ai Tedeschi non piace più l'euro (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
Economia e Finanza
Germania, benessere a livelli mai tanto elevati. E idea fuoriuscire da Ue per mantenerli. Rischi Italia
La Germania non ha mai avuto così tanto oro nelle sue riserve, tutto accumulato negli ultimi 70 anni. E ora ha pronto anche un piano per uscire

Germania, benessere a livelli mai tanto elevati. E idea fuoriuscire da Ue per mantenerli. Rischi Italia
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Perché la Germania naviga nell'oro rispetto al resto del mondo?



Record per quanto riguarda l'oro, per i lingotti presi negli ultimi 70 anni e ricchezza economica e benessere mai così alti. E così la Germania potrebbe anche decidere di lasciare la Ue per preservare i suoi interessi o preparare un piano o progetto non solo e non tanto per la sua usicta , ma per far uscire le altre nazioni che potenzialmente possono dare più problemi e l'Italia rischia.


Dopo numerosi mesi la Germania è riuscita a ritrovarsi con un esecutivo, una grande coalizione, che per la quarta volta vede la Merkel essere il leader. A questo punto due sono, le solite dall'altra parte vie per la Cancelliera e in generale il Parlamento tedesco. Cambiare l'attaggiamento nella Ue, facendosi più benevola, oppure continuare a dominare mettendo davanti, spesso e volontieri, i propri interessi. Ma c'è anche un altro piano che si, dice, l'esecutivo stia pensando ovvero prepare una via di fuga, un piano di uscita per porteggere i propri interessi

Mai così tanto oro e un progetto per uscire da Ue
Non si sa bene se meravigliarsi di più per le 3.374 tonnellate di oro che fanno della Germania il primo Paese d'Europa e il secondo del mondo per riserve, oppure per la rapidità con cui è riuscita ad accumulare questo tesoro. Basti solo ricordare che alla fine dell'ultima guerra mondiale, i suoi forzieri erano stati completamente svuotati. Tuttavia grazie al surplus delle partite correnti dagli anni cinquanta, la situazione non solo si è rimessa in sesto, ma è diventata floridissima.

Tutto è stato fatto alla luce del sole, al pari dei dati contenuti nel libro di 160 pagine Das Gold der Deutschen, in cui sono ricostruite tutte le vicende recenti e si risponde in maniera più o meno esaustiva alle domande dei cittadini tedeschi sull'oro della Bundesbank. Non senza una punta di orgoglio si parla di miracolo economico tedesco dopo la seconda guerra mondiale.

Dal passato al presente, le cose vanno alla grande per la Germania, dalla crescita del Prodotto interno lodo al 3% alla disoccupazione al 3,6% fino ad arrivare a un surplus commerciale record da 300 miliardi di euro, non sembrano esserci nubi all'orizzonte.


Eppure i maggiori economisti tedeschi non nascondono qualche preoccupazione di troppo. Succede però che l'Unione europea non vive il suo periodo più brillante ed ecco che è allo studio il modo per favorire l'uscita indolore da parte degli sconti. E anche senza citarla esplicitamente, il riferimento velato è anche per l'Italia. Stando alla proposta allo studio, la legislazione comunitaria dovrebbe prevedere una procedura di uscita dall'Eurozona al pari del famigerato articolo 50 del Trattato di Lisbona appellato dalla Gran Bretagna.

Preoccupata dell'Italia e dei Paesi Deboli

L'Italia sembra pronta a recipire il nuovo disegno Europea di gestione e di Governo, e nessuno o quasi degli attuali politici sembra essere decisamente contrario, soprattutto al Fiscal Compact ma è un disegno che se dovesse passare andrebbe contro i nostri stessi interessi e ancora una volta in favore delle economie più potenti come la Germania

Come vedremo sotto, l'Unione Europea si è detta preoccupata da due fattori principali, la mancata crescita e il debito che continua a salire, oltre che per la situazione delle banche. Di seguito vedremo, le posizioni dell'Ue, ma ci sono anche analisti che sottolineano come il nostro debito sia in realtà cresciuto nonostante le politiche di austerity molto meno rispetto a quello della Francia e ancora meno rispetto a Gemania e Giappone a cui nessuno indica la minaccia di fallimento o default. Tra l'altro il debito in Italia è in mano per due terzi ai cittadini italiani stessi che hanno un risparmio molto più alto privato degli altri stati mondiali.
Il secondo problema è la mancata crescita, ma oltre ad una evidente della nostra classe politica, tutto viene deciso anche dalla forte austerity che ci è stata imposta e non è servita a nulla, se non arricchirre le casse di altri Stati, in primis e soprattutto la Germania.

