2015 (1 Viewer)

mariougo

Forumer storico
nervosismo e imprevedibilita'

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Nelle ultime settimane, i mercati finanziari sono stati molto
nervosi e quindi vulnerabili. Il prezzo del petrolio è crollato
rapidamente, l'oro ha registrato una fortissima correzione.
Anche le borse azionarie hanno subito forti perdite. Ed è
comparso il timore sotto forma di un aumento della volatilità.
La spensieratezza degli investitori, presente a lungo,
è sparita a luglio. Prima la Grecia ha suscitato preoccupazione,
poi la Cina, e in concomitanza, i mercati erano e
sono inquieti per il quando e il come dell'inversione dei
tassi negli Stati Uniti. Questo cocktail non crea solo inquietudine,
ma rende sempre più imprevedibili soprattutto i
mercati azionari. È certamente possibile che i mercati giungano
alla conclusione che le recenti correzioni siano state
troppo violente e recuperino di nuovo una parte delle ultime
perdite. È anche possibile però che ci troviamo ora in
una fase di una nuova valutazione della direzione che i
mercati finanziari prenderanno a medio termine e che
quindi i corsi rimangano sotto pressione. Poiché nel frattempo
anche il momentum è colpito, manteniamo ancora
la leggera sottoponderazione tattica nelle azioni. Perlomeno
fino a quando la volatilità scenderà di nuovo sensibilmente.
La paura è tornata

L'incertezza deriva sempre dagli stessi tre angoli come nei
mesi precedenti e a nostro avviso non è ancora scomparsa.
1. Shenzhen – in rappresentanza delle incertezze in Cina.
2. Atene, dove prossimamente, ossia il 20 settembre, sono
previste nuove elezioni. 3. Yellen, che sta diventando sempre
più la quintessenza di un temporeggiamento della politica
monetaria quasi incomprensibile anche per i mercati.
In questo «triangolo delle Bermuda» i mercati sono bloccati
ormai da molto tempo. E da ciascuno di questi tre angoli
c'è il rischio di improvvisi contraccolpi, il che di recente
è stato fatto presente in modo molto chiaro ai mercati.
Cambio di segni
Contemporaneamente, le reazioni dei mercati ai dati economici
hanno di nuovo cambiato il segno davanti ai dati,
ciò che riteniamo un segnale preoccupante. Finalmente i
mercati avevano interpretato nel dovuto modo le notizie
positive dal fronte congiunturale negli ultimi mesi – soprattutto
in Europa- e le hanno premiate con aumenti dei corsi.
Tuttavia, il terremoto in Cina non ha riportato solo la volatilità,
ma anche il nervosismo per non dire la paura. Ed
ecco che un rapporto sul mercato del lavoro dagli Stati
Uniti, che non soddisfa le aspettative degli operatori di
mercato, genera di nuovo reazioni positive. Sempre fedele
al motto che nessuna notizia può essere così buona come
la certezza che i tassi non saliranno.
La paura per l'inversione dei tassi svolge un ruolo in quasi
tutte le riflessioni dei mercati, ma ora improvvisamente di
nuovo si tratta di un ruolo principale. Quando le borse cinesi
sono crollate, la caduta dei corsi non è stata frenata
tanto dalle misure del governo a Pechino, quanto dalle
voci negli Stati Uniti che nel 2016 potrebbe forse non esserci
addirittura più alcun aumento dei tassi. Le notizie un
po' deludenti del mercato del lavoro USA sono state sfruttate
dagli operatori di mercato per ulteriori acquisti, poiché
hanno subito scontato un rinvio dell'inversione dei
tassi. Tuttavia, nel frattempo anche a Wall Street c'è chi
accoglierebbe con favore un imminente aumento dei tassi
– proprio perché il temporeggiamento e la continua nuova
valutazione del panorama dei tassi genera quasi più incertezza
di un loro minimo aumento.
Le azioni non sono convenienti
Affinché i mercati azionari ora possano recuperare di
nuovo terreno, non è sufficiente la garanzia di tassi bassi.
La Cina deve dimostrare prima al mondo che è veramente
ancora in grado di pilotare in modo attivo l'economia e di
raggiungere gli obiettivi di crescita. Infatti, dalle proiezioni
della crescita economica cinese non dipende solo l'intera
economia mondiale, ma anche buona parte degli utili previsti
delle aziende quotate nelle borse di tutto il mondo. Le
aspettative dei mercati sono sempre elevate. L'indice SMI
è tutt'altro che conveniente anche dopo la correzione



