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habemus papam .gesuita.

tutto a posto.
OPUS DEI. Costruttori, banche, imprenditori: così il Vaticano è colpevole del disastro italiano

By admin
– 12 marzo 2013Posted in: CHIESA OCCULTA, SOCIETA'


Oggi si comincia con il Conclave. Tutti gli occhi saranno puntati sui cardinali che, riuniti, decideranno chi sarà il prossimo pontefice. Sulla scelta, però, non incideranno solo ragioni spirituali e religiose, ma anche – e soprattutto – politiche. Tanti, infatti, sono i gruppi di potere. A cominciare dall’Opus Dei. Incredibile la rete di potere finanziaria della prelatura vaticana. Tutti i grandi nomi dell’economia italiana sono legati all’Opera. Da Caltagirone a Elfio Marchini, da Luigi Zunino a Salvatore Ligresti. E poi le banche (su tutte proprio il Monte dei Paschi). Senza dimenticare il ruolo dei cattolicissimi Garofano e Colleoni. Sconosciuti ai più, ma – come vedremo – protagonisti di spicco della finanza italiana.


di Carmine Gazzanni


Nessuno ne parla più. Eppure la vicenda del Monte dei Paschi continua ad andare avanti. Ormai da circa un mese la Procura di Roma indaga anche sui legami tra la banca senese e lo Ior. Secondo il pm titolare Nello Rossi su quei conti sarebbero passati i fondi necessari a pagare le persone utilizzate nel 2007 per organizzare la seconda vendita di Antonveneta, passata dal Banco Santander a Mps con un plusvalore per gli spagnoli di oltre tre miliardi di euro. Infiltrato.it è stato uno dei primi a gettare luci sui legami tra Mps e finanza vaticana. L’inchiesta del nostro giornale, intanto, è andata avanti: sono incredibili gli intrecci tra mondo finanziario-imprenditoriale e l’Opus Dei. Tra affiliati e simpatizzanti, l’alta prelatura del Vaticano è riuscita a mettere le mani su una fetta importante dell’economia italiana. E la rete di interessi tocca sempre gli stessi: da grosse banche (a cominciare proprio dal Monte dei Paschi) fino a nomi importanti dell’imprenditoria come Caltagirone, Salvatore Ligresti, Matteo Arpe, Giuseppe Maria Garofano, Elfio Marchini, Gastone Colleoni. A spulciare azionariati, partecipazioni e finanziamenti garantiti dagli istituti bancari, sembra che l’unico comandamento dell’Opus sia: nessuno tocchi gli affiliati!

IL CASO ALERION. TUTTI DENTRO: MPS E OPUS DEI – Per comprendere gli intrecci economici che ruotano attorno all’Opus Dei partiamo dal caso Alerion, società impegnata soprattutto nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Nonostante pochi conoscano questa spa (di cui, peraltro, Infiltrato.it si è già occupato) è l’esempio lampante di come banche, imprenditoria e poteri finanziari facciano affari sotto l’egida della prelatura cattolica. Alerion è una partecipata del Fondo per le Infrastrutture, società di gestione del risparmio (sgr) che investe i risparmi raccolti da banche e fondazioni (le quali detengono azioni del Fondo) in società attive in diversi settori. Ebbene, intorno all’Alerion ruotano tanti e tanti nomi legati all’Opera. A cominciare da Ettore Gotti Tedeschi, ex numero uno dello Ior (prima della defenestrazione ad opera di Tarcisio Bertone) e vicepresidente della partecipata.
Il ruolo di Gotti Tedeschi, d’altronde, è di prim’ordine essendo anche presidente del Fondo per le Infrastrutture che ne detiene il 15% delle azioni. Finita qui? Certo che no, dato che il nome di Gotti Tedeschi è, come detto, strettamente legato anche al Monte dei Paschi di Siena, essendo stato il numero uno del Banco Santander ai tempi del passaggio di Antonveneta. La cosa non è affatto secondaria dato che anche il numero uno della banca spagnola, Emilio Botin, è uno dei banchieri più vicini in assoluto all’Opera. Come lo è anche Andrea Orcel che, nel 2007, al quartier generale londinese di Merrill Lynch, ricopriva il ruolo di presidente della divisione global markets & investment banking. In altre parole, Orcel ha seguito in quanto consulente di Mps a nome della Merrill Lynch, il passaggio di Antonveneta.
Insomma, che Mps sia legata all’Opera è un dato di fatto. Ed ecco allora altre particolari coincidenze. Sarà un caso, ma in Alerion gioca un ruolo tutt’altro che secondario anche proprio Mps che detiene il 6% delle azioni. Un pacchetto azionario che ha consentito alla banca di inserire nel cda di Alerion un suo uomo. Stiamo parlando di Antonio Marino, il quale è nientepopodimenoche vicedirettore generale a Siena. Insomma, un grosso intreccio economico-bancario. Tutto, come detto, sotto l’egida dell’Opus Dei. Bisogna infatti ricordare che, nel cda, non spicca soltanto il nome di Gotti Tedeschi, ma anche quello di Giuseppe Maria Garofano, legatissimo all’Opera e a uno dei suoi personaggi più noti, Gianmario Roveraro (morto in circostanze misteriose: nel 2006 viene sequestrato, ucciso e tagliato a pezzi); e quello dello stesso presidente di Alerion, il conte Gastone Colleoni, anche lui uomo dell’Opus Dei e anche lui – sebbene sia poco conosciuto – volto di primo piano della finanza italiana.

