2015 (1 Viewer)

mariougo

Forumer storico
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La Grecia e i suoi creditori hanno avviato le trattative su un
terzo programma di aiuti, dopo che il Primo ministro Tsipras
aveva soddisfatto anche le ultime condizioni: il rimborso dei
debiti in scadenza presso la BCE e l'FMI e l'approvazione di
nuove riforme nel Parlamento greco. Attualmente sono noti
solo i punti principali del pacchetto di aiuti di EUR 86 miliardi.
La struttura concreta dovrebbe essere stabilita entro un
mese. Nel frattempo, la Banca centrale europea ha di nuovo
aumentato leggermente l'apporto di liquidità di emergenza
alla Grecia. Qualora i colloqui tra la Grecia e i suoi creditori si
interrompessero, la BCE può tuttavia congelare nuovamente
in qualsiasi momento il volume di credito.
Nel frattempo passano sempre più in primo piano altri fattori,
quali l'iniziata stagione delle comunicazioni nell'Eurozona
e negli Stati Uniti, ma anche i dati congiunturali europei e la
discussione sui tassi negli Stati Uniti. Quanto alla congiuntura,
la situazione nell'Eurozona si presenta sempre solida. Ad
eccezione della Grecia, la quasi Grexit non ha penalizzato la
buona fiducia dei consumatori. E gli indici dei responsabili
degli acquisti segnalano sempre una robusta dinamica di
crescita. Un risultato analogo è previsto la prossima settimana
anche dall'indice IFO sulla fiducia delle imprese. Come
primo paese dell'Eurozona, la Spagna pubblica inoltre i dati
del PIL per il T2, gli altri seguiranno a metà agosto. Con l'1%
rispetto al trimestre precedente per la Spagna si prevede di
nuovo un forte risultato del PIL.
Nonostante la soluzione temporanea nel poker del debito
riguardante la Grecia e gli indicatori anticipatori sempre
robusti nell'Eurozona, nelle ultime due settimane l'EUR/USD
non si è quasi mosso. Questo dipende soprattutto dalle discussioni
sui tassi negli Stati Uniti. Le previsioni sui tassi alla
fine dell'anno sono di nuovo aumentate, dopo che in precedenza
erano diminuite a causa della situazione in Grecia e
sul mercato azionario cinese. Nell'imminente valutazione
della situazione della Banca centrale statunitense non sono
però previste sensibili variazioni nel comunicato. Dall'ultima
riunione del FOMC i dati economici non sono variati di molto.
Gli impulsi congiunturali sono sempre moderati. Inoltre,
la Fed non dovrebbe pronunciarsi ancora in merito al momento
del primo aumento dei tassi. Pertanto, la prossima
settimana l'attenzione dei mercati sarà rivolta soprattutto
verso la prima stima sul PIL USA nel T2. Dopo la flessione nel
primo trimestre, questa volta si delinea una crescita del PIL
pari al 2.5% annualizzato. Ciò dipende soprattutto dal
commercio estero, che è aumentato solo leggermente, ma
non sottrae più due punti percentuali alla crescita come nel
trimestre precedente. Gli impulsi importanti dovrebbero
inoltre arrivare dal consumo privato, che negli ultimi mesi ha
registrato una maggiore accelerazione. Dall'altro lato gli
effetti negativi del forte dollaro e del basso prezzo del petrolio
continuano in forma attenuata, il che dovrebbe manifestarsi
in un minore contributo alla crescita degli investimenti
per impianti e attrezzature. Rischi ribassisti si celano di nuovo
nella componente di magazzino. Negli ultimi trimestri, le
imprese statunitensi hanno enormemente aumentato le loro
scorte. Ora si potrebbe registrare un'inversione, poiché negli
ultimi mesi il consumo non è stato in grado di soddisfare le
elevate aspettative.
Ultimamente, il dollaro statunitense si è rivalutato anche
rispetto al franco svizzero. Tuttavia, l'USD/CHF è sempre
nettamente lontano dalla parità, ovvero dal livello precedente
all'eliminazione del corso minimo. Tuttavia, nel T2 la do
manda dagli Stati Uniti per le esportazioni svizzere è nettamente
aumentata. La robusta crescita congiunturale nel
secondo mercato di esportazione per la Svizzera aiuta ad
attutire il vento contrario provocato dal forte franco. Diversa
si presenta la situazione delle esportazioni nominali nell'Eurozona,
che erano chiaramente in calo. Tutto sommato, i
recenti dati commerciali segnalano però un positivo contributo
alla crescita del commercio estero nel secondo trimestre.

