Arte investimento guadagni rivalutazione (?) (1 Viewer)

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
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Per niente, tutto comunque reinvestito.
Era tutta roba destinata ad essere prima o poi sacrificata per liberare spazio e concentrare il ricavato in altro più meritevole.
Un po' come la storia che partendo da un primo bottone pian piano si arriva a comprare un'auto. Vedremo se è vera.
Questa mi piace. Da studente conoscevo uno che aveva una bicicletta vecchia, ma riuscì a far cambio con una migliore. Poi cambiò la bici con un motorino (sempre senza aggiungerci un soldo) e il motorino con una vespa. Poi ancora cambiò la vespa con una mitica ISO, Isotta, mi pare, quell'auto minuscola in cui si entrava dal davanti. Credo che poi ancora l'abbia cambiata con una 500, ma su questo non sono più certo, dovrei telefonargli e non ne vale la pena: perché già questa serie di passaggi fu eccezionale! D'altra parte, qualcuno ricorda i tre paperini che, partiti da un pezzo di spago trovato, a suon di baratti arrivarono ad un biglietto in piroscafo per l'India?
Vabbè, fine OT

PS l'auto era l'Isetta, eccola qua

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Isetta - Wikipedia

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Cris70

... a prescindere
Bella la tua storia.
Poco tempo fa vidi anche un servizio delle iene dove con il semplice baratto avevano messo su un bel capitale poi destinato in beneficenza.

Tornando in tema, la mia posizione è nota e penso che l'arte possa essere un investimento. Almeno per alcuni.
Un po' ci gioco anche su e certo non da spettatore, penso si sia capito, ma prendersi troppo sul serio non va mai tanto bene.

L'arte è una cosa meravigliosa che riempie tutti gli spazi della vita, un po' come un buon bicchiere di vino che puoi sempre versare in un recipiente con dentro già le cose più importanti della vita di un uomo. Chi non ha mai sentito questa storia venduta come saggezza? Un fondo di verità però c'è.

Per sposarsi bene con ognuno di noi, questa passione deve poi sempre trovare il giusto equilibrio con le altre sfaccettature del ns io e magari dialogarci anche.

Cosa voglio dire? Voglio dire ad esempio che una parte importante della mia linfa vitale è quella di porsi sempre degli obiettivi e non dare mai nulla per scontato, credendo anche nella dinamica e nella trasformazione delle cose, delle situazioni e perché no, anche delle persone, figurati delle collezioni.
Si spera ovviamente che tutto ciò avvenga sempre in meglio, così come si spera appunto di migliorare la propria collezione d'arte.

Che collezionista sono e quali sono i miei obiettivi? Questo sarebbe un interessante tema da sviscerare guardandosi allo specchio. Forse troppo personale per il pubblico ludibrio di uno spazio virtuale.

Figurati se poi ci metti dentro il termine "investimento" e obiettivi come la "collezione amata a costo zero".
Vedremo, per il momento mi diverto un casino, il progetto va avanti e almeno sulla carta sta funzionando.


Notte forum, mi son lasciato trasportare ma in fondo queste sono le pagine di un diario di viaggio, il misterioso viaggio nell'arte... di ognuno di noi.
:bye:
 
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baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Bella la tua storia.
Poco tempo fa vidi anche un servizio delle iene dove con il semplice baratto avevano messo su un bel capitale poi destinato in beneficenza.

Tornando in tema, la mia posizione è nota e penso che l'arte possa essere un investimento. Almeno per alcuni.
Un po' ci gioco anche su e certo non da spettatore, penso si sia capito, ma prendersi troppo sul serio non va mai tanto bene.

L'arte è una cosa meravigliosa che riempie tutti gli spazi della vita, un po' come un buon bicchiere di vino che puoi sempre versare in un recipiente con dentro già le cose più importanti della vita di un uomo. Chi non ha mai sentito questa storia venduta come saggezza? Un fondo di verità però c'è.

