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Malachia Paperoga 9 ore fa 1 commento
Deutsche Bank farà la fine di Lehman Brothers?

Il blog NotQuant, ripreso anche da ZeroHedge, mette in piedi un parallelismo tutt’altro che azzardato tra la situazione di Lehman Brothers nel 2007-2008 e quella odierna di Deutsche Bank. Come allora, al pubblico viene data una percezione di assoluta affidabilità e solidità della banca, ma si accumulano segnali poco rassicuranti per coloro che fanno più attenzione. Come sempre accade, la vera minaccia per il nostro sistema economico arriva dalla scriteriata e sregolata finanza privata, anziché dalla troppo bistrattata finanza pubblica.


Da NotQuant, 11 giugno 2015

Ripensando al collasso di Lehman Brothers nel 2008, è incredibile quanto sia avvenuto rapidamente. Col senno di poi ci sono stati alcuni segnali anticipatori, ma la vera portata del disastro è stata resa nota al pubblico solo all’ultimo istante, prima che divenisse ovvio che Lehman era condannata.
Prima di tutto, per poter fare un paragone, ricapitoliamo gli eventi del 2007-2008:
Ci sono stati pochi preavvisi della difficile situazione di Lehmann. I ben introdotti, però, sapevano tutto: verso la fine del 2007 Goldman Sachs piazzò sul mercato una massiccia scommessa contro Lehman, nota internamente come il “Big Short” (è una scommessa che avrebbe poi portato profitti durante la crisi).
Nell’estate del 2007 i mutui subprime cominciavano a causare preoccupazioni. Nell’agosto 2007 il mercato delle scritture commerciali era rimasto rapidamente a corto di liquidità e i fondi per le Asset-Backed Securities andavano proscigandosi.
Ma perfino alla fine del 2007, c’erano pochi segnali al pubblico che Lehman fosse nei guai. Probabilmente il primo segnale pubblico che la situazione stava precipitando per Lehman arrivò solo il 9 giugno 2008, quando Fitch tagliò il giudizio su Lehman a AA -, con prospettive al ribasso (ironicamente, esattamente 7 anni dopo, S&P ha tagliato il giudizio su Deutsche Bank).
Le “prospettive al ribasso” significano che un altro taglio era probabile. In questo caso, si è trattato di uno dei maggiori eufemismi della storia.
Soltanto 3 mesi dopo, nell’arco di una sola settimana, Lehman avrebbe annunciato enormi perdite e avrebbe portato i libri in tribunale.
E il resto è storia (l’inizio dell’enorme crisi del 2008 ndVdE).

Potrebbe succedere lo stesso a Deutsche Bank?
Per prima cosa, diciamo un’ovvietà: Se Deutsche Bank sarà la prossima Lehman, non lo sapremo finché gli eventi non si muoveranno a una velocità progressiva e incontrollabile. La natura di tutte le banche con riserva frazionaria – che sono per definizione in bancarotta in ogni momento – è quella di proiettare un’aura di stabilità finché l’illusione non ha già cominciato a implodere.
Nel momento in cui sappiamo che c’è una crisi – se ce ne sarà una – sarà già un lampo ruggente nel momento in cui viene resa pubblica. E’ ormai assodato che la verità è la prima vittima delle crisi bancarie. Ci saranno pochi segnali premonitori. Iniziamo allora a unire i puntini:

Ecco un elenco di quel che è successo a Deutsche Bank negli ultimi 15 mesi:
Nell’aprile del 2014, Deutsche Bank fu obbligata a raccogliere 1.5 miliardi di capitale “Tier 1” per dare supporto alla sua struttura di capitale. Perchè?
1 mese dopo nel maggio 2014, la corsa alla liquidità è continuata con DB che ha annunciato la vendita di 8 miliardi di euro di azioni – con uno sconto pari al 30% del prezzo nominale. Ancora una volta, perché? Questa mossa ha perplesso i media finanziari. L’apparente immagine calma di Deutsche Bank non sembrava riflettere questa corsa affannata a trovare liquidità. C’era qualcosa che non andava per niente bene dietro le tende.
Facciamo un balzo a marzo di quest’anno: Deutsche Bank fallisce gli “stress test” del settore bancaria e incassa un severo rimprovero affinché puntelli la sua struttura patrimoniale.
In Aprile, Deutsche Bank conferma che ha accettato un accordo con gli USA e il Regno unito a seguito della sua manipolazione del LIBOR. La banca viene penalizzata con un enorme indennizzo di 2,1 miliardi al dipartimento di giustizia (comunque solo una piccola frazione di quanto ha ricavato dal crimine in questione).
In maggio, a uno dei CEO di Deutsche Bank, Anshu Jain, viene concesso un enorme potere aggiuntivo dal board della banca. Viene da pensare che la mossa sia dovuta a una crisi. In tempi di crisi il potere dell’amministratore viene spesso incrementato.
5 giugno: la Grecia non onora un pagamento al FMI. Il rischio di default su tutti i debiti greci diventa acuto. Ciò ha forti ripercussioni su Deutsche Bank.
6/7 giugno: (ossia il fine settimana immediatamente seguente il mancato pagamento greco al FMI) i due CEO di Deutsche Bank announciano a sorpresa le loro dimissioni dalla società (appena un mese dopo che Jain aveva ottenuto poteri aggiuntivi). Anshu Jain sarà il primo ad andarsene, a fine giugnio. Jürgen Fitschen se ne andrà il prossimo maggio.
9 giugno: S&P abbassa il rating di Deutsche Bank a BBB+ appena tre livelli sopra il giudizio “spazzatura”. (A voler vedere, BBB+ è un livello persino più basso di quello di Lehman dopo il taglio che ha preceduto il suo collasso di appena 3 mesi)
Ecco dove siamo ora. Quanto è brutta la situazione? Non lo sappiamo perché non ci è permesso saperlo. Ma queste non sono le mosse che farebbe una società in salute.

Quanto è esposta Deutsche Bank?

Il problema di Deutsche Bank è che le sue normali operazione bancarie “retail” non sono una significativa fonte di profitti. Per mantenere i suoi margini, DB ha dovuto andare alla caccia di asset più rischiosi rispetto alla sua concorrenza.
Deutsche Bank possiede più di 75.000 miliardi di dollari di scommesse sui derivati – un totale che vale 20 volte il PIL della Germania. La sua esposizione ai derivati è superiore perfino a quella di JP Morgan – addirittura di ben 5.000 miliardi di dollari.
Con un’esposizione di questo tipo, anche piccolo variazioni possono causare perdite catastrofiche. Ancora una volta, dobbiamo ricordarci che la Grecia ha appena saltato un pagamento al FMI – e altri default non sono certo difficili da ipotizzare.

E se gli elementi non fossero già sufficienti, c’è un fattore finale che rende perfetto il quadro.
Ecco a voi Tom Humphrey. Si tratta del capo delle operazioni di Investment Banking di Deutsche Bank a Wall Street. Era anche il direttore dei redditi fissi di Lehman

La storia non si ripete mai. Però alle volte fa rima. In termini di mercato, tende a far rima ogni circa 7 anni.

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1 Comment

20fcf5b2b45f860674ad7d5295dc7e92

Orazio • 5 ore ago
Brava Carmen e bravissimo Malachia Paperoga, questa situazione descritta, fa pan.dan con quanto riporta Gerardo Coco sui problema dei derivati in pancia a mezzo mondo.
Non che tale Banca, fosse mai stata solvibile – vedi gli acquisti dei mutui subprime americani…., di fatto mi sono sempre chiesto e forse la cosa comincerà ad essere più visibile, quando affermo che i soldi dati alla Grecia , come a molti altri stati, siano solamente un’invenzione, bella ma solo quella.
Ora se la Grecia smette di pagare, per la Deutshe Bank con le mani in pasta, sono grossissimi problemi ma credo che non ci sia nel calderone solo Lei.
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Malachia Paperoga 9 ore fa 1 commento
Deutsche Bank farà la fine di Lehman Brothers?