IL CONTE DELL’OPUS - Basti, d’altronde, fare un piccolo ex-cursus proprio sulla nascita della partecipata per comprendere il ruolo di Colleoni. Alerion nasce nel 2003 dalle ceneri di Fincasa 44 su cui fece un’opa la finanziaria olandese Ibi Holding. Ibi, allora, era il marchio di fabbrica proprio di Garofano. E fu proprio per suo volere che si formò una cordata alla cui testa si pose Colleoni. Il perché? L’uomo dell’Opus deteneva l’8% della società olandese.
Non solo. Se infatti è proprio nel 2003 che Colleoni fece il suo ingresso a Piazza Affari, già qualche anno prima si era preso le sue soddisfazioni. E sempre contando sulla rete intessuta grazie all’Opus. Nel 1998, insieme a Carla Colleoni, era entrato nella quotata Bonaparte spa di un Luigi Zunino in grande ascesa e anche lui vicino all’Opus. La longa manus cattolica, però, è stata evidente soprattutto nell’avventura della piccola Banca Mb, poi finita sotto commissariamento di Bankitalia. Anche lì Colleoni era presidente. E anche lì i membri del cda erano strettamente legati all’Opera. Ritroviamo, ad esempio, ancora Giuseppe Garofano. Ma tra gli altri spiccava anche Giuseppe De Lucia Lumeno, il potente segretario di Assopopolari che la fondò e diresse insieme al suo mentore Fratta Pasini, presidente del Banco Popolare e della stessa Assopopolari.

GLI INTRECCI SENZA FINE. IL CASO DI “INDUSTRIA E INNOVAZIONE” – Il quadro che emerge, dunque, ha dell’incredibile. Pur rimanendo su una sola società – Alerion – si tocca con mano lo strapotere dell’Opus Dei. Una rete spaventosa di interessi e di affari. Scrive Ferruccio Pinotti in Opus Dei segreta: ”l’Opus Dei è, in Italia un potere reale; un potere forte. Ma anche un potere che opera in segreto, perché i nomi dei numerari, soprannumerari, aggregati e cooperatori restano ignoti. Eppure in qualsiasi Azienda, in qualsiasi carica pubblica,in ogni ministero, in ogni tribunale, in ogni università, in ogni ospedale, in ogni giornale ci sono una o più persone che – a vario titolo ed in forme diverse - risultano essere vicine all’Opus Dei”.
Nulla di più vero. Basti pensare che gli stessi protagonisti della stagione della Banca Mb sono gli stessi oggi presenti in Alerion. Stiamo parlando di uomini di punta della finanza italiana come Matteo Arpe, Salvatore Ligresti o Alfio Marchini, imprenditore romano molto vicino ad un altro simpatizzante dell’Opera come Francesco Gaetano Caltagirone (che peraltro è stato vicepresidente di Mps e, per via di sue partecipazioni in Generali, ha fatto affari proprio tramite il Fondo per le Infrastrutture). Tutti con piccole partecipazioni in Alerion. I ruoli rimangono gli stessi in un’altra società con cui la stessa spa collabora. Stiamo parlando di Industria e Innovazione: qui l’azionariato si compone, pressappoco, degli stessi nomi. In entrambi, ad esempio, spicca la Fondiaria che fu di Ligresti, la Nelke srl di Luciano Garofano (parente di Giuseppe). E, ancora una volta, il Monte dei Paschi con un pacchetto azionario dei più alti (oltre il 9%). Presidente è Giuseppe Garofano. Ancora lui. E Colleoni? Non c’è. Ma niente problema. Altro nome che spicca nell’azionariato è quello della figlia del conte, Beatrice: un piccolo pacchetto azionario – poco più del 2% – che comunque le garantisce diritto di parola nel consiglio di amministrazione.