Nuove regole più rigide

Il vero problema è che nel nuovo sistema europeo dovrebbe entrare il Fiscal Compact che ci obbligherebbe a nuove tasse e sacrifici per bloccare il debito e conseguirne sempre la parità. Questo non farebbe altro che alimentare sacrifici e difficoltà ancora maggiori per l'Italia seguendo una politica filo tedesco che gestisce l'Europa.
SE si aderisse al Fiscal Compact dovrebbe esserci una vera Unione Europea con un sistema di mutua solidarietà, un vero Parlamento Europeo, e debiti condivisi da tutti con un sistema di obbligazioni europeo.
Altrimenti si continuerà sempre su questa strada e sul rischio del fallimento e del commissariamento, o per qualcuno detto, anche di controllo da parte della Germania stessa.

Germania mai stata così bene economicamente

Lavorare tutti lavorare meno. Era un vecchio slogan utilizzato nella manifestazioni di piazza organizzate nel secolo scorso. Lavorare tutti lavorare meno. E fa un certo effetto che quello che è stato bollato in Italia come un vacuo ritornello ad uso e consumo di nostalgici sognatori, in Germania oggi rappresenta la sintesi delle agitazioni sindacali che stanno portando risultati concreti per i lavoratori tedeschi. Sia per quanto riguarda una riduzione dell’orario di lavoro settimanale.

Sia rispetto a prossimi aumenti salariali. Meno ore di lavoro a settimana, da trentacinque passeranno infatti a ventotto e un aumento salariale che fissato alla percentuale ragguardevole del 4,3%. Lavorare tutti, lavorare meno, si diceva. E l’intesa raggiunta dal sindacato dei lavori del settore metallurgico ed elettrotecnico Ig Metall è destinato ad assurgere al ruolo di pietra miliare per le lotte dei lavoratori. Lavorare tutti, lavorare meno, per l’appunto. Chissà se lo stesso modello potrà essere applicato anche in Italia.

Anche perché i circa novecentomila lavoratori di questo settore sono stati capaci di chiuderlo un accordo. Non si sono fermati, insomma, davanti a nessun ostacolo e a nessuna difficoltà e grazie alla mediazione del sindacato Ig Metall con gli imprenditori l’accordo pilota è stato siglato. Un accordo che viene già definito storico perché oltre a consentire una diminuzione delle ore lavorative a settimana, dalle 35 do oggi si scende a 28, prevede anche un aumento salariale. Lavorare tutti, lavorare meno, lavorare meglio.

E guadagnare, perché no, anche di più. Un rotondo 4,3% per la precisione. Non briciole insomma. E non si tratta di un sogno e i lavoratori tedeschi se ne accorgeranno presto. Certo per il momento queste agevolazioni sono previste per i dipendenti più anziani e per un lasso di tempo che può variare da un minimo di sei mesi ad un massimo di due anni. Il fatto che tale possibilità venga delimitata ad preciso arco temporale di due anni al massimo, non sminuisce la portata storica dell’accordo. Si pensi, per esempio, alla possibilità per un dipendente di avere per un biennio il tempo necessario ad accudire in maniera adeguata un figlio dopo la nascita oppure per curare un parente malato o infermo.

