Anteprima. Una nuova Storia dell'arte :) (1 Viewer)

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
CAPITOLO 26 L’arte cinetica


Al primo artista che creò un’opera d’arte cinetica l’idea venne vedendo una vecchia forma di gorgonzola che, ovviamente mossa dai vermi, camminava da sola. Non era però gradito che la forma si muovesse ad libitum, in tal caso rischiava di uscirsene liberamente dal frigorifero, con conseguenze assolutamente irreparabili e, soprattutto, pericolose (gas letali, davvero micidiali). Si pensò pertanto, a somiglianza delle trasmissioni TV, di programmare ogni attimo dell’avvenimento in modo che i vermi facessero esattamente quanto previsto, né più né meno, e la forma ruotasse in modo ordinato e persino educato. Purtroppo, però, furono piuttosto i vermi ad influenzare i programmatori: lo stesso era già successo per la TV, che infatti veniva gestita da vermi schifosi, e già era una fortuna che la puzza non passasse attraverso il tubo catodico.

In ogni modo, l’arte cinetica divenne allora anche arte programmata, e il suo capolavoro fu una sveglia con le lancette che si muovevano sinché, miracolo!, ad un momento esattamente programmato, un lungo squillo risvegliava gli spettatori, che balzavano in piedi applaudendo furiosamente questa meraviglia prima di buttarla fuori dalla finestra.

Una casalinga di Voghera espose invece ad una grande fiera una pentola sul fuoco con un coperchio che ricadeva giù quasi nel momento stesso in cui l’acqua contenuta bolliva. Un successo internazionale, i critici non si stancavano mai di elogiare l’accurata programmazione della signora, pur se nessuno si rese conto al momento che aveva dimenticato di buttare il sale.


Tra i cinetici ci fu chi volle muovere realmente l’opera e chi volle soltanto dare del movimento solamente l’illusione. Per esempio, un operaio che abitualmente montava tavolini di alluminio si accorse che se scriveva con un chiodo sulla superficie del tavolo un 6, girando attorno al tavolo questo 6 si metamorfosava pian piano in un 9, tra gli eccitati gridolini di sorpresa del pubblico. Licenziato per aver volontariamente scritto, sempre con un chiodo, la propria firma in basso a destra sopra centinaia di tavolini, questo operaio interessato in realtà solo all’oro (un marocchino di nome Al Wian Jh) si proclamò, con grande faccia di bronzo, artista dell’alluminio e in tal modo poté sbarcare il lunario per molti anni ancora alla faccia di chi sosteneva che il 6 non si fosse mai mosso.

Sono questioni gravi, addirittura decisive, occorre capirlo.
 
Ultima modifica:

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
CAPITOLO 27 Il mercato dell’arte oggi


Oggi il mercato si basa su due colonne principali: le aste, dove le gallerie vanno a fare acquisti, e le gallerie, che vendono i quadri tramite le aste. Come si vede, di pubblico terzo non ce n’è più. Secondo la legge della domanda e dell’offerta i prezzi dovrebbero crollare, però non crollano per i Princìpi di Archimede. Datemi una galleria d’appoggio e vi solleverò qualunque ciofeca. Questo è il primo. L’altro principio è: il denaro immesso in un’asta perde tanto valore quanto è quello del quadro che ha comprato. Vale anche il rovescio: un quadro ricomprato in un’asta acquista apparentemente tanto valore quanto è quello del denaro che ha spostato.

Il funzionamento dell’asta è semplice: chi offre di più perde, cioè deve comprarsi il quadro. Le sale dove vengono battute le aste sono sempre caldissime. Apposta, così la gente si sbraccia e fa con le mani delle improvvide offerte involontarie.

