Apocalittici e Integrati (1 Viewer)

setro21

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  1. La crisi manifestatasi nel 2007 che, come stiamo verificando, non può ancora dirsi finita, sta mostrando a quali insostenibili squilibri hanno portato gli eccessi di liquidità e di speculazione finanziaria negli ultimi decenni. I flussi di denaro virtuale, amplificati da una leva abnorme, nella loro corsa frenetica verso occasioni di profitto da realizzare in tempo reale, hanno sconvolto antichi equilibri economici, produttivi, ambientali, sociali e culturali. E in questi giorni, mentre si evidenziano i numerosi e madornali errori della politica americana ed europea, che rischiano di riportare il mondo occidentale sull'orlo di un disastro, ci si interroga, giustamente, sulla sostenibilità del sistema capitalistico e dei suoi eccessi in materia di libertà economica. Tutti invocano una nuova e più severa regolamentazione dei mercati, si reclama l'applicazione (tecnicamente impossibile nella attuale situazione geopolitica) di una tassa sulle transazioni finanziarie e, addirittura, si riscoprono le teorie di Karl Marx sulla inevitabile fine del capitalismo.
    Nessuno può prevedere cosa succederà nel prossimo futuro. Ma, alla luce dei fatti economici di questi ultimi anni, mesi e giorni, mi sembra urgente una riflessione sugli eccessi dell' “economia virtuale” che caratterizza il mondo ai giorni nostri.
    In tutte le epoche storiche, da quando la società umana è evoluta dalla fase del libero scambio all'invenzione della moneta, il possesso di denaro ha avuto una fondamentale importanza.
    Il ruolo dei soldi è andato via via crescendo con il passare dei secoli e con il crescere della complessità dei sistemi sociali, fino a diventare nel corso degli ultimi anni qualcosa di abnorme e di avulso dalla sua funzione originaria, lo scambio di beni reali, funzione per la quale la moneta era nata. Negli ultimi due secoli, e ancor di più negli ultimi tre decenni, in questa fase storica segnata da riassetti mondiali dell'economia, di globalizzazione e iperliberismo, il denaro è assurto ad un ruolo che non ha precedenti nella storia dell'Umanità.
    Quindi, c'è stato un tempo, ormai lontano, in cui la moneta era un semplice strumento per acquistare beni primari, la casa, il cibo e poche altre cose; in quel bel tempo andato, i soldi erano considerati come “corrispettivo percepito in cambio di lavoro svolto nella produzione di beni o servizi”. Naturalmente, come è sempre avvenuto nella storia umana, per fortuna, c'erano anche persone intraprendenti, che avevano in testa nuove idee e desideravano accumulare più soldi per acquisire maggiori beni e potere economico; ma questo tipo di persone , anche quando la molla della loro intraprendenza risiedeva perlopiù nel desiderio di incrementare la quantità di denaro posseduta, era solito investire in attività d'impresa, organizzando la produzione di beni e servizi “utili”. Ed anche grazie a loro l'umanità migliorava le condizioni della propria vita materiale. Era l'epoca dell'economia reale. Il “bene comune” era un valore largamente condiviso e l'agire individuale era ritenuto eticamente apprezzabile in quanto era diretto a finalità sociali.
    Oggi, nel cosiddetto “mondo ricco”, viviamo in un contesto di totale sconvolgimento di questo antico rapporto dell'uomo con il denaro.
    Nel “mondo ricco”, i “già ricchi” e, insieme a loro, i più intraprendenti, diversamente dagli imprenditori di una volta, puntano ad accrescere patrimoni e potere attraverso la speculazione finanziaria. Il capitalismo, nella sua versione attuale, ci ha portato a ritenere che non sia doveroso ed “etico” guadagnare soldi solo grazie al lavoro o con l'impresa produttiva, come avveniva in passato, e, di conseguenza, tutti aspirano a “fare” soldi, non importa come.
    In un sistema iperliberista e ultraconsumista, caratterizzato da esasperato individualismo e competitività, l'importante è fare soldi, anche senza creare valore.
    L'avidità, che un tempo poteva essere considerata, oltre che un peccato capitale, qualcosa di socialmente riprovevole ed una patologia individuale, in grado di affliggere un numero limitato di persone, è oggi la pratica ordinaria di grandi gruppi, società e istituzioni il cui obiettivo dichiarato è la produzione di profitti ed utili, senza porsi scrupoli per i costi sociali ed ambientali delle proprie condotte.