Ma allora se una cosa del genere è possibile in Germania, si potrà sperare di importare lo stesso modello anche in Italia? Purtroppo, analizzando il panorama italiano e le condizioni del mercato del lavoro, verrebbe da essere pessimisti. Per prima cosa perché la Germania sta vivendo un periodo di disoccupazione quasi nulla come dimostra la percentuale del 76% di occupati e il misero 3,6% di persone che non hanno un’occupazione. La conseguenza di questa condizione è che la manodopera costa, visto che non si trova così a buon mercato come in Italia. E questo significa che la produttività di un lavoratore tedesco è più alta di un suo collega italiano e anche che il sindacato possiede un potere contrattuale più elevato in Germania. I grandi successi che i metalmeccanici tedeschi stanno ottenendo sia sulla diminuzione dell’orario di lavoro settimanale e il contemporaneo aumento dei salari sono difficilmente replicabili.

Deficit sempre più basso
Se in Italia il debito pubblico continua ad aumentare e, come detto, peggio del nostro Paese è riuscita a fare solo la Grecia, decisamente opposta è la situazione in Germania. Guardando al di fuori dei nostri confini, infatti, tra il 2013 e il 2016 il debito pubblico è aumentato ovunque e unica eccezione è rappresentata dalla Germania: in Francia, il debito è salito di 4,1 punti; in Spagna, il debito è salito dal 95,5% del 2013 al 99,0% del 2016 pur riducendo il deficit di 2,5 punti, ma in Germania il debito, in quattro anni, è passato dal 77,4% al 68,1%. Un gran bel risultato ma decisamente in controtendenza rispetto all’andamento delle altre economie.

C'è molta preoccupazione e incertezza per l'area Euro e la stabilità finanziaria con la possibilità di forti storni per la gestione dei tassi e del loro probabile rialzo che è la stessa Bce a mettere l'avviso di pericolo che diventa più forte per l'Italia, sia per le banche che le imprese senza contare l'avvertimento già ricevuto per l'iter attuale

Mentre da noi....
Il debito pubblico continua ad aumentare segno che la politica di austerity e il piano di tagli agli sprechi non riescono a sortire alcun risultato: sembra, infatti, che nulla funzioni nonostante si parla di profondo impegno volto alla riduzione del debito pubblico del nostro Paese che continua a far persistere uno stato di crisi generale da cui sembra sempre più difficile uscire. Stando a quanto riportano le ultime notizie Eurostat, nel nostro Paese il debito pubblico vola al 132% del Pil e, secondo Bankitalia, da aprile a luglio i debiti sono aumentati di altri 39,4 miliardi, raggiungendo quota 2.299 miliardi di euro. Questi recenti numeri sull'andamento del debito pubblico delineano i contorni di una situazione di crisi economica da cui risulta sempre più difficile uscire ma ci si chiede quale sia davvero la causa dell’impossibilità del nostro Paese di superare i problemi economici che continuano ad affliggere il Belpaese.

Le ultime notizie confermano come il debito pubblico in Italia sia ancora cresciuto. Secondo i recenti dati Eurostat, dal 2014 ad oggi il debito pubblico italiano è aumentato di 138 miliardi di euro arrivando a quota 2.218 miliardi di euro, dai 2.173 miliardi dell'anno precedente. Peggio dell’Italia ha fatto solo la Grecia, dove il debito pubblico ha raggiunto il 180% del Pil. Secondo Eurostat, in Italia nel 2016 il debito pubblico ha raggiunto il 132% del Pil, in rialzo rispetto al 131,5% del 2015 mentre l'ammontare del Pil italiano è risultato in crescita a 1.681 miliardi, dai 1.652 miliardi del 2015. E la crescita del debito pubblico è continuata anche in questo 2017: secondo Bankitalia, da aprile a luglio il debito è aumentato di altri 39,4 miliardi, toccando quota 2.299 miliardi di euro e nei primi sette mesi dell’anno il debito è aumentato complessivamente di 82 miliardi di euro. A nulla, dunque, è servita l’austerità.

