Avete sentito parlare di BITCOIN? (1 Viewer)

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Che Cosa è Bitcoin Oggi ( se Non lo Usate credete SOLO di Saperlo )
Di FunnyKing , il 23 dicembre 2017 93 Comment
Che Cosa è Bitcoin Oggi ( se Non lo Usate credete SOLO di Saperlo ) - Rischio Calcolato

Approfitto di questo “terribile” crollo di bitcoin che ha fatto emergere i tanti che “l’avevano detto” per mostrarvi un graficuzzo:

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ecco……le scale logaritmiche sono divertenti per dare l’idea di quanto chi avesse investito anche solo 6 mesi fa ora dopo il “crollo” si ritroverebbe ancora in enorme guadagno percentuale.

Non vi mostro lo stesso grafico per ethereum o per altre cosette come edgeless solo per non sparare sulla croce rossa.

Fatto questo però ora una critica sensata al feticcio bitcoin la faccio io.

Bitcoin anzitutto non è una tecnologia, è una applicazione dgii una tecnoloa conosciuta come blockchain, la prima applicazione, la più vecchia, semplice, conosciuta e diffusa.
Bitcoin oltre a questo è una religione.

Non scherzo lo è, chiunque segua veramente le discussioni e la comunità intorno alle criptovalute conosce bene questo fatto. Guai ad osare criticare gli sviluppatori di bitcoin (sono Dei, non si bestemmia), guai a metterne in dubbio gli assunti sociali anche quando è evidente che stanno fallendo, guai a proporre modifiche al protocollo anche quando lo stesso mitico creatore Satoshi Nakamoto le aveva previste.

Ma cosa è bitcoin oggi nell’uso comune?

Vi assicuro che OGGI e con questa tecnologia non è una moneta, a meno che qualcuno consideri “moneta” qualcosa che per ogni scambio chiede un prezzo di transazione che va dai 10$ ai 50$ a seconda del momento, forse non tutti sanno che oggi spostare qualche bitcoin (o frazioni di bitcoin) costa appunto tanto.

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si 50$ per transazione, proprio così (fonte)

Quindi cosa è bitcoin oggi:
  • Un investimento
  • Collaterale per prodotti derivati
Null’altro di utile, ma tanto basta.

Da questa estate, guardando ad altre blockchain (in particolare ethereum) che per me sono migliori da tutti i punti di vista e osservando la nascita di un concorrente di bitcoin sulla stessa sua blockchain (bitcoin Cash) anche io sono rimasto stupito e spiazzato dall’enorme balzo in avanti delle quotazioni. (da 2000$ a 20.000$), poi ho capito.

Non avevo considerato l’enorme impatto della finanza tradizionale che ha scelto bitcoin come primo prodotto generato dalla blockchain su cui costruire un ecosistema di prodotti derivati e fondi di investimento.

Ciò che realmente è accaduto e che accade tutt’ora è che bitcoin si è trasformato da moneta decentralizzata in collaterale per prodotti derivati o quota di investimento per fondi pubblici e privati in maniera massiccia.

Visti i valori in campo ovvero poche centinaia di miliardi di capitalizzazione per bitcoin (in realtà sono meno della metà se consideriamo i bitcoin veramente in circolazione e non persi per sempre) e le decine di triliardi di dollari o altri “soldi” generati da banche centrali prima e moltiplicati a leva dalle banche commerciali e di investimento poi, è bastato uno “schizzetto” di quella massa enorme e informe su una quantità “quasi fissa” per ingigantire le quotazioni.

Ecco e a questo punto la domanda è : e Quindi?

La risposta è: e quindi nulla, bitcoin è quello che è.



Ed è inutile e stupido discutere su ciò che vorremmo che bitcoin fosse, di criptovalute da utilizzare come moneta che siano più interessanti, sicure (si più sicure di bitcoin, magari qualche volta parleremo di che significa centralizzare il mining in cina) e utilizzabili ce ne sono e continuano a moltiplicarsi.