Il blog NotQuant, ripreso anche da ZeroHedge, mette in piedi un parallelismo tutt’altro che azzardato tra la situazione di Lehman Brothers nel 2007-2008 e quella odierna di Deutsche Bank. Come allora, al pubblico viene data una percezione di assoluta affidabilità e solidità della banca, ma si accumulano segnali poco rassicuranti per coloro che fanno più attenzione. Come sempre accade, la vera minaccia per il nostro sistema economico arriva dalla scriteriata e sregolata finanza privata, anziché dalla troppo bistrattata finanza pubblica.


Da NotQuant, 11 giugno 2015

Ripensando al collasso di Lehman Brothers nel 2008, è incredibile quanto sia avvenuto rapidamente. Col senno di poi ci sono stati alcuni segnali anticipatori, ma la vera portata del disastro è stata resa nota al pubblico solo all’ultimo istante, prima che divenisse ovvio che Lehman era condannata.
Prima di tutto, per poter fare un paragone, ricapitoliamo gli eventi del 2007-2008:
Ci sono stati pochi preavvisi della difficile situazione di Lehmann. I ben introdotti, però, sapevano tutto: verso la fine del 2007 Goldman Sachs piazzò sul mercato una massiccia scommessa contro Lehman, nota internamente come il “Big Short” (è una scommessa che avrebbe poi portato profitti durante la crisi).
Nell’estate del 2007 i mutui subprime cominciavano a causare preoccupazioni. Nell’agosto 2007 il mercato delle scritture commerciali era rimasto rapidamente a corto di liquidità e i fondi per le Asset-Backed Securities andavano proscigandosi.
Ma perfino alla fine del 2007, c’erano pochi segnali al pubblico che Lehman fosse nei guai. Probabilmente il primo segnale pubblico che la situazione stava precipitando per Lehman arrivò solo il 9 giugno 2008, quando Fitch tagliò il giudizio su Lehman a AA -, con prospettive al ribasso (ironicamente, esattamente 7 anni dopo, S&P ha tagliato il giudizio su Deutsche Bank).
Le “prospettive al ribasso” significano che un altro taglio era probabile. In questo caso, si è trattato di uno dei maggiori eufemismi della storia.
Soltanto 3 mesi dopo, nell’arco di una sola settimana, Lehman avrebbe annunciato enormi perdite e avrebbe portato i libri in tribunale.
E il resto è storia (l’inizio dell’enorme crisi del 2008 ndVdE).

Potrebbe succedere lo stesso a Deutsche Bank?
Per prima cosa, diciamo un’ovvietà: Se Deutsche Bank sarà la prossima Lehman, non lo sapremo finché gli eventi non si muoveranno a una velocità progressiva e incontrollabile. La natura di tutte le banche con riserva frazionaria – che sono per definizione in bancarotta in ogni momento – è quella di proiettare un’aura di stabilità finché l’illusione non ha già cominciato a implodere.
Nel momento in cui sappiamo che c’è una crisi – se ce ne sarà una – sarà già un lampo ruggente nel momento in cui viene resa pubblica. E’ ormai assodato che la verità è la prima vittima delle crisi bancarie. Ci saranno pochi segnali premonitori. Iniziamo allora a unire i puntini:

Ecco un elenco di quel che è successo a Deutsche Bank negli ultimi 15 mesi:
Nell’aprile del 2014, Deutsche Bank fu obbligata a raccogliere 1.5 miliardi di capitale “Tier 1” per dare supporto alla sua struttura di capitale. Perchè?
1 mese dopo nel maggio 2014, la corsa alla liquidità è continuata con DB che ha annunciato la vendita di 8 miliardi di euro di azioni – con uno sconto pari al 30% del prezzo nominale. Ancora una volta, perché? Questa mossa ha perplesso i media finanziari. L’apparente immagine calma di Deutsche Bank non sembrava riflettere questa corsa affannata a trovare liquidità. C’era qualcosa che non andava per niente bene dietro le tende.
Facciamo un balzo a marzo di quest’anno: Deutsche Bank fallisce gli “stress test” del settore bancaria e incassa un severo rimprovero affinché puntelli la sua struttura patrimoniale.
In Aprile, Deutsche Bank conferma che ha accettato un accordo con gli USA e il Regno unito a seguito della sua manipolazione del LIBOR. La banca viene penalizzata con un enorme indennizzo di 2,1 miliardi al dipartimento di giustizia (comunque solo una piccola frazione di quanto ha ricavato dal crimine in questione).
In maggio, a uno dei CEO di Deutsche Bank, Anshu Jain, viene concesso un enorme potere aggiuntivo dal board della banca. Viene da pensare che la mossa sia dovuta a una crisi. In tempi di crisi il potere dell’amministratore viene spesso incrementato.
5 giugno: la Grecia non onora un pagamento al FMI. Il rischio di default su tutti i debiti greci diventa acuto. Ciò ha forti ripercussioni su Deutsche Bank.
6/7 giugno: (ossia il fine settimana immediatamente seguente il mancato pagamento greco al FMI) i due CEO di Deutsche Bank announciano a sorpresa le loro dimissioni dalla società (appena un mese dopo che Jain aveva ottenuto poteri aggiuntivi). Anshu Jain sarà il primo ad andarsene, a fine giugnio. Jürgen Fitschen se ne andrà il prossimo maggio.
9 giugno: S&P abbassa il rating di Deutsche Bank a BBB+ appena tre livelli sopra il giudizio “spazzatura”. (A voler vedere, BBB+ è un livello persino più basso di quello di Lehman dopo il taglio che ha preceduto il suo collasso di appena 3 mesi)
Ecco dove siamo ora. Quanto è brutta la situazione? Non lo sappiamo perché non ci è permesso saperlo. Ma queste non sono le mosse che farebbe una società in salute.

Quanto è esposta Deutsche Bank?

Il problema di Deutsche Bank è che le sue normali operazione bancarie “retail” non sono una significativa fonte di profitti. Per mantenere i suoi margini, DB ha dovuto andare alla caccia di asset più rischiosi rispetto alla sua concorrenza.
Deutsche Bank possiede più di 75.000 miliardi di dollari di scommesse sui derivati – un totale che vale 20 volte il PIL della Germania. La sua esposizione ai derivati è superiore perfino a quella di JP Morgan – addirittura di ben 5.000 miliardi di dollari.
Con un’esposizione di questo tipo, anche piccolo variazioni possono causare perdite catastrofiche. Ancora una volta, dobbiamo ricordarci che la Grecia ha appena saltato un pagamento al FMI – e altri default non sono certo difficili da ipotizzare.

E se gli elementi non fossero già sufficienti, c’è un fattore finale che rende perfetto il quadro.
Ecco a voi Tom Humphrey. Si tratta del capo delle operazioni di Investment Banking di Deutsche Bank a Wall Street. Era anche il direttore dei redditi fissi di Lehman

La storia non si ripete mai. Però alle volte fa rima. In termini di mercato, tende a far rima ogni circa 7 anni.

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Il conto dell’Euro: 1.430 mld fruttati a Germania, 290 mld persi da Italia (di GPG Imperatrice)

Abbiamo tante volte discusso della crisi dell’euro, quale risultante dell’esplosione degli squilibri generati dai cambi fissi in un area non ottimale, a causa dei differenziali inflattivi.

Ma quanto hanno guadagnato i vincitori e quanto perdono i vinti?

Abbiamo provato a fare i conti con 3 metodologie differenti (trovate calcoli, grafici e spiegazioni all’interno delle immagini):


1) Calcolo attraverso le Variazioni nella Posizione Patrimoniale sull’estero



2) Calcolo attraverso il Conto Corrente cumulato della Bilancia dei Pagamenti



3) Calcolo attraverso le Variazioni degli scostamenti dei Debiti complessivi, pubblici e privati



La Risultante e’ la seguente, facendo la media dei 3 calcoli:



Conclusioni: alla Germania l’adesione all’euro avrebbe fruttato complessivamente fino ad oggi circa 1.430 miliardi, mentre a Francia ed Italia sarebbe costata rispettivamente 330 e 290 miliardi.
 