.......mm
 

mariougo

Forumer storico
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Manteniamo la lieve sovraponderazione negli investimenti
alternativi. Mentre il contesto per l'oro e il
petrolio rimane praticamente invariato, gli investimenti
indiretti in immobili diventano più attraenti.
Oro con tendenza laterale
Nelle ultime settimane, il prezzo dell'oro si è mostrato disomogeneo.
Da un lato, la tendenza ribassista che dura
dall'inizio dell'anno si è interrotta e dall'altro lato il movimento
rialzista di metà luglio non è proseguito e il terreno
guadagnato è stato in parte addirittura perso di nuovo. Le
prospettive rimangono intanto moderate. Mentre ultimamente
l'interesse per l'oro – misurato in base al numero
dei contratti aperti – è diminuito, l'ottimismo tra i grandi
investitori speculativi è aumentato leggermente, come si
può vedere dalle posizioni lunghe nette, che tuttavia sono
sempre ancora nettamente sotto la media pluriennale. Anche
la moderata domanda fisica continua a indicare un
contesto difficile per l'oro. Per il momento, ciò è a favore
di un ulteriore movimento laterale, a meno di improvvise
oscillazioni in seguito alla copertura di posizioni di vendite
allo scoperto. Manteniamo il posizionamento neutrale.
Status quo sul mercato petrolifero
Per il petrolio nei prossimi mesi dovrebbe rimanere tutto
invariato. L'eccedenza dell'offerta globale continua a
causa della diminuzione solo esigua della produzione USA
e dell'interruzione del calo del numero di impianti attivi di
trivellazione petrolifera. Allo stesso tempo, sul breve periodo
non si riscontrano eventi che potrebbero influenzare
in modo determinante la situazione sul mercato del petrolio.
Infatti, il ritorno dell'Iran come fornitore internazionale
di petrolio è previsto solo per il prossimo anno. Anche una
decisione sull'eventuale sospensione del divieto autoimposto
di esportazione di USA sarà all'ordine del giorno della
politica statunitense non prima del 2016. E l'OPEC si riunisce
solo il 4 dicembre – secondo le dichiarazioni dei funzionari
del cartello, durante questa riunione non si dovrebbe
modificare l'attuale volume di estrazione target.
Immobili: correzione degli aggi
Nell'attuale contesto dei tassi, gli investimenti immobiliari
indiretti rimangono interessanti. Inoltre, le quote distribuzione
sono aumentate di nuovo leggermente. Infatti, il
rally avvenuto con l'introduzione dei tassi negativi, in particolare
per i fondi di immobili a uso abitativo, ha raggiunto
in aprile il suo punto massimo. Da allora sia gli immobili
commerciali sia i fondi di immobili a uso abitativo
hanno registrato una correzione e la correzione degli aggi
per immobili commerciali è stata maggiore. Pertanto, nonostante
l'esigua differenza tra le quote distribuzione degli
investimenti indiretti, preferiamo gli immobili commerciali.
Ciò in contrasto con gli investimenti immobiliari diretti,
dove gli immobili commerciali sono sempre esposti a rischi
di surriscaldamento. Nel complesso riteniamo che a causa
del livello dei tassi di nuovo diminuito sia possibile un
nuovo aumento degli aggi, per cui per gli immobili manteniamo
il posizionamento sovraponderato.
 

mariougo

Forumer storico
elezioni in grecia

.......................... b.wek....

Focus: le elezioni in Grecia non dovrebbero
avere grandi conseguenze
Nelle ultime settimane, la Grecia è quasi sparita dalle notizie
di prima pagina. La Cina e la Fed dominano gli eventi dei
mercati. Dal difficile compromesso su un terzo pacchetto di
aiuti, le aspettative di un'uscita della Grecia e i timori di possibili
effetti negativi di contagio ad altri paesi molto indebitati
dell'eurozona sono di nuovo notevolmente diminuiti.
A ciò hanno contribuito anche dati di crescita e di bilancio
inaspettatamente positivi. Per il secondo trimestre, gli statistici
greci hanno comunicato uno dei tassi più elevati di crescita
reale del PIL nell'Eurozona, +0.9% rispetto al trimestre
precedente. E fino a luglio i dati del bilancio statale erano
nettamente superiori al piano. Tuttavia, ciò non significa affatto
che ora finalmente l'economia greca gravemente colpita
procederà in forte rialzo. Anzi, la spinta congiunturale si
è verificata proprio quando si temeva maggiormente che la
Grecia ritornasse alla dracma. Oltre alla corsa agli sportelli
bancari, ciò dovrebbe aver determinato una fuga verso i valori
reali, il che a breve termine ha favorito le spese per i consumi.
Questo effetto anticipatore dovrebbe però provocare
un movimento contrario nel secondo semestre. Anche i positivi
dati di bilancio non riflettono correttamente la situazione
finanziaria dello Stato greco. Infatti, il miglioramento è
stato ottenuto nonostante il calo delle entrate. E cioè attraverso
un calo ancora più forte delle spese. A causa della difficile
situazione finanziaria, lo Stato non ha semplicemente
più pagato le sue fatture. I debiti sono però rimasti.
Nel complesso la ripresa congiunturale iniziata alla fine
dell'ultimo anno è stata soffocata dalla fallita elezione presidenziale,
dalle successive elezioni parlamentari e dalla connessa
elevata incertezza politica sotto il nuovo governo Syriza.
Nonostante un chiaro voto della popolazione durante
un referendum contro la continuazione del corso di consolidamento
richiesto dalle istituzioni, in luglio il Primo ministro
Tsipras ha alla fine approvato le condizioni per evitare un'uscita
della Grecia.
Il governo greco ha dovuto approvare come condizione per
ottenere nuovi aiuti finanziari altre misure di risparmio, che
penalizzano i redditi delle famiglie. Inoltre, eccetto adeguamenti
minimi gli ampi controlli del traffico dei capitali introdotti
alla fine di giugno continuano a essere validi – senza
prospettiva di una rapida eliminazione. Pertanto, il traffico
dei pagamenti delle aziende rimane molto penalizzato. Di
conseguenza, ultimamente i sondaggi sulla fiducia sono di
nuovo crollati. Le aziende vogliono ridurre ulteriormente il
loro personale e le famiglie vogliono diminuire le loro spese
per i consumi.
Dopo la riluttante approvazione del programma di aiuti sono
state indette nuove elezioni, che avranno luogo questa domenica.
I sondaggi mostrano una forte perdita di voti per Syriza.
Tutto indica una corsa testa a testa con l'ex partito di
governo liberale conservatore Nea Dimokratia. Sebbene il
partito con il maggior numero di voti in parlamento riceva 50
ulteriori seggi per facilitare la formazione del governo, il vincitore
delle elezioni sarà probabilmente costretto a cercare
partner di coalizione. Ciò non accelererà certo l'attuazione
delle necessarie riforme.
Difficilmente, però, le elezioni dovrebbero determinare
nuove turbolenze sui mercati finanziari. Entrambi i due grandi
partiti sono favorevoli a rimanere nell'Eurozona e a una continuazione
del programma di aiuti. Finora dal Meccanismo
europeo di stabilità sono stati pagati EUR 13 miliardi dell'importo
massimo possibile di EUR 86 miliardi nei prossimi tre
anni. Altri mezzi finanziari sono legati all'adempimento degli
obblighi di riforma. Il prossimo controllo è previsto in ottobre.
Fino a quel periodo deve essere accertato anche il fabbisogno
di capitale del sistema bancario greco. E poi l'FMI
deciderà se partecipare al finanziamento del terzo pacchetto.
Per questo però continuerà a chiedere la riduzione del debito,
non da ultimo a causa delle peggioramento delle prospettive
congiunturali. Difficilmente i creditori europei accetteranno
un taglio diretto del debito. Durate più lunghe e condizioni
d'interesse ancora leggermente migliori per i crediti
per gli aiuti sono quindi la probabile soluzione di compromesso.
Si continuerà quindi a cercare di tirare avanti
 