Alla fine le criptovalute sono una questione di capitalismo, da una base iniziale (e dalle ipotesi dei loro creatori) si sviluppano seguendo le regole sociali del libero mercato. Bitcoin è diventato ciò che è oggi mescolando le proprie caratteristiche tecniche e di consenso iniziali con l’azione umana ( vediamo se qualcuno qui sa di cosa parlo), ovvero le idee di Satoshi Nakamoto (o del team iniziale che ha creato bitcoin) sono andate in una direzione imprevista che ha negato persino il titolo del white paper di bitcoin attraverso l’impatto con il capitalismo. ( “a peer to peer elctronic cash system” , cash non direi proprio)

Interessante vero?

Che la blockchain sia con voi.

p.s. la finanza tradizionale sta arrivando anche su un altra criptovaluta…..siate consapevoli, siate preparati.

p.s.s.

di bitcoin noi ne parliamo qui, su telegram, Bitcoin Inside: Bitcoin Inside

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L’Impatto della Finanza Derivata sulla Blockchain (come è Oggi)
Di FunnyKing , il 24 dicembre 2017 32 Comment



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(when Lambo?)

Nel precedente articolo vi ho parlato di come bitcoin sia diventato sostanzialmente un collaterale per la finanza derivata, ovvero chi emette futures, contract for difference o obbligazioni strutturate oppure altre cosette di questo genere deve o dovrebbe mettere da parte un po’ di bitcoin per garantire il contratto.

Poi c’è la finanza semplice, ovvero fondi di investimento, etf, etn, etc, gestioni patrimoniali private. Anche in questo caso il gestore deve mettere da parte un po’ di bitcoin come sottostante.

Come noto la produzione di moneta da parte degli Stati e delle Banche Centrali alla fine gonfia gli asset e la ricchezza di chi è più vicino al cannone monetario, la finanza, ovvero azioni, obbligazioni, derivati e chi ci lavora è il soggetto più vicino. Bitcoin è entrato dalla porta principale, anzi ci è stato tirato dentro a forza, in quella zona di privilegio monetario.

La somma fra la limitatissima capacità di bitcoin di processare transazioni (in attesa di non si sa bene cosa) e l’utilizzo di bitcoin come collaterale per derivati e strumento di investimento tradizionale ha prodotto due effetti:

  • l’esplosione delle quotazioni
  • l’esplosione dei costi di transazione

Per chi gestisce patrimoni o la compensazione per derivati non ha nessuna importanza pagare 10$, 50$ o 500$ per transazione e dunque questi soggetti hanno spiazzato coloro che usavano bitcoin come mezzo di pagamento (sono fra quelli, dunque so di cosa parlo) per piccole o medie transazioni (no non per pagare il caffè ma magari un cellulare si).

Detto di bitcoin che rappresenta la prova sul campo ora parliamo più in generale della blockchain, ovvero la tecnologia di cui bitcoin è solo una delle tante applicazioni.

Il punto è questo: ad oggi nessuna blockchain ha una capacità di validare transazioni sufficiente per reggere l’impatto con la finanza tradizionale senza esserne saturata, ovvero senza che i costi di transazione salgano.

L’arrivo di sistemi di trading automatico legati alle borse tradizionale che variano in tempo reale il collaterale in criptovalute generano un numero di transazioni su blockchain che potenzialmente è ordini di grandezza superiore a quanto la tecnologia oggi permetta se l’obbiettivo è mantenere le caratteristiche di:

  • decentralizzazione
  • accesso senza alcun permesso
  • resistenza alla censura
  • zero trust
Sottolineo oggi perchè sono in fase avanzata si studio meccanismi che possono aumentare la capacità di scalare su blockchain e di scalare su un secondo livello validato dalla blockchain principale (al prezzo di essere più centralizzati, ma sempre “abbastanza” decentralizzati)

Personalmente credo che la tecnologia di scaling in assoluto più promettente su blockchain sia lo sharding, ovvero creare o trasformare le blockchain in sistemi di calcolo e validazione (anche) paralleli e non solo sequenziali, c’è poi la chimera dei vari lighting network, raiden network, plasma…. vedremo.