Per sposarsi bene con ognuno di noi, questa passione deve poi sempre trovare il giusto equilibrio con le altre sfaccettature del ns io e magari dialogarci anche.

Cosa voglio dire? Voglio dire ad esempio che una parte importante della mia linfa vitale è quella di porsi sempre degli obiettivi e non dare mai nulla per scontato, credendo anche nella dinamica e nella trasformazione delle cose, delle situazioni e perché no, anche delle persone, figurati delle collezioni.
Si spera ovviamente che tutto ciò avvenga sempre in meglio, così come si spera appunto di migliorare la propria collezione d'arte.

Che collezionista sono e quali sono i miei obiettivi? Questo sarebbe un interessante tema da sviscerare guardandosi allo specchio. Forse troppo personale per il pubblico ludibrio di uno spazio virtuale.

Figurati se poi ci metti dentro il termine "investimento" e obiettivi come la "collezione amata a costo zero".
Vedremo, per il momento mi diverto un casino, il progetto va avanti e almeno sulla carta sta funzionando.


Notte forum, mi son lasciato trasportare ma in fondo queste sono le pagine di un diario di viaggio, il misterioso viaggio nell'arte... di ognuno di noi.
:bye:
Mooolto romantico :prr:
 

Ziig

Forumer attivo
Alla grande.
Fatto fuori diversi lavoretti minori suddivisi in aste diverse e un paio di amici privati.

La figata più assurda e per la quale a pensarci bene mi viene da ridere, due cartoline con tessuto firmate da Christo e moglie pagate € 118euro e vendute a € 1100. Multiplo di Marcarelli recuperati i miei con un plusvalenza del 10%. Ditoni e ditini feticci vari di Cattelan spesa totale € 154 incassati € 500, e così via. Altra tornata adesso alla Meeting.

L'unico sul quale ho ripreso i miei soldi è un Obey venduto a Parigi anche se di fatto le altre due opere che posseggo si sono rivalutate del 25% (chiamasi diritti d'asta).

Insomma quando ho il quadro finale son curioso di calcolare la plusvalenza in percentuale, ma in generale ad oggi ho più che raddoppiato.
Il Marca Relli era proprio bello, l'avevo notato da Meeting ;)
Adesso da Meeting hai il Castellani giusto? (no, non ho telecamere in casa tua, ho una buona memoria fotografica :D)
 

Cris70

... a prescindere
Il Marca Relli era proprio bello, l'avevo notato da Meeting ;)
Adesso da Meeting hai il Castellani giusto? (no, non ho telecamere in casa tua, ho una buona memoria fotografica :D)

Si giusto. Ho il Castellani alla prima tornata ed un piccolo Amadio.
Il Castellani ricordi bene lo avevo postato ed adesso l'ho sostituito con un Savelli a 20 esemplari molto bello
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Finita l'estate :tristezza: eccoci di nuovo di fronte al dilemma: investimento o no?
Cris ci ha mostrato un modo per guadagnarci su, reso limpido dal fatto che comunque lui resta un collezionista che compra per passione. Dichiara di aver venduto in asta o ad amici, e nessuno lo mette in dubbio. Ma mi permetto di notare che non ha venduto a mercanti o galleristi. Che significa?
Primo: significa la solita cosa: che se le commissioni, il margine, il guadagno, lo si chiami come si vuole (pur considerando le spese) è dell'ordine minimo del 30% - ma spesso maggiore - guadagnare in tempi umani è praticamente impossibile (abbiamo già considerato la posizione particolare di Cris, e visto che comunque il consumatore finale paga per tutti).
Secondo: ammesso che si riesca a scavalcare il punto 1, resta che quando si vende si vende in relazione ad un mercato. :eek:
Un mercato? Cioè?
Non parlo della cerchia fasulla delle gallerie che sostengono i vari artisti, né delle televendite. Quello viene dopo.
Parlo del fatto che nella testa di tutti, ma proprio tutti, sia presente l'idea che un artista (una sua opera) "vale" tot.
Il "lavoro" dell'artista non c'entra, in sé, una mazza. Certo, un grande quadro assai lavorato tende a costare più di uno schizzo ad acquarello, ma il peso di ciò resta riferibile all'aspetto artigianale del lavoro. Assai di più, soprattutto quando si sale a prezzi ben alti, contano altri aspetti.