mariougo

Forumer storico
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L'incertezza, dunque, persiste – proprio come le
preoccupazioni per la crescita dei paesi emergenti, soprattutto
della Cina. Nel Regno di Mezzo, anche ultimamente le
notizie congiunturali sono state di nuovo negative. La fiducia
delle imprese, nell'industria, è peggiorata di nuovo contrariamente
alle aspettative del mercato. L'indice dei responsabili
degli acquisti per l'industria manifatturiera è sceso a 47.0, il
livello più basso da marzo 2009. Questo è un segnale del
fatto che anche a settembre le misure politico-monetarie e
politico-fiscali degli ultimi mesi non hanno determinato una
ripresa della congiuntura. Che il governo non riesca a raggiungere
l'obiettivo di crescita per il 2015, diventa sempre più
probabile. E anche in altri grandi paesi emergenti non si intravvede
alcun miglioramento della dinamica di crescita. Ad

eccezione dell'India, anche in questi paesi gli indici dei responsabili
degli acquisti sono sotto l'importante livello di 50.
La prossima settimana i risultati del sondaggio per settembre
dovrebbero di nuovo mostrare un risultato analogo. Oltre a
problemi strutturali, l'indebolimento della crescita in Cina e il
ribasso sui mercati delle materie prime hanno un effetto sensibilmente
negativo su molti paesi emergenti, in particolare su
Russia e Brasile. Per questi ultimi, anche nel T3 e nel T4 si
prevede di nuovo un calo del PIL

L'indebolimento nei paesi emergenti limita il potenziale di
sorprese congiunturali positive nelle nazioni industrializzate.
Dall'altro lato, i paesi industrializzati non dovrebbero neppure
risentirne eccessivamente. Le loro esportazioni nei mercati
emergenti costituiscono solo una quota esigua del PIL. Il
debole indice dei responsabili degli acquisti ISM è in primo
luogo da attribuire ai fattori sopra citati e non al rallentamento
della crescita in Cina. Nell'Eurozona, a settembre la fiducia
delle imprese è diminuita marginalmente. Nel complesso, nel
terzo trimestre gli indici dei responsabili degli acquisti sono
stati tuttavia leggermente migliori rispetto al T2. Anche la
fiducia dei consumatori non è stata frenata. In Germania, a
settembre l'indice Ifo sulla fiducia delle imprese è addirittura
sorprendentemente aumentato. Nel complesso, pertanto la
crescita del PIL nell'Eurozona dovrebbe essere di nuovo robusta
anche nel T3. La situazione degli ordinativi nell'industria
europea è inoltre sempre solida. Ciò indica che l'espansione
dovrebbe continuare anche nel quarto trimestre
 