m
 

mariougo

Forumer storico
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Lo scorso lunedì l'indice di mercato
SMI svizzero è salito al suo
record di tutti i tempi di 9530
punti, per tornare tuttavia di
nuovo in discesa. Nella giornata
di ieri l'indice di riferimento
svizzero ha perso ulteriore terreno,
in buona compagnia con il
drappello centrale dei mercati
europei, tutti in forte perdita.
Anche negli Stati Uniti il Dow
Jones ha toccato per breve tempo vette superiori ai
18'000 punti, riuscendo però, per la seconda volta, a
restare a tali livelli. In Cina, dopo il vertiginoso rally, si è
assistito addirittura a un atterraggio abbastanza brusco.
Ieri la borsa di Shanghai ha subito un crollo dei corsi
dell'8.5%. Un tale risultato non si registrava in questa
borsa dal 2007. Il crollo in Cina ha fatto tremare ieri anche
i mercati dei capitali. I titoli di stato tedeschi ed elvetici
erano molto richiesti, ma il petrolio e anche l'oro
sono stati evitati. Serpeggiava di nuovo la paura. Sembra
che la ripresa, con pochissime eccezioni, sia rimasta chiusa
fuori dalla porta delle borse. Come peraltro succede
spesso in estate.
Per il momento sembra infatti che le borse non intendano
proseguire con il consueto passo la loro tendenza di
ripresa che ha caratterizzato gli ultimi sei anni. Non si
tratta tuttavia di un fenomeno così insolito, in quanto
negli scorsi anni le aspettative del mercato sono state
sempre ambiziose, senza effettuare correzioni troppo
intense nel momento in cui tali aspettative erano state
deluse. Dal marzo 2009 il mercato ha conosciuto praticamente
una sola direzione, anche o proprio perché si
muoveva in un contesto politico-monetario sicuro. Grazie
alla BCE, nemmeno la crisi del debito del 2011/12 in
Europa è riuscita a rovinare la festa dei rialzi borsistici. Al
tempo i mercati azionari avevano iniziato una caccia alla
ripresa su un ampio fronte dopo che Mario Draghi aveva
promesso di fare tutto il possibile per garantire la sopravvivenza
dell'euro. Fino a quando la piccola Grecia ha di
nuovo generato una cesura dei mercati. E da allora in
qualche modo le cose non vanno più come devono andare.
Non c'è da meravigliarsi. Sembra che la ragione sia
ritornata sui mercati. Non vogliamo dire che i corsi siano
completamente ingiustificati. Per ulteriori aumenti dei
corsi c'è però bisogno di nuove munizioni. Di cui però i
mercati sembrano essere a corto.
Politica monetaria esaurita
Innanzitutto si tratta della politica monetaria, il cui potenziale
di catalizzatore dei corsi sembra esaurito a livello
globale. Questo vale in modo esemplare anche per la
Cina, la cui banca nazionale potrebbe addirittura essere
costretta a stabilizzare i mercati azionari ancora questa
settimana mediante acquisti di titoli. Come in Europa,
anche qui la politica monetaria ha «solo» il ruolo di copertura
verso il basso e non quello di acceleratore. Anche
se i corsi sembrano in qualche modo protetti verso il
basso sulla base dell'assenza di alternative di investimenti
azionari, lo spazio per migliorare è decisamente minore.
L'improvvisazione è tollerata
Questo vale ampiamente per l'Europa. Il fatto che nel
caso della Grecia ci si sia accordati per la variante di un
ulteriore accomodamento, è stato fonte di sollievo, ma
nulla di più. L'euforia è scemata ormai da tempo. I mercati
hanno infatti preso anche coscienza del fatto che la
politica europea, con le sue costanti improvvisazioni, ha
dovuto accettare una corrispondente perdita di immagine,
rendendo addirittura un cattivo servizio alla stabilità
dell'Eurozona. I mercati finanziari si troveranno a doversi
occupare di nuovo della questione greca. È solo una
questione di tempo. Ciononostante lo sguardo del mercato
ora riesce a guardare più in là del prossimo vertice
di Bruxelles. Adesso occorre dimostrare che i progressi
degli ultimi mesi e i corsi attuali erano e sono giustificati.
In estate sarà pressoché impossibile farlo. In ogni caso le
aziende in Europa devono attuare notevoli interventi per
non deludere le aspettative scontate oggi. Questo vale in
modo particolare per la Svizzera, dove fino ad ora le
perdite dovute ai tassi di cambio hanno avuto nelle chiusure
trimestrali ripercussioni più forti del previsto.
Ragione americana
E poi ci sarebbe l'America, che nell'anno in corso non è
mai avanzata del tutto sotto le luci dei riflettori dei mercati
finanziari, ma che ciononostante impone il futuro
ritmo di marcia, o per meglio dire la Banca nazionale
americana, che ormai quasi da quella che sembra un'eternità
esita a intervenire con un aumento dei tassi. Se
non lo farà in settembre, rischia però di perdere il momento
giusto, in quanto il ciclo congiunturale americano
è talmente avanzato che potrebbe anche essere troppo
tardi. Diversi operatori del mercato si chiedono già da
tempo cosa stia in realtà aspettando la signora Yellen.
Dopo la pausa estiva – unico evento veramente fissato –
lo sguardo dei mercati finanziari sarà rivolto sugli Stati
Uniti. Anche se i mercati sembrano essere sufficientemente
preparati a un primo aumento dei tassi in settembre,
si può solo speculare sulla loro effettiva capacità di
compensare questa mossa. Sarebbe solo ragionevole
perché la congiuntura non riuscirà nemmeno a sfiorare la
soglia dei 25 punti base. Tuttavia, sui mercati, raramente
la ragione è stato il consigliere giusto.
 