A questi numeri si aggiungono quelli relativi, nello specifico, all’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche nel 2016, quando si è arrivati alla quota -41.937 milioni di euro, pari al 2,5% del Pil. Secondo le ultime notizie riportate nella seconda Notifica annuale sull'indebitamento netto e sul debito delle Amministrazioni Pubbliche (AP) Istata, riferita al periodo 2013-2016, trasmesso alla Commissione Europea in applicazione del Protocollo sulla Procedura per i Deficit Eccessivi (PDE) annesso al Trattato di Maastricht, il debito delle Amministrazioni Pubbliche negli anni 2013-2016 è risultato pari a 2.218.471 milioni di euro, pari al 132% del Pil e rispetto al precedente 2015 il rapporto tra il debito delle Amministrazioni pubbliche e il Pil è cresciuto di 0,5 punti percentuali.

Si tratta di numeri che dimostrano come il piano di riduzione e revisione della spesa pubblica non sia stato efficace o, come si dice da tempo, non sia stato proprio attuato. Del resto, tra misure di austerità che non hanno portato alcun risultato concreto positivo e mancata revisione della spesa pubblica non ci si poteva aspettare altro che ulteriori notizie negative sull’andamento dell’economia del nostro Paese rispetto alle altre europee che, seppur lievemente, sembrano tutte in riresa, ad eccezione, come sopra detto, del caso della Grecia.

Ma diminuisce in Germania
Se in Italia il debito pubblico continua ad aumentare e, come detto, peggio del nostro Paese è riuscita a fare solo la Grecia, decisamente opposta è la situazione in Germania. Guardando al di fuori dei nostri confini, infatti, tra il 2013 e il 2016 il debito pubblico è aumentato ovunque e unica eccezione è rappresentata dalla Germania: in Francia, il debito è salito di 4,1 punti; in Spagna, il debito è salito dal 95,5% del 2013 al 99,0% del 2016 pur riducendo il deficit di 2,5 punti, ma in Germania il debito, in quattro anni, è passato dal 77,4% al 68,1%. Un gran bel risultato ma decisamente in controtendenza rispetto all’andamento delle altre economie.

C'è molta preoccupazione e incertezza per l'area Euro e la stabilità finanziaria con la possibilità di forti storni per la gestione dei tassi e del loro probabile rialzo che è la stessa Bce a mettere l'avviso di pericolo che diventa più forte per l'Italia, sia per le banche che le imprese senza contare l'avvertimento già ricevuto per l'iter attuale
 

tontolina

Forumer storico
La Bce conferma: se la Germania esce dall’euro c’è una buonuscita da 900 miliardi
  • Marcello Minenna*
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Vitor Constancio, Vice-President of the European Central Bank, speaks during the 32nd Annual Group of 30 (G30) International Banking Seminar in Washington, DC, on October 15, 2017. / AFP PHOTO / SAUL LOEB (Photo credit should read SAUL LOEB/AFP/Getty Images)
*Economista; @marcellominenna


Poche settimane dopo la controversa proposta di un gruppo di influenti economisti tedeschi sulla necessità di una clausola di uscita dall’Euro sulla falsariga dell’Articolo 50 del Trattato di Lisbona recentemente invocato dal Regno Unito, la BCE torna sull’argomento attraverso le dichiarazioni del suo Vice-Presidente Victor Constancio.


La BCE affronta il tema spinoso dei saldi Target2, ribadendo in parte quanto sostenuto dal Presidente Draghi in una celebre audizione del 20 gennaio 2017: se un Paese dovesse uscire dall’Unione monetaria dovrebbe regolare i sui saldi Target2 in pieno, ed in Euro. In particolare se un Paese si dovesse trovare in una situazione debitoria, come l’Italia che ha attualmente un saldo Target2 profondamente negativo a – 442 miliardi, la sua banca centrale dovrebbe farsi carico dei debiti utilizzando i suoi attivi di bilancio, tra cui si annoverano 86 miliardi in oro.


Si nota però come Constancio abbia aggiunto un dettaglio importante in più: se il Paese uscente invece si dovesse trovare in una situazione creditoria, come la Germania che ha un saldo Target2 positivo ad oltre 900 miliardi, sarebbe la sua banca centrale (cioè la Bundesbank) a dover essere pagata dalle altre banche centrali dei Paesi restanti. Lo stesso Draghi a marzo 2017 glissò sulla medesima questione sollevata da un’interrogazione da parte di europarlamentari olandesi, dichiarando che la BCE stessa non poteva fare ipotesi sulla fine dell’Euro data la sua irrevocabilità.