E però rimane un punto importante.

Ad oggi io non vedo nessun assunto sociale prima che tecnologico che possa permettere bassi costi di transazione (nell’ordine di centesimi di euro) e una forte scalabilità delle criptovalute. Io penso che si debba fare ogni sforzo possibile per espandere la quantità di transazioni validabili on-chain e tuttavia alla fine la blockchain principale (o mainnet) dovrà essere costosa, quanto costosa non saprei ma di certo inutile se non per una spesa notevole.

Esistono limiti nella tecnologia di base che non permettono di arrivare a validare quantità di transazioni oltre un certo livello su blockchain, un livello che magari è uno o due ordini di grandezza più grande di quello di oggi, ma che resta sempre altri due o trè ordini di grandezza inferiore alla richiesta potenziale di mercato.

Per concludere, la finanza derivata e tradizionale sta arrivando su ethereum, anzi è già qui:

ETN Info ETHEREUM XBT, Ether Tracker One XBT PROVIDER, (SE0010296574) - Nasdaq

e dunque anche per questa criptovaluta è probabile che cominci lo stesso ciclo che ha colpito bitcoin in questi 6 mesi, ovvero fortissima salita dei prezzi, blockchain intasata, fee sempre più alte.

Poi toccherà a litecoin?. A Bitcoin Cash? A Zcash?

When Lambo?

Siate Consapevoli, Siate Preparati

Che la blockchain sia con voi.



p.s.s.

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Ho letto che partiranno denunce per truffa aggravata per tutti i siti che pubblicizzavano i Bitcoin come investimento a facile guadagno
 

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Israele e la criptovaluta di stato
Pubblicato il 26 dicembre 2017 in Discussioni/Economia & Mercato/Esteri
Israele e la criptovaluta di stato


Il regolatore del mercato azionario israeliano ha avviato la procedura per vietare la quotazione sulla borsa locale di aziende i cui “servizi principali” sono in valute digitali, mentre quelle già quotate ma che sposteranno la maggioranza della propria operatività su servizi di moneta digitale saranno rimosse dal listino. Le motivazioni sono da ricondurre a timori di bolla speculativa ma anche di frode attraverso l’aggiramento del regolatore.

Stanno infatti moltiplicandosi i casi di Initial Coin Offerings (ICO), cioè pratiche di crowdfunding basate su emissione di moneta digitale (token) distribuita ai partecipanti all’operazione in fase di lancio di società. In pratica, i gettoni digitali sono l’equivalente di azioni in una offerta pubblica di quotazione, ma mediante essi le aziende aggirano le norme, ovunque piuttosto strette, sulle nuove ammissioni sul mercato azionario.

Per questo motivo i regolatori stanno attuando un po’ ovunque un giro di vite sugli ICO, il cui potenziale di truffa è sotto gli occhi di tutti.

Israele, oltre a vietare le “bitcoin company”, è tornato sul progetto di realizzazione di una criptovaluta di stato, lo shekel digitale, di pari valore dello shekel fisico. Le motivazioni per questo progetto sono varie, ma tra esse vi è il contrasto dell’economia sommersa. In parallelo all’emissione dello shekel digitale, che sarebbe gestito dai cittadini attraverso il borsellino elettronico (wallet) del proprio smartphone, il governo pensa ad una legge per restringere significativamente l’uso del contante.

In un paese dove l’economia sommersa è stimata pesare per circa il 20-25% del Pil, la manovra congiunta di restrizioni al contante e uso dello e-shekel dovrebbe produrre importanti esiti di emersione del nero. Un rilevante effetto collaterale della misura sarebbe tuttavia la disintermediazione del sistema di pagamenti bancari, visto che le transazioni passerebbero dai server della banca centrale in tempo più o meno reale. Questa parte della digitalizzazione monetaria nazionale è quella applicata ad esempio in Ecuador ed in altri paesi dove la bancarizzazione della popolazione è piuttosto limitata. Adottarla in paesi finanziariamente sviluppati infliggerebbe un colpo pressoché mortale alle banche commerciali, disintermediate dalla loro stessa banca centrale.