mariougo

Forumer storico
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Fed: sempre nessuna chiarezza sul primo aumento
dei tassi

La valutazione della situazione della Banca centrale statunitense
del 29 luglio non ha fatto chiarezza sul primo aumento
dei tassi della Fed dopo nove anni. Secondo i banchieri centrali,
per aumentare i tassi è necessario un ulteriore leggero
miglioramento sul mercato del lavoro. Questo non esclude
un aumento a settembre, poiché i dati del mercato del lavoro
negli USA dovrebbero rimanere solidi. I bassi tassi d'inflazione
forniscono tuttavia alla Fed argomenti per aspettare
ad aumentare i tassi. Che sia settembre, dicembre oppure
ottobre, attualmente interessa meno. Ciò che si trova al centro
dell'attenzione è il percorso di incrementi dopo il primo
aumento. A questo riguardo i mercati a termine scontano
entro la fine del 2016 circa quattro aumenti dei tassi di 25
punti base ciascuno, il che secondo noi è troppo poco.
Ulteriori chiarimenti sulla situazione del mercato del lavoro
statunitense saranno forniti la prossima settimana dai nuovi
posti di lavoro al di fuori del settore agricolo per luglio. A
parte la delusione a marzo, quest'anno l'economia USA ha
creato ogni mese oltre 200'000 posti di lavoro, mentre nel
2014 sono stati creati in media 240'000 posti. Il mercato del
lavoro è pertanto già da tempo molto ben avviato e, di fatto,
non dovrebbe fornire a una Banca centrale concentrata
sull'occupazione quasi alcun motivo per esitare ad aumentare
i tassi. Anche per luglio, con un aumento dei posti di
lavoro di oltre 200'000 il mercato del lavoro dovrebbe mostrarsi
solido. Anche dagli indici dei responsabili degli acquisti
per l'industria manifatturiera e per il settore dei servizi
prevediamo inoltre l'indicazione che si potrà mantenere la
dinamica congiunturale del trimestre precedente. Con una
crescita del PIL del 2.3%, la produzione USA nel T2 è stata
solo di poco inferiore alle aspettative. In compenso, la revisione
per il primo trimestre ha sorpreso positivamente: il
calo del PIL, inizialmente indicato, è stato corretto in una
leggera crescita dello 0.6%.


m
 

mariougo

Forumer storico
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Le trattative su un terzo programma di aiuti per la Grecia
procedono sempre faticosamente. Inoltre, il partito di governo
Syriza è molto diviso al suo interno riguardo alla politica
del Primo ministro Tsipras. Anche se nelle prossime settimane
si arriverà a un accordo con i creditori, esiste il rischio
di nuove elezioni. L'incertezza politica rimarrà elevata. Ciò
penalizza molto la congiuntura. Come temuto, i recenti indicatori
congiunturali segnalano una ricaduta in una grave
recessione. A luglio, l'indice dei responsabili degli acquisti
della Grecia è crollato a un nuovo minimo record. Le nuove
ordinazioni nell'industria manifatturiera si sono quasi interrotte.
E le imprese progettano di nuovo in misura maggiore
di ridurre il loro personale. Qui svolgono un ruolo decisivo i
controlli del traffico dei capitali, che limitano enormemente
il finanziamento e lo svolgimento delle operazioni delle imprese.
Di conseguenza anche i corsi alla borsa di Atene,
aperta di nuovo questa settimana, sono crollati del 20%,
guidati dai titoli bancari.
Gli altri paesi dell'Eurozona non si mostrano impressionati.
Nel secondo trimestre, l'economia dell'intera area valutaria
dovrebbe essere aumentata così forte come non accadeva
più dall'inizio del 2011. La prima stima del PIL sarà pubblicata
venerdì prossimo. La Spagna ha già comunicato un robusto
aumento trimestrale dell'1.0%. Anche per gli altri tre
grandi paesi membri è annunciata una buona dinamica di
crescita. Nel complesso, per il PIL dell'Eurozona prevediamo
pertanto un aumento dello 0.5% circa qoq, dopo lo 0.4%
nel T1. L'attuale serie degli indici dei responsabili degli acquisti
annuncia anche per il terzo trimestre una simile dinamica
robusta. Gli ordini di esportazione sono aumentati nel
complesso solo moderatamente a causa della minore
domanda
dai paesi emergenti. A luglio, nei sondaggi tra le imprese,
le società industriali cinesi hanno comunicato di
nuovo un calo della dinamica. Per contro, le prospettive
sempre positive della domanda interna nell'Eurozona hanno
delle materie prime .
Cio' frena sensibilmente l'inflazione. Assieme agli effetti dello
sblocco del tasso di cambio, a luglio anche il tasso d'inflazione
svizzero è quindi sceso ulteriormente nel settore negativo,
attestandosi al -1.3% rispetto all'anno precedente. un effetto positivo, supportato dal diffuso calo dei prezzi
 