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giugno 18, 2015 posted by Mitt Dolcino
Come la Grecia è arrivata al default: una piccola crono-sintesi per capire cosa ci sta dietro. Ed evidenziare gli interessi esteri finalizzati a che non uscisse dall’Euro

Premetto che sono della stessa opinione di W. Munchau, alla Grecia conviene più uscire dall’euro facendo default che restarci, vedere l’articolo del columnist del FT*. Il problema vero è che quanto sta finalmente accadendo in queste ore lo stiamo suggerendo da almeno un paio di anni, ma questo è un dettaglio. Se poi vogliamo dirla tutta ritengo che anche all’Italia converrebbe fare la stessa cosa, con la piccola differenza che non si potrebbe e dovrebbe fare default sui BTP per uscire dall’euro, basterebbe ripagare a mark to market il debito estero con lo spauracchio della SUCCESSIVA riconversione in lire, ma anche questa è un’altra storia.
Dunque, la Grecia: il peccato originale parte dal fatto di averla fatta entrare nell’euro. E qui citiamo R. Prodi il quale, anche nella veste di ex Presidente della Commissione Europea asserisce che tutti sapevano in EU che i conti non erano a posto all’entrata di Atene ma si decise di farla aderire ugualmente, su spinta preminentemente tedesca**, una volta si diceva “Drang nach Osten”. Poi, vero, i greci avevano dei chiari eccessi nel loro welfare, non hanno approfittato della moneta unica per fare le riforme, per mettere il debito sotto controllo e, aggiungo io, nemmeno di controllare il vero male ossia il differenziale di inflazione con la Germania che ha causato un costo relativo della vita maggiore proprio nei paesi più deboli (si noti che controllare l’inflazione nei paesi deboli non era negli interessi tedeschi fino al 2008, che a quel punto lato germanico necessitavano far ripartire l’eccesso produttivo ex DDR ed i consumi potevano arrivare proprio – dovrei magare dire solo, visto che nel mentre la Germania tagliava i salari interni con le riforme Hartz, ndr – dai periferici, vedasi come prova l’accumulo di debito della Spagna fino al 2009 che giunse ad avere un deficit delle partite correnti su GDP maggiore addirittura di quello USA! [vedasi grafici su spese statali e bilanci commerciale, occhio alle scale a dx e sx], ma nessuno lo ha mai dovutamente stigmatizzato -). Forse andrebbe anche detto che nessuno in Europa aveva chiesto alla Grecia [e anche all’Italia, che nel 2010 aveva resistito alla crisi subprime meglio di tutti gli altri paesi EU, statistiche alla mano] di cambiare registro nei conti prima del 2009, quanto meno nei termini visti successivamente, che dite?].
A questo aggiungiamoci che i consumi dei periferici e quindi anche greci pre-2008 in ambito euro facevano molto comodo, anche e soprattutto in relazione agli investimenti in cui anche gli esteri erano co-interessati, assieme alle elites locali: parlo delle Olimpiadi di Atene, parlo delle forniture di sommergibili tedeschi, parlo delle forniture di carri armati tedeschi, parlo delle infrastrutture, parlo delle forniture di armi tedesche (l’esercito greco ha sottomarini, carri armati ed armi leggere tutti made in Germany, oltre ad autostrade date in concessione ai francesi dopo averle costruite, o aeroporti dati in conessione ai Tedeschi di Fraport dai predecessori di Tsipras****** etc.).
E si noti che le immancabili tangenti pagate ai cointeressati locali – dovrei chiamarli forse collaborazionisti? – da, ad es., Siemens*** sono state provate da varie corti di giustizia elleniche in tempi non sospetti, ossia prima della salita al potere di Tsipras. Guarda caso quasi tutta la classe dirigente pre-Tsipras era praticamente, direttamente o indirettamente, coinvolta nel malaffare, a prova di ciò vedasi le varie sentenze di condanna.
NA-AO921_SIEMEN_20071227202444.gif

Premetto che a guardare le statistiche Siemens sembrerebbe una habituè a livello gobale ad ungere le ruote, vedasi immagine, segue:

Siemens_bribery_Greece_March102015.jpg

Ma la cosa interessante viene dopo. Ossia, successivamente al 2010 quando il vaso di coccio greco iniziò a creparsi stretto nella morsa dei vasi de fero EU che avendo prestato troppo per alimentare i consumi a loro vantaggio [come nel caso tedesco sopra citato] non riuscivano ad uscire dalla crisi subprime a causa delle loro banche tecnicamente fallite (encore, banche tedesche ma non solo, certamente NON le banche italiane che ai tempi erano sanissime, ndr), i governanti greci che poi avallarono la suicida austerity erano gli stessi che avevano fatto lo scempio precedente, al di fuori di Papandreu che forte di una tradizione politica famigliare all’alba della crisi si era inevitabilmente avvicinato a valori minimamente patriottici una volta scorto il pericolo mortale di quello che stava bollendo in pentola, infatti è stato fatto fuori (vedremo dopo come). Non che Papandreu fosse un santo e nemmeno un benefattore del popolo ma quando si sono accumulati tali e tanti risparmi da una vita in politica (…), con l’enorme esperienza accumulata in svariate generazioni di politici, con i legami famigliari probabilmente aveva capito che non bisognava assecondare quella Europa impantanata in una crisi che avrebbe portato al fallimento delle loro banche, ergo si doveva fare assolutamente qualcosa per evitare di esserne vittima (Andreotti immagino avrebbe fatto lo stesso). Ossia, magari l’Europa stava elaborando proprio in tale frangente (2010) il progetto di trasferire i debiti contratti dalle sue banche in Grecia – tedesche assieme a quelle Francesi – in pancia alle istituzioni europee, come è poi successo facendo pagare il conto a tutti i paesi EU.
Ma il dettaglio diabolico non sta nemmeno qui: per impedire che si creassero coalizioni locali come quella di Tsipras nel 2015 l’Europa capeggiata dall’asse franco-tedesco è arrivata a far circolare una lista di nomi di greci evasori ex-HSBC con depositi all’estero [sembra opportunamente filtrata dei nomi che comandavano, o così sembrerebbe da quanto emerso dall’inchiesta di HOTDOC****, ndr]. I governi amici di Samars/Venizelos vanno dunque contestualizzati (…).
68-o-vaxevanis-dimosievei-ti-lista-Lagarde.jpg