Il funzionamento delle gallerie è invece assai contorto, e non aiuta il fatto che ogni tanto ci si debba spostare per far passare il treno. In pratica, è un po’ come un’asta al contrario. Quando entri le opere appese sono tutte carissime, il proprietario ti guarda con spocchia, come se lui fosse in alta montagna e tu, là sotto, inginocchiato a pregarlo; inoltre, poiché guardi gratis hai come la sensazione di rubare qualcosa. Procedendo, però, molte cose cambiano, e alla fine il gallerista ti rincorre piangendo e urlando che se non compri niente si suicida. Questo è il momento più delicato, e si chiama contrattazione. Occorre essere assai vigili, il gallerista può anche infilarti un olietto nella tasca della giacca, che tu dovrai pagare, e solo allora scoprirai che era il più caro di tutti: per proteggerti devi mettere una mano sulla tasca destra, una sulla sinistra, una per davanti e, naturalmente, una per di dietro. La cosa, nonostante le apparenze, non è impossibile, visto che di solito si va in galleria con l’amante.
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
CAPITOLO 28 Le installazioni


Le installazioni sono qualcosa simile al metter su il banco della verdura al mercato, solo che manca tutto, anche la verdura e ci si deve arrangiare con quel poco che c’è. Gli artisti, di solito amanti dei direttori di museo, ovvero affittuari di un critico famoso, spargono un po’ dappertutto quanto sono riusciti a comprare per due soldi al mercatino delle robe vecchie; subito dopo attribuiscono ad alta voce un valore sociale assai edificante al loro operato (tipo: qui si esprime il disordine della società odierna, oppure: anche le cose più modeste esprimono un linguaggio tutto da scoprire). Fatto ciò, passano all’incasso presso l’Ente Pubblico pagatore e spariscono, lasciando a chi espone la rogna di dove buttare poi tutte le cianfrusaglie, con i loro profondi significati.

Spesso l’artista sente anche la missione di sensibilizzare qualcuno a qualcosa: Questo mastello rovesciato vuole ricordare ai ricchi europei che l’Africa muore di fame, anche se poi in verità gli spettatori risultano essere o scandinavi magri peggio dell’Urlo di Munch o, per converso, congolesi obesi come un dirigibile.

Non si sa se le installazioni possano essere vendute, né se ciò sia mai avvenuto. Anzi, sembra proprio che il fatto sia da escludere, anche in nome della dignità degli operatori culturali, che disprezzano il vile denaro. Poiché comunque gli artisti del genere sono quasi tutti in sovrappeso, significa che qualcuno alla fine paga (è stato fatto il nome di un certo Pantalone, che però giura di non saperne niente, il che pare persino probabile).

La moda delle installazioni nacque ai tempi di Tangentopoli, durante le feste di partito, quando i percorsi tra le candeline accese portavano inevitabilmente ad un malloppo di contanti tenuto insieme da un elastico. Allorché l’orchestra suonava il Valzer delle Candele, quello era il segnale di partenza: tutti i presenti si lanciavano attraverso i percorsi disegnati dalle fiammelle e il primo che arrivava in fondo arraffava il sacco e se lo portava via.

Passata Tangentopoli, tutto questo rituale non fu più considerato necessario: politici e banchieri si riempivano le tasche, le mutande e i calzini di denaro prestato dai cassieri, poi dichiaravano fallita qualche banca e in tal modo pareggiavano i conti. Il tutto senza né installazioni né altre superflue coperture artistiche. Per questo motivo le installazioni divennero un prodotto low cost, il tutto fu chiamato razionalizzazione (parola che suona assai strana in bocca ai volti neandertaliani dei politici) e gli artisti scapparono disperdendosi nelle strade: nasceva la Street Art.
 
Ultima modifica:

kiappo

Forumer storico
CAPITOLO 28 Le installazioni


Le installazioni sono qualcosa simile al metter su il banco della verdura al mercato, solo che manca tutto, anche la verdura e ci si deve arrangiare con quel poco che c’è. Gli artisti, di solito amanti dei direttori di museo, ovvero affittuari di un critico famoso, spargono un po’ dappertutto quanto sono riusciti a comprare per due soldi al mercatino delle robe vecchie; subito dopo attribuiscono ad alta voce un valore sociale assai edificante al loro operato (tipo: qui si esprime il disordine della società odierna, oppure: anche le cose più modeste esprimono un linguaggio tutto da scoprire). Fatto ciò, passano all’incasso presso l’Ente Pubblico pagatore e spariscono, lasciando a chi espone la rogna di dove buttare poi tutte le cianfrusaglie, con i loro profondi significati.