    Si è prodotto, senza che ne fossimo pienamente consapevoli, un radicale e diffuso cambiamento di valori e tale cambiamento si è realizzato in un ambito fondamentale per la coesione delle complesse società contemporanee.
    I conflitti affiorati nel mondo islamico, ma anche nelle periferie di città come Parigi, Londra e Berlino, la crisi USA e infiniti altri segnali rappresentano molto più che semplici scricchiolii di un sistema che non riesce più a tenersi in equilibrio.
    L'attuale crisi produce panico anche perché ormai è evidente a tutti che l'economia mondiale è fortemente interconnessa e gli scossoni che si producono in qualsiasi parte del sistema possono ripercuotersi amplificati in qualsiasi altro ambito geografico o settoriale (vedi: Il mercatino del villaggio globale).
    E' un tema di enorme portata al quale vogliamo limitarci semplicemente ad accennare.
    Nella nostra realtà “finanziarizzata”, il dibattito sul rapporto fra “speculazione” ed “etica” è di quelli che dividono il mondo fra apocalittici ed integrati.
    Secondo gli apocalittici, la finanza è la principale responsabile dei terribili drammi del mondo moderno: fame, squilibri, inquinamento, disoccupazione, esclusione sociale. Negli ultimi decenni la speculazione finanziaria sembra essere diventata la più mostruosa minaccia che incombe, con la sua nuova dimensione planetaria, sulla vita quotidiana di una umanità indifesa, il tumore sociale da combattere ed estirpare, che spinge ad un individualismo estremo, mortifica il lavoro e i suoi valori, con gravissime conseguenze sociali. In questa visione, la speculazione non è emendabile e non è regolabile, per essere ricondotta, come sarebbe necessario, nei confini di una pratica utile all'economia reale. Di conseguenza, secondo i suoi detrattori, la corsa alla ricchezza privata, non collegata alla creazione di valore attraverso il lavoro che produce beni e servizi utili, costituirebbe una attività eticamente disdicevole.
Per gli integrati, invece, la speculazione finanziaria è semplicemente uno dei tanti strumenti della modernità, né più né meno come l'informatica, che può essere buona o cattiva, a seconda dell'uso che ne facciamo. In tale ottica, la finanza è stata ed è una risorsa utile, che ha consentito di estendere una quota crescente di benessere ad una cospicua parte di umanità, che ne era, fino a qualche decennio fa, del tutto esclusa. Da questo punto di vista, per quanto osteggiata da chi non è culturalmente in grado di comprenderne la funzione e accettarne le dure regole competitive, la speculazione è connaturata alla indole più profonda dell'uomo, anche se dovrebbe essere sempre meglio regolata al fine di contenerne gli eccessi e per rimetterla al servizio di una crescita sostenibile. In questa visione, per cosi dire “realistica”, la ricerca di arricchimento è sempre legittima, anche quando è scollegata dalla creazione di valore tramite lavoro utile ed impresa e, pertanto, non deve essere giudicata negativamente in base a pregiudizi di natura morale.
Personalmente ritengo saggio soppesare le buone ragioni presenti in entrambe le posizioni descritte e che, pertanto, non sarebbe corretto assegnare tutta la ragione o tutto il torto ad una sola parte. Tuttavia, dal mio punto di vista, anche se non riesco ad immaginare un mondo capace di tornare al bel tempo che (forse) fu, a quando prezzo e valore erano sinonimi, condivido l'opinione di chi ritiene che sia urgente limitare, anche con severità, gli eccessi. Personalmente condivido con gli apocalittici l'idea che il troppo storpia e che la corsa al profitto, in una sostanziale assenza di regole, è all'origine di molte delle insopportabili ed insostenibili ingiustizie e brutture del mondo d'oggi; e credo anche che se non intervengono scelte politiche dirette a correggere radicalmente la deriva della nostra fragilissima ”economia virtuale”, le tensioni sociali emergenti nei paesi industrializzati potrebbero crescere fino al punto di travolgere le basi stesse delle democrazie costituzionali.



"Gli affari che producono solo soldi sono affari poveri"

Henry Ford


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