2015 (1 Viewer)

mariougo

Forumer storico
buon anno:

copio qui x chi vuole leggere

L’anno finanziario 2014 è ora alle nostre spalle. E si può essere contenti​
per un risultato superiore alla media soprattutto per gli investimenti​
svizzeri. Sia le azioni sia, in modo anche un po’ sorprendente,​
le obbligazioni mostrano una notevole performance. Ciò non era assolutamente​
prevedibile nel corso dell’anno. I mercati hanno registrato​
talvolta fortissime oscillazioni. Dopo un inizio del 2014 ancora​
molto positivo per l’economia mondiale le aspettative si sono dimostrate​
troppo euforiche. Ciò ha determinato in autunno maggiori timori​
per la crescita, anzitutto per la paura di una nuova recessione​
nell’Eurozona. Ma anche se le previsioni di una ripresa nelle grandi​
economie che non hanno avviato con decisione le riforme, quali Italia​
e Francia, rimangono moderate, non si riscontra un crollo della​
domanda europea e soprattutto globale.​
Tuttavia, la congiuntura globale più debole e in modo particolare la​
ripresa estremamente lenta nell’Eurozona ha (avuto) conseguenze​
per la politica monetaria: che a causa della bassa pressione inflazionistica​
rimane sempre molto espansiva o diventa addirittura più accomodante.​
L’attivismo delle banche centrali ha dato un’ulteriore​
spinta ai mercati azionari. Dato che contemporaneamente i tassi a​
lungo termine hanno raggiunto nuovi minimi record, il rendimento​
complessivo delle obbligazioni mostra una tendenza sempre rialzista.​
Pertanto, nell’anno passato i titoli di stato dell’Eurozona figurano​
tra gli investimenti più positivi, il che all’inizio dell’anno non era​
stato previsto da nessuno.​
La politica monetaria non diventa un peso​
Il supporto della politica monetaria non verrà meno neppure nel​
2015. Dopo oltre sei anni di politica dei tassi zero, per gli Stati Uniti si​
intravede l’inizio di una normalizzazione. Il fragile contesto e non da​
ultimo il quadro inflazionistico sempre moderato inducono però attualmente​
la Fed a non agire in fretta e quindi a non intervenire rapidamente.​
Il Giappone e l’Eurozona, invece, continuano ad aumentare​
enormemente la massa monetaria a causa della peggiore situazione​
economica. Nel complesso, ciò dovrebbe consentire a livello​
mondiale, ove possibile, solo un aumento relativamente limitato dei​
tassi a lungo termine.​
Pertanto, le previsioni sui rendimenti per il 2015 rimangono abbastanza​
accettabili anche dopo i risultati già ottimi dell’anno precedente.​
Il limitato potenziale rialzista dei tassi non dovrebbe determinare​
forti perdite di valore delle obbligazioni. Soprattutto le obbligazioni​
societarie con durata media dovrebbero fruttare un rendimento​
accettabile. Anche per le azioni lo scenario rimane positivo. Nel​
frattempo, i livelli dei prezzi sono però molto elevati. Le aziende devono​
presentare risultati ancora migliori per giustificare la valutazione.​
Anche nel 2015 dovrebbero verificarsi continuamente delle correzioni​
che tuttavia inducono poi di nuovo a entrare nel mercato.​
Infatti, nonostante l’indebolimento della congiuntura le aspettative​
economiche della maggior parte delle aziende non mostrano alcun​
sensibile peggioramento della situazione. Qui è di supporto la forte​
svalutazione dell’EUR rispetto all’USD, che a causa della soglia minima​
del tasso di cambio incide nella stessa misura sulle aziende svizzere.​
Quest’anno, tale svalutazione dovrebbe riflettersi sempre più​
positivamente nei margini degli esportatori, a differenza dell’incerta​
domanda nell’Europa continentale. Alla fine dell’anno, il cambio​
EUR / CHF si è avvicinato moltissimo alla soglia di 1.20. Se non si verificherà​
di nuovo un duraturo e drastico aumento degli afflussi di capitale,​
la Banca nazionale svizzera dovrebbe saper difendere bene il​
limite minimo senza dover intervenire massicciamente.​
Con il calo dei tassi, i previsti rendimenti dei dividendi hanno ulteriormente​
aumentato il loro vantaggio rispetto ai pagamenti di interessi​
sulle obbligazioni (vedi grafico). Ciò dovrebbe offrire un buon​
cuscinetto contro i crolli e continua a rendere le azioni una categoria​
d’investimento relativamente interessante.​
Fiducia nonostante elevata incertezza​
Indubbiamente le incertezze per il nuovo anno rimangono notevoli.​
Divampano tra l’altro numerosi conflitti geopolitici. Non è affatto​
certo che la prevista riduzione della velocità della crescita in Cina avvenga​
in modo controllato. Le riforme strutturali nell’Eurozona non​
sono affatto sufficienti e il focolaio della crisi del debito potrebbe riaccendersi​
di nuovo. La manipolazione dei mercati da parte delle​
banche centrali può inoltre generare turbolenze in ogni momento.​
In sintesi: le possibilità che soprattutto un portafoglio diversificato​
anche quest’anno dia un risultato poco spettacolare ma comunque​
soddisfacente non sono poi così negative

