News, Dati, Eventi finanziari amico caro, te lo dico da amico, fatti li.... qui e' tutta malvivenza (1 Viewer)

mototopo

Forumer storico
Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio

9 h ·




Marco Saba
Le banche creano denaro, non "credito", e diventano sovrane.
Se una semplice promessa di pagamento può esercitare il ruolo di pagamento finale, e quindi di moneta, le banche che creano tali promesse godono di un privilegio di signoraggio, ovvero del diritto di ottenere dei beni dal mercato senza fornire niente in cambio.
... Se lo Stato non ottiene restituito questo signoraggio, e nemmeno lo tassa, allora sono le banche che diventano sovrane.
E' esattamente così.
Anche noi potremmo creare credito come moneta, organizzando la emissione di moneta complementare autonoma, su iniziativa popolare.
E' da farsi, non occorre, tecnicamente, molto, salvo un sufficiente bacino di accettazione, ovvero una sufficiente cultura del problema e fiducia nelle proprie normali capacità di soluzione.

Altro...














Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio

Ieri alle 11:20 ·





Oltre l’Euro raccoglie alcune delle voci “eretiche” più importanti nel panorama europeo, a torto escluse dal racconto della crisi dal mainstream e oggi divenute, di conseguenza, il punto di riferimento per chi vuole trovare gli strumenti per uscire da questo “incubo”.

Per salvare una moneta insostenibile è stata creata una serie di alchimie giuridiche,si calpesta ogni volontà popolare e si stanno facendo a pezzi le Costituzioni Nazionali.
...
Nel frattempo i vari Letta, Monti, Saccomanni e oggi Renzi si susseguono al “potere”. Come semplici valvassori di Bruxelles e Francoforte, continuano a calpestare in nome delle banche che li dirigono come burattini, la nostra sovranità e la equa redistribuzione del reddito per l’intera popolazione.
Da sempre i media gettano un velo di omertà sulla spinosa questione dell'euro. Vi hanno fornito tante informazioni falsificate, che hanno contribuito soltanto ad aumentare la confusione. E quando regna il caos è molto più facile, per i funzionari della Commissione europea e del Fondo monetario internazionale, continuare a decidere indisturbati del futuro di intere popolazioni.
INTRODUZIONE di Paolo Becchi
Prima Parte: Uscire dall’euro per salvare Costituzioni, democrazia e diritti in Europa
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__oltre-l-euro-libro.php

Altro...




 

mototopo

Forumer storico
La nostra ignoranza è la LORO forza.

30 settembre alle ore 5:29 · https://it-it.facebook.com/LaNostraIgnoranzaELaLoroForza#




Nelle settimane e nei mesi che hanno preceduto l’accordo del 13 luglio sul terzo piano di salvataggio tra la Grecia e suoi creditori, Washington aveva consigliato il precedente governo di coalizione greco Syriza-Indipendenti di non scontrarsi frontalmente con la Germania e mostrare la volontà di fare le riforme.
Un telegramma segreto inviato ad Atene il 16 luglio dall’ambasciatore greco negli Stati Uniti, Christos Panagopoulos, ci ha fatto un quadro delle relazioni tra i due ...paesi nel corso dei mesi precedenti. La copia vista da Kathimerini fa capire che Washington mostrava un vivo interesse a mantenere la Grecia nella zona euro e forniva costantemente consigli su come il governo guidato dal primo ministro Alexis Tsipras dovesse gestire i rapporti con il resto della zona euro.
ARTICOLO COMPLETO: http://vocidallestero.it/…/ekathimerini-un-inviato-rivela-…/

Altro...




 

mototopo

Forumer storico
apri

La deflazione che apre le porte di Giano

Scritto il ottobre 15, 2015 by Federico Dezzani
Twitter: @FedericoDezzani
https://twitter.com/intent/tweet?ur...rvista.org/la-deflazione-apre-le-porte-giano/
https://www.facebook.com/sharer/sha...rvista.org/la-deflazione-apre-le-porte-giano/
https://plus.google.com/share?url=h...rvista.org/la-deflazione-apre-le-porte-giano/
0
0
http://www.stumbleupon.com/submit?u...itle=La+deflazione+che+apre+le+porte+di+Giano
http://www.printfriendly.com/print?...rvista.org/la-deflazione-apre-le-porte-giano/

La situazione internazionale, giorno dopo giorno, è sempre più dinamica: il Medio Oriente si candida a svolgere la funzione che nel 1914 ebbero i Balcani, periferici rispetto alle grandi potenze ma centrali nella reazione a catena che portò al conflitto. Ma la guerra è innescata solo dalla divergenza di interessi tra potenze? Sembrerebbe esserci una costante che accompagna le guerre dall’Ottocento, ed è la caduta generalizzata dei prezzi causata dalla scarsità di moneta, controllata, ora come ai tempi del gold standard, dall’alta finanza. Ecco perché la deflazione globale incipiente è il vero campanello d’allarme: il ginepraio mediorientale passa in subordine rispetto ai prezzi in caduta ed all’ indebitamento accumulato in Occidente.