Il "mercato" si basa su consenso sociale, sul fatto che vengano riconosciuti certi valori. Non intendo il valore del singolo rispetto ad un altro, ma proprio il fatto che si debba pagare per oggetti che "danno" qualcosa. Una volta Nobiltà e Chiesa pagavano in relazione al prestigio ottenibile o al grado di spiritualità che l'opera poteva comunicare ai fedeli (oggi questo aspetto viene totalmente ignorato, o passato sotto silenzio). La borghesia francese degli allevatori inurbati pagava i quadri di mucche e affini per ricordare la propria storia anche in funzione dell'espressività e riconoscibilità del soggetto. Anche gli stati moderni pagarono artisti in funzione della rappresentazione di personaggi della propria storia.
Non si considera mai abbastanza il fatto che le avanguardie storiche, tra 800 e 900, dovettero proprio superare la mancanza di un mercato cui interessassero i propri valori. Ed appare stupefacente quanto rapidamente, tutto sommato, la nuova arte abbia saputo farsi approvare dal mercato. Il quale ha dunque trovato in essa dei valori. Quali?

Se si considera la crisi dell'io di fine 800 (Dostojevski, Nietsche, Freud ...) si può pensare che la nuova arte potesse proprio avere il senso di dare a questo io in crisi uno specchio, uno strano specchio con cui dialogare :confused: Inizialmente, dunque, i lavori ufficiali, le opere di grandi dimensioni, dovettero comunque tener conto dei vecchi criteri di valore, e dunque apparire meno rivoluzionarie. Ma le opere di dimensione contenuta godettero di una nuova libertà: la libertà di rivolgersi direttamente all'io di chi guarda ( e dell'acquirente) proponendogli una nuova conoscenza, una nuova visione: praticamente portandolo a guardare con occhi nuovi non solo l'arte, ma tutta la realtà (e già, quale realtà, poi?). Questo fu l'arte moderna, caratterizzata proprio dall'inclusione progressiva di tale dialogo al di là del soggetto entro l'opera. E così i divisionisti inserirono questo aspetto solo per la parte in cui portarono l'attenzione dello spettatore su altro che la rappresentazione: nel loro caso, sulla composizione stessa della superficie e sull' "inganno" cromatico, un bello imprevisto che, quantomeno, metteva chi guardava in condizione di resettare i propri criteri di visione. I Fauves fecero di più, liberarono gli aspetti espressivi all'interno della figurazione, stravolgendo la figura, il contenuto: per lo spettatore ciò significava un incitamento ad uscire dal rigido sistema di regole e valori sociali, con un ruolo in qualche modo simile a quello della psicanalisi. Una liberazione dell'io.
I futuristi scoprirono quanto la dittatura della ragione potesse venire messa in crisi dall'inserire il movimento all'interno di ciò che era da sempre statico: l'effetto sullo spettatore fu un invito ad accettare la nuova civiltà meccanica e in movimento superando quella vecchia, immobile ed ormai polverosa (peccato che poi ... la guerra sola igiene del mondo ... questo il grande limite di pensiero della corrente). L'astrattismo ancora mostrava il vuoto, ed insieme un appiglio nel vuoto, i ritmi, l'effetto nel subconscio: perché il mercato avrebbe dovuto acquistare un'opera astratta? Un po' per certificare la fine di un mondo (aspetto un po' snob), molto per mettere alla prova la propria capacità di entrare in un mondo nuovo, dove tutti i valori venivano stravolti, e il singolo poteva finalmente accettare pubblicamente non solo ciò che la società imponeva, ma anche quanto gratificava i suoi impulsi più semplici e più interiori - ma anche più sensuali.
Un ragionare che si capisce meglio ricordando come, sotto il fascismo (e altre dittature) si sia ritornati alla figura come valore esterno all'individuo, praticamente imposto da fuori. Non è un caso che, sotto le dittature, la pittura tenda ad imitare la scultura e a farsi monumento (parola che deriva da ammonire)