LA RETE FINANZIARIA DELL’OPUS E IL SUPPORTO DELLE BANCHE. I CASI DI LIGRESTI E CALTAGIRONE – Il quadro fin qui prospettato è chiaro. Siamo partiti da una piccola spa ed è evidente come i nomi che ricorrono siano sempre gli stessi. Tutti legati all’Opus. Chi perchè semplice simpatizzante, chi perchè vero e proprio affiliato. Si potrebbe partire proprio da qui per comprendere come sia vasta questa rete di affari. Anche perché personaggi come Zunino, Ligresti e Caltagirone sanno bene come salvaguardare i propri interessi legandosi a questa o quella banca. Il caso più clamoroso è quello di Ligresti: esposto in passato complessivamente per oltre un miliardo verso Mediobanca e per più di 350 milioni di euro verso Unicredit, prima l’una poi l’altra banca hanno salvato negli anni i suoi interessi. Nel 2011 Unicredit ha garantito infatti un finanziamento di circa 200 milioni di euro. Ma ecco il conflitto di interessi: Ligresti era socio allo 0,3 per cento della banca che l’ha salvato.
Passa un anno e arriva il secondo intervento. Nell’estate 2012, visti i conti in rosso della Fondiaria, si fa avanti l’Unipol per prelevare la società. Anche questa grande compagnia però aveva in conto in rosso e, dunque, non avrebbe avuto i soldi per condurre l’operazione se non fosse stato per una banca in particolare. Quale? Mediobanca che, addirittura, ritiene che l’operazione serva a salvaguardare il suo credito di oltre un miliardo nei confronti proprio della Fondiaria. Deciso, allora: finanziamo l’operazione Unipol. Domanda: ma chi c’è nel cda di Mediobanca? Jonella, figlia di Salvatore Ligresti il quale, peraltro, è tra i soci più influenti dello stesso istituto finanziario. Il 19 luglio 2012 l’operazione va in porto: Premafin, Fondiaria-Sai e Unipol vengono ricapitalizzate per oltre 400 milioni di euro. Il tutto grazie all’intervento di Mediobanca e, ancora, di Unicredit che versa, oltre il finanziamento dell’anno precedente, altri 61 milioni di euro per mantenere la sua quota di azioni.
Stesso dicasi anche per Caltagirone. Nel periodo in cui è stato vicepresidente di Mps, come Infiltrato.it peraltro ha già documentato, i suoi affari sono cresciuti esponenzialmente. Nel 2009 il Monte dei Paschi, attraverso Antonveneta (successivamente incorporata in Mps Immobiliare) ha venduto alcuni immobili. Indovinate a chi? Alla Immo 2006 srl, società controllata indirettamente da Francesco Gaetano Caltagirone. Costo dell’operazione: 37,58 milioni di euro. Finita qui? Certo che no. Per il socio-vicepresidente-imprenditore-cliente gli affari sono stati d’oro durante questo periodo. E allora ecco un altro finanziamento notevole: sempre nel 2009 alla Cementir Holding (direttamente controllata dalla Caltagirone spa) sono stati erogati dalla banca di Rocca Salimbeni 49,5 milioni. Ma, probabilmente, non sono bastati. E allora, dopo solo un anno, da Siena sono arrivati altri finanziamenti per Caltagirone per oltre 200 milioni di euro, concessi ovviamente in varia forma tecnica, più mutui fondiari per 30 milioni alla Immobiliare Caltagirone, altra società di punta dell’imprenditore romano.
La Immobiliare, però, nel corso degli anni, ha goduto anche di altri corposi finanziamenti provenienti proprio dalla banca diretta da Mussari. Come quello del 2008: 120 milioni di euro. Arriviamo così a maggio 2010. Il cda di Mps delibera un “incremento delle linee di credito ordinarie con utilizzo secondo varie forme tecniche per 175 milioni di euro a favore di Acea S.p.A”, poi seguite da altri 15 milioni. Anche la multiutility romana, leader – come si legge sul sito – “nel settore idrico e dell’energia”, è ovviamente una partecipata da Caltagirone (allora al 13 per cento, oggi al 15). Il suocero d’oro di Casini, poi, esce sua sponte dalla banca senese. Probabilmente perché sente puzza di bruciato (come nei fatti sarà). Gli affari però continuano. Non solo sempre con Mps. Ma anche tramite la rete di agganci nel Fondo per le Infrastrutture, alla cui creazione partecipa in quanto vicepresidente di Generali: la società di assicurazioni, infatti, già nel 2007 – anno di nascita di F2i (questa la sigla del Fondo) – aveva sottoscritto una quota di quasi 100 milioni di euro. E lo ricordiamo: presidente del Fondo è Ettore Gotti Tedeschi, il nome della finanza vaticana.

IL SIMBOLO DEL POTERE: IL CAMPUS BIO MEDICO. E I NOMI SONO SEMPRE GLI STESSI - Un altro spunto per poter comprendere come l’Opus Dei sia una sorta di orizzonte entro cui tutti – imprenditori, banchieri, costruttori – si muovono ci viene offerto dal campus biomedico di Trigoria. A detta di molti sarebbe proprio questo il simbolo del potere della prelatura vaticana. E non a torto: stiamo parlando di una struttura costata quasi 180 milioni, con cinque reparti ospedalieri già attivati e una capacità di accoglienza che a regime sfiora i 400 posti letto, con 18 sale operatorie e un eliporto. Più un ateneo, con annesso polo di ricerca nel campo della bioingegneria. E complessivamente un migliaio di dipendenti, con circa 80 milioni di ricavi annuali. Insomma, un grosso investimento, nato qualche anno fa. Nel 1991 per la precisione. A promuovere l’iniziativa è stata la Cbm di Milano, società costituita da tre personaggi legati appunto all’Opus Dei. Di chi stiamo parlando? Ma ancora di Giuseppe Garofano, è chiaro. E poi, ancora, dell’immobiliarista genovese Giuseppe Luce e del commercialista Pierino Lucchini, della Fondazione Rui, a cui fanno capo tutte le attività scolastiche della prelatura.
A questo punto cosa succede? Cominciano i lavori e nel ’93 viene inaugurato il primo corso di laurea. E rettore diventa un altro iscritto all’Opus Dei. Stiamo parlando di un fedelissimo di Luce, anche lui genovese: il presidente della Fondazione Carige Vincenzo Lorenzelli, a capo anche della Fondazione Rui. Gli anni passano, il campus cresce, l’Opus fa affari. Fino appunto all’exploit avvenuta con l’inaugurazione della mega-struttura a Trigoria. Domanda: chi finanzia il progetto?


