anche in CILE il popolo è massacrato (1 Viewer)

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Cile, 15 i morti dall'inizio delle proteste contro il carovita
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A Santiago i manifestanti sono colpiti dai cannoni ad acqua (reuters)

Terza notte di coprifuoco nella capitale Santiago, il provvedimento esteso a molte regioni e città. Le dimostrazioni scatenate dal rincaro dei trasporti pubblici


Cile, 15 i morti dall'inizio delle proteste contro il carovita
 

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Perché le proteste in Cile sono importanti
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Il Cile è piombato nel caos di manifestazioni alimentate da un malcontento profondo.
I dati macroeconomici indicano un caso di scuola: il paese è il più ricco del Sudamerica, ma anche il più diseguale

Siamo in guerra, ha detto il presidente del Cile, Sebastián Piñera, in conferenza stampa domenica 20 ottobre. Non è bastata infatti la marcia indietro del governo sull’aumento del biglietto della metropolitana di Santiago, annunciato appena pochi giorni fa: continuano i saccheggi e le azioni vandaliche iniziate il 17 ottobre che hanno causato già 11 morti.

Il governo non è in grado di controllare la situazione e ha delegato la gestione dell’ordine pubblico ai militari, e il risultato è stata una repressione che ha esacerbato ulteriormente la protesta. Nelle principali città le strade e le piazze sono presidiate dall’esercito e al calar del sole vige il coprifuoco, rigorosamente sfidato dai manifestanti.

Le ragioni delle proteste
Il prezzo del biglietto è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso già colmo dell’economia cilena, profondamente iniqua. La distribuzione della ricchezza in Cile infatti è la più ingiusta non solo del Sudamerica ma anche tra tutti gli altri paesi ad alto reddito. E le statistiche sulle disuguaglianze confermano risultati fra i peggiori al mondo.

Secondo la classifica della Banca mondiale basata sull’indice Palma – l’indicatore che misura il divario nei redditi tra il 10% più ricco e il 40% più povero della popolazione – il Cile è addirittura il secondo stato più diseguale al mondo, preceduto soltanto dal Qatar. Il welfare è praticamente inesistente: secondo un report dell’Ocse, il Cile è ultimo tra i paesi membri per l’impatto delle misure pubbliche (imposte, sussidi, detrazioni fiscali, incentivi etc) sulle disuguaglianze. Il paese andino, infatti, dall’inizio degli anni Ottanta è stato tra i pionieri nell’aderire alle teorie economiche liberiste classiche – poi giunte anche in Europa – sulla riduzione delle tasse, della spesa pubblica e dell’intervento statale in generale.

Il salario minimo, nel 2019 fissato a 425 euro, confrontato con il crescente costo della vita cileno è insufficiente: il canone d’affitto medio per un appartamento fuori dal centro di una grande città si aggira sulla stessa cifra. Aggiungendo le spese per le utenze – care rispetto agli altri vicini sudamericani – la supera abbondantemente. Lo stipendio medio al netto delle imposte si attesta sui 652 euro: così i lavoratori cileni, per arrivare alla fine del mese, devono fare i salti mortali o indebitarsi.

Istruzione, privata
Oltre i tre quarti degli universitari cileni studia in istituti privati che chiedono rette in media sopra i 3mila dollari all’anno – un altro record del paese; cifre coperte spesso ricorrendo a prestiti.

Fino al 2014 il 75% delle spese per l’educazione era sostenuto dalle famiglie e solo il resto era a carico delle finanze pubbliche. E anche per assicurare il diritto all’istruzione primaria dei più bisognosi lo stato pagava le rette delle scuole private.

Qualcosa è cambiato dal 2011, quando 600mila persone hanno protestato per chiedere nuovi investimenti pubblici nell’istruzione: gli scontri con la polizia si erano fatti pesanti e molte università erano state occupate.

Gli studenti hanno ottenuto l’elezione dei loro delegati nel 2013 ma non tutte le promesse della politica sono state mantenute, e le riforme varate dal governo di Michelle Bachelet hanno toccato solo in parte il sistema universitario.

Così è iniziato il percorso che ha portato alla mobilitazione di questi giorni, e che sintetizza nella maggiore uguaglianza sociale la somma delle sue richieste.

Sistema previdenziale, privato
Secondo uno dei principali commentatori economici del New York Times, Binyamin Appelbaum, il sistema previdenziale cileno è “progettato per spostare la ricchezza dalle masse ai ricchi, perché i lavoratori sono tenuti a investire i loro risparmi in fondi di investimento privati che applicano rendimenti ridicoli”. É la conseguenza della riforma introdotta negli ultimi anni del regime di Augusto Pinochet: il sistema pensionistico è affidato a quei fondi, non esiste la previdenza pubblica. Ma gli assegni restano bassi rispetto al costo della vita e anche un medico con quarant’anni di lavoro alle spalle non supera i 700 dollari di pensione.

