del Conte-due.


Flavia Perina
 
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Il nuovo ministro degli interni al posto di Salvini, è
LUCIANA LAMORGESE: IL PREFETTO CHE VOLEVA OBBLIGARE I COMUNI AD ACCETTARE I MIGRANTI


Il Neoministro degli interni, Luciana Lamorgese, ex prefetto, è stato da tutti presentato come un tecnico. Questo per molti una sorpresa, anche perchè il ministro degli interni è da sempre un ruolo politico, non tecnico, in quanto legato alla gestione dell’ordine pubblico, quindi anche alla limitazione della libertà dei cittadini, oltre che, negli ultimi anni, anche alla gestione di fatti sensibili come l’immigrazione. Quindi la scelta di un “Tecnico” è per lo meno particolare, ma che tipo di tecnico è Luciana Lamorgese?

Prima della giunta gialloverde, all’epoca degli sbarchi senza limiti o confini, il prefetto di Milano Lamorgese si trova a gestire i flussi di migranti nel milanese, ma alcuni comuni del sud-est della provincia sono piuttosto riottosi. Nonostante l’invito delle autorità il sistema SPRAR per la gestione diffusa dei migranti sul territorio non riesce ad attrarre il favore di tutti . Il 7 marzo quindi il prefetto decide di convocare una riunione dei sindaci dell’area per superare le loro resistenze.

Prendiamo un brano da 7 Giorni info:

Martedì 7 marzo, in Prefettura si è svolto un incontro fra i Sindaci dell’area omogenea del Sud Est Milano e il Prefetto di Milano Luciana Lamorgese. L’Ufficiale di Governo ha esposto i vantaggi di aderire al Bando Sprar (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati) per l’ospitalità dei migranti. Primo fra tutti l’adozione della clausola di salvaguardia concordata con l’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) di 2,5 migranti ogni 1.000 abitanti. A chi non aderisce, il Prefetto ha paventato la possibilità dell’invio massivo di migranti sul suo territorio.

Con grande senso democratico l’allora prefetto utilizzava un sistema stile Prefetto Mori e minacciava di invadere di migranti quei comuni che avessero fatto opposizione all’entrata nel sistema SPRAR. Naturalmente questa scelta ha suscitato forti proteste da parte dei politici locali, oltre che del centrodestra, e le conseguenze si sono viste alle successive elezioni, con la Lega che ha preso due voti su cinque a San Giuliano Milanese, ed il CSX ha preso una sonora bastonata.

Con questa presentazione cosa potrebbe andare storto?
 

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