"ANDRA' TUTTO BENE" E' GIA' STATO DETTO? (1 Viewer)

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Torniamo alla LIRA
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Torniamo alla LIRA
Armiamoci e partite” ormai è il martellante motto dei paesi europei di fronte alla crisi ucraina,
con invii annunciati di armi a Kiev , per poter resistere a Mosca, che molti hanno, a parole annunciato imponenti.


Fra questi donatori vocali si è posto il governo italiano, per parole del premier Draghi,
che ha annunciato l’invio di armi anticarro e antiaeree.


Quando l’ho sentito sono un po’ trasecolato:

dopo anni di tagli, di lesina e di usura per l’utilizzo nelle missioni internazionali, ma che possiamo aver mandato in Ucraina?




Andiamo sul pratico:

la difesa controaerea del nostro esercito è affidata al 17imo Reggimento artiglieria contraerea “Sforzesca”. la cui dotazione è la seguente:

  • missili a spalla Stinger, vecchiotti, ma buoni, ma pochi
  • e da utilizzare anche con le componenti in missione all’estero.

  • Se li cediamo disarmiamo l’esercito della componente antiaerea più importante

  • blindati SIDAM, dotati di 4 cannoni da 25mm,
  • studiati negli anni ottanta come conto elicotteri,
  • ma il cui cannone è troppo leggero e di gittata limitata,
  • inferiore a quella dei cannoni degli elicotteri che dovrebbe contrastare, tanto che sono attualmente in riserva;

  • missili Skyguard Aspide, con gittata 20 km e guida semi attiva,
  • sviluppato negli anni ’80 da Finmeccanica e che ora ha ben 40 anni
  • e doveva essere sostituito nel 2018.


  • Dato che si fa austerità e si taglia tutto, gli Aspide sono ancora li.

Aspide meriterebbe un capitolo a parte
dato che fummo talmente lungimiranti da venderlo alla Cina negli anni novanta,
la quale se ne sviluppò poi una versione nazionale.


Veramente una mossa geniale per fornire tecnologie a potenziali avversari e concorrenti.



Comunque si tratta di armi o scarse nel numero, oppure obsolete e poco utili,
oltre che non pratiche da inviare e che necessitano di addestramento.

Quindi mi sa che l’invio, soprattutto in questo settore , sia stato essenzialmente di parole,
perché l’austerità non produce nulla, neppure tecnologia.


Certo potevamo mandare la nostra arma più potente: Mario Monti.

Come distrugge lui un’economia non c’è nessuno.
 

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Com'è che dicevano al Drive In ....che figura DIMMERDA.


Sanzioni alla Russia, bloccare i soldi? Impossibile, non ci sono più


Mario Draghi:

“Non possiamo bloccare i soldi dei russi,

perché mentre eravamo impegnati a ghettizzare i non vaccinati,

loro li hanno fatti sparire”.


Parla il grande banchiere, esperto di banche e di soldi, il salvatore della patria, il capo del governo dei migliori.


LO STRATEGA

Mentre l’Europa e l’Occidente erano impegnati

nella campagna in difesa del gender fluid,

nell’instaurazione del sistema verde

(inteso sia come transizione verso la fame energetica che lasciapassare anti non-punturati)

eD a fantasticare su campi di concentramento per i no-Vax,

la Russia ha fatto sparire tutti i soldi (le riserve monetarie) che oggi l’Europa vorrebbe bloccare.


Si trattava delle riserve della Banca Centrale Russa che dalla guerra di Crimea erano aumentate di 6 volte.

Quindi di fatto le sanzioni tanto propagandate a mezzo stampa non sono attuabili perché, nel silenzio Putin a rastrellato tutto.



Non solo,

la Russia sta facendo la transizione (quella vera) dal sistema interbancario occidentale (swift) a quello cinese (cips),

così quei soldi li potrà mettere al sicuro per ciò che servirà alla Russia.



E di cosa stiamo parlando?

Ma naturalmente degli scambi commerciali necessari a rendere indipendente la Russia dall’Europa

e l’Europa senza una metro cubo di gas, quindi dipendente dal sistema Cino-russo.

Confcommercio sanzioni Russia


Tutto questo senza che il banchiere dei banchieri,

il migliore,

il salvatore della Patria

se ne fosse accorto;

intento a lanciare anatemi contro i non vaccinati

che, per qualche oscura ragione stavano, a suo dire,

contagiando l’Italia nonostante fossero ghettizzati da mesi, esclusi dal lavoro e dalla vita sociale.