Sistema sanitario? Quello efficiente è privato
Il dominio totale del libero mercato, senza correttivi di sorta, vale anche nella sanità: anche qui una quota dello stipendio va all’assicurazione sanitaria, pubblica o privata. La differenza tra i servizi offerti dagli ospedali statali e quelli delle cliniche private non è poca cosa.

Il principale quotidiano nazionale, El Mercurio, pubblica ogni giorno i nomi dei nati nelle cliniche più belle e costose di Santiago del Cile. Dall’altro lato della città, nel miglior ospedale di Santiago, dodici mamme condividono la stessa stanza con i loro bebè”, scrive Appelbaum nel suo nuovo libro The Economists’ Hour.

Il dominio delle grandi società
Dagli anni Ottanta il Cile si è aperto al liberismo e alle privatizzazioni più di qualsiasi altro paese dell’America Latina, in certi casi senza dotarsi di leggi adeguate per prevenire abusi e cartelli. Da qui sono nati oligopoli e pratiche commerciali scorrette, con poche aziende a controllare i vari mercati di riferimento. Numerosi scandali hanno colpito prodotti di uso comune: dal mercato del pollo a quello di fazzoletti e carta igienica, fino alle farmacie.

Grazie alle "liberalizzazioni" poche multinazionali dominano il mercato in molti settori, controllandolo e tenendo i prezzi alti a danno dei consumatori. Una condotta che in Cile è stata depenalizzata nel 2003, e le sanzioni sono state sostituite da multe o lezioni di etica per gli amministratori delle società. Non è un caso quindi che la rabbia dei manifestanti si sia rivolta proprio contro un centinaio di supermercati dell’americana Walmart, protagonista dello scandalo sul pollo insieme ad altre due catene oligopolistiche, Smu e Cencosud: le aziende non solo si erano accordate per tenere i prezzi alti, ma avevano messo in piedi un sistema per controllare e rispettare questi accordi, usando dipendenti appositamente incaricati a ditte esterne contrattate allo scopo. Le tre multinazionali se la sono cavata con una multa di 12 milioni di dollari da dividere in tre, ma hanno un business mondiale e fatturati miliardari.
 

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Cile, video choc: «I poliziotti sniffano cocaina prima di picchiare i manifestanti»
Mondo
Lunedì 21 Ottobre 2019
Cile, video choc: «I poliziotti sniffano cocaina prima di picchiare i manifestanti»
  • 2,2 mila

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Tre poliziotti in tenuta antisommossa che, prima di entrare in azione, si riuniscono in cerchio per sniffare cocaina. Sono le sconcertanti immagini che arrivano dal Cile, dove il video che riprende la scena è rapidamente diventato virale sui social e ripreso dai media nazionali. Non è chiaro chi sia l'autore del video, né quando e dove sia stato girato, ma quelli ripresi sono sicuramente "carabineros" cileni, con ogni probabilità nelle strade di Santiago del Cile. Le immagini lasciano poco spazio all'immaginazione, scatenando una vera e propria insurrezione sui social.
 

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Cile, il racconto dei disordini che infiammano il Paese
Da settimane i manifestanti affollano Santiago e altre città della costa pacifica. Sono descritti come semplici vandali dai media locali. Ma dietro alla protesta ci sono molte, e serie, ragioni
CLAUDIO REYES / AFP

Da settimane il Cile è scosso da grandi manifestazioni e proteste a cui il governo sta reagendo duramente, dispiegando esercito e polizia. Le fonti ufficiali hanno già confermato 11 morti.

Tutto è partito da un piano del governo per aumentare il costo dei trasporti pubblici nell’area metropolitana di Santiago (in cui vivono circa 7 milioni di cileni, oltre il 40% della popolazione del paese), da 800 a 830 pesos (circa 1.04€), un prezzo da molti ritenuto eccessivo, tenendo in considerazione che il salario minimo cileno ammonta a 300mila pesos (366€) al mese.

Decine di migliaia di cittadini sono scesi in piazza, nella capitale, per protestare contro gli aumenti, con le proteste che assumevano via via più forza arrivando a bloccare buona parte del sistema dei trasporti di Santiago e danneggiando alcune stazioni della metropolitana.

Come risposta il Governo cileno ha deciso di proclamare lo stato di emergenza e imporre un coprifuoco, dispiegando l’esercito nelle strade per farlo rispettare per la prima volta dalla fine della dittatura di Pinochet. Il Presidente Sebastian Piñera ha dichiarato «Siamo in guerra, contro un nemico potente e disposto a tutto». [ direi che il presiddnte è in guerra contro il suo popolo]

Il coprifuoco ha proibito ai cittadini di trovarsi in strada la sera, l’esercito è stato schierato nelle strade per farlo rispettare, con l’autorità di arrestare chiunque si trovasse fuori dalla propria abitazione, e sparare a coloro i quali provassero a fuggire o resistere all’arresto.