Ricordiamo che Mme Lagarde è stata nominata all’FMI nel mezzo della crisi dopo aver disarcionato un politico che sarebbe certamente stato poco propenso a fare certi giochetti in quanto mirava all’Eliseo, Strauss Kahn, esso stesso vittima di qualcosa di simile ad un complotto per toglierlo dalla testa dell’FMI se verifichiamo finalmente che è stato assolto dai tribunali USA per le colpe a lui imputate, ma non dopo un enorme sputtanamento [vi ricorda qualcosa/qualcuno magari?]. E come non citare il caso dei deputati ellenici che sono stati comprati – ci hanno provato – da un ex collaboratore di Deutsche Bank in Grecia, come indicato in articoli citati*****. E questi voti all’incanto erano finalizzati a che un governo come quello di Tsipras non andasse al potere in Grecia, infatti vedremo chi si troverà con le ossa rotte alla fine della storia dell’uscita dall’euro voluta da Varoufakis & Co.…
Questo piano destabilizzante contro gli interessi dei paesi periferici EU probabilmente non è stato attuato solo in Grecia, ma in varie forme anche in paesi come l’Italia, la Spagna, probabilmente il Portogallo. Ossia in paesi politicamente se non economicamente deboli, in cui si state sono cooptate le elites locali che magari si erano sfamate alla mangiatoia euro-tedesca fino a quel momento (Monti?), poi le grandi ricchezze locali, i grandi capitali ed oligarchie che si erano a quel punto saldate nei loro interessi con le ricchissime e potentissime elites tedesche agglomerate attorno alla moneta unica, ossia coloro che avevano convertito i grandi patrimoni precedentemente in lire, pesetas, escudos in solidi pseudo marchi e quindi interessati a mantenere l’euro come Santo Graal della loro ricchezza, alla faccia del 99,9% della popolazione che invece era destinata ad andare in miseria…
Quanto vediamo oggi sui giornali sembra essere il frutto di tale blasfemo progetto e Tsipras rappresenta la reazione, la dignità europea. E’ per questa ragione che temo un golpe in Grecia, per ora evitato solo grazie agli equilibri non economici ma geostrategici da mantenere nell’area (leggasi interessi USA nel Mediterraneo orientale).
Ossia, letta in termini pragmatici possiamo tranquillamente dire che l’Europa tedesca era assolutamente interessata ad avere un governo greco che non uscisse dall’euro – pur mandando in miseria il Paese – e questo fin dai tempi del governo Venizelos/Samaras, avendo però sottovalutato il fattore Tsipras e la rabbia della gente non solo di sinistra che lo sostiene. E aggiungo, magari dopo aver constatato che questo governo ellenico ha dalla sua una dignità di difendere che non si misurea in euro, ossia non si fa comprare.
In tutto questo devo ancora sentirmi dire che la colpa è dei greci, che la colpa è solo della Grecia: se ad un drogato vendo dell’eroina certamente la colpa è sua che la compra e la usa ma chi la vende se lo prendono sta in gabbia 20 anni! Dunque, certamente ad Atene avrebbero potuto fare riforme magari simile a quelle tedesche, di fatto l’unico paese che le ha fatte veramente e soprattutto per tempo in EU (l’unico). Ma l’Europa prima del 2008 non aveva richiesto alcunchè, come mai? Forse perchè si necessitava di consumi che ad es. in Germania non c’erano perchè si erano tagliati gli stipendi? Infatti scopriamo oggi che molto probabilmente c’era un piano in tutto questo attivismo tedesco, nelle azioni tedesche, il fine probabilmente era arrivare precisamente a dove siamo ora, il dominio tedesco in Europa [fatto salvo Tsipras]. Anche perché non solo in Grecia le riforme dall’entrata dell’euro non sono state fatte ma nemmeno in Italia, in Portogallo, in Spagna, addirittura in Francia. Solo Madrid, dopo che la crisi deflagrò, fece qualcosa ma la verità che i media non vi dicono è che il Paese di Don Quijote cresce solo statisticamente e grazie ad immane deficit pubblico accumulato negli ultimi 6 anni (ca. 500 mld di euro, avesse potuto farlo l’Italia…), la gente che fino a due anni fa guadagnava 1000 euro al mese oggi ne guadagna 600 ed i consumi locali semplicemente non ci sono; ripresa effimera la loro, aspettate due anni e mi direte.
Oggi i greci un merito ce l’hanno, enorme: hanno tirato fuori gli attributi, hanno escluso le elites locali, hanno parlato in nome degli interessi del paese che non possono essere quelli di 10 o 50 famiglie possidenti interessate a mantenere l’euro pur mandando in miseria l’intero paese. Lo stato sono tutte le famiglie, la classe media, la gente, la polizia è gente, l’esercito è la gente. Oggi non stiamo più parlando di destra contro sinistra ma del rischio di un nuovo feudalesimo!
Mi ha commosso ieri ascoltare che decine di migliaia di persone sono scese in piazza ad Atene NON CONTRO il Governo ma PER SUPPORTARLO. E urlando contro l’Europa rapace che voleva secondo i calcoli di Munchau far crollare il PIL greco con l’accettazione delle nuove “riforme” della troika che Tsipras ha sfacciatamente rimandato al mittente addirittura del 12,6% nei prossimi 5 anni *! E questo non lo dice nessuno in Italia sui media tradizionali, se non tra le righe.
L’Italia, appunto: oggi abbiamo ancora qualcosa, abbiamo un residuo di ricchezza, abbiamo potenzialità di rinascita prima che ci facciano (s)vendere tutto a partire dalle aziende di Stato (le uniche che assumono, investono e pagano le tasse in Italia senza delocalizzare – ed infatti l’EU aveva vincolato l’approvazione dell’ultima legge di stabilità alla previa privatizzazione di ENEL sotto il 30%, o almeno così dicono i bene informati), oggi non siamo ancora poveri. Se seguiremo anche noi le ricette austere dell’EU o della troika succederà come in Grecia, il debito pubblico aumenterà progressivamente fino all’insostenibilità ed allo strozzamento dell’economia. E nel mentre la gente si impoverirà magari per il tramite di uno stato fascista finalizzato al pagamento del debito a tutela degli interessi delle elites locali e dell’ “Europa“…. Dunque non sarebbe meglio muoversi per tempo evitando di fare la fine di Atene?
E notasi che chi scrive è dichiaratamente non di sinistra.
Che bello trovassimo anche in Italia qualcuno che si fa rispettare all’estero invece di farci prendere per i fondelli come con gli immigrati…
Mitt Dolcino
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Referenze:
 

mototopo

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La Cina si sbarazza di 120 miliardi in buoni del Tesoro degli USA

giugno 17, 2015 Lascia un commento

Tyler Durden Zerohedge 15 /06/2015
Coloro che seguono la saga delle azioni del Tesoro USA “del Belgio” sanno che il mese scorso il “compratore misterioso” dietro Euroclear in Belgio era, come alcuni specularono, come sempre la Cina. Ciò è più evidente nella sovrapposizione delle partecipazioni TSY combinate di Cina e Belgio rispetto alle riserve forex cinesi.
Ecco cosa abbiamo concluso il mese scorso:
• “Il Belgio” è, o meglio, era una facciata della Cina: SAFE, CIC o PBOC.
• Che le partecipazioni del Belgio, dopo l’impennata da 381 miliardi di dollari di un anno fa, sono cadute a soli 2532 miliardi di dollari, che la Cina scarica sopratutto nelle sue partecipazioni in Euroclear, e una volta che tale cifra torna al livello storico di circa 170-180 miliardi di dollari. il “Belgio” ritornerà ad essere il Belgio.
• La riserve valutarie della Cina sono cadute e ciò viene compensato dal maggiore calo trimestrale delle azioni del Tesoro pro-forma cinesi, scese con un record di 72 miliardi dollari a marzo, un record di 113 miliardi dollari nel trimestre.
Non è esattamente chiaro perché la Cina, che storicamente utilizza banche offshore nel Regno Unito per le transazioni con gli Stati Uniti, oltre alla terraferma abbia scelto il Belgio, o il motivo per cui abbia scelto di nascondere tali operazioni in modo così rozzo, tuttavia la recente accelerazione del deflusso di capitali dalla Cina si manifesta con un tuffo nelle riserve forex cinesi, assieme alla liquidazione record mensile del totale delle aziende cinesi, mostrata proprio laddove la Cina compie gli scambi. E mentre dobbiamo ancora avere gli aggiornamenti da Pechino sulle sue riserve forex di aprile, sappiamo che il suo Tesoro continua la liquidazione. Ovvero il Belgio, che questa volta non ha un acquirente “misterisoo” dietro, ma è un venditore. Come mostra il grafico qui sotto, dopo il record di meno 92,5 miliardi di dollari a marzo, il “Belgio” ha venduto altri 24 miliardi di dollari ad aprile, portando a una liquidazione totale di ben 116,4 miliardi a marzo e aprile. Ciò significa che dopo l’aggiunta dalla Cina continentale di 2 miliardi di dollari ad aprile, e dopo un aumento di 37 miliardi di dollari nel mese precedente, al netto della liquidazione belga la Cina ha venduto ben 77 miliardi di dollari di buoni del Tesoro negli ultimi due mesi. E mentre aspettiamo l’aggiornamento mensile delle riserve forex ufficiali cinesi, possiamo stimare che il calo sarà di altri 50-60 miliardi di dollari ad aprile. La buona notizia, per chi segue la storia dei deflussi di capitali senza precedenti della Cina, è che dopo la discarica record “belga” di marzo, ad aprile le vendite del Tesoro cinese sono rallentate più che nei tre mesi precedenti. In altre parole, la Cina potrebbe finalmente avere per sempre sotto controllo il problema del deflusso di capitali che, per inciso, è una cattiva notizia per il mercato azionario cinese, perché se vero significa che il PBOC può fare un passo indietro nella micro-gestione del bolla del mercato azionario e “beneficiare” dei flussi di conto corrente per compensare il conto capitale in declino. Ma ciò che è forse più curioso è che anche con la Cina che liquida tale massiccia quantità di carta degli Stati Uniti, in un mercato molto illiquido, il rendimento decennale non va lontano nei mesi di marzo o aprile. E ultima domanda: a chi ha venduto la Cina tutta questa carta?
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


Filed under Geopolitica
 

mototopo

Forumer storico
La nostra ignoranza è la LORO forza. ha aggiunto una nuova foto all'album: USUROCRAZIA.