C’è ovviamente una differenza esistenziale tra il bitcoin o qualunque altra criptovaluta, emessa in quantità fissa, e la valuta digitale nazionale: quest’ultima può essere creata a piacere dal governo, essendo ancora una moneta fiat. Quindi la banca centrale potrebbe ancora gestire attivamente la politica monetaria. Ad esempio, applicando tassi negativi sui saldi della valuta digitale nazionale per stimolare la domanda; oppure creando moneta digitale a piacere, per reflazionare durante una recessione.

In pratica, la criptovaluta di stato si porrebbe all’antitesi delle motivazioni per le quali il bitcoin e affini si sono sviluppate: queste ultime per bypassare lo stato e contare su una sorta di gold standard agli steroidi, visto che l’offerta di moneta è fissa. Nel caso di valute digitali di stato, sarebbe quest’ultimo a cercare di reagire alla disintermediazione “anarchica” delle criptovalute, ed a riprendere il controllo delle operazioni monetarie ma anche degli aspetti di ordine pubblico legati alla raccolta di risparmio privato.

Sono temi ovviamente futuribili. L’introduzione di monete digitali di stato può avvenire solo con una popolazione familiarizzata all’uso di moneta elettronica e disposta a privarsi del contante. Facciamo molta fatica a vedere questo scenario realizzato in Italia, ma occorre guardare al lungo periodo ed alla sostituzione delle generazioni per esaustione naturale.

Quello che si può cogliere è che una nuova tecnologia (quella del distributed ledger, l’archivio decentralizzato delle transazioni) inizia a disintermediare il potere pubblico, e quest’ultimo reagisce tentando di catturarla ed “istituzionalizzarla”, disinnescandone il potenziale di disruption. Almeno quello monetario e di tutela del risparmio, per ora: se la tecnologia del blockchain dovesse affermarsi per le consultazioni elettorali, avremmo una spinta alla “democrazia diretta” che condurrebbe rapidamente alla fine della democrazia stessa ed al trionfo di qualche furbastro che controlla i server e decide l’esito delle “libere” consultazioni.

Salvo poi ricadere nella oligarchizzazione del processo decisionale, che renderebbe il voto diretto una patetica foglia di fico. Vi ricorda un qualcosa visto di recente, sia pure in una dimensione grottesca e caricaturale?
 

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Criptovalute: i punti deboli del sistema
Scritto il 22 dicembre 2017 alle 07:23 da Marco Dal Prà
Criptovalute: i punti deboli del sistema | IntermarketAndMore

Molte volte i mass media fanno credere che gli hacker siano pirati alla ricerca dei computer degli utenti al fine di rubare informazioni e criptovalute. Le cose nella realtà stanno diversamente e due vicende accadute di recente ne sono la dimostrazione.

Nicehash
Il primo fatto di cronaca che vi porto è la chiusura temporanea del sito Nicehash, il sito di una azienda con sede in Slovenia che fornisce servizi specialistici per chi opera nelle criptovalute, o meglio per i “minatori”, coloro che si occupano della validazione dei pagamenti. Ebbene ad inizio dicembre questa azienda è stata attaccata su più fronti da da pirati informatici che sono riusciti nell’intento di rubare circa 4700 bitcoin, l’equivalente di 60 Milioni di dollari (Coindesk).

L’attacco, che è stato certamente preparato a tavolino, ha causato anche il completo crash dei server dell’azienda, tanto che si è vista obbligata al totale oscuramento del sito, come hanno spiegato i responsabili durante una conferenza stampa tenutasi nel loro canale facebook. Per i minatori che usufruivano di questo sito di certo l’evento si sarà tradotto in una perdita importante, visto che i loro guadagni delle ultime settimane sono stati rubati; sarà comunque difficile per i ladri riuscire ad gestire una cifra del genere nella blockchain senza essere visti. Staremo a vedere.

