ARTE E RELIGIONE (1 Viewer)

baleng

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"Arte e religione" è un argomento che si può affrontare da molti lati e punti di vista. La scelta è libera e ognuno ci metterà il suo. Oggi vorrei accennare ad un aspetto assai particolare, la somiglianza di atteggiamento tra chi versa un'elemosina e chi compra un quadro/stampa/statua.
Ovviamente il discorso è circoscritto ad alcune zone economico-culturali, ma ho notato come tra le motivazioni più recondite di un acquisto possa starci anche quella di "dare un obolo" all'arte stessa. Quando ho fatto il venditore, molti acquirenti avevano l'aria di "sacrificare" una certa somma in modo che l'arte trovasse sostentamento. Una forma di approvazione, di voto dato con il portafogli. Il tal artista "merita". Comprandolo, e vale sia per chi appende al muro, sia per chi "mette via" in cartella, o in garage, si sostiene una visione, o una persona giudicata meritevole. Voglio dire, non c'è solo il prendere qualcosa per sé, "per abbellire il tinello" ;) Sotto c'è anche l'idea che l'artista non produca nulla, ma sia comunque necessario come momento creativo della società. Io trovo qualche somiglianza con l'obolo dato al povero che suona al campanello, ma anche con quello dato alla chiesa di appartenenza. "Tu mi sei vicino, e io ti aiuto a vivere".
Poi, se analizziamo l'animo con cui ognuno di noi spende per l'arte, credo qualcuno troverà che, magari coperto dallo schermo dello spietato speculatore, apparirà la mite figura di chi cerca dei compagni di vita, non importa se attuali o dei secoli scorsi, cui "sacrificare" una parte del proprio denaro. In tal senso, le opere d'arte che appendiamo al muro (ma anche le altre che possediamo) rappresentano un momento di dialogo con qualcuno cui abbiamo fatto del bene.
Ok, non è l'unica sponda da cui osservare il rapporto arte-religione. Ma oggi mi andava di passare da questo ingresso. :fonzie:
 

RedArrow

Forumer storico
Non ho mai visto l'atteggiamento che dici negli occhi delle persone che comprano ma non ho abbastanza esperienza da venditore da poter mettere sul piatto. Per me il tema è particolarmente valido perchè da un punto di vista religioso sono totalmente e convintamente agnostico. Nonostante mi sia sentito dire che ho assunto la posizione comoda di chi non vuole rimboccarsi le maniche e sforzarsi le braccia per remare, al contrario l'agnosticismo è una posizione particolarmente scomoda di continua tensione interiore tra il credere e il non credere. Detto questo mi chiedo da dove derivi l'occuparmi così spesso di arte a tema religioso e mi sono dato la risposta che per me il rapporto tra arte e religione , o meglio tra spettatore e arte a soggetto religioso, si risolva nell'ammirazione del senso di spiritualità. Tale ammirazione è propria, più che del credente stesso, di chi non è in senso stretto un credente (come l'agnostico, appunto). Quest'ultimo avrà infatti verso l'arte a soggetto religioso la stessa espressione ammirata del viaggiatore che visita paesi esotici, mentre è noto che i luoghi visitati dai turisti di tutto il mondo sono spesso sconosciuti a chi abita nei paraggi.
 