Deflazione, la passione della finanza

L’antichissimo dio italico Giano, noto con l’epiteto “il bifronte”, era la divinità del cambiamento, del passaggio: con le sue due teste fissa da una parte il passato e dall’altra il futuro. I popoli italici associavano Giano all’inizio di un’impresa, di un viaggio o di un momento della vita che sanciva la fine di un periodo e l’avvio di uno nuovo. Nel Foro Romano si ergeva il tempio di Giano Quirito, le cui porte erano spalancate allo scoppio di una guerra, cosicché la statua del dio osservasse i sacrifici propiziatori e favorisse gli eserciti romani. È l’imperatore Nerone, nel primo secolo dopo Cristo, che chiude le porte del tempio, promettendo un’epoca di pace dopo le estenuanti guerre civili che martoriano Roma dai tempi di Mario e Silla.
I nostri antenati riconducendo alla stessa divinità la guerra ed il divenire della storia, anticipano di due millenni un pensiero caratteristico dell’idealismo tedesco. Ma qual è la causa scatenante la guerra nelle moderna civiltà? Pur rifiutando di ridurre tutto all’economia come Karl Marx, che nell’idealismo tedesco cresce e si forma, c’è da domandarsi se ci sia una variabile economica che influisca più delle altre nel determinare lo scoppio dei conflitti.
Potrebbe trattarsi della scarsità di moneta circolante e della conseguente caduta generalizzata dei prezzi?
L’immissione di nuova moneta (la conquista romana delle miniere d’oro iberiche nel I secolo a.C., l’inondazione dell’Europa con l’oro sudamericano nel XVI secolo, la scoperta della giacimenti in Alaska nel XIX secolo) alza il livello generale dei prezzi, incentiva l’industria e l’agricoltura (garantendo un margine di profitto pressoché sicuro grazie all’aumento dei prezzi), allieva i debiti (che hanno un valore nominale e non reale), crea benessere ed occupazione.
Al contrario, la diminuzione di moneta (per tesaurizzazione, rallentamento della velocità di circolazione, o anche aumento della stessa ad un ritmo inferiore alla crescita della produzione), abbassa il livello dei prezzi, disincentiva l’economia reale (costretta a tagliare i costi per inseguire la caduta dei prezzi), crea disoccupazione ed appesantisce i debiti fino a renderli impagabili: spesso, in queste circostanze, i debitori sono espropriati dei loro beni.
Qualcuno, però, si avvantaggia della caduta generalizzata dei prezzi, ossia della deflazione.
Sono i banchieri che erogano credito a Stati, imprese e famiglie: per loro la discesa dei prezzi significa essere rimborsati con moneta che ha maggiore potere di acquistoed incamerare a prezzi di saldo gli averi del debitore se questi, come spesso capita durante la deflazione, diventa insolvente.
Per la finanza, quindi, la stabilità dei prezzi o la deflazione sono l’obbiettivo da conseguire ad ogni costo, a differenza di produttori e lavoratori che si avvantaggiano di una moderata inflazione. Finanza e deflazione da una parte, produzione e inflazione dall’altra.
A partire dalla fondazione della Banca d’Inghilterra nel 1694 e l’emissione dei primi certificati basati sulle riserve d’oro (banconote) la lotta all’inflazione e la ricerca della deflazione sono l’ossessione dell’alta finanza cosmopolita, nata ad Amsterdam, cresciuta a Londra e ramificatasi a New York: ogni mezzo è impiegato per soffocare qualsiasi rialzo dei prezzi, dal controllo delle banche centrali alla cooptazione del personale politico, dall’appoggio a determinate correnti economiche (si comincia Adam Smith e si finisce con la scuola di Chicago) all’attribuzione dei premi Nobel ad alcuni economisti piuttosto che ad altri. Niente poi è temuto maggiormente dall’alta finanza che l’intervento nell’economia dello Stato, considerato l’unico attore capace di infrangere il monopolio della moneta esercitato dai grandi banchieri internazionali: il laissez-faire è quindi bene, l’interventismo è male.
Si comincia col gold standard, che vincolando l’emissione di moneta alle riserve d’oro disponibili (bene raro per eccellenza, la cui produzione tiene a stento il passo della domanda), esercita un effetto deflazionistico dall’Ottocento fino al primo dopoguerra.
Contrariamente a quanto afferma la storiografia inglese dominante, la rivoluzione industriale non avviene grazie alla stabilità dei prezzi del sistema aureo, ma nonostante il clima deflazionistico prodotto dall’ancoraggio della moneta all’oro. Persino il bimetallismo, l’emissione di moneta basata sulle riserve d’oro e d’argento, è osteggiato dai grandi banchieri: nel 1873, su pressione della finanza inglese, il Congresso degli Stati Uniti approva il “Coinage Act” che, suscitando l’ira del mondo agricolo e imprenditoriale, abolisce la convertibilità dell’argento in dollari d’oro, scatenando una crisi economica che si trascinerà per vent’anni.
Il grande crash del ’29, prodotto dagli eccessi delle banche d’affari e dal confluire in borsa del credito facile, rendono inevitabile l’intervento della politica: i tentativi del presidente americano Herbert Hoover (1876-1964) di risolvere la crisi con un rigido approccio liberista ed il conseguimento del pareggio di bilancio volgono al peggio. La disoccupazione schizza al 25% della forza lavoro.
Dinnanzi alla drammaticità degli eventi il presidente Franklin Delano Roosevelt (1882-1945) sospende nel 1933 la convertibilità del dollaro in oro, attua una politica di repressione finanziaria (obbligando le banche ad acquistare i titoli di Stato ad un determinato prezzo) e seguendo i consigli dell’economista inglese John Maynard Keynes, vara grandi opere pubbliche finanziate a deficit. Il pensiero di Keynes, che invoca la spesa pubblica anziché il pareggio di bilancio, è però solo una modesta variante del pensiero ortodosso predicato dall’alta finanza. Lo Stato, infatti, continua ad indebitarsi, emettendo obbligazioni acquistate dai banchieri o dalla Riserve Federale, il cui capitale è in mano ai privati.