22 h · https://www.facebook.com/LaNostraIgnoranzaELaLoroForza?fref=photo#




Fabbricano debito e diventano padroni di tutto, grazie a noi
Il nostro destino? «E’ molto semplice da capire», secondo Marco Della Luna, perché «la struttura socio-economica del mondo contemporaneo è caratterizzata da una classe bancaria globale che esercita il potere di creare dal nulla, e a costo zero, quantità virtualmente illimitate di simboli dotati di potere d’acquisto (mezzi monetari) e di strumenti finanziari convertibili in tali simboli, mediante il reciproco accredi...
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mototopo

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Costantino Rover
European Redemption Fund: quanto al ribasso sono disposte a puntare le elites?

Nel realizzare il video ERF (European Redemption Fund, la nuova penitenza per l’eurozona) in occasione dell’invito che ho ricevuto in novembre di conferire presso la London School of Echonomics assieme ad altri componenti di Riscossa italiana, mi sono chiesto, sollecitato da Marco Santero (coautore del video) se esista un limite sotto al quale le elites siano disposte a far scendere il livello sia culturale che caratteriale delle masse e quale possa essere il tornaconto nel governare sul tipo di mondo che si sta delineando.
Il mio pensiero, da quando ho cominciato a collegare i puntini, è che – filosoficamente parlando – la distruzione del modello sociale italiano può essere giustificato soltanto dalla instaurazione di un modello più avanzato ed evoluto.
Insomma, ribaltando il punto di vista canonico, cosa dobbiamo aspettarci da delle salme come quelle che “ci comandano” non riflettono un minimo di quel barlume che traspare dai libri di filosofia e che ho studiato sapere essere fondamento dell’arte rinascimentale di quel genio divino che dovrebbe pervadere l’umanità?
Ma dov’è il progetto ed ancor prima dove sta la fiamma di quella presunta superiorità delle elites di fronte alla quale sarebbe d’obbligo chinarsi in favore della prossima evoluzione?
In altre parole, assodato il fatto che non esiste un limite di sopportazione sotto il quale gli italiani non siano disposti a scendere esattamente così come viene dimostrato quotidianamente da decenni, dove si trova il punto di rottura del sistema ammesso che questo esista?

Se di ambizione di potere si tratta e se anche fosse che l’obiettivo delle lobbies fosse che a detenerlo sia l’1% della popolazione sul restante 99%, che cosa avranno ottenuto in quel fatidico giorno?
Il regno su 6 miliardi di schiavi di cui il 99% appresso all’alfabetismo intellettuale? E’ questo il grande disegno oppure la costruzione del nuovo ordine mondiale avrà altri scopi?
No, perché se ad un cittadino oggi “conviene” andare a lavorare per 800 euro al mese, potranno scendere a 500, 400 come già per il call-centeristi sin dalla legge Maroni-Biagi, ma siccome non siamo cinesi – neppure nei difetti – come si regge il sistema di sfruttamento italiano se ad un certo punto sarà più conveniente andarsene in spiaggia che ad andare al lavoro (e in questo siamo molto più bravi dei cinesi)?
Riflettiamo su quanto poterà calare la qualità del nostro stile di vita lasciando a “loro” la decisione su quel punto di rottura guardandoci il video.
 

mototopo

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<LI id=menu-item-2413 class="menu-item menu-item-type-custom menu-item-object-custom menu-item-has-children menu-item-2413">Dal Mondo» Rassegna Stampa
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euro giugno 20, 2015 posted by Fabio Lugano
SFATIAMO UN MITO: Come crescerebbe il prezzo dell’energia in caso di svalutazione


Uno dei miti più diffusi dai nostri media, spesso sciocchi ed impreparati, è che, in seguito ad una eventuale svalutazione controllata della valuta, vi sarebbe un boom dei prezzi ed una fortissima fiammata inflazionistica.
Lo stolido economista da talk show, di solito pro governativo e pro euro, (dovremmo rimandare ad un recente articolo di Francesco de Palo sul “Foglio” a proposito dei giornalisti ed economisti al soldo del FMI…) di fronte alla discussione relativa ad una eventuale uscita dall’euro dell’Italia e quindi ad una svalutazione della nuova valuta del , ad esempio , del 25% , assisteremmo ad un aumento dei prezzi dei carburanti e dell’energia del 25%.
Dato che mi sono abbastanza (anzi tanto) stufato di sentire questo tipo di idiozie scrivo un rapido pezzo per affrontare il problema.
Prima di tutto affronteremo la cosiddetta parte “energia ” del prezzo pagato dalle famiglie . A questa componente si sommano imposte locali ed IVA, che variano da comune/regione e che ne raddoppiano il costo, ma si tratta di TASSE; quindi decise dallo stato e non dipendenti da fattori svalutativi.
La componente energia definita nel secondo trimestre 2015, come da autorità per l’energia è la seguente:

Ora , di questi 18,52 centesimi a KW/h il 44,65% è costituito da costi di approvvigionamento o vendita (per la mediazione da importazione) mentre il restante è costituito da costi di struttura, oneri generali e costi di struttura che, in caso di svalutazione, non verrebbero toccati.
La svalutazione toccherebbe solo i costi di produzione/approvvigionamento, pari al 44.65 del totale. Questi costi sono relativi alla produzione/importazione dell’energia in senso stretto.
L’Italia, attualmente, importa circa il 15% del proprio consumo energetico, pagando questa energia ai prezzi internazionali. Il restante 85% viene prodotta nazionalmente, di cui il 50% è prodotta da centrali termoelettriche, il restante 35% da fonti rinnovabili (idroelettrico/ solare/ eolico/ geotermico). In caso di svalutazione noi verremmo a pagare maggiormente la componente energetica di produzione termoelettrica, non sicuramente quella di fonti rinnovabili: a causa della svalutazione sole, vento o acqua non ci verrebbero sicuramente a costare di più. Avremmo solo un aumento della componente termica e probabilmente neppure pari , completamente , al 25%, sia per una vischiosità contrattuale, sia perchè comunque abbiamo una componente di produzione interna di idrocarburi. Però , per semplicità , consideriamo un aumento automatico della componente termica del 25% a causa della svalutazione e facciamo due conti dell’aumento risultante.
In una ipotesi di svalutazione del 25% questo sarebbe l’aumento del prezzo dell’energia:
18,52 centesimi x (0,25 x 0,4465 x 0,65)
dove
0,25 corrisponde alla svalutazione del 25%
0,4465 corrisponde alla componente energia del prezzo per kw/h
0,65 è la percentuale di energia da fonte termica o importazione.

con un aumento pari a 1.344 centesimi per Kw/h.
Il nuovo prezzo quindi sarebbe pari a 19,964, ed il prezzo sarebbe aumentato del 7,25% rispetto al prezzo precedente, meno di un terzo rispetto alla svalutazione effettuata
Quindi quando vedete il solito “Economista da talk show” parlare di “Boom inflazionistici” in caso di uscita dall’euro, vi prego, cambiate canale.
 

mototopo

Forumer storico
CLEARSTREAM LAVA PIÙ BIANCO

Pubblicato da redazione in Disclosure, Titoli di testa 27 giugno 2014 Commenti disabilitati su CLEARSTREAM LAVA PIÙ BIANCO 895 Visite

Come ripulire il flusso: la lavanderia della finanza.