baleng

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Non ho mai visto l'atteggiamento che dici negli occhi delle persone che comprano ma non ho abbastanza esperienza da venditore da poter mettere sul piatto. Per me il tema è particolarmente valido perchè da un punto di vista religioso sono totalmente e convintamente agnostico. Nonostante mi sia sentito dire che ho assunto la posizione comoda di chi non vuole rimboccarsi le maniche e sforzarsi le braccia per remare, al contrario l'agnosticismo è una posizione particolarmente scomoda di continua tensione interiore tra il credere e il non credere. Detto questo mi chiedo da dove derivi l'occuparmi così spesso di arte a tema religioso e mi sono dato la risposta che per me il rapporto tra arte e religione , o meglio tra spettatore e arte a soggetto religioso, si risolva nell'ammirazione del senso di spiritualità. Tale ammirazione è propria, più che del credente stesso, di chi non è in senso stretto un credente (come l'agnostico, appunto). Quest'ultimo avrà infatti verso l'arte a soggetto religioso la stessa espressione ammirata del viaggiatore che visita paesi esotici, mentre è noto che i luoghi visitati dai turisti di tutto il mondo sono spesso sconosciuti a chi abita nei paraggi.
Il tuo assunto è chiaro. Ed è vero che la posizione agnostica è la più impegnativa. Fu la mia per anni, poi con l'antroposofia (scienza dello spirito) le cose sono cambiate, Comunque, non si tratta di una religione, la quale, come dice il nome, vorrebbe ri-collegare (re-ligo) l'uomo alla divinità. Si tratta invece di un rapporto diretto, di riconoscere quanto non si è mai staccato dalla spiritualità. Un rapporto diretto, non un ricollegamento. Rapporto che comporta una serie enorme di conoscenze che costringono a rivoltare non solo il proprio modo di pensare, ma anche le concezioni su cui si basa la conoscenza.
Da qui si potrà partire, lasciando magari in sospeso la mia osservazione iniziale sull'atteggiamento degli acquirenti d'arte, per valutare la spiritualità presente o assente nei dipinti che religiosi vorrebbero essere.
Alla fine questo va a toccare i rapporti tra forma e contenuto, o tra dichiarazioni d'intento e risultato effettivo. Chissà, magari alla fine spunterà fuori anche il denaro.
 

giustino

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Il tuo assunto è chiaro. Ed è vero che la posizione agnostica è la più impegnativa. Fu la mia per anni, poi con l'antroposofia (scienza dello spirito) le cose sono cambiate, Comunque, non si tratta di una religione, la quale, come dice il nome, vorrebbe ri-collegare (re-ligo) l'uomo alla divinità. Si tratta invece di un rapporto diretto, di riconoscere quanto non si è mai staccato dalla spiritualità. Un rapporto diretto, non un ricollegamento. Rapporto che comporta una serie enorme di conoscenze che costringono a rivoltare non solo il proprio modo di pensare, ma anche le concezioni su cui si basa la conoscenza.
Da qui si potrà partire, lasciando magari in sospeso la mia osservazione iniziale sull'atteggiamento degli acquirenti d'arte, per valutare la spiritualità presente o assente nei dipinti che religiosi vorrebbero essere.
Alla fine questo va a toccare i rapporti tra forma e contenuto, o tra dichiarazioni d'intento e risultato effettivo. Chissà, magari alla fine spunterà fuori anche il denaro.

Ecco questo è il nocciolo della questione. Non si tratta di ri-collegare l'uomo alla divinità visto che non può essersi scollegato, almeno finchè è vivo, ma di scoprire il divino che è già in noi.
Più che studio e nozioni anche di tipo spirituale o pseudo religiose penso richieda umiltà e sete di vera conoscenza e nel caso in cui lungo il percorso qualcuno offra un aiuto disinteressato... che sia ben accetto.

Penso che il sostenere l'artista sia un discorso valido per chi compra il lavoro di un giovane artista, non per i grandi artisti giù affermati. Lo si fa anche per una sorta di mecenatismo e sostentamento del giovane artista perchè continui a produrre...quindi di base si crede in quello che fa l'artista. Con l'elemosina tu non credi a nulla, dai gli spiccoli all'elemosinante perchè ti fa tenerezza e non perchè credi di dargli una speranza con un euro. Comprare volontariamente un quadro non lo vedo come un sacrificio anzi se lo fosse sarebbe meglio pensare di spendere il denaro in maniera differente e lasciar perdere l'arte. Di spirituale (non religioso), io trovo il fatto che l'opera connetta materialmente il pensiero dell'artista con quello di chi acquista l'opera. La materializzazione di una connessione mentale o spirituale. Attenzione, credo che questo discorso possa essere più facilmente compreso da chi colleziona e non da chi "raccoglie", forse @Cris70 può darci una mano sul tema.