Nel secondo dopo guerra è la volta del gold exchange standard, basato sulla convertibilità del dollaro in oro, che regge finché la Germania ed il Giappone non riacquistano ampie fette del commercio estero mondiale e la spesa pubblica non decolla con la guerra in Vietnam. Nell’agosto del 1971 il presidente Richard Nixon (1913-1994) annuncia al mondo che i detentori di dollari americani non potranno più convertirli in lingotti d’oro.
Il sistema costruito nel 1944 a Bretton Woods si sfalda rapidamente e l’economia internazionale si basa da quel momento in avanti su monete a corso legale (o fiat), stampabili a discrezione delle banche centrali.
È una cocente sconfitta dell’alta finanza e la vittoria dell’economia reale, non più schiacciata dalle pressioni deflazionistiche del gold standard?
No, i banchieri internazionali non solo ordiscono per riappropriarsi dell’emissione della moneta, estirpando qualsiasi velleità inflazionistica, ma si attrezzano anche per riconquistare il terreno perduto durante la repressione finanziaria e la regolamentazione bancaria degli anni ’30 e ’40.
Nel 1973 nasce la Commissione Trilaterale (una delle enne filiazioni del Round Table) e tra i suoi membri è presto cooptato il governatore della Georgia Jimmy Carter (1924-), futuro presidente degli Stati Uniti. A distanza di poco, nel 1976, il premio Nobel per l’economia è assegnato a Milton Friednam, padre del monetarismo che fa della “cura” dell’inflazione una priorità.
Salito alla Casa Bianca, Carter chiama alla guida della Riserve Federale Paul Volcker (1922-), il primo monetarista a controllare la politica monetaria degli Stati Uniti: la lotta l’inflazione diventa la priorità, mentre l’industria, l’occupazione e la difesa del “made in USA” passano in secondo piano. Ha così inizio l’inesorabile deindustrializzazione degli Stati Uniti: mentreil saggio di risconto sale al 20% e l’inflazione precipita dal 15% del 1980 al 3% del 1983, centinaia di migliaia di persone sono licenziate nelle industrie automobilistiche e siderurgiche, i sindacati fatti a pezzi ed intere filiere produttive vanno perdute. In contemporanea i Paesi occidentali sono massicciamente irrorati da un fiume di eroina, cocaina e marijuana, fenomeno contenuto fino agli anni ’601. Un caso?
Se i prezzi cadono, su chi si deve scaricare il prezzo degli aggiustamenti? Ovviamente sulla forza lavoro, cui si chiede la massima flessibilità, la possibilità di licenziamenti per motivi economici e l’adeguamento delle retribuzioni ai livelli della concorrenza internazionale: sono le politiche “lato offerta” del neoliberismo che vivono in simbiosi al monetarismo, scaricando sui lavoratori e sulle famiglie il costo della caduta dei prezzi.
La politica “lato-offerta”, anch’essa partorita dalla scuola di Chicago ed in particolare dalla mente di Robert Mundell, uno dei più illustri padri dell’euro, dilaga negli USA sotto la presidenza di Ronald Reagan (1911-2004) e nel Regno Unito con Margaret Thatcher (1925-2013): l’industria perde altri pezzi sotto i colpi sempre più spietati delle concorrenza internazionale, altri milioni di posti di lavoro sono persi nel secondario ed i tentacoli della finanza si allargano ovunque.
Siamo nel 1991, l’URSS si è dissolta ed inizia ufficialmente il nuovo ordine mondiale: l’agenda prevede di accelerale la finanziarizzazione dell’economia, ridurre ulteriormente le spinte inflattive ed assoggettare anche l’Europa continentale ai dettami del monetarismo/liberismo. Di conseguenza nel 1999 il Congresso degli Stati Uniti abroga il Glass-Steagall Act chesepara le banche commerciali dalle quelle d’affari, la Cina, con i suoi 1,2 mld di abitanti abituati a standard di vita e retribuzioni ancora lontani da quelli occidentali, è ammessa al WTO nel 2001 e l’euro entra ufficialmente in circolazione nel gennaio del 2002.
L’alta finanza è all’apice del potere: controlla la FED, la BCE, la BOJ e preme per entrare in Cina. Si torna ai bei tempi della speculazione selvaggia degli anni ’20, mentre il livello generale dei prezzi, ora come allora, scende.
Si parte con la bolla dot.com: all’opinione pubblica è venduta la comoda illusione che le nuove tecnologie siano il traino dell’economia e possano assorbire i posti di lavoro persi negli altri settori (in Italia la capitalizzazione in borsa di Tiscali raggiunge quella della declinante FIAT).
Nella primavera del 2000 la bolla tecnologica scoppia e la Riserva Federale avvia una progressiva diminuzione del saggio di risconto che arriva all’1% nel novembre del 2003. Si riparte: è la volta della bolla immobiliare che, facendo leva sul settore edilizio, consente di reintegrare parte della manodopera un tempo impiegata nell’industria. A tutti è regalata la fallace promessa di un’abitazione (sono erogati mutui pari all’80% del valore della casa) ed i mutui subprime, triturati ed insaccati in prodotti finanziari che le compiacenti agenzie di rating giudicano da tripla A, sono venduti ad investitori tedeschi, cinesi ed arabi.
Nel luglio del 2007, lo SP 500 raggiunge un nuovo record, superando i 1.500 punti, la FED alza i tassi portandoli sopra il 5% e il castello di carte barcolla: a distanza di un anno, Lehman Brothers fallisce ed la borsa affonda.
La Riserva Federale porta, per la prima volta della storia, il saggio di risconto a zero (dov’è tuttora dopo otto anni) ed avvia una serie di allentamenti quantitativi, ossia emissione di nuova moneta: QE1 (2008), ZIRP (2008), QE2 (2010), Operation Twist (2011), Q3 (2012). La politica monetaria espansiva americana è emulata a ruota dalla Bank of England, dalla Bank of Japan e dalla Banca Centrale Europea (tutti i Paesi, in sostanza, della Commissione Trilaterale).
Così, la massa monetaria M2 passa negli Stati Uniti dagli 8.000 $mld del settembre 2008 ai 12.200 $mld di oggi2 (+50%), nel Regno Unito da 1.100 £mld a 1.500 £mld (+35%)3 in Giappone passa da un 750.000 ¥mld a 910.000 ¥mld (+20%), e nell’Eurozona da 7.500 €mld a 10.000 €mld (+35%).
