Arte investimento guadagni rivalutazione (?) (1 Viewer)

Cris70

... a prescindere
Ti do ragione in toto.
Io stesso non guardo più la TV generalista. Quando un argomento mi interessa lo cerco su più fonti e mi faccio la mia idea.
Interessante la metafora della droga, funziona proprio così e il mondo dell'Arte ha un po' l'effetto inebriante. Si paga pure ma almeno appendi qualcosa al muro.
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Tratto da altro 3d
Il prezzo può anche diventare superiore... Baleng penso dipenda sempre se uno Colleziona o meno, il discorso è quello.
Se collezioni non aspetti tre, quattro, sei anni di ritrovare un'opera sperando che ti costi di meno. Anche perchè punto uno non è detto che trovi quella o una simile e punto due potrebbe anche non costare meno e quindi con quel ragionamento non la comprerai mai. Se voglio comprare una carta di Combas, per dirne uno, la voglio comprare adesso non fra due anni o solo se mi capita a buon prezzo. Aspettare l'occasione non è collezionare, può essere una scelta giusta ma ben diversa.

Che poi è la distinzione appena fatta ovvero l'aspettare occasioni ed il collezionare. Non ho un animo collezionista, essendo molto mercante, però ci son cose che ho acquistato e che non ho alcun interesse nel rivendere perchè comprate per collezionarle. Pagate anche care e senza nessun interesse nel sapere quanto varranno tra 15 o 30 anni. Andassero anche a 0, ti giuro non mi interessa. Penso debba essere la mentalità di chi colleziona altrimenti, ripeto, star li a pescar occasioni con l'idea di rivendere non mi sembra collezionare e credo quasi mai ne venga fuori una collezione soddisfacente. Soddisfacente prima per se stessi e poi, secondariamente, oggettivamente.

Punti di vista eh...ciao e a presto!
Riprendo qui l'argomento. Soprattutto sul grassettato. Anche ammesso di aver chiaro che cosa significhi collezionare (tu ne hai comunque dato una definizione, legata al concetto di amore, una specie di matrimonio con l'oggetto), diverso è se il collezionista ha 20, 50 o 70 anni. Il primo, a parte che di solito ha meno denaro disponibile, può permettersi di aspettare di più, cioè che gli arrivi a portata di mano l' "occasione". Il terzo, ovviamente, deve trovare qualche motivazine in più per continuare ad acquistare. Se, per esempio, gli eredi si mostrano disinteressati, comprerà molto più raramente.
Già in altre occasioni abbiamo qui paragonato (in modo un po' sconveniente :ops: ) l'acquisto di un'opera al rapporto con l'altro sesso, o comunque al rapporto affettivo. Anche in questo caso l'aspetto economico non è affatto irrilevante, soprattutto se non ci limitiamo a guardare la nostra minoranza di mondo occidentale (ma anche qui, di borghesi che sposano un poveraccio c'è da cercarle con il lanternino).
Ora, per farla breve, ma non definitiva, tu forse hai del collezionista una immagine piuttosto angelicata. Lui "ha bisogno" di quella cosa là, e come va al miglior ristorante senza neanche guardare a destra delle pietanze (dove sta la punizione :sse: ), così paga volentieri il giusto, cioè molt...ino, per avere il meglio. Ho conosciuto di questi collezionisti quando vendevo: sono sempre stati una minoranza. Per i più, pagare un po' di meno per avere un oggetto, al momento, di moda, era irresistibile.
Ho sempre creduto nell'amore separato dal denaro, ma probabilmente mi sono solo illuso. Così, almeno nel campo artistico, anche procurarsi belle cose con poca spesa può corrispondere ad una gratificazione dell'io. La gente cerca anche questo. Per il resto, i collezionisti "a cuore aperto" sono sempre stati una minoranza: e tuttavia per quasi tutti i possibili acquirenti esiste l'oggetto per il quale diventano a loro volta "collezionisti". E' un punto "debole" che il bravo mercante sa cercare e sfruttare durante il dialogo. Per chi vende in internet la cosa è molto più difficile.
 

RedArrow

Forumer storico
Personalmente rifiuto il modo con cui certe categorie vengono utilizzate. Le collezioni più importanti vengono messe in piedi ad esempio dalle banche, quindi con criteri più aziendalistici che affettivi, cioè un budget, un comitato che decide gli acquisti, una politica di indirizzo e così via.
Che poi il risultato riesca oppure no è tutto da stabilire. Ho lavorato come consulente per cinque anni nella sede italiana di una importante banca estera (si badi, una delle più importanti al mondo) che si vanta di esporre nei corridoi in cui passano tutti, negli uffici anche dei dipendenti semplici una importante collezione d'arte contemporanea internazionale. L'intento era pregevole, cioè l'arte diffusa e disponibile a tutti, peccato che le opere facevano ca**re.
Diverso invece è il discorso se parliamo di Collezioni - Gallerie d'Italia (collezione Cariplo-Intesa San Paolo).