L'arte può essere un buon strumento per riflettere in se stessi, sia per chi la fa che per chi ne fruisce. Può essere il riflesso del divino che è in noi, anche se troppo spesso non è altro che un grido di disperazione.
 

baleng

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Il termine feticcio (dal portoghese feitiço, "artificiale", a sua volta derivato del latino facticius, "fabbricato, costruito", e dunque anche "falso, finto") indica l'oggetto inanimato al quale viene attribuito un potere magico o spirituale, in virtù di uno spostamento semantico che trasfigura la cosa nel suo valore comune per investirla di un significato simbolico, individuale o di gruppo. Il vocabolo, adottato nel 16° secolo dai navigatori portoghesi per designare gli idoli e gli amuleti che comparivano nelle pratiche cultuali di popoli indigeni africani, fu esteso successivamente alle reliquie sacre della devozione popolare e, più in generale, a qualsiasi oggetto ritenuto immagine, ricettacolo di una forza invisibile sovrumana. Nella psicoanalisi è riferito a oggetti che, attraverso meccanismi di simbolizzazione, assumono un significato sessuale, divenendo in tal modo sostituti dell'oggetto d'amore.

Un altro aspetto di cui possiamo tener conto è il valore di feticcio dell'oggetto artistico. Un tempo esso riguardava, nella cultura europea, sia reliquie vere e proprie (o "false" e proprie ;) ), pezzi di corpo, vestiti ecc, sia oggetti artistici con particolare valore religioso. Il chiodo della vera croce, l'unghia del santo, la madonna nera, servono come ponti verso un'altra dimensione, una dimensione spirituale. In quanto ponti, eccoli far funzione di re-ligione, cioè di recupero del collegamento con la dimensione spirituale. La quale, invece, come ricorda @giustino, può essere ritrovata anche dentro di noi (dove può venir "corrotta" dal materialismo delle sensazioni corporee), o addirittura fuori di noi ( saghe, leggende, incantesimi ...) nell'ambiente che ci avvolge come madre o matrigna.
Forse non siamo in grado di parlare compiutamente sull'esperienza del feticcio nell'africano animista. Probabilmente vi è qualche analogia con il fenomeno della scaramanzia, un modo di orientarsi nei misteri e nei pericoli del mondo fissando lo spirituale ad un determinato oggetto fisico, o ad una azione nel mondo fisico. Però anche in queste rappresentazioni si esercita la capacità artistica dell'uomo, solo che è intimamente fusa con la funzione simbolica, religiosa, o apotropaica.
Ma nell'arte moderna, soprattutto in quella contemporanea, la funzione feticistica ha preso molto spazio. L'artista si ricorda di essere uno stregone e quindi torna all'antica commistione. Che però è una caricatura rispetto alle esigenze dei nuovi tempi, un passo indietro nell'insicurezza, in senso contrario rispetto alla fusione di cuore e ragione che certo attende[rebbe] l'umanità. Qui s'intendono sia le varie "cerimonie", tipo scuola viennese, o l'agire di un Ontani, sia il proporre l'arte non come oggetto interessante in sé, ma solo in riferimento a qualcosa d'altro che le dà lustro e importanza. Ad esempio l'Obama di Obey, i ritratti di Warhol, che non riguardano lo spazzino sotto casa, ma Marylin, Mao, Mick Jagger ecc. ecc., cui rubano la notorietà trasformandola in riconoscibilità.
Direi che la funzione feticistica è altro rispetto all'arte. E' come la sorella bruttina e invadente, che la accompagna e spesso si frappone funzionando come lente deformante.

(mi rileggo: preciso che frappone non è un frappè gigantesco)
 

baleng

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Poi c'è il tema della sincerità. Premesso 10 volte che non stiamo qui a dare giudizi, sarebbe interessante capire quanto gli autori di quadri religiosi, che sino all'800 , o almeno al 700 rappresentavano la maggioranza delle opere create, fossero a loro volta pervasi da quell'intenso sentore spiritual/sentimentale che spira il più delle volte dai loro personaggi. Non che sia necessario. Un quadro tipo la flagellazione del Cristo mostra contemporaneamente una persona profondamente spirituale e i suoi beceri aguzzini. Il pittore dovrebbe immedesimarsi nei vari opposti personaggi, e se è bravo ci riesce. Perché in fondo all'animo umano, anche del più santo tra gli uomini, c'è di tutto.
Restano domande più generiche.
Credeva il pittore alla sostanza di quanto lui stava dipingendo? Era davvero religioso o solo seguiva la committenza?
Non sarà che certe immagini troppo artificiose derivino tale difetto da una estraneità dell'autore stesso? (o magari è il contrario, eccessiva partecipazione, da cui sentimentalismo).
Come poteva vivere l'artista le contraddizioni tra il suo stesso essere e quanto rappresentava (ad esempio, il Sodoma, cui il nome non fu dato a caso, si trovava condannato nei fatti dalla Chiesa, però le immagini religiose continuava a farle).
Solo per rifletterci un po' su.
 