mariougo

Forumer storico
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Finora i mercati finanziari hanno registrato non solo un'estate
calda, ma anche un'estate molto nervosa. Dopo il
temporaneo superamento del paradosso greco con un
brutto compromesso, la forte correzione e l'incertezza sul
futuro andamento dei corsi delle azioni cinesi preoccupano
gli investitori. Il crollo dei corsi a Shanghai risp. a
Shenzhen all'inizio di luglio è stato bloccato, ma i mercati
continuano a essere molto volatili e osservano attentamente
quello che accade in Cina. Il fatto che i corsi in quel
paese dovessero subire una correzione era chiaro a ogni
operatore di mercato dopo il precedente aumento esponenziale.
La violenza della correzione è stata tuttavia sorprendente
per molti e ha preso in contropiede soprattutto
qualche piccolo investitore, che era saltato sul treno nonostante
la valutazione eccessiva del mercato e che deve ora
aspettarsi notevoli perdite contabili. Gli altri che avevano
finanziato in parte con capitale di terzi le loro azioni rischiano
il cosiddetto «margin call» da parte della banca,
l'invito ad aumentare di nuovo il conto a margine. Attualmente
i mercati cercano di capire soprattutto se e in che
misura la correzione del mercato azionario può penalizzare
la crescita dell'economia cinese a causa del calo delle
spese per i consumi. E naturalmente anche se le misure di
sostegno del governo cinese sono sufficienti almeno a stabilizzare
di nuovo il mercato. Il 7% di crescita annua auspicato
non è fuori portata, ma neppure raggiungibile in
ogni caso. Ciò dovrebbe preoccupare ancora per un po' i
mercati e limitare il potenziale rialzista, anche a livello globale.
Infatti, da tempo l'economia cinese non è più solo
l'ago della bilancia della congiuntura mondiale, ma il suo
più importante fattore propulsivo.
La situazione dopo il compromesso con la Grecia è
ancora critica
Dopo che il sollievo per il compromesso con la Grecia e la
sua permanenza nell'Eurozona aveva fornito ai mercati
una breve spinta, l'iniziale euforia lascia il posto a una valutazione
più razionale e realistica. Nel secondo finesettimana
di agosto il governo greco e i suoi creditori hanno
fatto senza dubbio notevoli progressi nella trattativa su un
terzo programma di aiuti per la Grecia. Il fatto che la Grecia,
a causa di ciò, il 20 agosto possa rimborsare alla BCE i
3.4 miliardi di euro in scadenza, non è però affatto un segnale
di successo, ma solo una temporanea logica aritmetica.
Dovrebbe essere solo una questione di tempo e poi i
mercati si occuperanno di nuovo più intensamente della
Grecia. Infatti, il tempo comprato ancora a caro prezzo per
la Grecia rischia di finire presto. Il lungo dibattito per trovare
una soluzione e lo stato di emergenza presente temporaneamente
nel paese ha fatto regredire l'economia
greca a tal punto che il consolidamento delle finanze statali
dovrebbe ritardare ulteriormente. Attualmente i mercati
non vogliono tuttavia occuparsi di questo. L'entità
dell'imminente crollo economico in Grecia si può solo intuire.
Il forte calo dell'indice dei responsabili degli acquisti
della Grecia per l'industria a un nuovo valore minimo storico
di appena 30.2 punti non promette però niente di
buono. In sedici anni non si era mai registrato un valore
talmente basso.
E poi ci sarebbe ancora la Signora Yellen
A nostro avviso la Cina e la Grecia non sono più in testa
all'agenda, ma prima o poi vi ritorneranno. Attualmente i
mercati si concentrano sugli Stati Uniti. La forward guidance
della Banca centrale statunitense si rivela molto impenetrabile.
Per questo i mercati sono nel frattempo più
preoccupati che lieti. Ancora nel 2014 si prospettava un
irrigidimento della politica monetaria al raggiungimento di
un tasso di disoccupazione del 6.5%. Ma nel frattempo la
Fed non ne vuole più sapere. Il mercato non esclude un
aumento dei tassi a settembre. Noi continuiamo però a
prevedere un aumento dei tassi a dicembre, se i banchieri
centrali statunitensi poco prima di Natale avranno il coraggio
per un primo «storico» aumento dei tassi. E quindi l'inversione
dei tassi che partirà dagli Stati Uniti rimane il tema
principale dei mercati.
Noncuranza sui mercati azionari europei