mariougo

Forumer storico
mmmm

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 Continua l'elevata volatilità sui mercati azionari
 Industria negli USA e in Giappone con segnali di debolezza
 Focus: nessuna paura di un aumento dei tassi sul mercato
svizzero degli immobili a uso abitativo
Dopo che da metà agosto i mercati azionari globali hanno
registrato una forte correzione, le oscillazioni giornaliere continuano
a essere consistenti. Continuano a determinare agitazione
le preoccupazioni per l'economia mondiale e l'incertezza
sul momento del primo aumento dei tassi negli Stati Uniti.
Le preoccupazioni per la crescita sono sempre dovute soprattutto
ai più deboli indicatori congiunturali della Cina. Le notizie
negative del Regno di Mezzo continuano. In agosto i profitti
aziendali nell'industria sono diminuiti del 9% rispetto
all'anno precedente. Inoltre, gli indici dei responsabili degli
acquisti fanno pensare che la dinamica di crescita si indebolisca
ulteriormente non solo nell'industria, ma anche nell'intera
economia. Dai paesi industrializzati arrivano nel frattempo
segnali congiunturali per lo più stabili. La moderata espansione
nell'Eurozona continua ad avere un andamento in linea
con le attese. E negli Stati Uniti, la crescita del PIL nel terzo
trimestre appena concluso dovrebbe ammontare al 2% annualizzato
– grazie al consumo privato. Vi sono tuttavia anche
punti interrogativi: negli Stati Uniti, la fiducia delle imprese
nell'industria è nettamente peggiorata negli ultimi mesi. A
settembre, l'indice dei responsabili degli acquisti per l'industria
manifatturiera è stato solo di poco superiore all'importante
valore soglia di 50. Per la stagione delle comunicazioni
che inizia la prossima settimana, relativa al terzo trimestre, la
maggior parte degli analisti prevede di nuovo un calo degli
utili rispetto all'anno precedente. Tra i motivi figurano: il forte
dollaro e il basso prezzo del petrolio nonché la moderata
domanda globale. A causa della debolezza nel settore industriale
ci si domanda quindi se l'economia statunitense potrà
mantenere anche in futuro il robusto ritmo di espansione. Il
Giappone invece, risente maggiormente degli effetti negativi
causati dall'indebolimento in Cina, poiché circa un terzo delle
esportazioni giapponesi è diretto in Cina. Di conseguenza,
ultimamente le esportazioni complessive hanno registrato un
andamento più debole. Ciò si riflette anche nel calo della
produzione industriale, che in genere corrisponde bene
all'andamento del PIL. Poiché contemporaneamente anche la
domanda nazionale fornisce meno impulsi alla crescita del
previsto, nel T3 si dovrebbe registrare una recessione tecnica
o al massimo una crescita zero.
La Banca centrale statunitense ha una grande influenza sulla
percezione dei rischi di crescita globali. Da un lato, un prossimo
aumento dei tassi lascerebbe probabilmente il segno sui
mercati azionari. Dall'altro lato, un rinvio dell'aumento dei
tassi al prossimo anno o per un periodo indeterminato potrebbe
penalizzare allo stesso modo i mercati: Se la Fed continua
a esitare, gli attori del mercato potrebbero ritenere che
l'economia mondiale e anche la congiuntura statunitense
abbiano effettivamente basi poco solide. Nuove indicazioni
sul fatto se l'aumento dei tassi sia previsto ancora quest'anno
o no, potrebbero essere fornite la prossima settimana dal
verbale della riunione del FOMC di settembre. I banchieri
centrali hanno segnalato già più volte che i tassi dovrebbero
aumentare ancora nel 2015. Questa opinione è condivisa da
13 dei 17 membri del FOMC.
Sui mercati domina tuttavia lo
scetticismo, poiché le previsioni della Fed in passato si sono
rivelate spesso troppo ottimistiche. Per quanto riguarda un
aumento dei tassi nel corso di quest'anno, attualmente i
mercati a termine calcolano solo una probabilità del 40%.
I rischi di crescita per l'economia mondiale frenano la previsione
sull'inflazione. Di recente, le aspettative inflazionistiche
a lungo termine nei paesi industrializzati sono ulteriormente
diminuite. E nell'Eurozona e in Giappone, in agosto gli indici
d'inflazione preferiti dalla BCE e dalla BOJ sono scesi sotto lo
zero. Ciò rende più probabili ulteriori misure di allentamento
delle due Banche centrali. La prossima settimana in Giappone
non è tuttavia prevista alcuna decisione al riguardo e per
quanto riguarda la BCE non vi è ancora alcuna discussione
concreta su una proroga degli acquisti di obbligazioni.
 