baleng

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Poi ancora, entrando un po' nel terreno comune che abbiamo con Giustino, si può riflettere sul fatto che da sempre il quadro della Madonna, per esempio appeso in camera, è stato considerato portatore di forze risanatrici. Dunque qui quello che conta sarebbe il soggetto, dipinto bene o male poco importa. E qui veramente io mi trovo in difficoltà, perché ho la tendenza (esagerata) a non considerare il soggetto dei quadri, proprio neanche lo vedo, il più delle volte. Ammettendo il fenomeno (perché no? dura da secoli) possiamo andare in cerca di spiegazioni.
Evidentemente qui non funziona l'assunto che - in qualche modo, beninteso - abbiamo in comune Giustino ed io, e cioè che dalle forme (considerate non per quanto rappresentano, ma proprio in sé) del quadro sorgano influenze salutari o meno. Qui si aggiunge altro, e cioè il significato della forma, la rappresentazione. Probabilmente il pittore, nel rappresentare la madonna, è costretto ad uno sforzo speciale, come se in modo automatico dovesse entrare in forze cosmiche superiori per poterle ritrarre. A questo livello la capacità artistica ha un peso relativo, ricordiamo che le pastorelle di Fatima erano povere ignoranti.
Mi rendo conto che sto facendo un discorso border-line. Eppure aggiungo ancora un paradosso: si potrebbero tirare in ballo i neuroni-specchio, l'immedesimazione, l'empatia. Ma qui credo sia altro.
I neuroni-specchio funzionano quando, per esempio, un pittore crea un ritratto qualunque, magari una giovinetta, o un uomo anziano, quest'ultimo magari con colori cupi. E' intuitivo che quest'ultimo possa rattristare mentre la prima possa essere sorgente di energie buone. Ma questo prescinde dall'aver dato un nome al signore o alla giovinetta, riguarda il soggetto pre-riconoscimento, non il fatto che quella persona sia Fragolina Pizzi o Rustico del Piombo.
Invece, con la Madonna, abbastanza a prescindere dalla qualità della pittura, o dalle tinte, il riconoscimento della stessa avrebbe virtù risanatrici.
Va detto che questo sarebbe in rapporto con il ripresentarsi, nella Madonna, di una figura molto più antica: Iside, con le sue forze di risanamento legate a tempi arcaici. Sono tempi in cui la ragione umana era assai poco evoluta, l'uomo viveva quasi sognante, ed è noto che nel sonno agiscono forze risanatrici.
Ma questo non cambia il fatto magico del riconoscimento che si fa terapeutico.

La mia ipotesi (in quanto do il fatto per assodato, e bastava che lo ritenessi possibile, eh!) è che affrontando tale soggetto il pittore sia costretto ad una tale metamorfosi interiore da non poter fare a meno di esprimerla anche sulla tela. Da lì queste forze vengono attivate dal ricercare dell'osservatore, cioè il suo atteggiamento nel guardare, i suoi "moti" e movimenti che lo portano in sintonia con quell'operazione dell'artista. Operazione in cui la sua qualità di artista vale forse meno che la sua capacità umana di percepire il divino. O quantomeno di voler esprimere le qualità che la religione e la cultura attribuiscono alla Madonna, grazia, spiritualità, sensibilità ecc. Credo che automaticamente il pittore debba quindi assumere un atteggiamento del massimo rispetto, debba entrare egli stesso in quelle qualità, magari esprimendole nell'attenzione verso il candore delle carni, la soavità dei gesti, l'eleganza del contesto. Mica pizza e fichi!