Già nel nome stesso Clear-Stream ce lo dicono di cosa si tratta: una lavanderia, dove si rende tutto il flusso più chiaro.
Così chiaro che fino a poco tempo fa non si sapeva neppure cosa facesse in realtà la cosiddetta “camera di compensazione” come si autodefiniscono strutture bancarie di questo tipo (così pure Euroclear)
Beh, leggiamo questo articolo molto… chiaro di Lorenzo Acerra – che ringraziamo – e sapremo qualcosa di più di questo “inavvertibile” moloch finanziario sommerso in grado di muovere gli ingranaggi della Storia.
Jervé

Clearstream secondo Denis Robert

Nel libro “Soldi. Il libro nero della finanza internazionale“ (traduzione di Marco Saba, Nuovi Mondi Edizioni 2004), Denis Robert narra la scoperta di Clearstream, un’organizzazione privata fondata in Lussemburgo che aveva conti correnti per poche migliaia di potenti del mondo, con il ruolo di banca e di camera di compensazione interbancaria internazionale, I conti creati su Clearstream hanno la caratteristica di fatto che non possono essere monitorati a livello nazionale (fiscalmente, contabilmente e come eventi sottoposti alle leggi vigenti). La stessa compensazione è una valuta a sè stante: business a costo zero.
Grazie all’aiuto di Marco Saba abbiamo visto che non può essere vero il discorso filosofico che nessuno si accredita all’attivo il valore nominale della moneta che viene stampata dai popoli! Infatti la creazione di questa massa monetaria non viene seguita dalla distruzione, e poiché colui che ha prestato restituisce, e poiché la banca commerciale ha un pareggio di contabilità (grazie ad una voce di passivo emessa nei bilanci contabili nello stesso momento della creazione), avremo che questi soldi rientrati non li reclama nessuno. Se questi soldi che chi ha preso in prestito restituisce non li distruggiamo e non li bruciamo al loro rientro, questi soldi a chi li stanno dando? Come per tante altre circostanze dove un business o un sopruso creano un vantaggio o un super-potere, entra in gioco la Clearstream-Connection: i volti sotto gli occhi di tutti e quelli che devono pagare le tasse simulano una perdita nei bilanci contabili e cedono quelli che sarebbero stati i loro privilegi al personaggio oscuro che tiene i conti su Clearstream.
Nel libro del 2001 Denis Robert si è interrogato se per caso, anche grazie all’aiuto di un un insider e di alcuni tabulati e microchips, non si potessero scoprire abusi e crimini finanziari. Nelle successive opere il giornalista si è posto soprattutto la domanda se il fatto di mettere sotto controllo questa camera oscura della finanza che è Clearstream non possa essere utile a cambiare il corso degli eventi del mondo.
Il libro citato risulta esaurito e fuori catalogo nell’estate 2014. Comunque era anche un po’ vecchiotto (stampato in Francia nel 2001).
Quindi l’ho recentemente riassunto in un video di 20 minuti su youtube, con un’enfasi su tutti gli sviluppi successivi fino al 2011:
https://www.youtube.com/watch?v=6RtDFZHNTgw
Questo video, questo articolo e quello precedente (http://www.disinformazione.it/clearstream.htm) hanno richiesto da parte mia un’impegno non da poco, nato dalla motivazione che parlare della globalizzazione e della volatilizzazione della ricchezza solo in termini puramente filosofici non basta. Se una nazione ribelle ai soprusi della globalizzazione non si vuole semplicemente chiudere in sè stessa, si deve come prima cosa interrogare su quali camere di compensazione sta usando. Gheddafi ne voleva costruire una per i popoli africani che non li costringesse al debito perpetuo (UMA, Unione Monetaria Africana, mai decollata). L’Iran ne ha creata un’altra alternativa (Asian Clearing Union, nata nel 1974), che ha 5 o 6 aderenti. Chavez ha iniziato il SUCRE, cioè una camera di compensazione interna dei paesi del Sud America. Altre notizie sul fronte delle camere di compensazione?
Ma non è finita! Pure Germania e Cina, per superare il problema del costo delle masse monetarie hanno istituito una camera di compensazione diretta che si chiama Renminbi-Clearing. È stata pianificata tra la banca centrale cinese e la Deutsch Bundesbank (banca centrale tedesca). L’accordo è stato raggiunto in occasione della visita del presidente della Cina Xi Jinping in Germania tra il 28 e il 30 marzo 2014. È notizia invece del 31 marzo 2014 che la Cina con piacere ha accettato di Putin di creare una centrale di Clearing con la Russia.
Il discorso è questo per quasi tutti gli stati del mondo: siccome avere una grossa massa monetaria costa, perché tutta la massa monetaria è emessa a debito, e non dallo stato, chi si serve di una camera di compensazione fa affari senza dover allargare la propria base monetaria per i grossi affari, quindi senza essere gravato da debiti per far carburare l’economia! Questo l’avevano capito già gli antichi e lo sfruttavano bene bene (vedi: (www.anticorpi.info/2014/05/storia-della-moneta-prestito-sistema.html ).
La camera di compensazione è pensata per agire molto e minimizzare la necessità di scambi e di contante.
Dunque in un modo o nell’altro bisogna iniziare a parlare di quella che abbiamo in Europa, Clearstream, le cui regole attuali forniscono ai potenti del mondo una leva di archimede per il perpetrarsi dei soprusi e delle distorsioni sugli eventi del mondo. Partecipano solo i potenti, ma diventano vittime tutti i mercati e tutti i popoli. Ma vediamo alcuni esempi ben documentati dalle fonti di Denis Robert, e soprattutto esempi a prova di querela (il francese ha superato brillantemente questa sfida: 312 procedimenti giudiziari, 62 dei quali hanno seguito l’intero corso, con Denis Robert che è passato relativamente indenne a tutto quello che aveva detto e scritto):
1.

La vicenda degli ostaggi americani trattenuti in Iran all’inizio degli anni ’80. Reagan ha sempre affermato che non fu pagato alcun riscatto per la loro liberazione. Ed aveva ragione: il denaro fu pagato allo scopo di tenere prigionieri per ulteriori tre mesi gli americani dell’ambasciata, fino ad elezioni presidenziali avvenute. Una loro liberazione anticipata avrebbe favorito la rielezione di Carter a scapito di Reagan (e il suo vice Bush). Gli americani saranno liberati il 18 gennaio 1981, dopo 444 giorni di detenzione, due giorni dopo l’ordine di versamento ricevuto da un impiegato di Clearstream, Ernest Backes. Quest’ultimo si ricorda molto bene di quell’ordine perché per effettuare il trasferimento c’era bisogno di soprassedere al regolamento interno. Due suoi superiori erano assenti, così dovette rivolgersi al presidente del consiglio amministrativo della sua azienda, un certo Edmond Israel. Queste e altre deviazioni dai regolamenti e dalle leggi lussemburghesi costarono poi il posto a Lussi, che nel 2002 dovette rassegnare le dimissioni.
2.

I tre libri di Denis Robert su Clearstream, i due documentari, i tre fumetti di FRANCE-info e tutti i suoi interventi in Tv, presso i giudici e presso la commissione parlamentare d’inchiesta attingono a tabulati, microchip e informazioni forniti da ben tre “gole profonde” (cioè Ernest Backes, Régis Hempel e Florian Bourges). In particolare nel suo libro del 2001 Robert si sofferma su Roberto Calvi, Michele Sindona, lo IOR, il Vaticano, lo scandalo Iran-contra, la BCCI, Gladio, la mafia, il riciclaggio, l’ONU, le organizzazioni non governative, la Bilderberg e la Trilaterale, l’Opus Dei, Saddam Hussein, massoneria, P2, ecc…
Albino Luciani, poche ore prima di essere trovato morto, disse: “Voglio che siano interrotti tutti i nostri rapporti con il Banco Ambrosiano, e ciò deve avvenire nell’immediato futuro”. Disse questo rivolto al segretario di Stato Jean Villot, e poi aggiunse: “Ci sono altri cambiamenti all’interno dello IOR che devono esser operati immediatamente. Marcinkus, Mennini, De Strobel e Monsignor De Bonis devono essere sostituti… subito! ”. Questo perché già nel 1978 persino la Banca d’Italia aveva commissionato un dossier che confermava alcuni dettagli delle accuse della gestione del Vaticano sul Banco Ambrosiano.
Visto che i trasferimenti in questione avvennero attraverso Clearstream ci viene da pensare che Ernest Backes potesse essere la gola profonda già allora. Tra le tante attività del Banco Ambrosiano, un miliardo e trecento milioni di dollari erano stati investiti nel finanziamento dei regimi militari di Argentina, Uruguay e Paraguay, nell’acquisto di missili Exocet per la guerra nelle isole Falkland, per pagare tangenti ai politici e nei fondi neri pronti ad ogni evenienza.
3.