Ci dice, Draghi, che tutta questa operazione di Putin ha richiesto mesi di preparazione.


Strano, visto che la questione ucraina è instabile da 8 anni

esattamente il periodo di tempo in cui la Russia ha ripetuto le sue istanze ai membri della NATO.



Draghi è malizioso… “Putin ha premeditato”…


Mentre in Europa ci chiudevano in casa

per le stesse ragioni che oggi consentono a migliaia di persone

di accalcarsi senza mascherina per sventolare bandierine.



E non è tutto.
 

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Mentre nessuno si accorgeva del piano di Putin,

le banche occidentali rimanevano esposte verso la Russia in maniera massiccia.


La più esposta oggi è Unicredit.

Per 25 miliardi di investimenti (e quindi risparmi di imprese e famiglie).



Non a caso Unicredit sta subendo un crollo in borsa (-10,7%)
➡️

Il tutto ovviamente potrebbe portare a seri problemi finanziari ed economici che non escludono contagi fra banche e banche.



Crollo di Unicredit




Nel frattempo gli italiani passano le giornate su social e in piazza
a sbandierare il loro odio verso Putin
e l’amore incondizionato verso il battaglione Azov:

quel genere di persone che condannano in Italia quando si travestono da sardine.


Poco, male si dirà. Resta pur sempre il petrolio e il gas da Libia e Nord Africa.

Già, peccato che a conservare l’influenza dell’Italia sui giacimenti
e il mercato petrolifero nordafricano, ci abbiamo messo l’asso nella manica:

Giggino, che in meno di due anni e mezzo da Ministro degli Esteri ha fatto più danni della peste,

facendosi usare come zerbino dall’Egitto e lasciando il parcheggio libero alla Turchia, che ha soppiantato l’Italia nel suo antico ruolo.



Mica come quei ladri della Prima Repubblica, che ci facevano rispettare.


E mentre Putin masticava polvere da sparo e KGB,

inneggiavate a vedere gli honesty in politica al posto dei “politici di carriera”.


Voi eleggevate Giggino Di Soccupato con il sogno che diventasse Presidente del Consiglio.



Il voto si paga.

 

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Si è aperta una minuscola crepa nell’obbligo vaccinale, piccola ma significativa.

Come riporta Indipendente, secondo i giudici del Tribunale amministrativo regionale (TAR) Lombardia,
i professionisti legati al mondo sanitario che rifiutano il vaccino anti-Covid
non possono essere sospesi dall’Ordine ma, anzi, devono essere messi in condizione di poter svolgere il proprio lavoro da remoto.

Se da un lato il TAR, in linea con la Corte costituzionale, sembrerebbe giustificare il
“temporaneo sacrificio dell’autonomia decisionale degli esercenti delle professioni sanitarie”
in ordine alla somministrazione del vaccino, dall’altro pare aprire uno spiraglio all’alternativa telematica.


La sentenza n. 109/22 del primo grado della giustizia italiana
fa leva sulla discrezionalità relativa all’interpretazione dell’articolo 4, comma sesto,
del decreto legge 44/2021, convertito poi nella legge 76/2021.

Secondo la norma, la vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2
costituisce requisito essenziale per l’esercizio del lavoro da parte
“degli esercenti di professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario”.

La sentenza del TAR reinterpreta parte della disposizione alla luce di un principio di matrice europea,
secondo cui fra le scelte necessarie a soddisfare l’interesse pubblico bisognerebbe adottare
l’opzione meno gravosa per i soggetti interessati, evitando sacrifici inutili”
e mantenendo dunque una certa proporzione fra il fine e i mezzi,
fra l’interesse pubblico e le misure impiegate per il suo perseguimento.


Questo significa che, se esistono alternative

che permettono di svolgere la professione senza entrare in contatto con il pubblico,

come l’assistenza telefonica, la telemedicina, o simili,

sono accessibili ai medici che non abbiano rispettato l’obbligo vaccinale
.


Una possibilità limitata, ma un primo spiraglio piccolo, che speriamo si allarghi.
 