Gli stessi citati sino ad ora: “per finanziarlo – scriveva nel 2008 il CorSerasi raccolgono nuovi azionisti tra fondi pensione (Enpam, Inarcasa), sgr (la Fabrica immobiliare di Francesco Gaetano Caltagirone, la Sorgente dei Nattino) e banche di matrice cattolica (Ubi, Popolare di Verona, Popolare di Sondrio, Antonveneta). Qualche banchiere entra in Cbm a titolo individuale, da Carlo Salvatori a Corrado Passera, allo scomparso Gianmario Roveraro. Altre quote vengono sottoscritte dai soci della Alerion di Garofano. Oppure da costruttori come i fratelli Toti e Alfio Marchini, da Luigi Zunino, il bresciano Defendente Marniga e il bolognese Renzo Menarini”.
Insomma, l’Opus regala affari e contatti. E quando chiama sono tutti pronti a intervenire. Un’originale interpretazione del “date a Dio quel che è di Dio, e a Cesare quel che è di Cesare”.
Fonte: http://www.infiltrato.it/inchieste/italia/opus-dei-costruttori-banche-imprenditori-cosi-il-vaticano-e-colpevole-del-disastro-italiano




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Zemanta
 
BERLU è FINITA PER TE. OK A FREQ ASTA DIGITALE TERRESTRE, OK A NESSUN MANDATO DOPO DOPPIO INCARICO, PROCESSI E SOPRATTUTTO BASTA A FONTI FOSSILI, CEMENTO ,IMMOBILI, DENARO CASH E LINGOTTI D ORO..E
Il PD avrà un ruolo cruciale nel prossimo governo,sia che duri fino a giugno , fino a ottobre o,presumibilmente fino l'anno prossimo.

Il ruolo cruciale del PD, sia che ceda al PDL un pres della rep Moderato, sia che sia Monti, o sia che siano i senatori del M5S

sarà nella direzione della green economy, e soprattutto dell'eliminazione di cio che IL POTENTE SOTTOSEGRETARIO PDLELLINO SAGLIA E PRIMA SCAJOLA E POI ROMANI hanno perpetrato:
UNA AIUTO ALLE FONTI FOSSILI,UNA PERMANENZA DEI CIP6 ,UN AUMENTO DELLA DIPENDENZA DA PETROLIO E GAS,UN AIUTO A ENEL PER CENTRALI TERMOELETTRICHE INSERENDO IL CONTRIBUTO IN BASE ALLA CAPACITA' PRODUTTIVA E NON IN BASE ALL'EFFETTIVA PRODUZIONE, CON LA MAZZATA DEI CONTINUI CAMBI AL C ENERGIA FOTOVOLTAICO DI FATTO BLOCCANDOLO,E IN PIU LA ROBIN TAX CHE DI FATTO COLPISCE CHI PROCUDE ENERGIA òPULITA PERCHE' ENEL ENI EDISON ECC POSSONO RIBALTARLA SU BOLLETTE COME HAANO,FATTO, ANCHE L ACCORDO CON LA SERBIA PER FAR PRODURRE ENERGIA PULITA ALL'ESTERO ED IMPORTANRLA IN ITALIA FACENDOCELA PAGARE A 155 EURO AL MWH. POI ANCORA CON PASSERA E CLINI L INSERIMEN TO DI UNA SEN APPROVATA A GOVERNO ORMAI SCIOLTO E SOPRATTUTTO A FAVORE DI TRIVELLAZIONI PETROLIFERE ANCHE VICINO ALLE COSTE ,CONTRASTO RISPETTO ALLE NOMRALI REGOLE DI TERRITORIO FAUNA FLORA MARUNA, SISMICITA' ECC.
A CIO SI AGGIUNGE IL TENTATIVO BERLUSCONIANO DI COMPRARSI LE MENTI PER NUKE IN ITALIA QUALI VERONESI E CHICCO TESTA CHE SOLO IL GIAPPONE E UN REFERENDUN HANNO BLOCCATO.

IL PD DUNQUE AIUTERA' LE FONTI RINNOVABILI ECCO IL PROGRAMMA.

NON A CASA E' DI QUESTI GG IL TENTATIVO DI ASSOELETTRICA DI CHICCO TESTA DI PARLARE MALE DELLE RINNOVABILI QUANDO SIA NEL MONDO CHE IN ITALIA COME DIMOSTRATO DA LEGAMBIENTE E GREENPEACE LE RINNOVABILI INCIDONO SOLO PER IL 17% IN BOLLETTA,MENTRE ALTO IL PREZZO DI CIP6 E DI A2 PER SMALTIMENTO SCORIE NUCLEARI.

ALLORA

LE ENERGIE RINNOVABILI IN BORSA ITALIANA, NONOSTANTE IL TENTATIVO DELLA CONSOB ,A CUI MISERO A CAPO UN UOMO PDL, DI CHIEDERE ULTERIORI NOTIZIE,

IL LORO RILANCIO E' TRACCIATO.

VEDIAMO IL PROGRAMMA PD. MA ANCHE M5S NE HA UNO SIMILE.