Per chiudere, sono fatti di cui ho anche esperienza diretta :jack: . Una volta, molti anni fa, mi esercitai nel copiare (meglio: parafrasare) una Madonna di Antonello, questa

1606866234558.png


Un'operazione tragicamente ardua per il mio pennello e il mio animo. Comunque, tengo il risultato tuttora appeso in camera, e penso che tra lei e il quadro di Giustino non girino più tante forze negative in quei pochi metri quadri.
MADONNA di me da Antonello.jpg
 

giustino

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Poi ancora, entrando un po' nel terreno comune che abbiamo con Giustino, si può riflettere sul fatto che da sempre il quadro della Madonna, per esempio appeso in camera, è stato considerato portatore di forze risanatrici. Dunque qui quello che conta sarebbe il soggetto, dipinto bene o male poco importa. E qui veramente io mi trovo in difficoltà, perché ho la tendenza (esagerata) a non considerare il soggetto dei quadri, proprio neanche lo vedo, il più delle volte. Ammettendo il fenomeno (perché no? dura da secoli) possiamo andare in cerca di spiegazioni.
Evidentemente qui non funziona l'assunto che - in qualche modo, beninteso - abbiamo in comune Giustino ed io, e cioè che dalle forme (considerate non per quanto rappresentano, ma proprio in sé) del quadro sorgano influenze salutari o meno. Qui si aggiunge altro, e cioè il significato della forma, la rappresentazione. Probabilmente il pittore, nel rappresentare la madonna, è costretto ad uno sforzo speciale, come se in modo automatico dovesse entrare in forze cosmiche superiori per poterle ritrarre. A questo livello la capacità artistica ha un peso relativo, ricordiamo che le pastorelle di Fatima erano povere ignoranti.
Mi rendo conto che sto facendo un discorso border-line. Eppure aggiungo ancora un paradosso: si potrebbero tirare in ballo i neuroni-specchio, l'immedesimazione, l'empatia. Ma qui credo sia altro.
I neuroni-specchio funzionano quando, per esempio, un pittore crea un ritratto qualunque, magari una giovinetta, o un uomo anziano, quest'ultimo magari con colori cupi. E' intuitivo che quest'ultimo possa rattristare mentre la prima possa essere sorgente di energie buone. Ma questo prescinde dall'aver dato un nome al signore o alla giovinetta, riguarda il soggetto pre-riconoscimento, non il fatto che quella persona sia Fragolina Pizzi o Rustico del Piombo.
Invece, con la Madonna, abbastanza a prescindere dalla qualità della pittura, o dalle tinte, il riconoscimento della stessa avrebbe virtù risanatrici.
Va detto che questo sarebbe in rapporto con il ripresentarsi, nella Madonna, di una figura molto più antica: Iside, con le sue forze di risanamento legate a tempi arcaici. Sono tempi in cui la ragione umana era assai poco evoluta, l'uomo viveva quasi sognante, ed è noto che nel sonno agiscono forze risanatrici.
Ma questo non cambia il fatto magico del riconoscimento che si fa terapeutico.

La mia ipotesi (in quanto do il fatto per assodato, e bastava che lo ritenessi possibile, eh!) è che affrontando tale soggetto il pittore sia costretto ad una tale metamorfosi interiore da non poter fare a meno di esprimerla anche sulla tela. Da lì queste forze vengono attivate dal ricercare dell'osservatore, cioè il suo atteggiamento nel guardare, i suoi "moti" e movimenti che lo portano in sintonia con quell'operazione dell'artista. Operazione in cui la sua qualità di artista vale forse meno che la sua capacità umana di percepire il divino. O quantomeno di voler esprimere le qualità che la religione e la cultura attribuiscono alla Madonna, grazia, spiritualità, sensibilità ecc. Credo che automaticamente il pittore debba quindi assumere un atteggiamento del massimo rispetto, debba entrare egli stesso in quelle qualità, magari esprimendole nell'attenzione verso il candore delle carni, la soavità dei gesti, l'eleganza del contesto. Mica pizza e fichi!