Questa enorme produzione di moneta elettronica e cartacea, non contraddice i principi dei banchieri internazionali, da sempre ostili alla produzione di moneta fiat? Il loro amore per la deflazione, si è estinto?
No, perché quello che interessa l’alta finanza è sempre il rapporto tra la moneta ed i beni reali: si preoccupano cioè che i liquidi ed i crediti in loro possesso non perdano valore rispetto alle attività produttive, ai terreni, agli immobili, etc. L’enorme immissione di liquidi è quindi ben accetta, purché non produca la disprezzata e temuta inflazione, ed al contrario, l’economia reale resti assetata di moneta. Dove finisce quindi la moneta fiat creata dalle banche centrali? In bond ed azioni, ça va sans rien dire: gli unici beni che interessano ai banchieri internazionali.
Attraverso il controllo della Riserva Federale, della Bank of England (governatore Mark Karney, ex-Goldman Sachs) della Bank of Japan (governatore Haruhiko Kuroda, ex-presidente della Asian Development Bank partecipata dagli USA) e della Banca Centrale Europea (governatore Mario Draghi, ex-Goldman Sachs), l’alta finanza si assicura che non un solo centesimo degli allentamenti quantitativi finisca all’economia reale (sostenendo la produzione ed il commercio e producendo così l’odiata inflazione) ma l’intero ammontare di moneta fiat confluisca nei circuiti finanziari controllati dai banchieri internazionali.
All’opinione pubblica è venduta anche una scusa di facciata per giustificare quest’incongrua politica monetaria: come afferma nel 2012 il governatore della Riserva Federale Ben Bernanke4, mandare in bolla i mercati azionari ed obbligazionari aiuterebbe i consumi e gli investimenti!
L’effetto speculativo su mercati è evidente: il valore nominale delle obbligazioni statali ed aziendali sale ovunque, abbattendo i rendimenti a minimi storici, mentre sui mercati azionari si ripetono gli stessi eccessi degli anni ’20 (società quotate che impiegano il credito facile per riacquistare le proprie azioni, l’indice Shiller Price/Earnings ai livelli dell’ultima bolla immobiliare5, la speculazione a forte leva finanziaria, etc.). L’indice statunitense SP 500 ed il tedesco DAX raggiungono nel 2015 il record storico, l’inglese FTSE 100 si riporta ai massimi di sempre ed il giapponese Nikkei tocca l’apice dal 2000.
Nel frattempo, fuori dalla borse, la situazione è molto diversa. Gli effetti delle politiche “lato offerta”, fatte di competizione tra lavoratori di economie industrializzate ed emergenti, flessibilità e licenziabilità della forza lavoro, scardinamento dei sindacati e continua introduzione di immigrati per abbattere qualsiasi rivendicazione salariale, non tardano a manifestarsi: disoccupazione e deflazione, il trionfo del monetarismo e dell’alta finanza.
Mentre le statistiche ufficiali parlano di una crescita del PIL americano del 2,8% nel 2015 (grazie alla revisione dei metodi statistici operata nel 20136), la disoccupazione reale si attesta all’11%7, il tasso di partecipazione della popolazione alla forza lavoro è ai minimi da 38 anni, 46 milioni di americani rientrano nel piano di assistenza alimentareFood Stamps, e si materializza il rischio di deflazione, già in atto in molti Stati della federazione8: così si allontana sine die il rialzo dei tassi da parte della Riserva Federale, anche perché le famiglie statunitensi sono gravate da una montagna di debiti, pari al 115% del reddito disponibile9, impagabili in un contesto di deflazione e tassi in aumento.
In Europa, grazie all’euro progettato nei circoli atlantici, la situazione è ancora peggiore: il tasso annuo d’inflazione è tornato in territorio negativo a settembre (-0,1%) e colpisce il centro (Germania -0,1% a settembre, Francia -0,4%) e la periferia (Italia -0,4% e Spagna -1,1%10). L’indebitamento, sempre più insostenibile in un clima deflattivo, si attesta ovunque a livelli record e la disoccupazione ufficiale nell’eurozona è all’11%, con punte oltre il 20% in Spagna e Grecia. Un’ulteriore accelerazione della caduta dei prezzi, sarebbe letale per la zona euro.
In Cina l’indice dei prezzi al consumo è calato ad agosto all’allarmante tasso del 5,9%11, dato che ha allarmato le autorità cinesi, inducendole a svalutare lo yuan rispetto al dollaro. Anche nell’impero di mezzo si rafforzano i segnali di rallentamento economico, come testimonia l’import in calo del 18% a settembre.
Infine il commercio mondiale ha subito nei primi sei mesi del 2015 la maggiore battuta d’arresto dal crisi post-Lehman Brothers12 ed il prezzo delle materia prime più sensibili al ciclo economico (rame e petrolio) scende inesorabilmente: qualcuno, come il fondatore del colosso finanziario PIMCO, Bill Gross, scorge gli inequivocabili segnali della deflazione, che si allarga a macchia d’olio all’intera economia mondiale.
L’alta finanza ce l’ha quindi fatta!
Grazie ad meticoloso, dispendioso, certosino lavoro (fatto di cooptazione di banchieri e politici, la scelta di determinati accademici da valorizzare, la visibilità concessa a precise scuole economiche) è riuscita nell’incredibile impresa di riportare il mondo in deflazione nell’era della moneta fiat, riproducibile a piacimento!
Se la missione era relativamente facile con il gold-standard, occorre un vero genio luciferino per ottenere una caduta generalizzata dei prezzi in un regime di moneta legale, stampabile a volontà. Quelle che avrebbe potuto essere l’era dell’inflazione, dell’industria e della piena occupazione dopo il Nixon choc del 1971, si è trasformata dalla presidenza di Jimmy Carter ad oggi nell’era della deflazione, della finanza e della disoccupazione.
Come se ne uscirà ora che il mondo è gravato da una caterva di debiti, insostenibili in un contesto di deflazione? Come i banchieri fanno dagli albori del gold-standard.
Aprendo il tempio di Giano.
Le porte di Giano si spalancano