Ora invece pare che la BCE prenda in considerazione il problema, in linea con la posizione degli economisti tedeschi che chiedevano per l’appunto che si preservasse lo status giuridico dei crediti Target2 tedeschi in caso la Germania avesse abbandonato la moneta unica, magari in disaccordo sulle proposte di riforma dell’Eurozona in un’ottica di condivisione dei rischi (risk-sharing). Le nazioni a credito come Germania ed Olanda sembra dunque che possano essere “premiate” per la decisione di uscita con il regolamento in euro – e non in valute nazionali – a proprio favore dei saldi Target2. Una vera e propria buonuscita sempre che il marco non si rivaluti troppo.

LEGGI ANCHE: La Germania propone una via d’uscita dall’euro. Per proteggere se stessa
 

Tolomeo

Perdo pelo, non il vizio
Se i tedeschi rivogliono i loro 900 miliardi, basta che tutti gli altri rispondano MARAMEO e facciano saltare tutto:

- Euro
- UE
- BCE
- leggi, trattati, tribunali ecc. ecc.

Poi ogni stato europeo potrebbe innalzare una dogana del 500% su tutte le importazioni dalla Germania.

TUTTI CONTRO LA GERMANIA !
Andassero affanku_lo i tedeschi !
 

tontolina

Forumer storico
intanto però

Juncker taglia i fondi al Sud Italia. Ma il Mezzogiorno non ha strumenti per opporsi
Stando alle notizie lette in questi giorni, l’Italia rischia di perdere diversi miliardi di spesa destinata al Sud, sotto forma di fondi di coesione. Ciò in virtù della revisione in corso sui bilanci Ue, a seguito della Brexit. Si parla di una riduzione del 5% dei fondi europei di coesione, nella proposta avanzata Commissione europea di Jean Claude Juncker. In sostanza, il bilancio dovrà aumentare a fronte di una riduzione dei Paesi contribuenti. Tra l’altro, secondo quanto ancora riportato nell’articolo di Stefano Feltri, “Il tetto ai versamenti di un singolo Paese salirà dall’1,20% del reddito nazionale lordo europeo all’1,29. E siccome l’Italia è un contribuente netto – versa più di quanto riceve – dovremo pagare di più. Ricevendo meno, per i tagli alla coesione”. Quindi, danno e beffa, con la riduzione proprio di quei fondi che finanziano lo sviluppo delle zone più arretrate. Come il Mezzogiorno.


Peraltro, è un problema frequente quello dello slittamento dei fondi per il Sud verso altre sponde.
Andrea Del Monaco in Sud colonia tedesca (Ediesse, 2017) ricorda che secondo la legge di Stabilità del Governo Letta (2014), l’80% dei Fondi di sviluppo e coesione (Fsc) dovrebbe esser speso nelle regioni meridionali. “In realtà il Fsc (prima Fas, Fondo per le aree sottoutilizzate) è stato usato come bancomat per la spesa sanitaria o per la decontribuzione dei neoassunti di tutte e venti le regioni italiane, facendo saltare il vincolo dell’80% per il Mezzogiorno e indirettamente scippando risorse ai meridionali”.
Blog | Juncker taglia i fondi al Sud Italia. Ma il Mezzogiorno non ha strumenti per opporsi - Il Fatto Quotidiano
 

tontolina

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il dilemma dell’investitore
Tassi, 300 punti tra Usa ed Europa. Così si ammalò (anni ’90) il Giappone
Tassi, 300 punti tra Usa ed Europa. Così si ammalò (anni ’90) il Giappone


Sul fronte tassi il mondo della finanza sta offrendo, giorno dopo giorno, casi scolastici a dir poco clamorosi. Come quello che ha appena visto il Portogallo emettere un bond a 10 anni il cui tasso finale è stato fissato all’1,67%, minimo di tutti i tempi su questa scadenza per Lisbona. Il tutto accadeva mentre sugli schermi del mercato obbligazionario i titoli di Stato Usa di pari durata sfondavano al rialzo la soglia del 3%. Dati alla mano tra i due Paesi ci sono oggi quasi 140 punti di divario. E i bond di Lisbona pagano meno interessi nonostante le agenzie di rating li collochino, a livello di rischiosità, otto gradini più in basso rispetto a quelli Usa (tanta è la distanza che passa tra la “BBB” del Portogallo e la “Tripla A” degli Usa).