- La green economy è il volano per uno sviluppo sostenibile ed ecocompatibile del Paese e può rappresentare una grande occasione per rilanciare l'occupazione (green jobs). Soltanto la green economy, inoltre, consente di coniugare, in una logica di solidarietà tra le generazioni, gli interventi di stimolo alla produzione ecosostenibile con la necessaria salvaguardia delle risorse ambientali del Paese.



- Uno dei macrosettori della green economy sui quali concentrare le iniziative di un nuovo Governo di cambiamento è quello dell'energia, nel cui ambito è possibile indicare fin d'ora, in linea con le priorità individuate dalle istituzioni comunitarie con il programma Europa 2020 e intensificando l'impegno nella lotta contro i mutamenti climatici, alcune linee di azione che consentirebbero una partenza in tempi rapidi, anche attraverso il ricorso a sussidi finanziari nazionali e comunitari, e con un significativo e pressoché immediato ritorno stimato in termini occupazionali.


- Con riferimento all'ambiente le linee di intervento della futura azione di governo possono essere tracciate come segue.



Area Energia


Per il settore energia le scelte strategiche di lungo periodo della specifica politica industriale devono indirizzarsi, con decisione nella direzione dell’ecosostenibilità. Ciò significa che occorre convogliare massicci investimenti, pubblici e privati, sul versante del risparmio e dell’efficienza energetica e che bisogna anche scommettere sull’energia pulita prodotta dalle fonti rinnovabili e sulla mobilità sostenibile.
In questa ottica si aprono ampi spazi per interventi rapidi e concreti che possono essere realizzati già a partire dalle prime settimane dell’azione del Governo; a essi si aggiungono altre fondamentali iniziative da implementare nell’auspicato prosieguo della legislatura.
L’idea di base, che costituisce il filo conduttore degli interventi di pronta attuazione, è che il settore dell’energia, più di altri comparti industriali, è quello che offre l’opportunità di conseguire alcuni obiettivi essenziali per l’economia italiana, consentendo:

1) di accelerare le ripartenza degli investimenti e dell’occupazione, attraverso lo stimolo alla ripresa del settore - centrale - dell’edilizia, incentivando le riqualificazioni energetiche del patrimonio immobiliare privato e pubblico;

2) di fissare standard più rigorosi, in materia di risparmio ed efficienza energetica;

3) in via di diretta consequenzialità, di ridurre la dipendenza energetica e il peso, non più sostenibile per i cittadini e le imprese, della “bolletta energetica” nazionale, anche in termini di minori importazioni di combustibili fossili;

4) di migliorare la qualità dell’ambiente attraverso interventi sulle emissioni nocive derivanti dai sistemi di trasporto e dai consumi per il riscaldamento degli immobili.

Per realizzare tali obiettivi indicati è anzitutto necessario:

- predisporre uno specifico strumento di politica industriale, da attribuire preferibilmente alla responsabilità di una nuova figura ministeriale, che dia stabilità, in un orizzonte temporale di medio periodo, all’intervento regolatorio pubblico nel settore dell’energia;

- semplificare le normative applicabili e le procedure amministrative in vigore: ciò al fine di offrire agli operatori un quadro di certezza del diritto che permetta di minimizzare e di internalizzare i costi del “rischio amministrativo” e di rafforzare, per questa via, gli incentivi all’investimento nel Paese;

- prolungare i regimi di detrazioni fiscali del 50% e del 55% e, soprattutto, introdurne la “portabilità”, ossia favorirne la circolazione giuridica attraverso meccanismi di cedibilità dei relativi crediti alle imprese o al sistema creditizio;

- avviare un innovativo programma che permetta a tutti gli interessati, senza bisogno di anticipare i capitali, di riqualificare interi edifici, sul modello del Green Deal inglese;

- estendere progressivamente la riqualificazione energetica a tutti gli edifici pubblici, iniziando da quelli delle amministrazioni centrali e, con priorità assoluta, agli istituti scolastici;

- ridurre, per tutti i nuovi edifici, il livello dei consumi energetici;

- promuovere il ruolo delle ESCO (energy service company: società di servizi energetici), dettando una disciplina quadro della relativa attività e delle principali forme contrattuali e consentendo ad esse di accedere a un fondo rotativo destinato al finanziamento delle rispettive iniziative imprenditoriali;

- finanziare audit energetici presso le piccole e medie aziende per evidenziare le possibilità di riduzione dei consumi di energia anche con l’impiego dei certificati bianchi;

- dare una regolamentazione stabile alle incentivazioni alle energie rinnovabili elettriche, sostituendo il burocratico sistema dei registri e delle aste con una disciplina che automaticamente riduca il volume degli incentivi in caso di eccesso di domanda;

- offrire certezze al settore del fotovoltaico, operando secondo criteri di massima semplificazione amministrativa e liberalizzazione del mercato che agevoli la diffusione delle tecnologie più avanzate, anche in assenza di incentivi diretti;

- rafforzare, per le energie rinnovabili termiche, il “Conto Termico”, vincolando gli incentivi, preferibilmente in conto energia, alla contabilizzazione del calore;

- promuovere la produzione di biometano per autotrazione e incrementare quella delle biomasse, riducendo in particolare le importazioni di legname;

- introdurre, nel campo della mobilità ecosostenibile, un regime di tassazione differenziata in base al volume delle emissioni di CO2;

- rilanciare il car sharing (condivisione dell’automobile) e incentivare, con opportuni investimenti sulle infrastrutture della viabilità urbana, l’uso delle biciclette;

- sostenere i Comuni che hanno aderito al Patto dei Sindaci e predisposto Piani di Azione per l’Energia Sostenibile accettati dalla Commissione Europea, anche mediante un allentamento del Patto di stabilità.