Prima di procedere con l’analisi occorre una precisazione: nell’attuale contesto economico, caratterizzato da alto indebitamento generalizzato e da una deflazione incipiente, la guerra non è l’unico sbocco possibile. Esistono altri metodi per reflazionare l’economia, mobilitare la popolazione attiva e creare un contesto di crescita e inflazione che abbatta i debiti accumulati.
Non ci riferiamo alle politiche keynesiane di spesa pubblica: come abbiamo anticipato, il pensiero dell’inglese John Maynard Keynes è un rivolo che si è staccato dall’alveo del pensiero economico dominante, in quanto prevede che lo Stato finanzi opere pubbliche aumentando il proprio indebitamento verso le banche centrali e la finanza privata.
Economisti keynesiani come il premio Nobel Paul Krugman sono incensati dall’establishment, perché proponendo una spesa in deficit “di sinistra”, opposta al pareggio di bilancio “di destra”, non turbano i sonni dell’alta finanza, felice di controllare tutto lo spettro del pensiero economico.
Per uscire dall’attuale crisi, senza passare per la guerra, bisognerebbe attuare politiche finanziarie non ortodosse, volte a ricostruire il potere d’acquisto delle famiglie, fornendo moneta fiat a chi produce ed acquista anziché alle banche: denaro da spendere per i consumatori, anziché denaro da giocare in borsa per i banchieri internazionali. Ricostruendo il potere d’acquisto delle famiglia (attraverso il varo di grandi opere pubbliche, il ringiovanimento del personale delle pubblica amministrazione, il lancio di un piano per il sostegno delle famiglie e delle nascite) sarebbe possibile rilanciare i consumi, la crescita e l’inflazione, anche senza fare nuovo debito.
Com’è possibile?
Comprendendo la vera natura della moneta, che si crea dal nulla. Per costruire un ponte, il governo italiano non è necessariamente costretto ad emettere un’obbligazione, implorando la BCE o il fondo Blackrock di acquistarla. Lo Stato italiano, e qualsiasi altro Paese, può emettere moneta legale senza indebitarsi, i biglietti di Stato. L’Italia ha già imboccato questa strada nel 1966 sotto il governo Moro III: i biglietti stampati dalla zecca dello Stato consentono di finanziare lo sviluppo del Paese, finché nel 1979 non sono ritirati dalla circolazione. Un anno dopo l’omicidio di Aldo Moro, coincidenza?
L’alta finanza però aborrisce quest’ipotesi, in primis perché mostra al mondo che le catene del debito sono facilmente spezzabili dallo Stato, se c’è una volontà politica, ed in secondo luogo perché il biglietto di Stato favorirebbe il trinomio produzione-debitori-inflazione a detrimento di quello finanza-creditori-deflazione. L’autorità della finanza sarebbe dimezzata e diventerebbe impossibile comprare a prezzi di saldo aziende private o dello Stato.
Perciò, quando il fardello dei debiti diventa insostenibile per via dell’inflazione, è molto più conveniente per la finanza rilanciare il ciclo economico con la guerra: in questo modo il monopolio della moneta è salvo, si lucra sulla guerra stessa (grazie agli stretti legami col complesso militare-industriale) e nel dopoguerra il controllo sull’economia è rafforzato dai debiti contratti dai belligeranti. Quello appena descritto è il modus operandi dell’alta finanza sin dall’Ottocento.
L’opprimente deflazione del gold-standard che segue il periodo napoleonico è alleviata solo da una lunga serie di guerre, durante cui l’inflazione è rianimata dall’emissione di moneta per produrre beni che non entrano in commercio ma sono distrutti: la guerra di Crimea (1853-1856), la Seconda guerra d’indipendenza italiana (1859), la guerra civile americana (1861-1865), la guerra austro-prussiana (1866), la guerra franco-prussiana (1870), la guerra ispano-americana (1898), la seconda guerra anglo-boera (1899-1902) la guerra russo-giapponese (1904-1905).
Nel 1894 l’economista ed inventore inglese Arthur Kitson pubblica il libro “A Scientific Solution of the Money Question13 dove evidenzia chiaramente che la moneta è solo uno strumento di scambio e che la scarsità di liquidi indotta dal gold-standard ha il principale scopo di espropriare i beni a vantaggio dei banchieri. Il gold-standard, continua Kitson, crea unicamente una mole di debiti che non si possono ripagare a causa dell’insufficienza di moneta e, presto o tardi, condurrà alla guerra mondiale: “The gold standard means inevitable war. Nations cannot possibly exist long under it”. L’unica soluzione è liberare la moneta da qualsiasi ancoraggio ai metalli preziosi e metterla al servizio dell’economia, come strumento di scambio e non come mezzo di esproprio.
Kitson non sbaglia: dopo la guerra italo-turca (1911-1912) e le guerre balcaniche (1912-1913), scoppia la prima guerra mondiale nel 1914. Durante il conflitto l’emissione di moneta esplode e l’inflazione corre. Nell’immediato dopoguerra i banchieri internazionali riescono però nuovamente ad imporre il sistema aureo: ne segue la durissima deflazione del 1920-1921, con i prezzi che cadono del 10% su base annua nel Regno Unito.
Per ravvivare l’economia la Banca d’Inghilterra e la Riserva Federale tagliano il saggio di risconto: il denaro a buon prezzo si indirizza verso la borsa dove le banche d’affari guidano la speculazione, seguiti da massaie ed operai abbindolati da facili guadagni. Nel 1929 è il crollo della borsa e la deflazione che ne seguirà (1930-1933) aprirà prima la strada ad Adolf Hitler e poi (con la deflazione americana del 1937-1938, provocata dalle pressioni della finanza per un ritorno al pareggio di bilancio) alla seconda guerra mondiale.
Infine, la deflazione americana del 1949, causata da un stretta monetaria della FED, è curata con la guerra in Corea (1950-1953).
Da allora il primo periodo di deflazione vissuto dagli Stati Uniti è stato nella primavera del 2009, in seguito al crack della borsa le cui origini, però, risalgono a tre decenni prima, come abbiamo visto: risalgono alla presidenza di Jimmy Carter che, scegliendo il monetarista Paul Volker come governatore della Riserva Federale, sancisce la vittoria della finanza e della deflazione sull’industria e sull’inflazione.
Un ciclo è stato completato ed il mondo flirta di nuovo con la deflazione: il periodo che viviamo oggi (la destabilizzazione angloamericana del Medio Oriente, la tensione tra Iran ed Arabia Saudita, il golpe in Ucraina e la contromossa russa in Crimea, il crescente attivismo turco, le mire anti-iraniane di Israele, l’intervento della Russia in Siria contro l’ISIS e la parallela ondata di denaro e armi angloamericane verso l’ISIS ed i ribelli) è analogo agli anni 1911-1913 e 1935-1939.
La situazione da statica diventa dinamica e sono poste le basi per la guerra.
Capita quindi, in ossequio ai principi dell’ingegneria sociale per cui qualsiasi idea è inculcabile nell’opinione pubblica purché gradualmente, che la parola “Terza Guerra Mondiale” faccia saltuariamente capolino, e non in bocca a personaggi qualsiasi.
Comincia Lucia Annunziata sull’Huffington Post in occasione della strage a Charlie Hebdo ai primi di gennaio (“Prendere atto della Terza Guerra Mondiale”), poi è la volta del presidente Sergio Mattarella nel mese di agosto (“Il terrorismo alimentato anche da fanatiche distorsioni della fede in Dio sta cercando di introdurre nel Mediterraneo, in Medio Oriente, in Africa i germi di una terza guerra mondiale”14), interviene Giuliano Ferrara, da sempre vicino agli ambienti israeliani più oltranzisti (Ma quale terrorismo. Parlarne è ridicolo. E’ la terza guerra mondiale. Punto. Se non addirittura la quarta guerra mondiale se consideriamo la guerra fredda. Bisogna spazzarli via, esercitando contro di loro una violenza superiore rispetto a quella che esercitano nei nostri confronti. Abbiamo i mezzi, ma ci manca un Churchill”15).
Chi ha le idee più lucide, o meglio, fornisce la versione meno distorta è il filosofo Massimo Cacciari16:
“Sono le grandi potenze, ancorché integrate e interdipendenti – l’economia Usa e quella cinese ad esempio, la Russia che rivendica un suo ruolo imperiale e entra in conflitto con l’America – che possono scatenare conflitti di interessi (…) Il terrorismo islamico è il 10% del problema (…) Una guerra mondiale potrebbe derivare solo da un attacco di alcune di queste potenze o di alcuni di questi movimenti a Israele e questo potrebbe scatenare un conflitto di proporzioni mondiali. Impossibile? Non è impossibile”
Papa Francesco parla di un conflitto internazionale nell’agosto del 2014, commentando le stragi dell’ISIS in Iraq e Siria (“Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli”) e nel maggio del 2015 torna sull’argomento (“La Terza guerra mondiale a pezzi”).
Può l’ISIS essere il nemico contro cui combattere la guerra? Assolutamente no, sia per la sua natura di organizzazione eterodiretta dagli angloamericani, sia per la sua inconsistenza militare, messa a nudo dalle cocenti sconfitte subite in due settimane di bombardamenti russi. L’ISIS può forse fornire il casus belli, ma la prossima guerra sarà probabilmente avviata da qualche alleato degli angloamericani in Medio Oriente, che si candida a svolgere il ruolo dei Balcani nel 1914.
Le porte di Giano, anche questa volta, come nel 1914 e nel 1939, saranno però aperte dalla deflazione, che rende impagabili i debiti accumulati e corrode l’economia reale fino allo svuotamento: la scarsità di moneta, possibile grazie al ferreo controllo esercitato dai banchieri internazionali sulla sua emissione, è sempre la causa della caduta dei prezzi, della conseguente crisi economica e della deflagrazione bellica finale.
La moneta in mano all’alta finanza è trasformata da mezzo di scambio in strumento di esproprio ed oppressione, fino al ricorrente, tragico, consueto, esito finale.