In risposta alla proclamazione dello stato di emergenza le proteste dalla capitale si sono diffuse nel resto del paese, raggiungendo Valparaíso, La Serena e Antofagasta, ci sono stati vari episodi di scontri con le forze armate, tra cui alcuni molto violenti, il coprifuoco è stato quindi esteso al resto del paese insieme al dispiegamento dei militari.

Le proteste sono arrivate anche a Viña del Mar, citta residenziale sulla costa a 120km da Santiago, considerata tra le più benestanti e restie ai disordini del Cile, dove ho vissuto e studiato.

Ne ho parlato con Jose Tomas Sarmiento, giovane attivista locale della Juventude Socialista, che ha partecipato alle proteste in città.

«In Piazza a protestare a Vina del Mar c’era una quantità di gente che non ho mai visto in vita mia, nemmeno quando il Cile ha vinto la Copa America, la più grande in 30 anni» dice.

Intanto la città è stata militarizzata:
«La città è sorvolata da elicotteri militari, per le strade c’è la polizia e l’esercito, adesso sono ospite da un mio amico, fino alle sei di mattina non posso uscire e tornare a casa».

Nel mentre il governo è stato costretto a congelare l’aumento dei biglietti, ma le proteste continuano, e anzi si estendono, arrivando a coprire molte rivendicazioni sociali, e in particolare a concentrarsi sulle forti diseguaglianze economiche del paese. «L’aumento dei prezzi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, sono esplose le tensioni sociali, la pensione minima è 90 mila pesos (113 €) al mese, e il sistema è privatizzato. Ci sono casi di anziani che si suicidano perché non riescono ad arrivare a fine mese, il malcontento è forte, i prezzi delle medicine sono i più alti dell’America Latina,
le multinazionali hanno il controllo di molti settori strategici, in regime di monopolio: le farmacie (condannate recentemente per un cartello sul prezzo delle medicine), le telecomunicazioni, i supermercati, la carta igienica, l’acqua è stata privatizzata, la sanità pubblica quasi non esiste».

Anche a Viña del Mar la reazione delle forze dell’ordine è stata dura: «Eravamo in piazza pacificamente, la polizia ci ha lanciato lacrimogeni, ad altezza uomo, anche a tre metri di distanza, ieri hanno colpito un fotografo a una gamba».

Molti manifestanti sono preoccupati da come il governo ed i media stanno affrontando la crisi.
«I media riportano solo gli scontri ma non le manifestazioni pacifiche, la televisione non ti mostra i manifestanti per strada, che sono la stragrande maggioranza ma solo i vandali che fanno danni, in piazza ci sono tutti in maniera trasversale, giovani, vecchi, famiglie a Viña mentre i manifestanti sfilavano pacificamente, pochi stronzi (sic!) incappucciati hanno provato a saccheggiare una farmacia approfittandosi della situazione, e i manifestanti li hanno fisicamente respinti. Il governo non ha autorità, stanno cercando di spaventare la gente, dicono che i vandali entrano la notte nelle case della gente, senza nessuna prova, e i media gli vanno dietro».

Intanto, nonostante il coprifuoco le proteste proseguono e la tensione sale, le fonti ufficiali parlano di 1420 manifestanti arrestati, 84 feriti da arma da fuoco e 11 morti, in continuo aumento.
 

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IL PRESIDENTE CILENO CHIEDE PERDONO,
NUOVE MISURE SOCIALI NOVITA' PER LE PENSIONI E UNA NUOVA TASSA SULLA RICCHEZZA
Il presidente cileno Sebastian Pinera "ha chiesto perdono" per non aver compreso la drammaticita' della situazione sociale in Cile, ed ha annunciato una serie di proposte per "una agenda sociale di unita' nazionale". Pinera ha manifestato comunque preoccupazione per l'ordine pubblico dopo i disordini che hanno causato 15 morti. Il capo dello Stato ha promesso di voler intervenire con dieci misure sociali, dalle pensioni al costo della salute e dei farmaci. Previsto anche un aumento del salario minimo e la creazione di un'imposta sulla ricchezza.
 

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"La nueva canción chilena" del 1974. Negli anni Settanta gli Inti Illimani furono al centro del panorama musicale internazionale quali portavoce dei diritti del popolo cileno piombato nel baratro della dittatura dopo l'11 settembre del 1973
 

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Il 18 ottobre scorso in Cile è stata approvata una legge che aumentava il prezzo del biglietto della metro. Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno di ingiustizie e disuguaglianze sociali che ha portato a manifestazioni e scontri nelle piazze.
Qual è la situazione ora? Quali sono le motivazioni più profonde e in che modo l'Europa e il mondo intero stanno rispondendo a tutto questo?
Ne parliamo con Diva Serra, avvocatessa cilena, Javier Ossandon, avvocato e Direttore Nazionale di Turismo nel governo Allende,
Emiliano Gioia del movimento SìAmo e in collegamento Skype dal Cile,
Camila Baracat Vergara, attivista cilena.

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COSA SUCCEDE IN CILE?
 

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