Molti punti di domanda anche in Svizzera
In Svizzera, lo shock del tasso di cambio è il tema principale:
la borsa è fiduciosa che la situazione non peggiorerà
come si temeva all'inizio dell'anno. La corsa al recupero
dal 15 gennaio è stata tuttavia anche forse eccessiva. La
recente svalutazione del franco svizzero rispetto all'euro a
oltre 1.07 EUR/CHF fa sperare, ma non è certo che questa
svalutazione continui ancora. I risultati semestrali delle imprese
quotate in borsa non hanno chiarito ancora fino a
che punto la rivalutazione del franco si ripercuoterà nei risultati
delle imprese. Occorrerà ancora un po' prima che la
nuova costellazione dei tassi di cambio entri in tutte le ramificazioni
dell'economia. Ciò limita anche il potenziale
rialzista dell'indice azionario locale
 

mariougo

Forumer storico
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La settimana scorsa le borse
hanno sofferto di un nuovo
attacco di debolezza, le cui cause
erano tutt'altro che chiare. La
Cina è stata subito identificata
come il focolaio dei disordini e
anche la Grecia ha di nuovo
brevemente messo in agitazione
i mercati. Notizie un po' deludenti
sul fronte della congiuntura
europea hanno provveduto a
rafforzare ulteriormente le preoccupazioni. Ma nessuno
avrebbe potuto aspettarsi che tutto questo avrebbe avuto
come ripercussione una correzione dei corsi di tale
portata.
Chi crede che sul fronte europeo non ci sia al momento
molto di nuovo, non dovrebbe sentirsi troppo sicuro. A
metà settimana il Bundestag tedesco deve votare sul
terzo pacchetto di aiuti alla Grecia. Anche se certo si
prevede un'approvazione, si tratta comunque anche di
vedere quante saranno alla fine le voci contrarie. Inoltre il
Fondo Monetario Internazionale potrebbe decidere di
non contribuire più al terzo pacchetto di aiuti greco, il
che indebolirebbe ulteriormente la base di fiducia nella
politica europea. La Grecia stessa comunque non scomparirà
da un giorno all'altro dai titoli dei giornali e dovrà
ben presto registrare una profonda recessione. Quindi,
all'ovest, niente di nuovo. Ma questo, attualmente, interessa
meno.
La Cina non è il paese delle meraviglie
Per contro tutti gli occhi sono puntati a est. Nelle ultime
settimane la Cina si è guadagnata l'attenzione dei mercati
relegando, per il momento, in seconda fila i timori per il
rialzo dei tassi negli Stati Uniti. La semplice formula secondo
la quale la Cina trasmette alla crescita dell'economia
mondiale impulsi decisivi, non funziona più. Nel corso
dell'anno l'economia cinese si è infatti talmente indebolita
da far improvvisamente scemare l'euforia che si era
creata intorno al miracolo economico cinese. Ed era ora.
Che rinomati analisti affermassero pubblicamente che il
mercato azionario cinese avrebbe proseguito il suo forte
rialzo e che le attuali correzioni fossero l'occasione favorevole
di accesso, dimostra quanto superficiale e approssimativa
fosse la valutazione della situazione che corrisponde
sempre meno alle reali condizioni in Cina. Infatti,
anche in Cina tutto ha un limite.
Molti punti di domanda
Tutta questa agitazione attorno alla Cina diventa sempre
meno fondata. Chi osserva di nuovo il ripido sviluppo dei
corsi a Shenzhen registrato nel corso dell'anno, dovrà
constatare che qui non sono state rispettate le leggi della
gravità, il che doveva inevitabilmente portare al crollo.
Che ora il governo cinese tenti anche di manipolare i
corsi non rende il loro livello più sostenibile. Al contrario:
rivela solo il nervosismo che domina in Cina e la paura
che le perdite in borsa possano compromettere anche
l'economia reale, ripercuotendosi poi sulla propensione al
consumo. Ora la Cina, dopo aver ricoperto per molto
tempo il ruolo della locomotiva della crescita, riuscendo a
mitigare le contrazioni globali, diventa essa stessa un
rischio per la congiuntura mondiale – qualora dovesse
evidenziarsi che gli obiettivi di crescita del governo, già
chiaramente ridimensionati, continuano ad allontanarsi.
Per di più i dati del Regno di Mezzo vengono analizzati
con sempre maggior criticità. Queste sono le spiacevoli –
e certo non ancora assorbite – notizie dall'est. Finora la
Cina era semplicemente «stabile». Ancora un anno fa
l'industria automobilistica europea giubilava per il buon
andamento degli affari con la Cina. La debole congiuntura
in Europa allora non era un tema per il settore, in fondo,
i dati di vendita in Cina compensavano ampiamente
la carente domanda europea. Adesso invece si è preso
coscienza dei rischi che provengono dalla Cina, dopo che
per due decenni ci si era orientati solo alle opportunità. E
puntualmente anche i dati delle esportazioni dell'industria
automobilistica sono crollati.
Chi parla ancora di BRIC?
I BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) non sono più sulla
bocca di tutti, come qualche anno fa. I BRIC si sono infatti
indeboliti e ormai da tempo non sono più una storia di
successo omogenea. La Russia è colpita da una insidiosa
recessione e il rublo è in caduta libera. Il Brasile non solo
ha perso la sua fama di mago del pallone, ma anche
quella di grande tigre sudamericana. E l'India continua a
essere un enigma, la trasparenza ha in ogni caso un altro
aspetto. Inoltre molte delle economie emergenti portate
in palmo di mano non sono impeccabili sul piano ecologico,
per non parlare di quello politico, che viene messo
sempre con maggior frequenza in discussione. Ma la Cina
è certamente la maggiore incognita per l'economia
mondiale; infatti, essa nel frattempo è diventata un peso
piuttosto grande per l'economia mondiale. È bello per il
mondo intero se la Cina è in piena espansione, ma guai
se si indebolisce. Oggi la Cina riveste il ruolo ricoperto
dall'economia americana nei confronti del mondo ancora
solo qualche decade fa. La domanda decisiva non è tuttavia
quella del peso dell'economia cinese, bensì quella
dell'affidabilità del suo governo. E su questo punto i
dubbi sono opportuni. Per una volta i mercati finanziari
danno prova di una certa sensibilità, e questo è buona
cosa. Solo che non va tanto bene per i corsi.
 