1Decades of Drug Use: Data From the '60s and '70s

2https://research.stlouisfed.org/fred2/series/M2l

3United Kingdom Money Supply M2 | 1982-2015 | Data | Chart | Calendar

4Bernanke at Jackson Hole: No More Easing, For Now

5Shiller PE Ratio

6Govt. Statistics Change Will Make U.S. Economy Appear 3% Bigger - Breitbart

7Alternative Measures of Labor Underutilization for States

8The US is closer to deflation than you think

9https://data.oecd.org/hha/household-debt.htm

10L'Istat rivede al ribasso le stime sull'inflazione in Italia - MilanoFinanza.it

11China deflation fears grow as producer prices sink most in six years | Reuters

12World trade suffers biggest fall in 6 years - FT.com

13https://archive.org/details/ascientificsolu00kitsgoog

14Mattarella: "Da terrorismo germi da terza guerra mondiale" - Repubblica.it

15Giuliano Ferrara: "Lo dico dal 2001, all'Occidente manca Churchill" - Repubblica.it

16Cacciari: "Un'ipotesi reale, l'attacco a Israele sarà l'innesco" - Repubblica.it

 

mototopo

Forumer storico
Go





attualita' ottobre 27, 2015 posted by Costantino Rover
Nella sfida fra contanti e bancomat chi ci guadagna sull’evasione fiscale in Italia? Te lo spieghiamo con un disegnino.

A volte ritornano, si dice ogni tanto, ma capita che ritornino anche fin troppo spesso, dico io, così eccomi qui a riparlarne grazie ai fans sfegatati dell’abolizione dei contanti come arma di lotta all’evasione.
Così se averne già scritto nei precedenti articoli A MORTE I CONTANTI, VIVA I CONTANTI (leggi l’articolo) e COME SCOPRIRE CHI EVADE LE TASSE IN ITALIA GIOCANDO A BATTAGLIA NAVALE (leggi l’articolo) in cui ho dato modo di riflettere sui dati che dimostrano che i contanti non sono affatto causa principale di evasione fiscale e di come all’estero la manica sia molto più larga, non è stato sufficiente eccomi qui a ribadire il concetto con parole nuove.
L’occasione fiocca grazie al meritorio (una tantum) atto del Governo Renzi di innalzare la soglia di spesa possibile in contanti dai 1.000 euro precedenti agli attuali 3.000 _ leggi qui la notizia.
Già durante i preannunci di questa decisione abbiamo assistito alle opposte levate di scudi di chi aspettava con ansia una decisione simile e di chi invece vi si oppone a ragion veduta che risponde alla solita abitudine di saper per sentito dire.
I recenti fatti di cronaca finanziaria hanno dimostrato quanto, come sin dai tempi della redazione dei FALSI MITI SULLA CRISI e dei FALSI MITI SULLA GERMANIA (leggi i falsi miti sulla Germania) andavo rimarcando, la teoria della morale applicata al denaro non abbia alcun fondamento se non sulla bigotta credenza popolare, tanto che finalmente il mito della Germania onesta, ordinata e virtuosa aleggiava soltanto nella fantasia collettiva (ci sono voluti 4 anni ma alla fine persino la cronaca più allineata ha dovuto dimostrare quanto avessi ragione).
Per chi volesse farsene una cultura approfondita esiste questo link sul crollo del falso mito tedesco che annovera tra i commenti un elenco impressionante di scandali e truffe fiscali e non in salsa alemanna.
Ma tornando a noi, la decisione del dandy di Firenze hanno fatto evaporare commenti dal solido qualunquismo riprodotto in serie con il marchio di fabbrica del più insensato e moralismo che al solito non trova riscontro nella realtà.


L’EVASIONE VIENE CONTRASTATA DALL’ABOLIZIONE O DALLA LIMITAZIONE DEL CONTANTE

Per scorgere la risposta più definitiva ed esauriente vi rimando alla lettura degli articoli citati a riga 3 e 4.
La risposta è no, perché se per lotta all’evasione intendiamo la micro evasione dobbiamo rassegnarci a veder migliorare la situazione dello 0,5% tondo tondo a fronte di costi spropositati che azzopperebbero ancora di più i pubblici esercizi.
E badate bene che stiamo parlando solo di EVASIONE PRESUNTA, laddove la situazione venisse lasciata intaccata, mentre nel caso di adozione dei famigerati POS ci troveremmo a trasformare quella piccola fetta in EVASIONE CERTA.
Come? Facendo attraversare i soldi dovuti alle banche per la commissione a carico di ogni transazione le colonne dei bilanci (truccati) degli istituti di credito più o meno grandi, ma per questo rimandiamo all’immane mole di lavoro documentatissimo di Marco Saba (video) ed al libro Euroschiavi.


COME TI RISOLVO IL PROBLEMA DELL’EVASIONE

Di primo acchito i suddetti commenti stimolavano la mia reazione così messa per iscritto sulla pagina Facebook di L’Economia Spiegata Facile:
“Come ti risolvo il problema della micro evasione? Facile: cancello il contante e faccio passare tutto il denaro in transazioni elettroniche gestite dalle banche. Le banche ad ogni transazione trattengono una commissione su cui non pagano le tasse perché presentano bilanci truccati.
COSì SONO DACCAPO avendo spostato il denaro della presunta evasione civile dall’economia reale all’evasione certa nelle casse delle banche.
INGEGNOSO!
Insomma, in caso di adozione di bancomat e carte di credito al posto del contante ciò che non finirebbe in evasione fiscale dei cittadini finirebbe in tasca alle banche che evadendo a loro volta annullando automaticamente il presunto prelievo fiscale dovuto alla trasparenza delle transazioni; punto.”
Poi mi son detto che per renderla più semplice avrei potuto spiegarlo con il più proverbiale dei disegnini.


ASPETTA CHE TI FACCIO UN DISEGNINO

Ecco di seguito la spiegazione.
Ad ogni emissione di moneta le banche mettono a bilancio si la moneta ma nella colonna dei passivi invece che in quella degli attivi (su cui realizzano profitti in termini di signoraggio ed eventualmente di interessi se si tratta di prestiti).
Da questo momento vediamo il percorso parallelo che detta moneta (supponiamo 100 €) farebbe secondo le teorie degli avversari del contante, mentre sulla scena di destra vediamo come questi pensano di risolvere la faccenda.
La sfida fra contanti e denaro elettronico. Chi ci guadagna?