Per chiudere, sono fatti di cui ho anche esperienza diretta :jack: . Una volta, molti anni fa, mi esercitai nel copiare (meglio: parafrasare) una Madonna di Antonello, questa

Vedi l'allegato 583187

Un'operazione tragicamente ardua per il mio pennello e il mio animo. Comunque, tengo il risultato tuttora appeso in camera, e penso che tra lei e il quadro di Giustino non girino più tante forze negative in quei pochi metri quadri.
Vedi l'allegato 583188

Un'analogia sorprendente.
Qualche anno fa quando ho preso possesso della mia casa attuale abitata in precedenza da mia zia e per molti anni anche da mia mamma rimasta vedova ho avuto la necessità di doverla sgombrare per far posto alle mie cose.
Oltre che ai mobili e cianfrusaglie varie mi son trovato di fronte ad una quantità industriale di santi, santini, madonne, crocefissi, ecc che senza pensarci due volte ho buttato nell'immondizia. Quando però mi sono trovato di fronte all'immagine della Madonna del Conforto mi sono bloccato. "Questa non la posso buttare" mi son detto.
Era proprio il quadro che era stato la mia prima palestra di pittore, che da bambino copiavo e ricopiavo e che era anche l'oggetto di devozione di mia mamma.
Ricordo le sue preghiere e le candele accese di fronte all'immagine di questa Madonna quando il 26 luglio 1956 una violenta grandinata si abbattè nella nostra zona distruggendo tutto il raccolto dell'uva e che fece dire a mio padre che così non si poteva andare avanti inducendolo a cambiare lavoro.

Questo è il quadro della Madonna del Conforto. Avevo 6/7 anni quando cominciai a farne delle copie, qualcuna finì a casa di miei parenti e nel convento di mia zia suora di clausura, le altre si sono perse
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Anch'io quando guardo un quadro in genere vado oltre ciò che vi è rappresentato. Talvolta trovo più dolcezza, serenità in un quadro astratto che in uno con immagini religiose tuttavia è indubbio che certe immagini simboliche come quella della Madonna si "carichino" di energie positive non soltanto per le forme e i colori ma anche per la devozione del pittore e delle persone.

Il quadro BioSìArt che come ben sai ha veri effetti terapeutici che sono dati non soltanto dalle forme e dai colori
ma soprattutto da ciò che contiene nelle sue parti nascoste alla vista di fronte.
bbb.jpg


E qui la Madonna del Conforto e il Quadro BioSìArt nella stessa stanza, come nel tuo caso, ma che non è la camera da letto perchè mia moglie dice che le fa un effetto troppo forte e quindi nella cucina e per la legge di risonanza funziona in tutte le stanze dell'appartamento.
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baleng

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A proposito delle esperienze da bambino ... un breve OT
Ricordo perfettamente come avessi disegnato oggetti e persone alla maniera con cui lo fanno i bambini, quella delle case col comignolo storto e delle auto con le ruote interamente sotto il pianale, per intenderci. Ricordo quelli che secondo me dovevano essere degli aerei (ma ne avevo mai visto uno?), dei cerchi ovalizzati con uno scappamento posteriore, tipo oggi disco volante, si direbbe. Ricordo ancora lo sforzo assolutamente vano per ottenere da pastelli , dove il pigmento annegava in un eccipiente colloso e inerte, tinte sature sul foglio, tipo quelle che oggi i pargoli ottengono banalmente con un buon pennarello.
Bene, di fronte a questi miei sforzi eroici fu permesso a mia sorella, 5 anni più grande, di darmi come modello propositivo il suo modo di disegnare, tipo bamboline di moda e colori sfumati. Ora, da educatore so che ogni età deve esprimersi al suo modo (ecc ecc), e posso comunque assicurare che quell'intervento fu talmente devastante per me che mi inibì dal disegnare fino ad età adolescenziale. Ebbe un effetto paragonabile ad una violenza sessuale, solo in altro campo.
Posso peraltro assicurare che anche l'ascolto della musica tonale, con la sensibile, per chi conosce l'argomento, rappresenta una violenza sul piano musicale per un bimbo di meno di 8 anni, tanto più se poi si impegna a cantarle. L'effetto stonatura dei ragazzi in questo ambito rappresenta appunto il fatto che non sono ancora biologicamente e storicamente pronti a tale prova (dovrebbero limitarsi alla musica pentatonale, tipo la cinese).
In questo senso, l'Ambrogino d'Oro rappresenta una violenta macelleria, e non scherzo.
Fine OT
(meno OT di quanto sembrerebbe, in ogni caso)
 

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