Spesso l’artista sente anche la missione di sensibilizzare qualcuno a qualcosa: Questo mastello rovesciato vuole ricordare ai ricchi europei che l’Africa muore di fame, anche se poi in verità gli spettatori risultano essere o scandinavi magri peggio dell’Urlo di Munch o, per converso, congolesi obesi come un dirigibile.

Non si sa se le installazioni possano essere vendute, né se ciò sia mai avvenuto. Anzi, sembra proprio che il fatto sia da escludere, anche in nome della dignità degli operatori culturali, che disprezzano il vile denaro. Poiché comunque gli artisti del genere sono quasi tutti in sovrappeso, significa che qualcuno alla fine paga (è stato fatto il nome di un certo Pantalone, che però giura di non saperne niente, il che pare persino probabile).

La moda delle installazioni nacque ai tempi di Tangentopoli, durante le feste di partito, quando i percorsi tra le candeline accese portavano inevitabilmente ad un malloppo di contanti tenuto insieme da un elastico. Allorché l’orchestra suonava il Valzer delle Candele, quello era il segnale di partenza: tutti i presenti si lanciavano attraverso i percorsi disegnati dalle fiammelle e il primo che arrivava in fondo arraffava il sacco e se lo portava via.

Passata Tangentopoli, tutto questo rituale non fu più considerato necessario: politici e banchieri si riempivano le tasche, le mutande e i calzini di denaro prestato dai cassieri, poi dichiaravano fallita qualche banca e in tal modo pareggiavano i conti. Il tutto senza né installazioni né altre superflue coperture artistiche. Per questo motivo le installazioni divennero un prodotto low cost, il tutto fu chiamato razionalizzazione (parola che suona assai strana in bocca ai volti neandertaliani dei politici) e gli artisti scapparono disperdendosi nelle strade: nasceva la Street Art.

Riso amaro...
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
CAPITOLO 29 Gli estroflessori.


L’idea di mettere qualcosa sotto la tela per creare un rilievo nacque quando un certo Banalumi, ritornando a casa, sorprese sul fatto l’amante della moglie, che si era nascosto sotto il lenzuolo. Costui era così incredibilmente magro che forse Banalumi non si sarebbe accorto di nulla, ma disgraziatamente il corpo del reato era ancora in piena turgidità ed estrofletteva il lenzuolo, oh se lo estrofletteva! Ciò ovviamente attirò l’indignata attenzione dell’artista, che in quattro e quattr’otto prese un grosso martello e fece introflettere con un sol colpo ben mirato ciò che prima era estroflesso. Il trauma segnò per sempre sia l’artista, che da allora non fece che ripetere nelle sue opere la visione tridimensionale avuta, onde esorcizzarne il trauma, sia l’amante martellato, che si chiamava Castoglioni e da quel giorno anche lui non fece altro, per scotomizzare la perdita subita, che piegare in senso concavo le tele ancora bianche, in un inconscio tentativo di modificare a posteriori la situazione. Dipingere, però, non dipingeva, poiché ormai era privo di pennello. :pollicione:

Il successo ottenuto da questi due infelici provocò grandi invidie nelle teste degli artisti della loro cerchia. Ci fu persino uno che ne imitò i lavori, con l’argomento che, se il pistolino era ormai perduto, tuttavia restavano ancora intatte le uova. Sull’onda di cotanto ragionamento mise centinaia di uova sotto le lenzuola, pardon, sotto le tele, e le vendeva a Pasqua con grande successo, finché un bimbetto non scoperse che il re era nudo, cioè che in realtà questo imitatore era uno che, proprio lui, non aveva le palle. In pratica, questo estroflessore degli ovali venne chiamato Novali Unquazzo, e venne poi contestato da gruppi di No Gloval (“ ndo vali se la banana nun ce l’ali ! ”)