Ma non c’è nulla di folle in questo livello di prezzi e tassi accettato dagli investitori. Perché tra le due aree economiche ballano livelli di inflazione (attuali e attesi) profondamente distanti (circa 200 punti base in più per gli Usa). E dato che i bond incorporano anche l’inflazione attesa l’apparente paradosso è presto spiegato.

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inRead invented by Teads
Ma in senso più lato, confrontando gli Usa con l’Eurozona, l’enorme differenziale di tassi potrebbe rappresentare un problema. Sulla curva a 2 anni i rendimenti degli Usa (2,5%) sono quasi 310 punti più cari di quelli della Germania (-0,58%). Una distanza enorme che graficamente ci riporta indietro a fine anni ’80. Certo, ci sono stati momenti peggiori: a inizio anni ’80 lo spread Usa-Germania superava i 600 punti per poi sprofondare a -530 nel 1992.


Lo spread Usa-Germania torna al 1989. Come cambiano le scelte d’investimento?
I momenti di allineamento delle due aree (quando tassi e inflazione attesa hanno prodotto in sostanza uno spread nullo) non sono stati poi così tanti nelle ultime decadi. Ma quello che preoccupa, lato Europa, in questo momento è cosa si nasconde dietro questo dato, ovvero il fatto che l’Eurozona non riesce a generare da tempo un tasso di inflazione convenzionalmente accettabile (intorno al 2%) e probabilmente sarà ancora così per parecchio.È questo in fondo quello che ci racconta uno spread oggi così alto con gli Usa.

LO SPREAD USA-GERMANIA
Differenza di rendimento dei bond governativi a 2 anni. Fonte: Ufficio Studi Il Sole 24 Ore
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Il tutto accade perché la ripresa economica che l’Eurozona sta vivendo non pare così solida e strutturale come quella Usa. La riprova arriva osservando l’indice delle sorprese economiche elaborato da Citigroup. Nell’Eurozona questo indice - che misura la percentuale di dati economici pubblicati superiori alle attese - è recentemente sprofondato a -98%. Ciò vuol dire che negli ultimi mesi la quasi totalità dei dati pubblicati sull’andamento economico dell’area euro sono risultati inferiori alle attese.


Perché i bond Usa al 3% stanno mandando in tilt i Paesi emergenti
Questo è il vero motivo di preoccupazione, sollevato anche dal governatore della Bce Mario Draghi. Preoccupazione che inizia a riflettersi anche sulle manovre di politica monetaria. Se due settimane fa gli investitori davano per scontato (100%) un aumento di 10 basis point del tasso sui depositi (oggi a -0,4%) oggi le probabilità sono scivolate al 75%. Come dire, di questo passo, per la Bce sarà sempre più difficile trovare giustificazioni per alzare i tassi.

L'INDICE DELLE “SORPRESE” ECONOMICHE EUROPEE
L'andamento del Citigroup surprise index nell'Eurozona (Fonte: Ufficio Studi Il Sole 24 Ore)
Lug2014Lug2015Lug2016Lug2017Lug2018-150-100-50050100150


Di questo passo l’Eurozona sembra più direzionata verso la “sindrome giapponese” (tassi a 0 da 20 anni) che non verso gli Usa. Il che, letto dal lato dell’investitore europeo, vuol dire che sarà costretto a cercare altri lidi (e magari altre valute) per provare a portare a casa un qualche rendimento.

twitter.com/vitolops
 

tontolina

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però i tedeschi sono davvero poveri anche se il loro debito pubblico è inferiore a quello italiano


SFATIAMO I FALSI MITI SULL'ITALIA
 

tontolina

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SALVINI DI MAIO: PANICO A PARIGI E BERLINO!
Scritto il 21 maggio 2018 alle 11:00 da icebergfinanza
SALVINI DI MAIO: PANICO A PARIGI E BERLINO! | icebergfinanza

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Probabilmente nessuno ci ha fatto caso ma negli ultimi mesi avevo scritto un post che con il senno di poi, potrebbe rivelarsi profetico!