Scendendo con i piedi per terra il discorso di @lastra.biffata è chiaro e anche condivisibile però si dimentica che un italiano normale si deve far bastare un stipendio anch'esso normale e quindi di opere pagate un certo prezzo in galleria se ne potrà comprare una ogni lustro (stavo scrivendo ogni lastra, biffata ovviamente ;)). Salta quindi completamente il discorso della collezione (almeno quella importante), che è perseguibile solo dalle persone benestanti...e non ditemi che dobbiamo occuparci solo di costoro.
Anche il discorso di comprare la tale opera, e proprio proprio proprio quella, è valido molto parzialmente. Nel caso della grafica prima o poi l'opera la ritrovo uguale (a me è accaduto più volte) e se non uguale la ritrovo simile, o somigliante, mentre nel caso dell'opera unica generalmente gli autori producono con criteri di similitudine tra le opere (noi li idealizziamo ma anche loro devono produrre per mangiare, e poi comunque se lo stile è quello non se ne possono inventare un altro dalla sera alla mattina) quindi puoi tranquillamente ingoiare il rospo, lasciar prendere l'opera a qualcun altro e prima o poi ne troverai un'altra dello stesso autore che ti piacerà di più...o di autore diverso.

Infine la figura del collezionista. Chi è? Cosa ha fatto per meritarsi questo appellativo, si è iscritto ad un apposito albo sostenendo un esame in cui ha dovuto dimostrare di saper mettere in piedi una collezione d'arte? Quella del collezionista è una categoria che come al solito serve per indirizzare il discorso ma non va presa troppo sul serio. Ricordo quel milanese che diceva: "ho un taglio di Fontana che adoVo". Giusto, se hai un taglio di Fontana che adovi ti dovrai pur dare le dovute arie altrimenti chi mai si sarebbe occupato di te come collezionista?
 

Cris70

... a prescindere
ciao ragazzi bellissimo aver ripreso questo 3d al quale darò il mio contributo nel WE.
vi avviso però che parto "avvantaggiato" perchè i Fontana li ho venduti :rotfl:
(mi è rimasta un'acquaforte)
 

lastra.biffata

Forumer attivo
però si dimentica che un italiano normale si deve far bastare un stipendio anch'esso normale e quindi di opere pagate un certo prezzo in galleria se ne potrà comprare una ogni lustro (stavo scrivendo ogni lastra, biffata ovviamente ;)).

Si red certo però solitamente chi compra arte non corrisponde al profilo di chi non arriva a fine mese...
Chi colleziona viene definito collezionista, abbi pazienza. Cosi come chi ha un ristorante viene chiamato ristoratore e chi va in bicicletta, ciclista. Devo dire anche che hai in mente una figura di collezionista un pò distorta e un pò snob, ti garantisco che non sono tutti cosi anzi il profilo da te tracciato rappresenta una minoranza.
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
La riproducibilità dell'opera d'arte da un lato ha dato un bel calcio sulle caviglie alla figura del collezionista, dall'altro ha contribuito ad arricchire il numero dei partecipanti alla categoria.
Perché con la riproducibilità le opere girano, bignamizzate, ma girano. Molti se le conservano in un angolo del cervello. Poi vanno alle mostre e nei musei, e immagazzinano anche quelle. Entrano in internet ed è un'altra alluvione trasfusionale. La quantità di opere viste in media, e poi ammassate in quel magazzino della memoria, è enormemente maggiore rispetto a quella degli anni d'oro del collezionismo (da metà 800 a fine 900). Ciò comporta un minore bisogno del possesso di un lavoro per goderne i "magici effluvii" nonché un affinarsi delle scelte, scartando opere che non corrispondono abbastanza all'immagine che si ha dell'autore. Si colleziona già nel cervello, con discreta soddisfazione. Chiaro che allora il possesso fisico dell'opera d'arte diventi un opzional legato alle contingenze, alle occasioni ecc.
Dall'altro lato, proprio quell'inondazione di immagini prepara il guardante ad un innamoramento selettivo, "a me piace molto quello là": diviene allora più significativo il ruolo narcisistico della soddisfazione, o consolazione, dell'io, l'identificazione con l'artista come "parte del tuo gruppo".
Ciò avrebbe dovuto spingere un espandersi del collezionismo così come, al tempo stesso, un assottigliarsi della sua consistenza.

E invece?