La moda prese comunque piede, e sotto le tele si cominciò ad infilare ogni sorta di cose, penne, bottiglie, caramelle, poi in seguito persino delle bambole sexy, che erano le più vendute e che, previo intervento similchirurgico di un certo Fontana, poterono servire anche per alcune pratiche molto particolari. Della cosa si interessò anche la Mafia, in quanto pareva assai pratico e comodo trasferire grosse somme di denaro all’interno delle estroflessioni (che i mafiosi chiamavano allora esteroflessioni, alludendo alla loro destinazione). Però la Mafia perse, con questi artisti, molto denaro, perché gli acquirenti delle esteroflessioni erano costretti, una volta pagata la Mafia, a smontare le opere per rivenderne i pezzi onde recuperare almeno una piccola parte di quanto speso.
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
CAPITOLO 30 La Street Art


I primi stritartisti si chiamavano madonnari, usavano molti colori e prendevano pochi soldini, mentre quelli di adesso usano un colore solo, massimo due, e navigano nell’oro. Inoltre i madonnari dipingevano per terra in orizzontale e il disegno veniva via poi con grande facilità camminandoci sopra; questi di oggi usano una maschera di cartone e spruzzano una bomboletta spray in verticale su un muro, il tutto in pochi secondi e nessuno potrà mai camminarci sopra. Pertanto il disegno poi non viene più via, e dunque in giro ce ne sono sempre di più, il che fa sì che questi “multipli” non abbiano un costo eccessivo, se non per gli artisti stessi, se beccati in flagrante.

Attualmente, con la Street Art, cioè arte di strada, si può dire senza timore di sbagliarsi che l’arte sia giunta ad un bivio - stradale, appunto. Essa consiste oggi nel verniciare maldestramente, ma con grande costanza, i muri appena ridipinti delle case più in vista. Il soggetto non ha alcuna importanza, basta che l’esecuzione sia orribile e che il disegno rispecchi la profonda ignoranza degli autori. I cui nomi più famosi, i Banski/Blu, non possono non richiamare alla mente le avventure, anni fa, di poliziotti e carabinieri in missione speciale (in questo caso: sporcare gratis alcuni muri di palazzi, ma farsi pagare bene il diritto di cancellarli).

Gli stritartisti operano ormai in tutto il mondo conosciuto, anzi, addirittura c’è chi attribuisce persino l’esistenza delle macchie solari al loro operato. Operato, tuttavia, talora assai pericoloso: disegnare procaci sederi vicino ad un semaforo o dipingere modelle nude sulle pareti degli autobus urbani non può che far aumentare notevolmente nel traffico urbano il tasso di sinistrosità (NB nulla a che vedere con quanti voti prenderà D’Alema alle prossime elezioni).

Tra i soggetti tipici più noti, una fanciulla cui sfugge di mano un palloncino, un po’ il contrario della Vispa Teresa, visto che “l’ho presa l’ho presa” diventa ora “l’ho perso, l’ho perso” – se poi si nota che il palloncino ha forma di sedere rovesciato, il tutto assume una valenza alquanto ambigua.

Altro soggetto assai usato è una scimmia, pare scimpanzé, che si ritiene sia l’autoritratto di qualche stritartista famoso. E se non lo è, certo ci si sbaglia di poco.
 

baleng

Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
CAPITOLO 31 Considerazioni finali


La Storia dell’Arte mostra come oggi anche un pizzaiolo possa chiamarsi artista, in fin dei conti i suoi sono colori ad olio e anche nell’impasto si ha spesso, tra i denti, l‘impressione che ci sia del gesso da scultore. L’arte si è pertanto diffusa in ogni aspetto della vita quotidiana: i commercianti ti fregano ad arte, i quadri di partito sono sempre in vendita a prezzi crescenti e persino i bambini dell’asilo fanno le aste, nel senso che legano la bidella e la vendono al miglior offerente. Ormai non c’è più nessuno che non possa dirsi collezionista, se non di quadri, almeno di multe, scartoffie o figure barbine.