All’inizio degli anni ’80, dietro la richiesta di Calvi, Sindona e di varie banche tedesche, Cedel-Clearstream passò alla fase della creazione di un sistema di conti “non pubblicati”, ovvero “conti invisibili” che non appaiono nelle liste ufficiali. Un dirigente che s’impuntò di non concedere tutte le autorizzazioni all’apertura dei conti invisibili richiesti era Gèrard Soisson. Soisson venne fuori con l’idea che almeno la Cedel accettasse di farsi controllare da un Ente Pubblico. Indovinate che fine a fatto? Gèrard Soisson è morto il 28 luglio 1983 durante una vacanza in Corsica. Il certificato medico non precisa l’origine del decesso. Si parla di “morte naturale”. Eppure Gèrard Soisson era un quarantenne sano, sportivo, cintura nera di karatè.
Ma muore improvvisamente dopo aver fatto jogging mentre beve un bicchiere d’acqua al bar dell’albergo. Può capitare. Ciò che non si capisce però è perché subito dopo la morte il corpo di Gèrard Soisson sia stato stranamente eviscerato (certo è che, una volta tolte le viscere ad un corpo, diventa difficile trovare tracce di avvelenamento). Dopo la sua morte il capo di Soisson, Ernest Backes, è stato licenziato e da allora più del 50% dei conti sono diventati “non ufficiali” o “non pubblicati” (“UNPUBLISHED PARTICIPANT”)
4.

Una riforma di Clearstream verso la trasparenza è stata auspicata di recente da Montebourg e Peillon, due parlamentari francesi a capo della Commissione parlamentare che ha indagato su Clearstream. Essi hanno pure parlato della necessità che non si lascino operare società di Clearing come Clearstream senza che ci sia un ente pubblico che monitori le transazioni e gli afflussi di capitale. Montebourg (2008): “..questi ex-impiegati di Clearstream hanno pienamente comprovato che l’opacità è un problema reale…
A partire dai testimoni che abbiamo ricevuto, a partire dagli elementi di prova raccolti, siamo stati indotti a scrivere nella relazione parlamentare che questa camera di compensazione che al momento è privata, dovrà essere nazionalizzata.. o in ogni caso dovrà essere messa sotto il controllo degli stati europei, in un modo organizzato da loro stessi, secondo regole prudenziali definite… riguardo alla compensazione inter-bancaria.”
Giornalista di LaTeleLibre: “Che cosa resta da fare allora? ”
Montebourg: “TUTTO resta da fare! Perché niente è cambiato! i meccanismi sono ancora lì. “
Ora siamo nel 2014, per così dire siamo diventati coscienti della situazione, perché abbiamo finalmente molte informazioni su Clearstream, cosa ci impedisce allora di rendere più trasparente il motore della tesoreria degli attivi accentrati che compaiono sui conti delle camere di compensazione?
Detto in parole più chiare, perché non poniamo Clearstream sotto il controllo di un organismo pubblico?
5.

Spessissimo ci sono eventi che passano sotto gli occhi, alcuni dei quali passano anche alla storia, ma ignorando la natura di Clearstream non si ha proprio la possibilità di vedere la struttura che li ha generati o favoriti. Per esempio il 1 gennaio 2013 la finanza internazionale escluse la città papale del Vaticano dalla camera di compensazione internazionale Swift, proprio come era stato fatto con l’Iran ( http://www.disinformazione.it/clearstream.htm ). I turisti, i pellegrini non potevano più utilizzare le loro carte di credito e ancor meno utilizzare i distributori di biglietti. Ma soprattutto, lo IOR (vedi elenco Clearstream del 2001) aveva 21 conti non-pubblicati per dei suoi clienti di elite! Tutto tornò alla normalità 39 giorni dopo, con la sostituzione di Papa Ratzinger con il nuovo Papa dell’ordine dei gesuiti, Papa Francesco.
Danni stimati del black-out di 39 giorni? Inestimabili, se si considera che lo Swift è una stampella essenziale per la camera di compensazione Clearstream, nella quale i possessori dei conti IOR hanno avuto la possibilità di depositare valori centinaia di volte più elevati dei 6 miliardi di euro di attivo che compaiono nei rendiconti della banca IOR che sono sotto gli occhi di tutti.
6.

Tutto questo per dire che Clearstream permette di trasportare elettronicamente titoli e valori per i propri clienti, permette di detenere ricchezza, alle quali fornisce opacità e sicurezza. Sicurezza al di sopra dei governi, sicurezza dai prelievi fiscali, sicurezza di fare le cose sotto gli occhi di tutti i potenti ma lontano da occhi indiscreti.
7.

Altro esempio discusso a lungo è che Clearstream abbia continuato ad accettare ordini di trasferimento per una banca russa notoriamente coinvolta in attività criminali, anche svariati mesi dopo che la banca era collassata portando perdite agli azionisti.
(http://www.thekomisarscoop.com/2002/03/clearstreamexplosive-revelations/#sthash.8YhBoCgc.dpuf)
Dice Backes: “Dalle microfiches di cui sono in possesso risulta che dopo il fallimento di Menatep, Clearstream ancora autorizzò trasferimenti dai conti di Menatep, ed erano trasferimenti di cash e non di titoli, quindi assolutamente fuori dall’ordinario e contrari allo statuto di Clearstream.”
Alla fine, su questa vicenda la coppia Denis Robert e Ernest Backes vinsero tutte le cause contro la Menatep e l’allora presidente di Clearstream, Andrè Lussi, accettò di dimettersi (seppure con una buonuscita di 8 milioni di euro!). Era stato Lussi che il 15 maggio 1997 aveva visitato a Mosca il presidente della Banca Menatep invitandolo ad aprire un conto su Cedel- Clearstream. Alla fine fu aperto un conto non-pubblicato (il numero 81738). Non avendo Menatep nessun conto pubblicato, questo violava le regole stesse che Clearstream dice di essersi data.
8.

Un’ altra regola della prima ora, resa obbligatoria dalla legislatura lussemburghese, sulla quale Clearstream però ha dovuto soprassedere più volte, è quella di poter servire utenti che non fossero banche. Secondo rivelazioni uscite sulla stampa tedesca, la multinazionale Siemens ha (o aveva) fondi in nero dedicati alla corruzione di ufficiali e politici, nell’ordine di 1.3 miliardi di euro. Questo argomento è stato affrontato dalla Commissione parlamentare francese su Clearstream del 2001, dove sono stati rivelati i conti non pubblicati tenuti da Clearstream per la Siemens (http://thekomisarscoop.com/wp-content/uploads/2007/08/clearstream-list-of-siemens-accounts-2001.jpg).
9.

Il problema di Clearstream è che uno non può fare controlli su quello che non sa e non ha sotto gli occhi.
Però sia il parlamento belga nel 2004 che la Commissione Europea nel 2002 hanno deciso di rigettare la proposta di alcuni parlamentari d’istituire una Commissione parlamentare per indagare su Clearstream, motivando ciò con il discorso che il Lussemburgo ha sempre “trasposto ed applicato correttamente la direttiva relativa allo sbiancamento dei capitali”.
Ora questo perlomeno appare assai strano nel quadro della persecuzione giudiziaria che lo stesso Lussemburgo ha praticato dal 2001 al 2008 nei confronti di Denis Robert, appensantendolo con una decina di procedimenti giudiziari che però hanno portato alla sua assoluzione.
10.