LA SCENA DI SINISTRA
Il denaro contante, dopo essere stato speso può prendere due strade, ma noi ne abbiamo illustrata una; quella dell’evasione PRESUNTA (la strada del pagamento delle tasse la vedremo nella scena di destra ma sarebbe identica anche se proposta in quella di sinistra).
Evadendo le tasse l’esercente si risparmia in 30% di tasse (le stime dicono che la tassazione complessiva ammonta al 52%) che rimanendo nel circuito economico reale riprendono il giro e non procurano ulteriori guadagni alla banca che incassa profitto solo nel caso di nuova emissione di credito.
All’atto di emissione però la Banca, dichiarando i 100 euro nella colonna dei passivi si risparmia il pagamento di IRES e di per un ammontare di 30€.
LA SCENA DI DESTRA
Ora veniamo alla scena di destra che illustra il circuito monetario considerato virtuoso della moneta elettronica emessa dalla Banca.
In questo caso dopo la transazione commerciale le strade si dividono:
– 2 euro prendono la strada di ritorno alla Banca sotto forma di commissione (abbiamo considerato una cifra appena più alta della media che ci aiuta ad arrotondare, per i dati reali tornate al primo articolo citato in riga 3);
– 30 euro finiscono in tasse, ma si tratta di un incasso solo apparentemente dello Stato, perché in realtà il bottino viene dirottato alla banca creditrice nei suoi confronti degli interessi (e del capitale) “prestato” in occasione dell’acquisto dei BTP necessari alla spesa pubblica;
– 68 euro sono l’incasso netto.
Solo quest’ultima cifra rimane in circolazione e per un nuovo acquisto di 100 euro sarà necessaria di nuova emissione monetaria da parte delle banche, pari alla differenza necessaria, che farà lo stesso percorso.
Il risultato è che se nel primo esempio di circolazione monetaria la Banca riesce ad intascarsi esclusivamente “la cresta” fatta sulle tasse non pagate per la nuova emissione di credito, nel secondo la cifra lievita notevolmente per poi sparire dalla porta di servizio con meta i paradisi fiscali.


SOLUZIONE FINALE?

Se volessimo risolvere alla radice basterebbe applicare due semplici norme: 1. tassare l’emissione monetaria delle banche commerciali; 2. creare una banca pubblica di proprietà dei cittadini, così potremo anche eliminare il contante perché il signoraggio sarebbe di pubblico dominio.
In attesa della prossima occasione che non mancherà per riparlare di questo argomento vi invito a far circolare il presente disegnino. Non costa nulla e ci fa guadagnare molto in conoscenza. Ed ora via agli insulti
simple-smile.png

P.S. Grazie a Marco Saba e a Nino Galloni per la collaborazione
 

mototopo

Forumer storico
up-right2.gif
IL PIANO PER LA FINE DELL'EUROPA: LA NUOVA URSS
Postato il Sabato, 31 ottobre @ 08:30:00 GMT di davide
middle-left.gif
middle-right.gif
forum

DI JOHN RAPPOPORT
jonrappoport.wordpress.com
Se controlli il significato de “il bene” e possiedi illimitate risorse propagandistiche e il controllo sulla stampa, nonchè il controllo di forze armate e forze di polizia, puoi edificare una nuova società in tempi relativamente brevi. Puoi spazzare via secoli di tradizioni in poche decadi. Se hai pure il sistema dell’istruzione nelle tuie tasche poi, puoi persino cancellare la memoria di ciò che è esisitito. Nessuno ricorderà e a nessuno interesserà. Sta già succedendo in Europa, dove l’ignoranza è ormai forza” (John Rappoport, The Underground)
Uno dei principi cardine del globalismo elitario è: fine dei confini, cessare l’esistenza di nazioni separate e distinte.