Youbit
La seconda notizia che porto è del 19 Dicembre: riguarda un operatore coreano che si occupa del cambio tra monete a corso legale e criptovalute, l’exchange “Youbit”. Sembra incredibile ma è stato attaccato da pirati informatici per la seconda volta dall’inizio dell’anno e verrà addirittura chiuso. Per coloro che avevano criptovalute depositate è una notizia negativa, ma fino ad un certo punto; si vedranno comunque restituire circa il 75%, dei fondi che avevano lascito in deposito presso il sito. In confronto, per coloro che hanno investito in azioni o obbligazioni di note banche, è andata molto peggio.



Da questi avvenimenti si possono trarre due lezioni.

1. Gli Hacker
I pirati informatici vanno dove sono sicuri di trovare qualcosa. Forzare dei sistemi di sicurezza richiede tempo e sforzi, pertanto non si può rischiare di investire energie se non c’è sicurezza di un ritorno importante.

Perdere tempo per cercare di accedere ad un PC qualunque per poi rischiare di trovare la collezione di fotografie del gatto, oppure le coordinate bancarie di un conto corrente in rosso, sono rischi che l’hacker non può permettersi.

Meglio pertanto concentrare i propri sforzi su obiettivi certi, dove è nota la presenza di grosse cifre. Primi tra tutti Exchange e secondariamente le “mining pool”, siti dove i minatori lavorano in gruppo per suddividersi i compiti. In questo le criptovalute, con la loro trasparenza, favoriscono l’individuazione di luoghi “interessanti”. Non per niente molte comunità di programmatori sono impegnate per cercare di risolvere i problemi di privacy delle criptovalute (non quelli di sicurezza, che essenzialmente non ci sono).



2. La tecnologia
La seconda lezione che possiamo trarre è che le tecnologie per rendere sicuri i luoghi “aziendali” dove conservare criptovalute sono ancora da perfezionare, se non anche tutte da inventare.

E’ per questo che quando si “gioca” con le criptovalute, superate certe soglie critiche è necessario toglierle rapidamente dagli exchange e depositarle nel proprio wallet, anche hardware se vogliamo la massima sicurezza. In questo modo le criptovalute sono nel luogo che rende la massima sicurezza, cioè la Blockchain.

Nonostante certe favole che vengono raccontate in giro, infatti, attualmente non c’è modo di forzare le chiavi di accesso alla blockchain di bitcoin o altre criptovalute.

Sia la crittografia a doppia chiave (usata per impartire gli ordini di pagamento) che l’algoritmo SHA256 (usato dai minatori per vidimare le operazioni), sono calcoli matematici che non permettono ad un malintenzionato di fare l’operazione inversa, cioè di decodificare un messaggio. Del resto se davvero venissero forzate, sarebbe la fine per tutta la sicurezza informatica, compresa quella bancaria.

Sarebbe cioè la fine della civiltà tecnologica, non solo delle critptovalute.
 