mariougo

Forumer storico
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 Continua l'elevata volatilità sui mercati azionari
 Industria negli USA e in Giappone con segnali di debolezza
 Focus: nessuna paura di un aumento dei tassi sul mercato
svizzero degli immobili a uso abitativo
Dopo che da metà agosto i mercati azionari globali hanno
registrato una forte correzione, le oscillazioni giornaliere continuano
a essere consistenti. Continuano a determinare agitazione
le preoccupazioni per l'economia mondiale e l'incertezza
sul momento del primo aumento dei tassi negli Stati Uniti.
Le preoccupazioni per la crescita sono sempre dovute soprattutto
ai più deboli indicatori congiunturali della Cina. Le notizie
negative del Regno di Mezzo continuano. In agosto i profitti
aziendali nell'industria sono diminuiti del 9% rispetto
all'anno precedente. Inoltre, gli indici dei responsabili degli
acquisti fanno pensare che la dinamica di crescita si indebolisca
ulteriormente non solo nell'industria, ma anche nell'intera
economia. Dai paesi industrializzati arrivano nel frattempo
segnali congiunturali per lo più stabili. La moderata espansione
nell'Eurozona continua ad avere un andamento in linea
con le attese. E negli Stati Uniti, la crescita del PIL nel terzo
trimestre appena concluso dovrebbe ammontare al 2% annualizzato
– grazie al consumo privato. Vi sono tuttavia anche
punti interrogativi: negli Stati Uniti, la fiducia delle imprese
nell'industria è nettamente peggiorata negli ultimi mesi. A
settembre, l'indice dei responsabili degli acquisti per l'industria
manifatturiera è stato solo di poco superiore all'importante
valore soglia di 50. Per la stagione delle comunicazioni
che inizia la prossima settimana, relativa al terzo trimestre, la
maggior parte degli analisti prevede di nuovo un calo degli
utili rispetto all'anno precedente. Tra i motivi figurano: il forte
dollaro e il basso prezzo del petrolio nonché la moderata
domanda globale. A causa della debolezza nel settore industriale
ci si domanda quindi se l'economia statunitense potrà
mantenere anche in futuro il robusto ritmo di espansione. Il
Giappone invece, risente maggiormente degli effetti negativi
causati dall'indebolimento in Cina, poiché circa un terzo delle
esportazioni giapponesi è diretto in Cina. Di conseguenza,
ultimamente le esportazioni complessive hanno registrato un
andamento più debole. Ciò si riflette anche nel calo della
produzione industriale, che in genere corrisponde bene
all'andamento del PIL. Poiché contemporaneamente anche la
domanda nazionale fornisce meno impulsi alla crescita del
previsto, nel T3 si dovrebbe registrare una recessione tecnica
o al massimo una crescita zero.
La Banca centrale statunitense ha una grande influenza sulla
percezione dei rischi di crescita globali. Da un lato, un prossimo
aumento dei tassi lascerebbe probabilmente il segno sui
mercati azionari. Dall'altro lato, un rinvio dell'aumento dei
tassi al prossimo anno o per un periodo indeterminato potrebbe
penalizzare allo stesso modo i mercati: Se la Fed continua
a esitare, gli attori del mercato potrebbero ritenere che
l'economia mondiale e anche la congiuntura statunitense
abbiano effettivamente basi poco solide. Nuove indicazioni
sul fatto se l'aumento dei tassi sia previsto ancora quest'anno
o no, potrebbero essere fornite la prossima settimana dal
verbale della riunione del FOMC di settembre. I banchieri
centrali hanno segnalato già più volte che i tassi dovrebbero
aumentare ancora nel 2015. Questa opinione è condivisa da
13 dei 17 membri del FOMC.
Sui mercati domina tuttavia lo
scetticismo, poiché le previsioni della Fed in passato si sono
rivelate spesso troppo ottimistiche. Per quanto riguarda un
aumento dei tassi nel corso di quest'anno, attualmente i
mercati a termine calcolano solo una probabilità del 40%.
I rischi di crescita per l'economia mondiale frenano la previsione
sull'inflazione. Di recente, le aspettative inflazionistiche
a lungo termine nei paesi industrializzati sono ulteriormente
diminuite. E nell'Eurozona e in Giappone, in agosto gli indici
d'inflazione preferiti dalla BCE e dalla BOJ sono scesi sotto lo
zero. Ciò rende più probabili ulteriori misure di allentamento
delle due Banche centrali. La prossima settimana in Giappone
non è tuttavia prevista alcuna decisione al riguardo e per
quanto riguarda la BCE non vi è ancora alcuna discussione
concreta su una proroga degli acquisti di obbligazioni.

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mariougo

Forumer storico
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Focus: la debole industria non dovrebbe frenare
sensibilmente l'economia statunitense