mariougo

Forumer storico
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'economia svizzera e soprattutto le esportazioni sono favorite
dalla continuazione della ripresa nell'Eurozona. I dati già
pubblicati del T2 confermano la robusta espansione. La Germania
rimane la locomotiva della crescita e la prossima settimana
anche l'indice Ifo sulla fiducia delle imprese per agosto
dovrebbe confermare che la dinamica congiunturale è proseguita
durante i mesi estivi. Una leggera delusione nell'Eurozona
è stata causata dalla Francia, per cui il suo indicatore
sulla fiducia delle imprese per agosto sarà particolarmente al
centro dell'attenzione. Per il momento, il focolaio di pericolo
per l'economia dell'Eurozona, rappresentato dalla Grecia, è
superato, dopo che il 3° pacchetto di aiuti è stato approvato.
In questo modo è stata sbloccata in tempo la tranche del credito
alla Grecia che era necessaria per il rimborso delle obbligazioni
in scadenza presso la BCE. È stata così di nuovo evitata
un'insolvenza. Durante le nuove elezioni, nelle prossime settimane
la Grecia potrebbe però di nuovo tornare nel mirino dei
mercati finanziari.
Attualmente, l'attenzione è concentrata sulla Cina. I mercati
azionari della Cina non si calmano e la decisione della banca
centrale di svalutare la valuta cinese ha messo i problemi
dell'economia reale al centro della discussione dei mercati. Il
timore che l'auspicata crescita interna non raggiunga la necessaria
dinamica e quindi il settore delle esportazioni debba
essere stimolato con una valuta più debole preoccupa gli investitori.
Anche l'andamento in altri paesi emergenti viene osservato
con scetticismo, come gli andamenti dei tassi di cambio
di Malesia, Tailandia, Russia, Brasile o Turchia hanno reso
evidente negli ultimi giorni e nelle ultime settimane.
I prossimi aumenti dei tassi negli Stati Uniti potrebbero ulteriormente
ridurre l'attrattiva relativa degli investimenti nei
paesi emergenti, anche se la probabilità di un aumento dei
tassi da parte della Banca centrale statunitense a settembre è
diminuita negli ultimi giorni