tontolina

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BITCOIN E MASS MEDIA

TRA GLI SQUALI DI WALL STREET: BITCOIN E MASS MEDIA

Cari amici, oggi parliamo del rapporto intercorrente tra Bitcoin (e criptovalute in genere) ed informazione di massa.
Come ben sapete, personalmente, non ho grande interesse nel fare la paternale su come investiate i vostri soldi: l’importante è che riusciate a portare a casa qualche gain ed è ovvio che il grosso dei soldi si faccia in qualità first buyers ed holder degli assets oggetto di fantasmagoriche salite, nel caso di specie il Bitcoin. Quindi: divertitevi, qualora foste in grado di farlo tradate, portate a casa ottimi gains e buona vita a tutti voi.
E’ totalmente inutile seguire sedicenti guru da cantina: nessuno sa quando la salita dei prezzi dei criptoassets si arresterà. L’unica cautela che potete adottare in caso di trading consiste nel prestare attenzione maniacale al rapporto risk/reward di ogni singolo trade: tutto il resto è solo un grande show portato avanti da gente che non conosce neanche l’indirizzo della propria residenza anagrafica. Fidatevi soltanto di voi stessi: voi siete i migliori arbitri del vostro operato.
Questo post ha invece uno scopo molto più semplice: quello di provare a vivere il fenomeno un po’ più dall’ interno, in maniera consapevole e non dall’ esterno in maniera superficiale. Tutto ciò che facciamo con consapevolezza, quindi dopo aver studiato, ci dà molta soddisfazione. Se tu riuscissi a fare un bel gain dopo aver approfondito una certa tematica saresti sicuramente felice perché imputeresti al tuo duro lavoro anziché al fato l’esito della tua operazione. Viceversa, qualora dovessi conseguire una perdita a causa della tua disattenzione, della tua scarsa voglia di andare oltre l’abc di un certo fenomeno, saresti sicuramente molto frustrato perché pur volendo parlare di sfortuna sapresti benissimo che l’unico responsabile del tuo fallimento andrebbe ricercato allo specchio.

Le criptovalute sono e saranno la più grande bolla che forse vedremo in questa vita. Non lo dico io che sono un signor nessuno bensì un gestore che amministra 3-400 milioni di dollari investiti in questa asset class.

Concordo pienamente con le sue parole ed è ovvio che restare fuori dal mercato sarebbe una scelta poco sensata: se non fai qualche gain quando la bolla è in formazione, quando vorresti farli? Da short seller quando scenderà, direste voi: corretto anche se, normalmente, la predetta non è un’ opzione facilmente percorribile dai od ottimale per i retail.
Dicevamo: tutto quello che stiamo osservando adesso è già successo in passato. Bolla del ’29, crash dell’ 87, dot.com, subprime, salite paraboliche dell’ oro, dell’ argento e dell’ uranio, dei tulipani, quest’ultima appena superata su base logaritmica da quella del Bitcoin.








La salita del Bitcoin (e delle cripto) ha una matrice composita: da una parte troviamo tutta una te mserie di condotanipolatorie perpetrate dai gestori di alcuni exchanges delle quali, presto o tardi, si occuperanno le polizie di mezzo mondo e dall’ altra abbiamo una domanda reale di Bitcoin (e più in generale di criptovalute) generata da persone in carne ed ossa.
Persone totalmente disinteressate all’ economia, alla finanza, al trading si ritrovano oggi in un vortice pazzesco di news aventi ad oggetto l’ascesa del prezzo del Bitcoin. Questo aspetto non è assolutamente una novità ma è fondamentale per capire quanto in atto.

I media non sono mai stati e mai saranno neutrali osservatori dell’ andamento dei prezzi di alcun asset
; viceversa, sono parte integrante degli eventi socio-economici che questi rappresentato. La salita del prezzo del Bitcoin (e delle altre cripto) è un fenomeno sociale (come tutti i casi sopracitati) che nasce ed esiste nella misura in cui un gruppo di persone condivida un pensiero comune il quale, a sua volta, è rafforzato nel suo essere veicolato dai mezzi di informazione di massa.