Prima che l'esausto lettore mi mandi una macumba, chiudo: quali valori cerca oggi il mercato nell'arte? Può essa stessa considerarsi un valore se non risponde a tale domanda? Che poi, attenzione: anche un romanzo di Dostojevski è certamente considerato un valore, ma mica lo si paga migliaia di euro. Una raccolta di poesie del massimo livello non costa più che poche decine di euro. Dunque, oltre che al fatto di "rispondere a delle richieste offrendo dei valori", il quadro, in termini economici, si dovrà considerare un oggetto diverso, che non si usa come un tavolo ma costa - spesso - più del tavolo, che non serve a comunicare pubblicità ma vale più di quasi tutti prodotti in vendita; che sta come immobile ed imbarazzante testimone di un passato ( anche recente) eppure chiede quattrini per dormire a casa tua. Una volta si pagava per comunicare ai fedeli o per affermare direttamente il proprio prestigio. E ora?
 

cassettone

In stand by
Io considero la pittura/arte un oggetto di arredamento prestigioso o di goduria personale, tipo un collezionista.

Per investimento, bisognerebbe sapere quanti quadri vengono messi in vendita ogni giorno e quanti di questi potranno valorizzarsi in un prossimo futuro, pensiero da non dare in pasto ad un mercante............................ ti mangerebbe vivo :devil:
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Se passiamo a dire quali valori il mercato oggi offra, non si può fare a meno di parlare del gallerista.

Il gallerista è quel tale che prende in mano un gruppetto di gente che vuole vivere di arte, spende un bel po' di soldi (dati a loro, ma soprattutto in funzione di avvenimenti, mostre, presentazioni ecc.) e in tal modo pubblicizza questi soggetti, in modo tale che divengano autori un prodotto oggetto di desiderio. Molte case produttrici creano sostanzialmente lo stesso prodotto, ma quelle che gli fanno pubblicità lo vendono più caro (esempio classico la benzina, che spesso è assolutamente la stessa in distributori di varie marche e prezzi diversi, riforniti dalla stessa autobotte).
Tralasciando per ora la validità di quel valore, non si può comunque non osservare che, se vuole rientrare dell'investimento, il gallerista deve ricaricarne i costi sulle opere e soprattutto avere una lunga esclusiva, così da proteggersi da una concorrenza che lo farebbe sembrare troppo caro. Nasce però il problema a più facce di quanto sia controllabile la faccenda: Autori "inaffidabili", con produzione a latere, opere precedenti, contratti rotti o comunque non sufficientemente lunghi e c'è pure il problema delle opere vendute che tornano magari a prezzo più basso con le aste sul mercato.
Il quale sembrerebbe così assai artificioso, ma forse non tutti sanno quanto siano artificiosi praticamente tutti i mercati: pomodori raccolti a 3 cent il kilo e venduti a 2 €, agenti immobiliari pronti a imbrogliare la mamma, consumi imposti con pubblicità subliminale pazzesca, offerte speciali nei supermercati magari costruite prendendo per il collo l'allevatore che il mese dopo si suiciderà. Diciamo che il mercato è la cosa più simile alla guerra che io conosca. Infatti, un mercato richiede automaticamente un controllo, vale a dire un condizionamento che di volta in volta eviti gli eccessi, favorisca l'accettazione da parte degli acquirenti (vale anche per le pere, le automobili, le scarpe ...). Il controllo lo può fare uno solo, o quasi, oppure un insieme di aziende in tacito coordinamento (se esplicito sarebbe reato ...:grinangel: ).