Invece ha funzionato abbastanza così per gran parte del 900. Ma poi è subentrato altro. Si è gonfiato l'aspetto economico-speculativo. E' diminuita la capacità critica del pubblico ormai allargato. La classe media si è trovata in mezzo a due trincee, sotto una gragnuola di colpi e rifiutata da ambedue i rifugi.

Di conseguenza sono aumentati gli estranei in casa. Come il vecchio sano succo d'arancia è stato sconfitto dalla potenza economica di bevande quali la C.C. (nemmeno la voglio nominare), così si è inventata una pseudo arte, facile e veloce da produrre, e la si è imposta sfruttando il monopolio culturale e commerciale di origine economico-politica. Si barava sull'importanza degli artisti nell'italietta fine 900, supervalutando qualche incapace che si poteva riconoscere con facilità. Ma si bara tuttora sull'importanza di pugnettari superspecializzati nel quasinulla: c'è sempre chi viene gratificato dal "capire" ciò che agli altri appare come un "boh!": facendosi acquirente, o collezionista, costui si porrà un gradino sopra agli altri. Che poi ciò serva solo a vedere meglio forfore e pidocchi sopra il capo del popolino, ciò per l'economia non rileva.

Nessuno dovrebbe dimenticare che la Pop-art fu sponsorizzata ed imposta dalla politica americana in funzione antisovietica. Il suo sbarco nella biennale del 1964, con alle spalle tutta la US Army, semplicemente arricchì gli strumenti colonialistici a disposizione.
Uno potrebbe osservere che la qualità delle opere è assolutamente indipendente dal ruolo di chi le appoggia.
Sono assolutamente d'accordo. Infatti, nonostante l'alto impegno dei supportatori, la pop-art e quant'altro hanno solo confermato il proprio ruolo di feticcio di vita negli occhi di chi non sa vivere per timore della morte. Le famose opere di distrazione di massa.
 

lastra.biffata

Forumer attivo
Baleng leggo una tua visione un pò pessimista e delusa. Anche perchè con quel ragionamento diremmo lo stesso di Pisarro, Monet o Michelangelo. In ogni periodo storico in qualche modo d'arte è stata, se non imposta, comunque spinta o sostenuta (il mecenatismo, che poi tanto disinteressato non era, c'è da secoli). Credo che si dovrebbe guardare all'arte in maniera più gioiosa. Gli artisti americani saranno anche stati calati dall'alto da Castelli, CIA ed altri ma tant'è che la pop americana e altri movimeni restano belli a prescindere, hanno avuto da dire la loro e continuano a dirla. Più che del retropensiero e del dietro le quinte, io guarderei con entusiasmo al bello che tanti artisti ci hanno regalato.

Questi restano tutti punti di vista personali e non verità assolute, ovviamente.
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
. In ogni periodo storico in qualche modo d'arte è stata, se non imposta, comunque spinta o sostenuta
tant'è che la pop americana e altri movimeni restano belli a prescindere,
Veramente ho scritto che
Uno potrebbe osservere che la qualità delle opere è assolutamente indipendente dal ruolo di chi le appoggia.
Sono assolutamente d'accordo
Il problema infatti per me è che se le opere "imposte" non sono portatrici di qualità, esse contribuiscono a deteriorare il gusto generale. Non credo sia un portato inevitabile dei tempi che l'arte debba solo esprimere concetti, e chi se ne frega dell'impronta di vita. Siamo al realizzarsi di immagini profetiche, tipo l'homunculus goethiano. Solo testa. O, in altri casi, solo corpo (certa pittura materica, per es.).
Ora, è vero che la storia spirituale prevede per i nostri tempi un allontanarsi spontaneo in ognuno degli umani tra pensiero, sentimento e volontà. Infatti, l'arte concettuale pretende di essere solo pensiero (ma poi si fanno pagare le opere, mica le idee :ciapet: ), l'arte commerciale corrente, compresa quella religiosa, è tutta sbilanciata sul sentimentalismo, che è sentimento intriso di egoismo, e l'arte anglosassone si basa sul fare, magari appoggiata da un pensare, basti pensare ad un Rauschenberg.
Il problema sarebbe che quell'allontanarsi reciproco va contrastato, pena la perdita dell'umano. Ci si abbandona alla passività nel pensare (normalmente non si è affatto attivi nel pensare, ci si abbandona alle concatenazioni o ai riflessi della realtà. Viceversa, un musicista che pensi, per esempio, un canone inverso, o per moto retrogrado, mette in moto un pensare attivo. Si torni solo al proprio nome-cognome e si cerchi di pronunciarlo all'incontrario senza poterlo leggere: e si noti quanto il pensare debba ora attivarsi molto di più.)