Tutto ciò ha naturalmente destato l’interesse del fisco, e ormai non è più possibile, per esempio, compiere un bel gesto senza doverci pagare una tassa speciale. Peraltro, il fatto che si tassi la bellezza e non, come sarebbe giusto, la bruttezza, mostra in quale direzione sbagliata ci si sia avviati.

Il successo ha prodotto, ovviamente, anche la nascita di falsi e falsari, che si sono infiltrati nella società anche perché al governo non c’era più un posto libero. Addirittura pare che un giovane premier fosse in realtà un elegante robot maneggiato da qualche stanza appositamente attrezzata negli USA. Del falso ci si accorse quando il premier cominciò ad ingrassare, ingolfandosi e scoordinandosi sempre più sino a dire sciocchezze come solo un robot umanoide potrebbe fare, non certo un umano vero – o almeno sarebbe fatto inaudito.

Un altro campo dove l’arte ebbe una enorme diffusione, mai vista prima, fu, appunto, diretta conseguenza delle aumentate vendite di occhiali. I miopi ora potevano andare a vedere, per esempio, La Nascita di Venere del Botticelli, la quale comunque esponeva impudicamente solo la parte superiore, cioè Botti, mentre le vergogne, cioè Celli, erano accuratamente nascoste, e ci vollero secoli perché ne spuntasse di nuovo fuori una. Comunque, i guardoni ebbero la meglio, sino a trionfare con la nascita della fotografia e la pubblicazione di Playboy, dove si riproducevano i migliori esemplari in circolazione (peraltro riproducevano è un termine poco adeguato, visto che in realtà l’unico contatto consisteva in focose automanipolazioni che naturalmente non potevano produrre discendenza alcuna).

Infine, con la nascita di Playdog, anche coloro che pitturavano da cani ebbero il loro quarto d’ora di pubblicità - anzi, diciamolo pure, il loro quarto d’orina, durante il giro serale dell’isolato, con o senza guinzaglio



CAPITOLO 32 L’arte del futuro

L’arte del futuro verrà tutta creata dai computer. Sempre i computer giudicheranno le opere e decideranno quali acquistare e quali scartare. Anche i concorsi a premio verranno decisi dai computer, che tuttavia si potranno corrompere facendo loro pervenire un’adeguata quantità di schede video . Ci saranno comunque anche computer troppo spesso rifiutati che, ritenendosi falliti, decideranno di farla finita, Ctrl Alt Canc e addio.

I soggetti preferiti ritratti dai computer saranno le vezzose stampanti, i diabolici modem, e, tra gli animali, il sensuale mouse.

Esisteranno anche una pittura in 3D e una scultura piatta. Miracoli della tecnica, certo, ma nel secondo caso anche incidenti con il rullo compressore.

Le opere acquistate si sposteranno via cavo alla velocità della luce, salvo quelle spedite con le Poste Italiane, che viaggeranno alla velocità della luce spenta.

Si potrà quindi avere in salotto l’opera preferita entro pochi nanosecondi, tuttavia per potersene poi disfare serviranno lunghe petizioni all’Azienda Comunale Rifiuti.

I nomi degli artisti saranno tipo IKCS1313 e andranno letti sulla matricola posta in basso sotto la presa del cavo-corrente.