Ma perché non si pretende che il fruttivendolo si ricompri le melanzane il giorno dopo, magari anche a più soldi? Oppure, perché non si va a rivendere l'ombrello ancora mai usato al negoziante, magari proprio quando piove molto e chiedendovi sopra un guadagno, vista la situazione di maggiore richiesta? Perché nella società moderna i servizi pesano sempre di più e di conseguenza il peso dell'oggetto in sé sul suo costo è divenuto progressivamente minore. Nelle società più arretrate vi sono pochi servizi, quindi poco sovrapprezzo sul prodotto: quest'ultimo ha dunque un valore che muta poco nel tempo, almeno sinché rimane "nuovo". Per fare un esempio: da noi, se compro un televisore e poi voglio rivenderlo anche se mai usato, il massimo che ci prendo sarà sul 70/75% del prezzo iniziale; a Cuba ho visto nella stessa situazione un televisore venduto al 90%, e la cosa veniva considerata una ottima occasione.
Con il passare del tempo le cose - gli oggetti - diventano più vecchie, e perdono di valore. Se però diventano più antiche, significa che un valore, anche se non necessariamente monetario, e magari non definitivo,lo hanno acquistato. Tranne eccezioni tipo Ferrari o rarità, le automobili invecchiano e perdono di valore.
Ecco, le opere d'arte apparentemente non invecchiano, non si degradano (non più di tanto, in effetti) e ciò fa illudere che debbano mantenere o aumentare il loro "prezzo". Le automobili, invece, nell'uso deperiscono. Un investimento non dovrebbe deperire: la casa appare come un investimento perché deperisce molto lentamente. Il denaro non muore mai, l'oro è stabile ecc. (tra l'altro, R.Steiner individuò proprio in questi beni rifugio e nell'immortalità del denaro il maggior cancro per l'economia: ma qui non è il caso di approfondire).
L'altro lato dell'illusione consiste nell'ignorare i costi iniziali, "di lancio", dell'artista stesso da parte di una galleria o di un sistema di gallerie, nonché, come detto, i costi generali dei servizi in rapporto a quelli degli oggetti. Dopo molti anni l'artista così lanciato non potrà che sedersi con i suoi prezzi, e smaltire appunto in tal modo l'incidenza della droga iniziale.

In provvisoria conclusione: fuori dal sistema l'arte di per sé non riesce a "fare mercato", cioè a divenire un valore piuttosto alto per un numero sufficiente di appassionati. Dentro il sistema, l'opera si carica di costi impropri, quali quelli citati, più l'esposizione a fiere ed eventi (costano un occhio) o in galleria: costi che appesantiscono percentualmente in modo ampio la qualità dell'investimento.
Perciò fino a, diciamo, 100 € si compra anche per un solo ghiribizzo personale, tra i 100 e i , chessò, tremila, si paga sì, ma facendo riferimento ad un "mercato" dove sarà tuttavia difficile rivendere, più su invece si spera di investire e che qualcuno ci ripagherà ... (cifre soggettive per ognuno, of course) perché ..." dipende da come andrà il mercato". :pollicione:
 

cassettone

In stand by
Se compri direttamente dall'autore, sorpassi le logiche spese che il mercato deve fare per valorizzare un autore ed il giusto guadagno, ma poi quell'autore non so se avrà un successo al di fuori dell'ambito locale.

Prendiamo ad esempio dalle televendite, se compri un quadro da loro che paghi 100, il ricarico e 30%, riporti l'indomani il quadro a rivendere ti danno 70 e loro rivendono a 100.

Quindi il compratore/investitore parte sempre svantaggiato, se usa i più "sicuri" canali tradizionali che ti devono certificare l'autenticità dell'opera.