I mass media vendono un prodotto informativo il cui successo dipende dall’ ampiezza del pubblico coinvolto. Per raggiungere un pubblico vasto è necessario creare un’informazione trasmissibile per passaparola oppure creare storie in corso di svolgimento per far sì che il pubblico continui a seguirle in futuro.
Nel fornire in maniera ossessiva, in prima pagina o in apertura di notiziario, informazioni circa l’andamento delle cripto (o di qualsiasi altro asset), i media consegnano al lettore/telespettatore una metainformazione consistente nell' enfatizzazione della centralità di quella notizia, in quel dato momento, per un numero molto vasto di persone.
La performance di un mercato o di un asset rappresentano tra l’altro una storia in divenire che consente di carpire l’attenzione del pubblico per un periodo di tempo più o meno ampio.
I media, inoltre, nel fornire i dati tendono ad enfatizzare il rialzo/ribasso sviluppatosi su di un arco temporale molto ristretto parlando di crolli (quando magari sarebbe più corretto parlare di storni) e di grandi salite (quando magari sarebbe corretto parlare di meri rimbalzi). Il dato che arriva allo spettatore medio è dunque emotivamente -seppur involontariamente- alterato specie nel caso in cui venga abbinato all’opinione di sedicenti esperti il cui verbo diviene legge nella mente dell’ osservatore distratto o passivo.
Quante volte avete sentito parlare di record del Bitcoin, di Ethereum ecc. negli ultimi mesi? Tantissime volte, in maniera martellante. E’ stato così anche in passato per tutte le bolle dell’ azionario e forse così sarà per sempre. Il pubblico generico, oggi più che in passato, in un contesto mondiale connotato dal paradigma economico-finanziario del QE+ ZIRP+NIRP è vittima del FOMO da rendimento e quindi subirà tremendamente il richiamo del mercato a cui il record, per come narrato dai media, è associato.
Ogni movimento di prezzo ha, per i mezzi di informazione/social media una causa facilmente individuabile
. Avete mai sentito dire che il Bitcoin fosse salito di tot punti % a causa del lancio di un razzo da parte del presidente nordcoreano? Sicuramente sì, almeno negli ultimi mesi.
Nella maggior parte dei casi trattasi di mera narrazione:
già Victor Niederhoffer in passato dimostrò come i movimenti dei prezzi aggregati poco o nulla avessero a che fare con le notizie di apertura dei tg o con i titoli di prima pagina (il mercato sconta tutto o gran parte con un certo anticipo). Tuttavia, nella mente dello spettatore quel tipo di notizia, in futuro, potrebbe essere associata a chissà quali movimenti aventi la stessa direzionalità di quelli narrati.

Sì pensi al crollo dei mercati USA del 13 Ottobre del 1989.
I media ne avevano prontamente identificato la causa nella mancata concretizzazione del leveraged buyout della UAL, capogruppo della United Airlines (che all’ epoca pesava l’ 1% di tutto il mercato azionario). In realtà, qualche tempo dopo si scoprì che la maggior parte degli investitori fosse venuto a conoscenza di quella news solo dopo il crollo, come causa dello stesso e non prima che il mercato iniziasse a scendere (il che significa che molto probabilmente non ne fu il catalyst). Bisogna sempre scindere l’analisi della correlazione da quella della causazione anche se per i media tutto fa brodo.

Pensiamoci un attimo: il grosso della salita del Bitcoin da un cent a 10.000 USD è stato caratterizzato dapprima dal silenzio dei media, non interessati al fenomeno e poi da un’ escalation di attenzioni strettamente connesse alla salita del prezzo dell’ asset. Quanti strappi rialzisti ha vissuto il Bitcoin senza che nel mondo fosse successo nulla di rilevante? Tantissimi. E’ infatti ovvio che gli operatori professionali, quelli che muovono il mercato, seguano il news flow interessante il Bitcoin -consistendo proprio in ciò il loro lavoro- a prescindere dal fatto che a trattarlo siano la tv o i social media.
Quando ad arrivare sul pezzo sono i media a cambiare è la narrazione. Eventi del tutto decorrelati divengono catalizzatori di avvenimenti che impattano profondamente su ciò che la gente pensa di un dato asset, su di un dato mercato.
Le criptovalute ed il Bitcoin sono stati senza dubbio alcuno il trade, long, degli ultimi 9 anni.
Tuttavia, bisognerebbe porsi in maniera attiva dinanzi la flusso di notizie che leggiamo ogni giorno. Ad esempio, le televisioni nazionali continuano a dire che il Bitcoin sia anonimo, il che è un falso clamoroso (ad essere anonime sono ad esempio le transazioni eseguite tramite Monero).
I media contribuiscono alla formazione della cultura di massa, generano picchi di attenzione e contribuiscono ad alimentare la retroazione dei forti movimenti passati dei prezzi ad ulteriori movimenti rialzisti.
E’ così che si alimentano le bolle e sta a noi provare a fare qualche gain.
 

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