Il recupero del territorio


Lotta a ogni condono. Sono stati presentati disegni di legge dal Partito Democratico alla fine dell'ultima legislatura per spingere e premiare da un punto di vista fiscale il recupero di aree dismesse e degradate al posto del consumo di aree agricole. Si devono rendere permanenti gli incentivi per la riqualificazione del patrimonio edilizio e l'efficienza energetica (le detrazioni del 55% che scadrebbero a giugno 2013).


Il percorso giuridico-amministrativo può essere tracciato come segue:


1) Approvazione delle “Linee Strategiche per l'adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio”, predisposte dal Ministero dell'Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, inviate al CIPE nel novembre 2012. Il piano prevede, tra l'altro: il divieto di abitare o lavorare nelle zone ad altissimo rischio idrogeologico, l'assicurazione obbligatoria per le costruzioni nelle zone a rischio di inondazione, limiti alle costruzioni nelle zone a rischio, il contenimento dell'uso del suolo, interventi di manutenzione dei corsi d'acqua e di difesa dei centri abitati, il recupero dei terreni abbandonati, la difesa dei boschi, la protezione delle coste e delle lagune esposte all'innalzamento del mare, la riattivazione dei Bacini idrografici.


2) Approvazione del disegno di legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo.



Bonifiche dei siti inquinati


Il territorio italiano è costellato di siti industriali cresciuti in numero e diffusione in funzione delle successive fasi di industrializzazione del secolo scorso. Oggi, la progressiva delocalizzazione e dismissione degli impianti dell'industria siderurgica, di quella chimica e della meccanica pesante hanno lasciato in eredità alle comunità locali ampie porzioni di territorio interessate da pesanti fenomeni di inquinamento e di deindustrializzazione.


Il recupero dei siti inquinati, soprattutto nelle aree metropolitane, accanto alle evidenti ricadute in termini di tutela della salute delle popolazioni e di salvaguardia ambientale, può favorire l'avvio di importanti iniziative imprenditoriali di carattere industriale o commerciale, soprattutto nei numerosi casi in cui tali aree siano localizzate in aree urbane strategiche. Inoltre contribuisce alla riduzione del consumo del suolo. In tale ambito andrà affrontata la bonifica dell'area ILVA di Taranto.


Il percorso giuridico-amministrativo può essere tracciato come segue:


1) rifinanziamento (mediante Fondi Cipe e Fondi Comunitari) del “Programma straordinario nazionale per il recupero economico produttivo di siti industriali inquinati”;


2) azioni immediate di tutela ambientale nei siti di interesse strategico nazionale di cui all'art. 1 del decreto legge 3 dicembre 2012, n. 207 convertito con modificazioni dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231 con l'approvazione di una norma che preveda di finanziare, attraverso il coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti s.p.a., gli interventi di bonifica dei siti in cui sono ubicati gli stabilimenti di interesse strategico nazionale, onde attuare le azioni di precauzione, prevenzione e ripristino che dovrà proporre il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare a norma della parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, qualora l'impresa titolare dello stabilimento non adempia agli obblighi di tutela ambientale ivi prescritti. Si prevede altresì che le spese sostenute dallo Stato in relazione alle azioni in esame siano poste a carico dell'impresa titolare dello stabilimento, inadempiente, che dovrà provvedere alla restituzione degli importi anticipati nei termini e con le modalità previste da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: laddove detti termini dovessero decorrere inutilmente e in caso di mancata restituzione delle spese sostenute, il Ministero dello sviluppo economico disporrà, d'ufficio, l'ammissione immediata dell'impresa titolare dello stabilimento all'amministrazione straordinaria;


3) sulla base dell'esperienza sviluppata per la bonifica del sito di Porto Marghera in seguito all'accordo di programma sottoscritto il 16.4.2012, promuovere la stipula di accordi di programma con il duplice obiettivo di:


a) accelerare e semplificare le procedure di bonifica dei siti di interesse strategico nazionale, fermo restando il pieno rispetto delle norme di salvaguardia ambientale, anche supportando le imprese nell'accesso al credito per la realizzazione degli interventi di bonifica;


b) favorire lo sviluppo di iniziative industriali nelle aree interessate dalla bonifica.



Ottimizzazione del ciclo dei rifiuti


Occorre trasformare i rifiuti da costo (per lo smaltimento) in risorsa economica (a fini di riutilizzo).


I rifiuti in tutto il mondo rappresentano oggi un'importante risorsa del mercato delle materie secondarie: il loro valore di scambio va adeguatamente promosso incentivando il loro recupero e soprattutto il loro riutilizzo, favorendo l'incontro tra domanda e offerta. Sono evidenti le ricadute in termini occupazionali, di riduzione dei costi di approvvigionamento per le imprese italiane (che comprano sul mercato delle materie secondarie), di tutela ambientale (stante il minor consumo di materie prime vergini) e di contrasto alla criminalità che lucra sulle attuali inefficienze del sistema di smaltimento.