Ricapitoliamo: delle cose ben precise sono successe sulle scrivanie di Clearstream in Lussemburgo. Strano che il Lussemburgo come stato se la prenda con il messaggero, Denis Robert, e non contro i veri responsabili!
Fatto sta per esempio che Ernest Backes movimentò denaro del Banco Ambrosiano verso il sud america e verso i paradisi fiscali, poco prima della bancarotta del Banco ambrosiano.
Dice Ernest Backes in un’intervista con “In These Times” a Neuchâtel (2002): “Nessuno nemmeno sapeva che c’era una sede del Banco Ambrosiano a Lima. Fummo io e Soissons ad instradare gli ordini di pagamento a quella e altre sedi offshore.” ( http://www.thekomisarscoop.com/2002/03/clearstreamexplosive-revelations/#sthash.8YhBoCgc.dpuf )
Shockato da questo discorso e dalla morte sospetta del collega Soissons, dopo aver lasciato la camera di compensazione Backes trovò lavoro nella Borsa del Lussemburgo e poi manager di una cooperativa di macellai. Ma iniziò a raccogliere informazioni e microchips della camera di compensazione grazie a degli amici fedeli ancora impiegati che avevano grossa fiducia in lui.
11.

La pubblicazione del libro di Denis Robert incoraggiò vari altri personaggi a rivelare come Cedel/Clearstream aveva facilitato corruzione. Per esempio Joël Bûcher, ex direttore generale del ramo di Taiwan della banca Société Générale. Nell’ambito di una discussione molto sentita dai mass-media francesi Bûcher ha testimoniato che nei primi anni ’90 Cedel fu usata per veicolare molte centinaia di milioni di dollari in tangenti per facilitare il contratto della vendita di sei fregate da guerra francesi a Taiwan.
Bûcher disse alle autorità di Taipei che un terzo delle tangenti andarono a generali e politici Taiwanesi, mentre il resto furono intascate da ufficiali francesi. La giustizia di Taiwan condannò 13 ufficiali militari e 15 venditori di armi a pene tra I diciotto mesi e l’ergastolo per corruzione e uso improprio di segreti militari.
Il vero scandalo, fa notare Lucy Komisar, una giornalista sempre presente su questioni che riguardano Clearstream, è che l’azienda francese Thompson ha pagato oltre un miliardo di dollari in tangenti connesse a quella vendita di sei fregate a Taiwan e sia il vecchio governo socialista che i governi conservatori hanno rifiutato di dare ai magistrati incaricati dell’inchiesta i documenti della dogana nascondendoli dietro il segreto militare (http://www.thekomisarscoop.com/2007/10/french-finance-minister-not-sufficiently-aware-of-frigates-case/)
12.

Creando Clearstream, le banche dei potenti hanno materializzato un livello dove controllarsi tra di loro, hanno creato un livello dove fare i loro comodi, incluse le azioni di distorsione su personaggi chiave della politica e sulle economie di qualunque luogo della terra. Non c’è modo che i governi o le magistrature maneggino con agilità il programma informatico usato da Clearstream (che è stato ispezionato solo in un’occasione e solo per poche ore, da Régis Hempel) e quindi non c’è modo di comprendere o limitare cosa sta succedendo. Infatti tra le altre cose, queste camere di compensazione permettono di riciclare i proventi del signoraggio primario delle banche centrali oltre che il signoraggio secondario delle altre banche tradizionali (vedi: http://www.disinformazione.it/clearstream.htm e http://marra.it/component/k2/item/67-il-signoraggio-primario-e-secondario-l-illiceita-del-sistema-fiscale.html ).
13.

Nessuno prima delle rivelazioni di Denis Robert e Ernest Backes (2001) aveva mai discusso l’esistenza delle centrali di compensazioni come Clearstream ed Euroclear (negli Stati Uniti la DTC e il CHIPS), che operano come una sorta di “notaio internazionale”. Nessuno quindi aveva mai potuto sapere del modo in cui sono organizzate al momento, che è compatibile con il loro assorbire buona parte del denaro sporco del mondo e rimetterlo in ballo, ovvero farlo accettare dalle economie di tutto il mondo.
Denis Robert annuncia il suo successo. È il 4 febbraio 2011: “Diffamazione, parti civili, etc. etc.., banche russe e banche lussemborghesi, su quel fronte ho sempre vinto in tribunale. Frontalmente contro Clearstream (una ventina di cause) ho anche vinto, soprattutto ora con questo risultato della Corte di Cassazione che mi assolve e aggiunge che ho fatto un giornalismo serio e di grande utilità sociale. A volte no, avevo perso in primo appello, per affermazioni fatte nel corso di articoli di giornale. Ma ora con questa Corte di Cassazione posso andare in appello anche per le poche cause di diffamazione perse.
Con questa sentenza della Corte di Cassazione ora si può, certo io, ma soprattutto gli altri giornalisti, mettere il dito nei misfatti di questi strumenti bancari, come spiegato nei miei libri, Rischi di diffamazioni ora non ce ne sono più.
Prima di dare ulteriori informazioni in un ulteriore articolo, volgiamo rapidamente lo sguardo al libro di Robert del 2001, “Soldi. Il libro nero della finanza internazionale“:
– Tutte le operazioni tra gli attori del mercato finanziario (i venditori, i compratori, i banchieri) si svolgono ormai tramite un sistema elettronico fondato “sulla fiducia reciproca degli attori”, spiega Backes.
Diremo dunque che il denaro è smaterializzato. Il problema di tutti coloro che possiedono delle ricchezze è sempre quello di investirle, di convertirle in titoli: in Sicav, Sicam, in azioni, in obbligazioni. Anche questi titoli sono smaterializzati. Esistono sempre meno in supporto cartaceo. Milioni di titoli sempre più virtuali, cioè non aventi nessuna esistenza fisica- sono scambiati ogni giorno grazie alle società di clearing.
[..] Mi ci è voluto del tempo ad accettare l’idea che veramente Ernest Backes poteva essere l’uomo che mi avrebbe permesso di guardare dietro lo specchio della Borsa, nel back office del villaggio finanziario. Se, nel linguaggio finanziario, la borsa è il luogo degli scontri (front office), il clearing è quello del coordinamento (back office).
Questo mangiatore di insalata di cento chili che spesso annega i suoi racconti sotto tonnellate di particolari di cui nessuno sa i significati, possiede un tesoro, una chiave di accesso ai piccoli e ai grandi segreti del Global Village, quell’universo di cifre, di tic e di codici, dove essere informati prima degli altri è il primo segno del potere. Ernest Backes, pensionato lussemburghese che maneggia frequentemente nei suoi dossier le vicende mafiose italiane e le attività di misteriose società segrete come la Bilderberg o la Trilaterale, che tira fuori dalla tasca un influentissimo venditore d’armi chiamato Henry che si suppone tutti conoscano, che connette troppo velocemente i fatti, le persone e gli avvenimenti che, per noi, non hanno nessun rapporto, non è un buon insegnante. Piuttosto è una persona non contenibile.
Ernest trae la sua forza e le sue convinzioni dalle sue ricerche. Ha capito, ad un certo punto della sua vita professionale, che lavorava sul punto cieco delle transazioni finanziarie internazionali. Ha afferrato ciò che succedeva. Ha visto ciò che nessuno intorno a lui vedeva. Deve essere un sentimento molto particolare.
La società di clearing è il luogo dell’accelerazione e della registrazione delle transazioni. Anche dell’occultamento.
Torniamo indietro di qualche decennio. Se un agente assicurativo di Chicago voleva vendere una parte del capitale della sua società ad un armatore greco, come faceva? Andava a trovare il proprio banchiere, supponiamo presso la Bank of New York, e gli affidava la missione di vendere i titoli. Quest’ultimo prendeva l’aereo per Atene, dove entrava in contatto con il banchiere dell’armatore, supponiamo presso la filiale greca dell’ABN Amro Bank. Innanzitutto il clearing ha consentito di guadagnare tempo, dunque denaro.
Non c’è più bisogno di spostarsi. Oramai un organismo centrale garantisce la realtà dello scambio. Il principio di base è semplice: raggruppiamoci tra banchieri di diversi paesi, e creiamo un luogo di fiducia dove sarà registrato e avallato lo scambio bancario. A differenza di una Borsa, che comprende le diverse parti di una transazione, la società di clearing è un’infrastruttura apparentemente passiva. I titoli non cambiano posto, cambia soltanto il nome del proprietario. La società di clearing s’incarica di registrare e avallare la modifica”.
Lorenzo Acerra
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banksters 2014-06-27
redazione






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