Val

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Secondo quanto riportato da Reuters
gli azionisti la società svizzera che ha costruito il gasdotto Nord Stream 2,
dalla Russia alla Germania, stanno valutando di dichiarare lo stato di insolvenza, quindi la bancarotta.


Gli Stati Uniti hanno sanzionato il Nord Stream 2 AG la scorsa settimana,
dopo che la Russia ha riconosciuto due regioni separatiste nell’Ucraina orientale,
prima ancora della sua invasione del paese.


Nord Stream 2 AG, che è registrata in Svizzera e di proprietà del colosso statale russo del gas Gazprom,
lo scorso anno ha completato il progetto da 11 miliardi di dollari
che era stato progettato per raddoppiare la capacità di pompare gas dalla Russia alla Germania.


Secondo le fonti Nord Stream 2 AG ha collaborato con un consulente finanziario
per liquidare alcune delle sue passività
e potrebbe avviare formalmente una procedura di insolvenza presso un tribunale svizzero entro una settimana.


Gazprom ha rifiutato di commentare.


Il gasdotto di 1.230 km (767 miglia) non aveva ancora iniziato le operazioni commerciali
perché era in attesa di certificazione in Germania,
che la scorsa settimana ha sospeso questo processo a causa dell’escalation della crisi ucraina.


L’Office of Foreign Assets Control del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti
ha emesso un ordine esecutivo il 23 febbraio che autorizza
“la liquidazione delle transazioni che coinvolgono Nord Stream 2 AG”
o “qualsiasi entità in cui Nord Stream 2 AG possiede, direttamente o indirettamente, il 50 percento o maggiore interesse”
entro il 2 marzo.



Gazprom ha pagato la metà del costo della costruzione del Nord Stream 2,

con il resto del progetto di gasdotto da 11 miliardi di dollari finanziato

dalla società britannica Shell (SHEL.L),

dall’austriaca OMV (OMVV.VI),

dalla francese Engie e

dalla tedesca Uniper (UN01. DE) e Wintershall DEA (WINT.UL).



Un portavoce di Uniper ha affermato che la società al momento non dispone di tali informazioni
quando gli è stato chiesto di una possibile dichiarazione di insolvenza da parte di Nord Stream 2 AG.


La società ha licenziato i 140 lavoratori che erano ivi impiegati


Il ministro dell’Economia svizzero Guy Parmelin

ha dichiarato lunedì in un’intervista al servizio radiofonico svizzero RTS

che tutto il personale di Nord Stream, più di 140 dipendenti,

che lavorava per l’azienda nella città svizzera di Zug è stato licenziato.



Queste decisioni da parte della società significano che il progetto è seppellito,
e non sarà riesumato per lungo tempo.

Altrimenti la società avrebbe tarato a campare in attesa di tempi migliori.

Invece questo progetto non sembra avere nessun futuro, tranne cambiamenti radicali.
 

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L’Europa potrebbe avere difficoltà a rifornire i suoi impianti di stoccaggio del gas naturale

entro il prossimo inverno poiché i livelli di stoccaggio sono ai minimi degli ultimi dieci anni.


La Russia, che fornisce un terzo del fabbisogno di gas naturale dell’Europa,

ha affermato che la fornitura di gas attraverso vaste reti di gasdotti continuerà.







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Lunedì, il produttore di gas russo Gazprom ha pubblicato una dichiarazione in cui avverte che ci saranno

“sfide serie” nel rifornire gli impianti di stoccaggio del gas europei per il prossimo inverno,

considerando che sono necessari “volumi di gas così significativi” e non è mai successo prima dei mesi estivi.


Un bel modo per mettere le mani avanti.



Gazprom ha affermato che potrebbero esserci restrizioni giornaliere sulle iniezioni
a causa delle capacità tecnologiche dell’infrastruttura del gasdotto.

Poi c’è anche il rischio di danni ai gasdotti che transitano il gas dalla Russia attraverso l’Ucraina.

Inoltre, i mercati europei saranno in competizione con la crescente domanda dei mercati asiatici.



I dati di Bloomberg mostrano che i depositi sotterranei tedeschi “sono pieni” per il 70,6%,
mentre quelli francesi sono del 77,1%.

Il prelievo di gas dagli stoccaggi europei dura fino a fine marzo e, in alcuni casi, all’inizio di aprile.

Le iniezioni di gas iniziano poco dopo per rifornire il continente per i mesi estivi e prima del prossimo inverno.