EURO BREAK UP: IL MOMENTO DELLA VERITA’ SI AVVICINA
A Berlino alcuni economisti molto noti martedì si sono riuniti per discuterne. Il loro obiettivo era quello di sviluppare un piano di emergenza a cui ricorrere in caso di disintegrazione della moneta unica. Con il titolo „Is the Euro sustainable – and what if not“ alcuni importanti economisti tedeschi e internazionali si sono trovati per discutere i costi e le conseguenze di un possibile collasso dell’euro, le riforme che potrebbero facilitare l’uscita di un paese e le esperienze storiche relative alla caduta delle precedenti unioni monetarie.
L’invito a Berlino è arrivato dal’università privata ESMT e dal Max-Planck-Institut per il diritto fiscale e la scienza delle finanze. E’ possibile che la situazione nell’unione monetaria si sia stabilizzata grazie alla ripresa economica congiunta, ma i saldi Target in continua crescita evidenziano le fratture economiche all’interno della zona euro.
E le elezioni italiane hanno mostrato che il pericolo di una dissoluzione dell’euro è tutt’altro che scomparso

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Ma prima partiamo da qui, fate molta attenzione, perché uno di questi due nomi, potrebbe essere una sorpresa oggi, come potrebbero essere una sorpresa le eventuali dimissioni del presidente della Repubblica.

Dite la verità, nessuno ci ha pensato, nemmeno io, ma essere pronti a tutto, vagliare qualunque scenario fa parte del nostro lavoro, la straordinaria ricerca sugli scenari di un eventuale “break-up” dell’euro alla quale ho lavorato per mesi, mi ha fatto capire che nulla è impossibile, soprattutto nulla è irreversibile!

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“Cari amici italiani, temo non vi rendiate conto della gravità della situazione che spinge giorno dopo giorno l’Italia sul sentiero del sottosviluppo economico e della crisi sociale. Al contesto mondiale di crescente concorrenza, si aggiungono gli effetti della natura monetaria non ottimale dell’euro e di una ancor più rigida politica fiscale impostaci dall’Ue e da noi accettata sotto l’assillo dell’emergenza». 2012 Paolo Savona

Loro, i tedeschi, dicono che sembra preferibile che l’Italia lasci l’euro, ma in realtà sarà la Germania a lasciare l’euro!

Direi che a Berlino e Francoforte sono in preda all’isteria più che al panico!

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Nessuna novità, da anni vi raccontiamo che il vero pericolo per l’ Europa in realtà sono i tedeschi, la Germania, la sua continua voglia di egemonia che non muore mai attraverso la storia.

Siamo stati i primi in Italia, primi in assoluto a raccontarvi nel luglio del 2011 per quale motivo in realtà, il sistema finanziario più pericoloso e disastrato d’Europa era quello tedesco, insieme a quello francese e inglese. Solo grazie a Voi, non certo ai media e alla stampa mainstream, asservita all’Europa, siamo riusciti a condividere con centinaia di migliaia di uomini e donne in questo Paese la verità, una condivisione che è sfociata in un voto che ha letteralmente capovolto, questa anomalia.

Ieri si sono messi anche i francesi, in realtà gli amici del banchiere Macron ha seminare panico ed isteria sul nostro Paese, qua e la ordine sparso anche qualche inutile e pericoloso burocrate europeo.

Governo, la Francia avverte l’Italia: «Rispetti gli impegni o eurozona …
«Se il nuovo governo non rispetterà i suoi impegni sul debito, sul deficit, ma anche sul consolidamento delle banche, l’intera stabilità finanziaria della zona euro sarà minacciata», ha avvertito nel corso di una trasmissione televisiva.