L'incertezza sull'ulteriore andamento dell'economia statunitense
è aumentata. All’inizio dell’estate vi erano ancora segnali
di una ripresa nell'industria, ma nel frattempo il contesto
per i fabbricanti americani è di nuovo peggiorato. Negli
ultimi mesi, l'indice dei responsabili degli acquisti per l'industria
manifatturiera è continuamente diminuito ed è solo di
poco superiore ai 50 punti. Soprattutto la stima sulla situazione
degli ordinativi è nettamente peggiorata, passando da
56.5 a 50.1. I motivi della flessione della fiducia delle imprese
dipendono da un lato dal peggioramento delle prospettive
per le esportazioni. I prodotti americani sono diventati più
cari, poiché l'USD ponderato su base commerciale, si è di
nuovo rivalutato in seguito al deprezzamento delle valute dei
paesi emergenti. Contemporaneamente, la domanda di
esportazioni si trova comunque sotto pressione a causa
dell'indebolimento della crescita in Cina e in altri paesi
emergenti. Dall'altro lato, dopo l'aumento nel primo semestre
il prezzo del petrolio è di nuovo diminuito. Ciò penalizza
non solo i produttori di petrolio, ma anche i loro fornitori
nell'industria manifatturiera.
Nel confronto internazionale, la creazione di valore dell'industria
manifatturiera rappresenta tuttavia un modesto 12%
del prodotto interno lordo. Se si conta anche il settore edilizio
e dell'energia, per l'industria risulta una quota del 20%
sull'intera economia. Proporzioni simili si riscontrano anche
nell'occupazione: un collaboratore su dieci è occupato
nell'industria manifatturiera e uno su sette nell'industria nel
suo complesso. L'economia statunitense è molto fortemente
basata sui servizi. E negli ultimi mesi questi hanno registrato
un andamento migliore rispetto all'industria. In genere, la
fiducia delle imprese in entrambi i settori non è molto differente,
come mostra l'andamento storico degli indici dei responsabili
degli acquisti . Attualmente, tuttavia,
la divergenza è relativamente grande – anche dopo il recente
peggioramento della fiducia molto positiva delle aziende dei
servizi. Se gli Stati Uniti potranno rimanere ancora su un
robusto percorso di crescita dipende ora dalla forza con cui il
calo della dinamica industriale si estenderà al settore dei
servizi.
Non prevediamo un acuto rischio di contagio per l'economia
globale. Il confronto storico dei due indici dei responsabili
degli acquisti non mostra alcun valore anticipatore della
meno importante industria manifatturiera. Un calo della
domanda industriale certo riduce il fabbisogno dei servizi ad
essa collegati. Una robusta domanda di servizi può però
invece supportare anche la produzione industriale. Inoltre,
proprio quei fattori che penalizzano l'industria hanno un
effetto positivo sul settore terziario. Il calo del prezzo del
petrolio e la rivalutazione del dollaro rafforzano il potere
d'acquisto delle famiglie e da questo traggono profitto le
spese per i consumi, che sono costituite per il 65% dai servizi.
Come segnale d'allarme valutiamo il fatto che negli ultimi
due mesi anche nel settore dei servizi sono stati creati molti
meno posti di lavoro. Se il mercato del lavoro dovesse raffreddarsi
ulteriormente, anche il contesto positivo per il consumo
peggiorerà gradualmente. In considerazione del ciclo
congiunturale già molto avanzato, vediamo poco spazio per
una forte ripresa della crescita dei posti di lavoro. A nostro
avviso, il recente aumento da 56.0 a un robusto 58.3 della
componente occupazionale per quanto riguarda l'indice ISM
dei servizi segnala tuttavia che il mercato del lavoro nel settore
dei servizi nei prossimi mesi non dovrebbe ulteriormente
perdere di slancio.
E non da ultimo, l'attuale livello degli indici dei responsabili
degli acquisti corrisponde in genere ancora a una robusta
crescita di oltre il 2% - il che è in linea con il potenziale di
crescita statunitense. Il motore congiunturale perde certo un
po' di slancio. Se però la fiducia delle imprese non peggiora
ulteriormente, provocata per esempio da una forte correzione
della crescita in Cina o da una nuova escalation del prezzo
del petrolio e del corso del dollaro, prevediamo che l'eco
nomia statunitense potrà rimanere su uno stabile percorso di
crescita.
 

mariougo

Forumer storico
....................in ritardo......