m
 

mariougo

Forumer storico
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La scorsa settimana, le preoccupazioni per la crescita dell'economia
cinese hanno generato in tutto il mondo un'ondata di
vendita sulle borse, che all'inizio di questa settimana è sfociata
in un temporaneo crollo dei corsi. Dopo che il crollo dei corsi
sui mercati cinesi era proseguito senza interruzioni nonostante
gli acquisti di sostegno statali, lunedì nel corso della
giornata le quotazioni delle azioni europee sono diminuite
massicciamente. La valutazione
degli operatori di mercato, secondo i quali le drastiche
correzioni dei giorni precedenti erano forse esagerate, ha di
nuovo stabilizzato i mercati. La parziale ripresa dei corsi è
stata supportata dalle misure di allentamento politico-monetarie
della Banca centrale cinese, che ha diminuito di nuovo i
tassi e iniettato più liquidità nel sistema bancario.
Da un punto di vista fondamentale, attualmente i dati congiunturali
cinesi disponibili non forniscono alcuna indicazione
di un'imminente brusca frenata dell'economia. Tuttavia, per il
momento i mercati dovrebbero rimanere vulnerabili a causa
delle incertezze sempre forti. Questo è mostrato dalla persistente
volatilità soprattutto sulle borse cinesi nel corso di questa
settimana. I dati congiunturali per la Cina sono ora al centro
dell'attenzione. Martedì prossimo saranno pubblicati gli
indici dei responsabili degli acquisti.
Inoltre, come al solito alla fine del mese sono previsti in tutto
il mondo i nuovi risultati dei sondaggi tra i responsabili degli
acquisti. . Questa settimana,
l'indice tedesco IFO sulla fiducia delle imprese e l'indice francese
INSEE sono comunque riusciti addirittura ad aumentare
leggermente. Nel complesso, la situazione
congiunturale nei paesi industrializzati si presenta perlopiù
robusta. Ciò dovrebbe riflettersi anche nelle dichiarazioni
degli esperti economici della Fed, nel cosiddetto Beige
Book. E per il rapporto sul mercato del lavoro statunitense alla
fine della prossima settimana si prevede di nuovo un solido
aumento dell'occupazione, dopo gli ordini in entrata statunitensi
sorprendentemente robusti per i beni durevoli e una revisione
rialzista del PIL nel T2 questa settimana. Pertanto, i
dati congiunturali sono ancora favorevoli a un inizio della normalizzazione
dei tassi della Fed nel corso dell'anno. Con le recenti
turbolenze, le volatili aspettative del mercato sono state
però di nuovo nettamente posticipate. A ciò ha contribuito tra
l'altro la dichiarazione del vicepresidente della Fed, Dudley: «I
motivi per un aumento dei tassi a settembre sono ora meno
convincenti». Questo weekend ha luogo la conferenza annuale
della Federal Reserve Bank di Kansas City a Jackson
Hole, alla quale numerosi banchieri centrali si incontreranno
per la discussione politico-monetaria. Viene atteso con impazienza
soprattutto il discorso del rappresentante della Fed,
Stanley Fisher.
Alle aspettative più prudenti della Fed hanno contribuito anche
i persistenti cali dei prezzi delle materie prime, che sono
stati alimentati dalle preoccupazioni per la crescita in Cina. Ciò
ha fatto di nuovo diminuire le aspettative inflazionistiche. Pertanto,
la prossima settimana anche i tassi d'inflazione per agosto
nell'Eurozona e in Svizzera dovrebbero scendere leggermente
da livelli già bassi. Una revisione ribassista delle previsioni
sull'inflazione da parte della BCE è quindi probabile. Sebbene
i funzionari della BCE ribadiscano di poter contrastare in
ogni momento un persistente peggioramento del quadro inflazionistico,
finora i banchieri centrali prevedono solo un
temporaneo effetto frenante sull'inflazione dovuto al calo dei
prezzi delle materie prime e che questo non possa essere influenzato
dalla politica monetaria. Poiché attualmente non si
possono neppure riscontrare reali effetti negativi delle turbolenze
della Cina sulla congiuntura dell'Eurozona, per la prossima
riunione della BCE non prevediamo alcuna importante
discussione su un adeguamento della politica monetaria.
 

mariougo

Forumer storico
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Negli ultimi anni, nei paesi emergenti il ritmo di espansione ha
registrato in generale un rallentamento. Dopo la «Grande Recessione»,
enormi misure di stimolo statali hanno determinato
temporaneamente una spinta alla crescita. Nel 2010 e 2011,
i paesi emergenti e quelli in via di sviluppo hanno contribuito
per tre quarti alla crescita globale. Successivamente, con il
raggiungimento dei limiti fiscali e soprattutto strutturali è iniziato
un indebolimento congiunturale, con il quale è terminato
anche il rialzo dei prezzi delle materie prime.
La flessione della crescita in Cina e in altri importanti paesi
importatori di materie prime è stata finora complessivamente
moderata. La quota cinese sulla crescita dell'economia mondiale
dovrebbe ridursi dal 33% nel 2011 a quasi il 30% quest'anno.
Nel complesso, con una quota delle esportazioni di
materie prime inferiore al 50%, i paesi emergenti e quelli in
via di sviluppo dovrebbero contribuire ancora a quasi la metà
della crescita globale. Come la maggior parte dei paesi industrializzati,
essi traggono profitto dalla deflazione importata.
La Cina mostra a livello mondiale una delle più basse quote di
esportazioni di materie prime.
Ben diversa è invece la situazione dei paesi esportatori di materie
prime. In questi paesi, rispetto al solido 6% nel 2010 la
crescita del PIL reale quest'anno dovrebbe ammontare solo a
un misero 1% . Alcuni grandi paesi, quali Russia,
Brasile o anche Venezuela, si trovano addirittura in una recessione.
Di conseguenza crolla anche il contributo alla crescita
per l'economia mondiale dei paesi emergenti e di quelli in via
di sviluppo che dipendono dalle esportazioni di materie prime,
diminuito dal 22% nel 2011 a un previsto basso livello del 5%
quest'anno. E le prospettive per i paesi ricchi di materie prime
rimangono deboli perlomeno a breve termine. Negli ultimi
anni, pochi paesi, come per esempio l'Arabia Saudita o altri
stati del Golfo, hanno costituito forti riserve, che vengono ora
utilizzate per stabilizzare la congiuntura
In molti paesi ricchi di materie prime, la situazione di finanziamento
dello stato e anche nel settore privato è invece divenuta
difficile, il che ha determinato un'enorme pressione ribassista.
Ciò vale soprattutto per la Russia e il Venezuela.
Dall'inizio dell'anno scorso, il valore delle due valute si è dimezzato
rispetto all'USD. Le deboli valute e gli aumenti fiscali
per stabilizzare le finanze statali hanno determinato «paradossalmente»
in questi paesi, nonostante il crollo dei prezzi delle
materie prime, un aumento dei tassi d'inflazione, con un effetto
del potere d'acquisto per le famiglie opposto a quello
nei paesi importatori di materie prime.



m
 

mariougo

Forumer storico
...........................................

buona domenica
dati cinesi di stamattina ...non eccezzionali


.........sempre copiato......................