Tenere insieme le proprie facoltà ed equilibrarle sarebbe l'ideale per il nostro tempo: ma costa fatica, non sia mai!
Con esempi: Griffa inserisce il pensiero matematico nel quadro, ma lo butta là, dov'è finita la sua forza motrice? Godere passivamente del colore nella materia è auspicabile. Fermarsi là è solo una dichiarazione.
Altri si fissano su certi aspetti, per esempio geometrici. Ma dov'è la poesia (il sentimento) nelle opere di Albers?
Hartung ripete la forza del gesto, della volontà. Per andare dove?, visto che di pensiero non v'è traccia visibile, e tanto meno di sentimenti - o forse solo di rabbia.
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Per quanto detto, il collezionista (che compra) oggi è sempre meno uno che vuole ritrovarsi nella personalità di un altro. Questa funzione è piuttosto surrogata dallo sport-spettacolo. Il collezionista ha visto nei musei lavori che, proprio perché stanno là, valgono tanto denaro. Siccome la qualità dell'opera almeno inconsciamente di solito gli dice poco, ecco che egli vede nell'acquisto d'arte soprattutto un fatto di denari. Il main stream artistico lo accompagna in questa chimera, gli mostra valori economici strabilianti per certi nomi, e lui compra una fetta di questo mondo, anzi, di solito un surrogato. Vuoi che non cerchi di pagarlo poco, visto che "il guadagno si fa quando si compra"?
Le quotazioni di un Tal Coat non saranno più per me un mistero quando vedrò qualcuno innamorarsi di una sua riproduzione al mercatino, presentata in modo anonimo e in cui difficilmente sia possibile venire a conoscenza dei valori di mercato, o addirittura non si conosca chi sia l'autore.
Viceversa, trovando un suo originale a pochi euro, io lo comprerei. Ma solo per rivenderlo a molto di più, e il più presto possibile. Sia mai che la maionese si smonti.
 

RedArrow

Forumer storico
Veramente ho scritto che

Il problema infatti per me è che se le opere "imposte" non sono portatrici di qualità, esse contribuiscono a deteriorare il gusto generale. Non credo sia un portato inevitabile dei tempi che l'arte debba solo esprimere concetti, e chi se ne frega dell'impronta di vita. Siamo al realizzarsi di immagini profetiche, tipo l'homunculus goethiano. Solo testa. O, in altri casi, solo corpo (certa pittura materica, per es.).
Ora, è vero che la storia spirituale prevede per i nostri tempi un allontanarsi spontaneo in ognuno degli umani tra pensiero, sentimento e volontà. Infatti, l'arte concettuale pretende di essere solo pensiero (ma poi si fanno pagare le opere, mica le idee :ciapet: ), l'arte commerciale corrente, compresa quella religiosa, è tutta sbilanciata sul sentimentalismo, che è sentimento intriso di egoismo, e l'arte anglosassone si basa sul fare, magari appoggiata da un pensare, basti pensare ad un Rauschenberg.
Il problema sarebbe che quell'allontanarsi reciproco va contrastato, pena la perdita dell'umano. Ci si abbandona alla passività nel pensare (normalmente non si è affatto attivi nel pensare, ci si abbandona alle concatenazioni o ai riflessi della realtà. Viceversa, un musicista che pensi, per esempio, un canone inverso, o per moto retrogrado, mette in moto un pensare attivo. Si torni solo al proprio nome-cognome e si cerchi di pronunciarlo all'incontrario senza poterlo leggere: e si noti quanto il pensare debba ora attivarsi molto di più.)

Tenere insieme le proprie facoltà ed equilibrarle sarebbe l'ideale per il nostro tempo: ma costa fatica, non sia mai!
Con esempi: Griffa inserisce il pensiero matematico nel quadro, ma lo butta là, dov'è finita la sua forza motrice? Godere passivamente del colore nella materia è auspicabile. Fermarsi là è solo una dichiarazione.
Altri si fissano su certi aspetti, per esempio geometrici. Ma dov'è la poesia (il sentimento) nelle opere di Albers?
Hartung ripete la forza del gesto, della volontà. Per andare dove?, visto che di pensiero non v'è traccia visibile, e tanto meno di sentimenti - o forse solo di rabbia.
Allora OK, questo non è il 3D di Griffa però l'hai scritto qua e quindi commento: questo è il motivo per cui considero Griffa gradevole, o decorativo, ma nient'affatto geniale, avere solo buttato là un numero accattivante perchè carico di mistero (una prova dell'esistenza di Dio?).
Questo vorrei spiegarlo a @Loryred, quando si parla di Griffa, perchè certe cose è difficile dirle spiegarle senza che ci si arrivi.
Cioè un numero messo lì rischia di essere come la citazione dotta: "come diceva Platone...".
 

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