Dopo le negative notizie dall'industria e dal mercato del lavoro,
negli Stati Uniti ha deluso anche il commercio al dettaglio. A
settembre, i fatturati sono aumentati meno del previsto. Inoltre,
la leggera crescita nel mese precedente è stata rivista al
ribasso. Gli effetti sulle previsioni del PIL per il terzo trimestre
non sono grandi. E un unico rapporto sui dati volatili del commercio
al dettaglio non è sufficiente a motivare già un'inversione
di tendenza. I deludenti dati relativi al consumo creano
però ulteriori incertezze nel contesto attualmente nervoso. A
causa di questi dati ci si domanda se il consumo privato rimanga
un affidabile supporto della crescita e se può continuare
a compensare la debolezza in altri settori dell'economia.
Di conseguenza, le aspettative sui tassi sono state di nuovo
rinviate leggermente.
Attualmente non vediamo alcun segnale che l'andamento dei
consumi finora solido si trovi di fronte a un forte indebolimento
e manteniamo la nostra previsione moderatamente positiva
per l'economia statunitense. Per il consumo privato il contesto
continua a essere favorevole, soprattutto i bassi prezzi del petrolio.
Ciò spiega perché la fiducia dei consumatori è sempre a
un livello accettabile. Anche gli esperti economici della Fed
(Beige Book) vedono segnali positivi al di fuori dell'industria.
Ma in considerazione degli indicatori anticipatori in calo, negli
ultimi tempi i rischi per le prospettive di crescita sono aumentati
comunque, e sono ora maggiori rispetto all'ultima riunione
della Fed. Riteniamo quindi adeguato il rinvio delle aspettative
sui tassi, anche se singoli banchieri centrali continuano a dichiararsi
a favore di un aumento dei tassi ancora nel corso di
quest'anno.
Non prevediamo che a breve termine le previsioni sui tassi saranno
di nuovo anticipate. La prossima settimana negli USA
sono previsti praticamente solo dati immobiliari. Di recente,
questi dati hanno sorpreso positivamente, ma non sono così
importanti da poter ridurre sensibilmente le preoccupazioni
per la crescita dell'economia statunitense.
Ma cosa ancora più significativa: in Cina continua la flessione.
Quest'ultima rappresenta uno dei maggiori rischi per gli Stati
Uniti e per l'economia mondiale. I dati congiunturali del Regno
di Mezzo hanno quindi una grande influenza sul clima di mercato.
Questa settimana, ciò si è manifestato per esempio dopo
la comunicazione del calo delle importazioni e dell'inflazione.
Ora passa in primo piano la crescita del PIL per il terzo trimestre,
che sarà pubblicata lunedì prossimo. Con l'1.8%, il consenso
di mercato prevede una crescita trimestrale leggermente
più forte rispetto al T2. Questa volta, le previsioni sono tuttavia
collegate a incertezze maggiori del solito. I progetti infrastrutturali
del governo dovrebbero fornire a breve termine nuovi
impulsi alla congiuntura e probabilmente impedire un forte rallentamento.
Questo fa supporre per esempio la crescita del
credito ultimamente maggiore del previsto. Dall'altro lato, il
crollo azionario dell'estate e il forte calo dei dati delle esportazioni
e industriali lasciano poco margine per sorprese positive.
Se il rapporto sul PIL dovrebbe essere molto deludente, prevediamo
un ulteriore allentamento della politica monetaria. La
dinamica industriale viene penalizzata dagli eccessi di capacità,
dal forte aumento dei salari e dal forte yuan. E il governo può
influenzare in tempo utile solo la valuta.
Al momento, la situazione in Europa si mostra relativamente
indifferente al calo della dinamica di crescita in Cina. La fl
sione della domanda dei paesi emergenti penalizza anche qui
gli esportatori. Finora però prevalgono gli effetti positivi
dell'aumento dell'occupazione e il maggiore potere d'acquisto,
dovuto al calo dei prezzi delle materie prime. Per la fiducia
delle imprese e la fiducia dei consumatori nell'Eurozona la
prossima settimana si prevede una leggera flessione. Tutto
sommato, questi dati dovrebbero rimanere tuttavia a livelli solidi
e quindi segnalare un proseguimento dell'espansione. La
BCE, che la prossima settimana terrà la sua riunione del Consiglio,
continua quindi a non essere costretta ad agire
 

mariougo

Forumer storico
..................................

I dati sul mercato immobiliare statunitense di questa settimana
hanno continuato a mostrare un aumento dell'attività dell'edilizia
residenziale. Ultimamente, altri indicatori congiunturali
hanno invece perlopiù deluso, tra questi i dati del mercato del
lavoro e i fatturati della vendita al dettaglio. Ciò dovrebbe riflettersi
in un forte indebolimento della dinamica di crescita del PIL
nel terzo trimestre. Dopo un robusto 3.9% nel trimestre precedente,
la prossima settimana nella prima pubblicazione si prevede
un valore annualizzato inferiore al 2%. L'economia statunitense
non va più così bene come sperato. I dati sulla crescita
già pubblicati per la Cina hanno sorpreso invece piuttosto positivamente.
Il tasso di crescita annuo si è indebolito ulteriormente.
La flessione dal 7.0% al 6.9% è stata tuttavia moderata
e ha attenuato i timori di un crollo della crescita.
Tuttavia, le preoccupazioni per la crescita della Cina non scompariranno
così rapidamente. Ultimamente, oltre ai dati congiunturali
nazionali poco convincenti questo è stato anche esplicitamente
un argomento della Fed per la decisione di posticipare
ulteriormente l'inizio della normalizzazione dei tassi. Questo
non dovrebbe cambiare neppure durante la riunione della Fed
di mercoledì prossimo. Le aspettative dei mercati per un aumento
dei tassi a ottobre tendono praticamente verso lo zero.
Secondo le previsioni pubblicate, durante l'ultima riunione della
Fed a settembre ancora una chiara maggioranza dei responsabili
della Fed prevedeva l'inizio della normalizzazione dei tassi
nel corrente anno. Attualmente, le aspettative dei mercati indicano
però il mese di marzo 2016 come termine più probabile.
Dopo la decisione di ottobre della Fed non viene pubblicata alcuna
nuova previsione e non è neppure prevista alcuna conferenza
stampa. Di conseguenza, nonostante le probabili modifiche
nella dichiarazione non è previsto alcun chiaro indizio di
possibili maggioranze della Fed a favore o contro un aumento
dei tassi durante l'ultima riunione di quest'anno a dicembre.
Inoltre, le dichiarazioni di molti membri del Direttorio della Fed
hanno mostrato ultimamente una situazione disomogenea,
senza una chiara tendenza.
L'esitazione della Fed, assieme ai mancanti impulsi di crescita
dai paesi emergenti, ha messo di nuovo in stato di allarme anche
la BCE, che è pronta, in caso di necessità, ad aumentare il
suo programma di acquisti di obbligazioni. A dicembre, con la
disponibilità di previsioni aggiornate, si vuole verificare l'idoneità
delle misure correnti. Qui sono in primo piano l'andamento
nell'industria e il tasso di cambio – a causa dei rischi ribassisti
esterni. Se la fiducia delle imprese peggiora di molto e/o
l'euro si rivaluta nettamente, la probabilità di ulteriori misure
sarebbe elevata. Finora, i dati congiunturali non danno però ancora
alcun motivo di preoccupazione. La fiducia delle imprese
si mostra resistente. Il Bank Lending Survey della BCE ha confermato
per il terzo trimestre un ulteriore leggero miglioramento
delle condizioni creditizie per le aziende e un aumento
della domanda, soprattutto per il fanalino di coda Italia.
L'EUR/USD non ha superato il livello di 1.15 e ultimamente è
addirittura di nuovo sensibilmente diminuito. E nonostante il
tasso di inflazione complessivo leggermente negativo a settembre,
dovuto al basso prezzo del petrolio, con quasi l'1.0% l'inflazione
di base si è stabilizzata, con aspettative sui prezzi leggermente
in rialzo, soprattutto per i servizi.
 