Le prospettive di crescita per i paesi industrializzati
rimangono robuste. Anche la congiuntura
svizzera si sta riprendendo dopo lo shock del tasso
di cambio. Dovrebbe quindi essere possibile compensare
la debolezza nei paesi emergenti.
Continua la divergenza della previsione congiunturale
per i paesi emergenti da un lato e per i paesi industrializzati
dall'altro. Le preoccupazioni per la crescita dei
mercati emergenti, che negli ultimi anni hanno registrato
una forte ripresa, sono aumentate ulteriormente.
Ciò vale soprattutto per il motore di crescita Cina. In
questo paese si riscontra già da qualche tempo una riduzione
della dinamica rialzista, che però a nostro avviso
non dovrebbe andare fuori controllo (per maggiori
dettagli si veda Focus a pagina 2). Ciononostante, il
crollo dei mercati azionari cinesi e la svalutazione dello
yuan hanno ulteriormente alimentato i timori per una
brusca frenata dell'economia cinese e per gli effetti di
contagio per la congiuntura internazionale.
Le previsioni di crescita riviste al ribasso per la Cina sono
anche un fattore determinante per il persistente calo dei
prezzi delle materie prime. Ciò colpisce soprattutto altri
paesi emergenti dipendenti da esportazioni di materie
prime, tra cui importanti potenze economiche, quali
Brasile e Russia. Inoltre, il previsto prossimo inizio della
normalizzazione dei tassi della Fed negli Stati Uniti ha
determinato un'inversione di tendenza dei flussi di capitali
nei paesi emergenti. Il calo delle entrate per le esportazioni
di materie prime e una maggiore avversione al
rischio degli investitori hanno fatto diminuire gli afflussi
di capitale, rafforzando ulteriormente la pressione ribassista
sulle valute dei paesi emergenti.
Dall'altro lato, nei paesi industrializzati la congiuntura
all'inizio del secondo semestre si mostra per lo più robusta.
L'economia statunitense ha di nuovo registrato
un'accelerazione nel secondo trimestre. Sebbene il forte
USD e il basso prezzo del petrolio penalizzino l'industria,
la tendenza dell'importante consumo privato è rialzista
– supportata dagli aumenti dell'occupazione sempre solidi.
Il superamento del punto critico sul mercato del lavoro
e gli aumenti del potere d'acquisto dovuti ai bassi
prezzi delle materie prime hanno consolidato di nuovo
anche nell'Eurozona il consumo privato come affidabile
sostegno della crescita dopo una lunga fase di debolezza.
Si sono quindi rafforzate le prospettive di crescita
moderatamente ottimistiche per l'Eurozona.
Questo è un decisivo fattore di sostegno per la congiuntura
svizzera. Il nuovo shock rialzista dovuto all'eliminazione
della soglia minima del tasso di cambio rappresenta
sempre una grande sfida soprattutto per le esportazioni
e il turismo. A differenza di tre anni fa, la ripresa
della domanda nell'Eurozona contribuisce tuttavia ad
attenuare gli effetti valutari negativi.
La situazione relativamente buona dei paesi industrializzati
aiuta a stabilizzare soprattutto in Europa la situazione
degli ordinativi delle aziende esportatrici. Quasi
due terzi delle esportazioni UE vanno sempre negli altri
stati membri dell'Unione. E la percentuale delle esportazioni
di tutti i classici paesi industrializzati sulle esportazioni
UE ammonta a oltre il 70%. In Svizzera, la quota
dei paesi industrializzati è addirittura leggermente superiore
Il ribasso dei prezzi delle materie prime a livello mondiale
mantiene bassi i tassi di inflazione nella maggior
parte dei paesi. Ciò però non ha fatto riemergere i timori
per la deflazione nei paesi industrializzati. Infatti, l'effetto
del calo dei prezzi delle materie prime dovrebbe
essere provvisorio. Inoltre, il positivo effetto del potere
d'acquisto per i consumatori dovrebbe stimolare ulteriormente
la domanda e quindi a medio termine provocare
perfino un aumento della dinamica inflazionistica.
Pertanto non vediamo alcun motivo per la Banca centrale
europea di ampliare a breve termine il suo programma
di acquisti di obbligazioni. Di conseguenza non
prevediamo neppure alcun cambiamento della politica
monetaria della Banca nazionale svizzera. Per il momento
manterrà il tasso negativo dello 0.75%. La Fed
statunitense, invece, nonostante tassi d'inflazione altrettanto
moderati si sta muovendo verso l'inizio di una
prudente normalizzazione dei tassi, guidata da solidi
dati del mercato del lavoro
 

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