Bisogna ridurre il più possibile il ricorso alla discarica (aumentando la tassazione) e agli inceneritori (dove si deve puntare a recuperare il calore attraverso impianti di teleriscaldamento, come sta avvenendo a Torino, dove si scaldano le case facendo risparmiare le famiglie) favorendo il recupero di materia attraverso un sostegno ai Comuni e al sistema produttivo.


Per quanto riguarda lo sviluppo di un mercato dei materiali/prodotti riciclati lo strumento più efficace rimane il Green Public Procurement (c.d. acquisti verdi della PA). È ormai assodato che le materie ed i prodotti riciclati a parità di qualità prestazionali consentono un significativo “risparmio di sistema”, considerando il ciclo d'uso e i mancati costi di smaltimento.


Il percorso giuridico-amministrativo può essere tracciato come segue:


1) Indizione di una Conferenza nazionale per la definizione di una strategia unitaria per la gestione dell'intero ciclo dei rifiuti;


2) Piano straordinario per la prevenzione, riduzione, raccolta, riutilizzo, riciclo e recupero dei rifiuti che preveda, tra l'altro: l'approvazione del “Piano di Prevenzione e di riciclaggio”, l'allineamento alle migliori performances di raccolta differenziata e riciclo anche mediante incentivi o penalizzazioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi; potenziamento dei centri comunali per la raccolta di rifiuti da destinare alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio; sostegno alla ricerca e alle iniziative più innovative per il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti (per es. plastiche, RAEE, inerti, veicoli, a fine vita ecc..); previsione di misure cogenti per l'utilizzo di materiali e prodotti riciclati per le forniture delle pubbliche amministrazioni (green procurement).

Tutela dell'acqua


L'acqua è un bene pubblico di primario interesse. Secondo l'Autorità per l'energia, ammontano a 65 miliardi di euro nei prossimi 30 anni gli investimenti necessari per ammodernare le infrastrutture e contrastare inquinamento e sprechi nel settore idrico; le perdite di rete sono stimate in oltre il 30%, le più elevate d'Europa; il 15% della popolazione risulta privo di sistema fognario, i depuratori sono insufficienti o addirittura inesistenti per un italiano su tre e persiste discontinuità nell'erogazione soprattutto nel Mezzogiorno.


Occorre intervenire sul sistema tariffario in modo da garantire l'uso dell'acqua alle fasce più deboli assicurando al contempo la copertura dei costi per l'ammodernamento della rete nelle tre componenti: acquedottistica, fognaria e di depurazione; bisogna al contempo programmare interventi di risistemazione della rete su larga scala considerando anche le positive ricadute in termini occupazionali. E' stato stimato dall'Autorità dei Contratti Pubblici che con un miliardo di euro sarebbe possibile coinvolgere da 10.000 a 15.000 lavoratori in attività di medio-lungo termine: possiamo quindi parlare di un contributo teorico alla occupazione di migliaia e migliaia di lavoratori su tutto il territorio nazionale con un ruolo quindi anticiclico.


Il percorso giuridico-amministrativo può essere tracciato come segue:


1) Indizione di una Conferenza nazionale per la verifica dello stato di attuazione della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23.10.2000 in materia di acque nonché per la definizione di una strategia unitaria per il governo delle risorse idriche.


2) Piano straordinario per il completamento del sistema delle infrastrutture di captazione, distribuzione, fognarie e depurative.


3) Piano di iniziative per la riduzione dei consumi idrici e delle perdite di rete.


4) Sistema tariffario che riconosca il diritto dell'acqua per tutti e la fornitura di un servizio in pareggio, nel rispetto del risultato referendario.


5) Potenziamento del ruolo della Cassa Depositi e Prestiti nel finanziamento delle opere.



Ambiente e legalità


E' necessario prodursi in una lotta senza quartiere contro le ecomafie e impegnarsi per introdurre il perseguimento dei reati più efferati contro l'ambiente nel codice penale, previa la ricognizione e il riordino delle fattispecie penali in materia ambientale, sinora sparse in svariate leggi speciali. Si tratta di una chiave che permette di lottare contro il traffico dei rifiuti, contro il ciclo del cemento e delle cave in mano alla criminalità organizzata e di affrontare una vera e propria emergenza che dal mezzogiorno si è ormai estesa su tutto il territorio nazionale.


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Uscire dalla crisi con innovazione, tecnologia e ricerca
La presente proposta di intervento indica le linee guida per uscire dalla crisi rilanciando l’industria


Politiche per l’innovazione, la tecnologica e la ricerca


Per rilanciare la crescita sostenibile e arrestare l’emorragia occupazionale, è necessario sostenere gli investimenti in Ricerca, Innovazione e nella riconversione ecologica delle imprese, come chiave strategica per:
- recuperare competitività sui mercati
- garantire aumento della produttività e crescita dei salari
- promuovere nuovo lavoro ad alta qualificazione e mobilità sociale
- creare un circuito virtuoso tra sistema formativo università e impresa


A tal fine occorre praticare un radicale cambiamento delle politiche pubbliche attuate fino a oggi.