Se uno trova in giro per mercatini un quadro moderno o contemporaneo di un autore famoso, di sicuro non sarà con la certificazione di autenticità, quindi dovrai sbatterti per avere questo certificato e pagare moneta sonante.
Oltretutto in giro ci sono molti quadri falsi, quindi il rischio di una sola è molto alto, ora ho scoperto che girano anche dei falsi di famose ceramiche anni 30/60, però le ceramiche è più difficile produrle false, più facile fare un multiplo di Schifano.
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Se compri direttamente dall'autore, sorpassi le logiche spese che il mercato deve fare per valorizzare un autore ed il giusto guadagno, ma poi quell'autore non so se avrà un successo al di fuori dell'ambito locale.
Sì, è appunto quello che dico anch'io. Ma questo vale nel nostro periodo, magari le cose potrebbero anche essere diverse. Faccio un esempio astratto: se il mercato consistesse solo in situazioni (aste, expo ecc) cui tutti hanno diritto di partecipare a rotazione (con qualche meccanismo correttivo, ovvio) e non esistessero galleristi ecc., le cose sarebbero diverse (non dico migliori, è solo un esempio teorico). Altro esempio: a Cuba, mercato asfittico, in pratica possono "fare gli artisti" solo coloro che hanno studiato in Accademia, e il mercato è controllato dallo stato (al potere dell'iniziativa di gallerie+denaro si sostituisce quello di critici-funzionari per conto dello stato). In fin dei conti, anche gli oggetti usati una volta non si sapeva che farne, poi nacque Secondamano, nacquero i mercatini e infine le strutture tipo "Il Mercatino" (nome proprio) dove si lasciano le cose in vendita a determinate condizioni.
Prendiamo ad esempio dalle televendite, se compri un quadro da loro che paghi 100, il ricarico e 30%, riporti l'indomani il quadro a rivendere ti danno 70 e loro rivendono a 100.

Quindi il compratore/investitore parte sempre svantaggiato, se usa i più "sicuri" canali tradizionali che ti devono certificare l'autenticità dell'opera.

Se uno trova in giro per mercatini un quadro moderno o contemporaneo di un autore famoso, di sicuro non sarà con la certificazione di autenticità, quindi dovrai sbatterti per avere questo certificato e pagare moneta sonante.
Oltretutto in giro ci sono molti quadri falsi, quindi il rischio di una sola è molto alto, ora ho scoperto che girano anche dei falsi di famose ceramiche anni 30/60, però le ceramiche è più difficile produrle false, più facile fare un multiplo di Schifano.
Per questo dico che la mania degli archivi è uno strumento inventato dal sistema gallerie proprio per mantenere l'esclusività, oltre a permettere una ulteriore speculazione. Grazie, mi dirai, ma allora come fare per i falsi? A parte che tutti possono sbagliare e sbagliano, il problema si pone quando il "mercato" sovrapprezzi autori facilissimi da imitare, dove il fattore manuale sia piuttosto ridotto. In questo senso, l'esempio estremo, cioè l'arte concettuale, è un "falso" che viene certificato e diventa così autentico. So che pare una posizione di retroguardia, però a questo punto solo l'eccellenza di una esecuzione sufficientemente complessa, o elaborata, diviene garanzia che può sfuggire alle forche caudine della certificazione. Non è una mia idea, è la realtà oggettiva (almeno credo).
Poi, ad ogni mercato ortofrutticolo esiste un ufficio atto a certificare la commestibilità dei funghi raccolti da chiunque, ed è gratuito.
Giro l'idea ai nostri governanti :specchio: (peraltro, nel mio piccolo, rilascio autentiche sempre gratuite, ed accettate anche in alcuni luoghi "istituzionali", pur non avendo voluto diventare perito di tribunale perché non mi serviva la scocciatura di lavorare ancora).
 

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