«Vedremo quali decisioni saranno prese dall’Italia, io ribadisco quanto sia importante mantenere questi impegni a lungo termine per garantire la nostra stabilità comune – ha aggiunto Le Maire -. Tutti in Italia devono capire che il futuro dell’Italia è in Europa e da nessun’altra parte, e perché questo futuro sia in Europa ci sono regole da rispettare».

Si ci sono delle regole da rispettare in Europa! Questa volta non faremo ironia ma informazione.

Francia sfora sul deficit, nel 2014 al 4,4% del Pil.
Perché la Francia può violare le regole e noi no .
Francia, deficit 2016 scende a 3,4% Pil, sfora target governo 3,3%
Deficit, Francia e Spagna superano il 3%. Berlino sfora sull’avanzo commerciale …
Italia? No, è la Francia il Paese più indebitato dell’area euro

Mi sono limitato a citare la Francia,
la Germania l’ho lasciata da parte per il momento, perché non rispetta alcuna regola!

Il panico si aggira per Berlino e Francoforte!

Se volete un disegnino, vi ricordo che la fesseria del linite del 3 % in Francia non viene rispettata da secoli…

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Sono dieci anni che loro non rispettano le regole!

Ma non ci limitiamo a queste cose di poco valore, un limite quello del 3 % anacronistico e cestinato dal suo stesso inventore…

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… noi andiamo in profondità e visto che il ministro francese ha citato anche le banche italiane…

Gli amici di Machiavelli conoscono a memoria questo modellino, chiedo gentilmente di tenere segreta la fonte, fonte della massima autorevolezza, non sempre è lecito dare le perle in pasto…

Ve lo ripropongo qui, potrei scorporarlo per il livello di leva finanziaria, ma ne uscirebbe una classifica esplosiva, ma a tempo debito vi racconteremo alcune cose che in Italia nessuno vi ha mai raccontato.

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Sento in giro tanta isteria tra analisti, economisti, politici, giornalisti e giullari di sistema, su quello che potrà accadere nei prossimi mesi al debito pubblico italiano, per loro gli incompetenti e gli ignoranti vanno al potere, perché quelli bravi invece…

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… dopo quelli bravi, quelli che hanno portato l’austerità dentro casa, la deflazione salariale, distrutto domanda interna, mercato immobiliare, occupazione e salari, si dopo la cura-chemioterapica di quelli bravi il nostro Paese è risorto!

No, non prendetevela con Voi stessi, no non siete fessi, purtroppo siete solo vittime di questo sistema, un sistema subdolo, feroce, falso e manipolatore, spesso e volentieri in mano a persone che non hanno la più pallida idea di cosa significhi bene comune.

No, non è un complotto, assolutamente non c’è alcun complotto, si tratta semplicemente di usanze sociali e costumi, i loro costumi, come direbbe il nostro John Perkins…

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Ma qualcosa è davvero cambiato, l’Italia dei furbi e dei fessi, ha voltato per il momento pagina..

Sei italiani su dieci dicono sì al governo della “Lega a 5 Stelle”
Sondaggio Demos per Repubblica Salvini supera Gentiloni e diventa il leader più apprezzato con il 52%. Di Maio al 42%

Ora non resta che attendere se il Presidente Mattarella darà il via libera al Governo Lega Movimento Cinque Stelle… o sarà costretto a dare le dimissioni, perché non condivide il volere della maggioranza degli italiani.

Chiudo con una dichiarazione fatta da un uomo, Perotti professore ordinario di economia politica presso l’Università Bocconi di Milano, la tana del lupo, che ha dimostrato grande libertà e onestà intellettuale…

Giusto per fare un po di arrosto di oche ed anatre giulive che in questi giorni si sono messe a starnazzare in su per l’aia che la proposta era tecnicamente impraticabile. E’ un problema politico, ma come la storia insegna, la storia delle unioni monetaria, i problemi politici vengono risolti in una sola maniera. La verità è figlia del tempo!
 

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