L’Italia, come è ampiamente noto, ha un livello di ricerca e innovazione in particolare del segmento privato largamente inferiore rispetto alla media degli altri Paesi industrializzati. Il basso livello di investimenti in ricerca si ripercuote sulla capacità competitiva in particolare delle PMI (piccole e medie imprese) e comprime la crescita delle retribuzioni dei lavoratori che oggi si attestano tra le più basse d’Europa.


In questo contesto appare evidente la necessità di mettere a punto strumenti strutturali di sostegno pubblico:


A) un consistente (1 miliardo di euro per anno) credito d’imposta strutturale come forma di intervento sistemico per sostenere le attività di R&S realizzate dalle imprese in autonomia o in collaborazione con le università;


B) la predisposizione di strumenti finanziari in grado di far leva su risorse pubbliche e private per la realizzazione di progetti Paese;


Il tema dei progetti Paese, già presente nel piano «Industria 2015», rappresenta una straordinaria leva per mobilitare risorse pubbliche e private verso obiettivi di modernizzazione comunemente condivisi.


I temi prioritari su cui realizzare il progetti nazionali di innovazione industriale sono: la realizzazione dell’agenda digitale, la green economy, le nuove tecnologie per i settori del made in Italy, le tecnologie salute e della vita, l’economia della cultura e della creatività, la bioeconomia.


Occorre superare il sistema tradizionale degli incentivi alle imprese sostituendolo integralmente con strumenti finanziari specifici dedicati al finanziamento delle attività di ricerca e di innovazione e con azioni di sistema in grado di orientare i comportamenti degli operatori finanziari e industriali.


La proposta prevede la realizzazione di un fondo di partecipazione a ripartizione del rischio per il finanziamento dei grandi progetti di innovazione tecnologica, composto da Fondi pubblici, investitori istituzionali (BEI, CDP, finanziarie regionali ) e investitori privati.


L’obiettivo del fondo è quello di finanziare progetti presentati dalle imprese anche in forma associata e preferibilmente in collaborazione con gli organismi di ricerca utilizzando meccanismi di condivisione del rischio capaci di massimizzare l’impiego dei fondi pubblici che saranno utilizzati in termini di garanzia su portafogli di prestiti a medio lungo termine, effettuati dagli altri investitori pubblici e privati coinvolti (Cassa depositi e prestiti, Banca europea per gli investimenti, finanziarie regionali, finanza privata, sistema assicurativo).


Il contributo pubblico in termini di garanzie sarà in prima istanza costituito dal fondo per lo sviluppo sostenibile che già dispone di una dotazione di 600 milioni di euro presso il Ministero per lo sviluppo economico. Tali fondi possono già generare immediatamente 4 miliardi di investimenti da parte delle imprese (stimando un finanziamento pari all’80% dell’investimento e un effetto leva stimato prudenzialmente da 1 a 4).


C) Capitale umano qualificato. Il raggiungimento dell’obiettivo del 3% del PIL in attività di ricerca e sviluppo previsto all’agenda Europa2020 implicherebbe nel Paese un incremento di circa 200.000 ricercatori, solo nel settore privato. E’ necessario avviare immediatamente un grande programma per la promozione del capitale umano ad alta qualificazione in impresa, che costituisce un asset fondamentale di una politica industriale innovativa ed ecologica e per la creazione di green jobs. Si propone il sostegno all’inserimento in impresa con contratto di apprendistato di 20.000 nuovi giovani ricercatori e ricercatrici all’anno (su programmi d’interesse dell’impresa in collaborazione con università ed enti). Il programma può essere realizzato anche con il supporto del Fondo Sociale Europeo e necessita di un impegno di risorse di 200 milioni di euro all’anno. Esso prevede, grazie all’impiego della rete universitaria e dei centri di ricerca e con la collaborazione delle associazioni imprenditoriali, un’azione sistemica sul capitale umano ad alta qualificazione che deve essere inserito in attività di ricerca industriale e trasferimento tecnologico nelle imprese, o impegnato nella progettazione e avvio di imprese innovative basate su conoscenza, tecnologia e creatività.



Interventi per la Capitalizzazione, gli Investimenti e le Ristrutturazioni industriali


Per favorire la capitalizzazione e la crescita dimensionale delle imprese occorre agire sul sistema fiscale rendendo più conveniente il reinvestimento degli utili in impresa e incentivando fusioni e aggregazioni (neutralità fiscale). A questo fine si propone il rafforzamento dell’ACE (allowance for capital equity), raddoppiando l’attuale agevolazione.


Viene costituito il Fondo per la capitalizzazione, gli investimenti e le ristrutturazioni industriali, partecipato dalla Cassa Depositi e prestiti (con la garanzia del Fondo Centrale), da investitori pubblici e privati, dalle finanziarie delle Regioni. Le Banche partecipano al Fondo attraverso la cartolarizzazione del credito verso le imprese che viene sostituito dalla partecipazione del Fondo al capitale delle imprese medesime. In tal modo si riduce l’indebitamento delle imprese, si aumenta la capitalizzazione e la leva creditizia, si mitiga il rischio bancario e si favoriscono gli investimenti.


Il target di riferimento del fondo saranno le PMI che hanno prospettive di sviluppo e investimento, ma con scarso accesso al credito dovuto all’alto indebitamento.


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