mariougo

Forumer storico
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Focus: Prova di forza delle banche centrali
Nel 2010, l'ex ministro delle finanze brasiliano, Guido Mantega,
aveva rimproverato alle banche centrali degli altri paesi
di aver cominciato una guerra valutaria internazionale. Pertanto,
gli interventi di politica monetaria hanno lo scopo di indebolire
la propria valuta per migliorare la competitività dei
prezzi delle aziende nazionali. In questo periodo, l'economia
brasiliana soffriva per la relativa forza del real. Tuttavia, da allora
il contesto è cambiato. Dall'autunno 2011 la valuta brasiliana
è in retromarcia. I problemi strutturali di crescita, il ribasso
dei prezzi delle materie prime e l'aumento dei deflussi di capitale
hanno determinato una drastica perdita di valore di oltre
il 60% rispetto all'USD.
Naturalmente, le estreme oscillazioni del real, di altre valute dei
paesi emergenti e per esempio anche del franco svizzero negli
ultimi anni sono da attribuire in parte a fattori nazionali risp. a
squilibri. La politica monetaria delle grandi banche centrali
svolge (ha svolto) tuttavia un ruolo dominante. Ciò è stato confermato
di nuovo nelle ultime settimane in modo impressionante
– dalla prova di forza del tasso di cambio EUR/USD.
Il tasso di cambio non è un obiettivo ufficiale politico-monetario
né per la Banca centrale europea né per la Fed statunitense.
In via ufficiosa, le forti oscillazioni dei tassi di cambio sono tuttavia
un fattore decisivo. Infatti, il tasso di cambio ha un'influenza
indiretta sulla congiuntura e sull'inflazione. Le oscillazioni
dei tassi di cambio hanno quindi un effetto simile a un
allentamento o a un irrigidimento della politica monetaria mediante
adeguamenti dei tassi. Una rivalutazione frena l'inflazione
e le prospettive per le esportazioni. Una svalutazione ha
invece tendenzialmente un effetto di stimolo sulla congiuntura,
proprio come una riduzione dei tassi di riferimento.
La Fed è stata la prima ad adottare l'aggressiva politica di allentamento
dallo scoppio della crisi finanziaria. Soprattutto tramite
i suoi tre programmi di acquisto di obbligazioni (QE 1-3),
dal 2009 al 2014 ha mantenuto debole l'USD. Pertanto, rispetto
all'euro il dollaro è diminuito perfino durante la crisi del
debito dell'Eurozona fino a metà 2014. Solo da quel momento,
la tendenza è cambiata con l'aumento delle aspettative di una
prossima normalizzazione dei tassi negli Stati Uniti. Le previsioni
di una fine degli interventi della banca centrale hanno di
nuovo fatto massicciamente rivalutare l'USD. Ciò è stato rafforzato
dalla ritardata decisione della BCE di seguire l'esempio
della Fed in fatto di politica monetaria non convenzionale. Con
l'inizio a marzo di quest'anno del corrente ampio programma
di acquisto di obbligazioni della BCE, l'EUR/USD è sceso in
breve tempo da 1.40 a 1.05.
L'effetto del forte USD, simile a quello di un irrigidimento della
politica monetaria, è anch'esso un motivo importante, per cui
la Fed rinvia ancora l'inizio della normalizzazione dei tassi – nonostante
la ripresa già molto avanzata dell'economia statunitense.
Quindi l'EUR/USD ha di nuovo ricevuto una spinta e recentemente
ha indotto la BCE a impegnarsi di nuovo di più
nella prova di forza per indebolire la valuta. La BCE mostra una
maggiore disponibilità ad allentare ulteriormente la sua politica
monetaria, indipendentemente dai resistenti dati congiunturali
dell'Eurozona. In questo modo la scorsa settimana l'EUR/USD
si è improvvisamente indebolito, il che ha di nuovo aumentato
la probabilità che la Fed rinvii il primo aumento dei tassi.
In definitiva, lo scontro delle due grandi banche centrali è un
gioco a somma zero, con pochi effetti per l'andamento a breve
termine dell'economia reale, ma con maggiori rischi per il futuro
annullamento delle misure. E come già menzionato, con
effetti negativi su altre aree valutarie.
 

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