Tuttavia, poiché i livelli di stoccaggio sono a livelli bassi di un decennio,
fare il pieno prima del prossimo inverno potrebbe essere una sfida.


Poi c’è il rischio che la Russia limiti i flussi di gas naturale verso l’Europa
come rappresaglia per una serie di nuove sanzioni che hanno congelato gli asset della banca centrale russa
e che alcune banche russe siano state rimosse dal sistema di messaggistica finanziaria SWIFT,
che lunedì ha causato il caos totale nei mercati russi. Soprattutto nei mercati valutari.


L’analista di Wood Mackenzie, Kateryna Filippenko, ha detto a Reuters:

L’Europa potrebbe dover utilizzare tutti gli strumenti disponibili per mantenere le luci accese,

riducendo il consumo di gas e avviando centrali nucleari e a carbone fuori servizio;

massimizzando la produzione locale di gas e le importazioni di gasdotti
“.



Filippenko ha affermato che però sono soluzioni temporanee,

che rischiano di lasciare l’Europa con “volumi di stoccaggio pericolosamente bassi” in inverno,

aggiungendo che i prezzi dell’energia “potrebbero essere superiori al 2021/22”.



Anche Kaushal Ramesh, analista di Rystad Energy, è d’accordo con Filippenko:

Fine 2022 e inizio 2023 potrebbero vedere i prezzi più vicini all’inverno 2021 e potrebbero essere più alti“.


Sebbene il benchmark europeo, i prezzi del gas olandesi, siano al di sotto dei massimi record di dicembre,
giovedì i prezzi sono aumentati del 60% dopo che Mosca ha invaso l’Ucraina.


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La buona notizia finora è che “le nazioni occidentali hanno escluso dalle sanzioni le esportazioni di materie prime russe”,
ha affermato Mark Haefele, chief investment officer per la gestione patrimoniale globale di UBS Group AG.


“Ma le posizioni si stanno spostando rapidamente e le nazioni occidentali hanno già iniziato ad attuare misure
che sembravano improbabili pochi giorni fa e la Casa Bianca ha dichiarato che le sanzioni energetiche sono sul tavolo”, ha affermato Haefele.


Anche se Gazprom continua a pompare gas nel continente colpito dalla crisi energetica,
vi sono reali rischi che si possano vedere interruzioni di fornitura
o almeno la capacità dei gasdotti in Europa potrebbe non essere in grado di iniettare abbastanza gas
per rifornire le forniture prima del prossimo inverno, il che potrebbe molto bene si traducono in prezzi dell’energia più elevati.
 

Val

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azz....ma sarà mica stato putin a bruciarla ?


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La nave Felicity Ace è affondata.

Il cargo ha portato con sé sul fondo del mare

le 1.100 Porsche e

le 189 Bentley che aveva a bordo.

L'Oceano si è preso anche molte altre auto, tra cui Audi, Volkswagen e Lamborghini.

Tutte finite negli abissi al largo delle Azzorre.



Sulla Felicity Ace era scoppiato un incendio lo scorso 16 febbraio.

L'equipaggio, per fortuna, si era salvato grazie all'intervento della Marina portoghese.

Le auto trasportate erano quattromila.

Il cargo, di proprietà di un'impresa giapponese, era diretto verso gli Stati Uniti.

Pare che il valore del carico di auto ammontasse a 438 milioni di dollari.
 

Val

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"qualcuno" ha da ridire perchè viene dato spazio anche ad altre notizie.

Che - purtroppo - sono verità, non mistificazione. non propaganda.

Belli miei, si chiama DEMOCRAZIA e LIBERTA' DI ESPRESSIONE.

Parole che avete dimenticato......insieme alle 7000 scomparse.

E ricordatevi che le immagini dei nazi con tanto di sfascia sul braccio, le diffuse proprio la TV di stato.


Nella narrazione della guerra in Ucraina non tutte le voci sono allineate, come quella dello storico Franco Cardini.

Il professore, saggista e medievalista, è intervenuto mercoledì 2 marzo a L'aria che tira,
il programma condotto da Myrta Merlino su La7.


Per lo storico le persone sono abituate a guardare indietro

"solo quando i mass media glielo ricordano, ma noi",

ossia i studiosi di storia, "dobbiamo farlo per mestiere".