Le aste potranno svolgersi solo di domenica sera, per non distrarre i macchinari dal loro lavoro. Ci sarà anche il banditore virtuale, ma con una voce sintetica agghiacciante, da perfezionare. Alla periferia di ogni città sorgeranno vasti cimiteri di computers, con a fianco la sezione infantile Ipod nano, e nulla sarà più toccante della cerimonia funebre di un computer, quando gli spruzzi di acqua benedetta mandano definitivamente in corto i contatti, ed il monitor prima impallidisce poi si spegne per sempre, proprio come quando ci si contatta con eBay. Triste corollario il mouse sul dorso con le zamp … rotelline per aria, e la tastiera che ripete sempre più debolmente QWERT .QWERT QWERT


Gli architetti lavoreranno solo con il pensiero: alcuni diodi infilati nel cervello trasmetteranno direttamente le idee ad una stampante 3D, collegata con una mangia-documenti che subito si occuperà di fare opportunamente a pezzetti il tutto, tanto, ci pensano i computer, no?.

La grafica continuerà ad essere prodotta su carta, ma quel che verrà consegnato all’acquirente sarà soltanto una fotografia, anzi, un’immagine virtuale computerizzata: tutte le copie fisiche delle opere verranno conservate in grandi caveau in modo da non rischiare di rovinarle. L’idea verrà ricavata copiando ciò che succede con l’oro, il quale viene conservato a Fort Knox e al suo posto girano di mano in mano pezzettini di carta colorati di nessun uso pratico, tantomeno valore.

Gli artisti, invece, verranno rinchiusi senza cibo in grandi gabbie dove finiranno per sbranarsi tra di loro. L’ultimo sopravissuto verrà celebrato con frasi tipo: Questo Caio il Tizio se lo mangia a colazione. Però, siccome tutta l’arte verrà fatta in realtà dai computer, l’artista sarà sostanzialmente un assassino certificato, passato dal rovinar tele a eliminare le persone.

Nelle opere d’arte il colore nero verrà proibito in quanto reo di indurre a pessimismo, e ciò danneggerebbe il mercato. Il marrone, in quanto di consistenza sospetta, verrà eliminato. Tutta l’arte sarà immateriale, ma nonostante questo ben nota al fisco. La tassazione sarà progressiva, nel senso di: ogni anno di più. Vi saranno dei moduli complicatissimi per ottenere di pagare il 20%, ma si potrà usarne anche altri, semplicissimi, con cui però si pagherà il 40%.

Se tutto ciò sembra un incubo lontano, credo sia ora che qualcuno si ponga delle domande: sul presente.

L’unica arte che continuerà ad avere clienti paganti sarà la street art, in quanto da sempre ognuno vuole avere i suoi quattro muri da cui essere protetto. Di conseguenza, ogni quattro opere acquistate si potrà avere gratis una licenza edilizia. I quadri a olio saranno tenuti in nessun conto perché fanno salire il colesterolo - e l’unico olio sano, che non lo fa, quello d’oliva, non secca mai e non si può usare per dipingere.

Agli umani sarà severamente proibito pitturare, attività, come detto, riservata ai computer. Un bambino trovato con un acquarello in mano verrà impalato sul posto con un pennello, cioè impennellato, e sarà proibito anche solo nominare gli antichi artisti. L’escamotage anticensura consisterà allora nello storpiarne il nome. Giotto diventerà Ginove, Carrà Carretto, i due Tiepolo diventeranno Tiepolo Nord e Tiepolo Sud (il figlio), il Veronese sarà Vicentino, il Brescianino Veronese, il Romanino Trentino ecc ecc. sino ai forse eccessivi Carrà al posto di Raffaello e Bistecca al posto del Carpaccio. Il Parmigianino non verrà nemmeno nominato, si dirà “Granino” ovvero “Parmesan” per i parlanti tedesco, sempre sperando che gli impiegati della censura siano distratti

E a coloro che sarebbero nostalgicamente legati alle opere del passato, ci permettiamo di far notare, come disse il grande Racso Edliw, che un mondo senza artisti va avanti benissimo, ma un mondo senza arti ha bisogno di una carrozzina.



The End

upload_2017-10-28_17-53-30.png
Baleng&ginogost 2017
 

Users who are viewing this thread

Alto