L’Unione Europea fu concepita a tale scopo ed edificata, a piccoli passi, a partire dalle macerie della seconda guerra mondiale: una superburocrazia ed un sistema di gestione politica per l’intero continente.
Ma questo non era ancora abbastanza. Doveva esserci pure un modo di demolire nazioni diverse tra loro e sovrane fino a lasciare una tabula rasa, un modo di alterarare radicalmente il paesaggio.
Aprire i confini, lasciare che i territori nazionali siano inondati da migranti. “sostituire le popolazioni”, flussi di gente che non ha la minima intenzione di accettare costumi e stili di vita in voga nelle loro nuove case.
Il risultato finale? Una riconfigurazione di fatto delle popolazioni nazionali, al punto che, guardando all’Europa tra vent’anni potremo dire: “Perchè mai parliamo di Germania, Francia o Inghilterra? Non esistono realmente. L’intera Europa è un miscuglio non omogeneo di vari migranti, l’Europa oggi è una sola nazione, è tempo di cancellare tutti questi confini artificiali”.
A un certo punto anche solo pronunciare parole quali “Svedesi, Norvegesi, Tedeschi, Francesi, Olandesi” sarà considerata una più o meno micro, o macro, aggressione contro “le genti d’Europa”.
Chiaramente una volta raggiunto questo stadio a ciò si accompagnerebbe un certo quantitativo di caos e violenza. La UE sta scommettendo sulla sua capacità di gestire il disordine, di reprimerlo quando necessario, e consolidare e mantenere lo status di unica forza di Governo effettiva in Europa.
Ad un livello culturale, nomi come Locke, Shakespeare, Goethe, Mozart, Beethoven, Bach, Lorca, Goya, Cezanne, Monet, Van Gogh, Michelangelo, Rembrandt, Dante, Galileo, Faraday e persino nomi “moderni” come Bartok, Stravinsky, Rimbaud, Orwell e Camus non resteranno che vaghi fantasmi polverosi in grado di provocare null’altro che sguardi di incomprensione. “Il passato è morto”.
“Ma non c’è nulla da temere, quel che conta è che ogni persona che vive in Europa è cittadino Europeo e gode dei benefici che ne derivano. E’tutto molto umano, questo è il Bene, il trionfo dello Stato benevolo. Nient’altro conta”.
Tutte le lingue Europee cadranno progressivamente in disuso. Chi ha il diritto di esprimersi con parole che la maggioranza non è in grado di capire?
Questo schizzo che sto tracciando descrive la griglia che sta per essere lanciata sull’europa.
E chiaramente, dal momento che l’automazione galoppa, molti “cittadini-lavoratori d’Europa” diventeranno inutili. Persino grandi multinazionali crolleranno, perchè non potranno più vendere i loro prodotti alle popolazioni impoverite. Non fanno che sperare che milioni di Asiatici, Cina ed India in testa, gli regaleranno nuovi mercati.
Su questo sfondo l’essere umano individuale sarà considerato, dall’alto, come una cifra, una astratta unità buona per “modelli e algoritmi”.
La domanda è: quanti individui abboccheranno e accetteranno di vedere sè stessi come semplici parti interscambiabili nel sistema generale?
Quanti getteranno via ogni speranza e accetteranno il futuro solo come una funzione di quello che lo Stato è disposto a concedere e che dallo Stato possono ottenere gratis?
In quanti realizzeranno che il loro potere come individui è inconsequenziale, o meglio pura illusione?
Come mai ho avuto voglia di far salire a galla cose simili? Perchè, nonostante la prevalente mentalità collettivistica, propagandata, promossa e sfruttata al livello dell’elite, la repressione di Stato, a tutti i suoi livelli, colpisce ogni individuo.
Se il concetto stesso di individuo viene spezzato via, cosa ne resta?
Nel 1859 John Stuart Mill scrisse: “se ci fosse coscienza del fatto che il libero sviluppo dell’individualità è un fattore essenziale al benessere non ci sarebbe alcun rischio che l’importanza della libertà sia sottovalutata”.
Contrariamente, dove il libero sviluppo dell’individualità non è preoccupazione di nessuno, la libertà è destinata a morire.
Boris Pasternak, lo scrittore e poeta Russo, che certamente sapeva un paio di cosette sulla repressione politica, scrisse (nel 1960): “Loro (I burocrati Sovietici) non pretendono molto da te. Soltanto di odiare le cose che ami e amare le cose che odi”.
Questa inversione viene riproposta oggi, in Europa.
I dissidenti della vecchia URSS lo riconosceranno in un lampo, dal momento che ci sono già passati. La versione Europea ci tiene ad apparire più morbida e gentile, ma non è altro che questione di strategia. La cultura se la stanno cuocendo a fuoco lento.
Ma il semplice fatto che non abbiamo la polizia segreta che bussa alle nostre porte nel mezzo della notte per eseguire arresti di massa non è di per sè garanzia che la libertà individuale regna.
Parecchi politici Europei dicono ai loro elettori “non avete il diritto di opporvi in nessun modo alla marea di migranti in arrivo. Dichiarare pubblicamente ostilità ai migranti è offensivo”.
Suona familiare?
Il sogno segreto di ogni collettivista sta divenendo realtà. Tutto il potere accentrato al vertice; e totale conformità (definita “unità”) ad ogni altro livello. La nuova URSS.
Ai vecchi tempi la polizia della Germania Est aveva un fascicolo su ogni cittadino e seminava per la popolazione spie e informatori. Il moderno stato di sorveglianza ha rimpiazzato questi sistemi, cercando piuttosto i “nodi del discontento”.
I collettivisti possono, a parole, anche denunciare all’occorrenza i rischi di uno stato di polizia, ma ogni volta che questi sistemi sono usati per sbarazzarsi di qualcuno che possiede la visione di un mondo migliore di quello basato, tra le altre cose, sull’assenza di confini allora è soltanto “il Bene” imposto a chi non sa riconoscere il bene da solo.
Se un tale nobile scopo umanitario ha bisogno di qualche spintarella per essere inculcato, perchè no?
Per colletivisti fatti e finiti, la libertà non è solo un fastidioso blocco stradale, peggio, è una illusione irrilevante, non è mai esistita. Tutti gli esseri umani funzionano per come sono programmati a farlo, sin dalla nascita. Quindi, basta installare un programma migliore, inculcalo con ogni mezzo a disposizione, purchè si producano i desiderati “uomini-bambino”.
E’un imperativo sia politico che tecnologico.
Confini aperti ed immigrazione illimitata sono un ottimo caso-prova. Per la gente che pensa gli venga imposta la frammentazione delle proprie comunità, che si sentono personalmente minacciate, che abbiano la percezione che sia una operazione coperta per trasformare l’Europa in una nuova URSS, urge rieducazione al livello più profondo possibile. Per il loro bene, perchè certamente questa gente soffre di gravi disturbi. I loro circuiti sono bruciati, dev’esserci qualche difetto hardware del cervello, sono incapaci di vedere le cose correttamente.
Tra le cose che non potrebbero vedere ad esempio ad esempio, è la saggezza in queste parole di Zbigniew Brzezinski, ovvero l’alter ego di David Rockfeller, che nel 1969 scriveva:
“Lo stato nazione, inteso come unità fondamentale nella vita organizzata dell’uomo ha cessato di rappresentare la principale forza creativa: le banche internazionali e le corporazioni multinazionali agiscono e pianificano in termini che scavalcano ed eludono i concetti politici delllo Stato-nazione”
Qui vediamo il tattico globalista in azione, un uomo che apparentemente odia la vecchia URSS ma che in realtà punta all’istallazione del medesimo collettivismo attraverso altri mezzi.
Se Lenin fosse vivo oggi, guardando all’Europa sarebbe d’accordo che la sua agenda è in pieno corso e gode di ottima salute. Potrebbe obiettare solamente per il passo relativamente lento a cui procede. Potrebbe sostenere che serve maggiore violenza. Ma non potrebbe non riconoscere come i suoi successori hanno scoperto un bel pò di utili trucchetti nuovi.
Approverebbe dell’ “altruismo umanitario”, il modo in cui viene presentato e manipolato, in modo che l’edificio del “Bene” appaia come una luce che brilla nell’oscurità.
Gran film. Bel lavoro di produzione. Le lacrime sulle gote degli spettatori.
Le menti ridotte a una sola costante: dobbiamo interessarci a chi è meno fortunato di noi.
Milioni di migliaia di migliaia di dollari spesi per instillare il sentimento, indipendentemente dalle circostanze o dalle vere intenzioni malevole sottostanti, o le indicibili sinistre intenzioni degli artisti elitari della realtà.

Jon Rappoport
Fonte: https://jonrappoport.wordpress.com
Link: https://jonrappoport.wordpress.com/2015/10/21/the-plan-for-the-end-of-europe-the-new-ussr
 

mototopo

Forumer storico
LE SOFFERENZE BANCARIE SONO SALITE ALLA MOSTRUOSA CIFRA DI 361 MILIARDI DI EURO!

[URL="http://www.ilnord.it/#"]7[/URL] Share on facebook Share on print Share on twitter Share on oknotizie Share on email Share on favorites More Sharing Services

6 novembre - Il totale dei crediti deteriorati (sofferenze e altri) delle banche italiane e' salito a giugno 2015 - ultimo dato disponibile - a 361 miliardi, il 18% del totale dei crediti (2.008 miliardi) contro il 17,4% di dicembre 2014. E' quanto riporta la Banca d'Italia nel suo rapporto sulla stabilita' finanziaria. In particolare ai 1.646 miliardi di crediti in bonis si contrappongono 207 miliardi in sofferenza e altri 155 di altri crediti deteriorati. La somma assolutamente non è ripianabile, date le dimensioni. Basti dire che rappresenta ormai quasi il 20% - in rapporto - dell'intero debito pubblico italiano, tenendo presente che è un debito insolvente privato. E quindi lo Stato non è chiamato al rimborso
 

Users who are viewing this thread

Alto