Sul tavolo le motivazioni profonde dell'intevento bellico deciso da Vladimir Putin in Ucraina,
ad una settimana dall'inizio dell'invasione.

Per Cardini non c'è dubbio, i "trattati di Minsk sono stati disattesi"
e quindi il presidente russo non ha tutti i torti nel mettere in atto un intervento militare,
al netto del fatto "che anche la morte di un solo uomo è una tragedia".


Per lo storico l'Occidente ha disatteso l'impegno preso con la Russia

"di non allargare ulteriormente a Oriente il raggio d'azione" della Nato,

"che significa mettere il territorio russo sotto le possibilità di bombardamento da parte di missili".



E così non è avvenuto ricorda Cardini che lascia di sasso la conduttrice e gli ospiti,
che probabilmente si aspettavano una valutazione diversa da parte dello storico che ha affermato,
tra l'altro, che in questi giorni non si è verificato un "massacro" in Ucraina.


Per lo storico l'Occidente dimentica il recente passato,

ossia il conflitto interno tra Kiev e le repubbliche separatiste filorusse

che l'Europa, l'Italia e il resto del mondo hanno ignorato fino a oggi.


“Da molti mesi l’Ucraina bombarda le regioni del Donbass" ricorda Cardini,

"il 15 dicembre la Russia ha consegnato agli Stati Uniti

un progetto di trattato per cessare questa situazione e difendere le popolazioni russofone.

Carta straccia.

Questa guerra è iniziata nel 2014” è la dura accusa dello storico.


Nel corso della trasmissione Cardini fa notare che ai tempi dell’intervento militare nei Balcani

non si vedevano le vittime e le famiglie spezzate dalle bombe italiane,

e nella guerra del Golfo vedevamo solo "uno spettacolo affascinante di luci colorate, ma sotto c'erano i bambini e gli anziani".


"Gli incidenti sono cominciati nel 1994, quando la Nato, sotto il comando degli Stati Uniti, ha cominciato ad attaccare la Bosnia.

Non ci sono bambini che si stringono ai loro peluche o vecchiette che attraversavano la strada soltanto a Kiev".

Quando bombardavamo Belgrado non ce li hanno fatti vedere".




A quel punto la Merlino interviene e passa ad altro.
 

Val

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Le holding di partecipazioni MEGA Holding Spa e Eagle Capital Ventures,
attive nel mondo venture capital e private equity, insieme ai loro co-investitori
hanno ceduto la partecipazione nella media company Chef in Camicia,
leader nella divulgazione sui social network di contenuti legati al mondo del food e della cucina italiana,
a OneDay Group, holding industriale impegnata nel settore travel & media.

La media company Chef in Camicia, nata nel 2016
dall'idea di tre ex chef a domicilio, Nicolò Zambello, Andrea Navone e Luca Palomba,
che abbraccia soprattutto il target dei Millennial,
rimane come sede operativa e studi di registrazione all'interno dell'MH Hub a Milano.

Le portfolio companies del gruppo MEGA Holding e Eagle Capital Ventures di Federico Isenburg
continueranno una partnership di tipo commerciale con OneDay Group.

"Chef in Camicia è un progetto stimolante, di forte impatto,
in cui abbiamo investito con l'obiettivo di espanderne le potenzialità –
spiegano Marco Boroli, founding partner & executive chairman di MEGA Holding
e GianMaria Brusini, founding partner – Ceo di MEGA Holding –.

Siamo molto soddisfatti, in quattro anni di lavoro abbiamo raggiunto risultati importanti,
valorizzando la società e supportandola per un significativo aumento del fatturato, con un buon ritorno diretto.

In particolare, siamo stati i primi investitori nel 2017 con un capitale iniziale di 150mila euro,
realizzando poi nel 2019 un round da oltre un milione di euro, per arrivare nel 2021 a 3,5 milioni di ricavi e 40 dipendenti".


"Siamo molto soddisfatti di questa operazione,
GianMaria e soci – commenta Nicolò Zambello, founder e ceo di Chef in Camicia
hanno contribuito in maniera sostanziale alla crescita di Chef in Camicia,
apportando non solo capitale ma anche skills manageriali.

Continueremo a collaborare commercialmente con MEGA Holding
con un nuovo sguardo al futuro condiviso con i nuovi soci di OneDay".
 

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