Ultimamente, i timori di recessione per l’Eurozona sono diminuiti.​
Nel terzo trimestre, l’economia è riuscita a registrare di nuovo​
una crescita contenuta. Tuttavia, la previsione per la fine dell’anno​
rimane moderata dopo la forte correzione degli indicatori della fiducia​
che però nel frattempo mandano in misura maggiore segnali​
di una stabilizzazione. Ciò si riflette anche nei dati per la Svizzera.​
Favorita dai bassi prezzi delle materie prime e dall’effetto stimolante​
del calo della valuta, all’inizio del prossimo anno la congiuntura​
dovrebbe rimanere sulla buona strada. Per quanto riguarda l’Eurozona,​
per il 2015 vediamo però complessivamente solo una moderata​
crescita del PIL dell’1.0%. Con l’1.6% la Svizzera dovrebbe​
continuare a registrare un andamento migliore, uguale al livello di​
quest’anno.​
La situazione economica negli Stati Uniti rimane sempre robusta.​
La crescita è sostenuta soprattutto dalla dinamica congiunturale,​
alimentata dalla continua ripresa sul mercato del lavoro. Nella seconda​
economia, la Cina, il calo dei prezzi immobiliari e il settore​
edilizio hanno un effetto negativo. I dati del PIL per il terzo trimestre​
mostravano un ulteriore indebolimento della velocità della crescita,​
che tuttavia, come programmato dal governo, finora ha un​
andamento controllato. Nel complesso, gli impulsi di crescita della​
maggior parte dei paesi emergenti rimangono robusti, anche se​
meno forti rispetto agli anni precedenti.​
Aspettative inflazionistiche ulteriormente in calo​
L’indebolimento della congiuntura mondiale ha un effetto sempre​
frenante sull’inflazione. Oltre al sottoutilizzo in parte sempre elevato,​
soprattutto il calo dei prezzi delle materie prime determina una​
bassa pressione sui prezzi. Di conseguenza le aspettative inflazionistiche​
sono sensibilmente diminuite non solo per l’Eurozona ma​
anche per gli Stati Uniti. In Svizzera il tasso d’inflazione annuo oscilla​
sempre intorno allo zero e anche nel 2015 prevediamo una media​
annuale molto bassa.​
Previsioni sui tassi posticipate​
In questo contesto, dopo il pacchetto di misure già dec
la BCE​
tende ad allentare ulteriormente la politica monetaria all’inizio del​
2015, infine anche tramite l’acquisto di titoli di stato. La BNS continuerà​
a difendere la soglia minima del tasso di cambio. Ulteriori misure,​
quali tassi negativi, dovrebbero però essere adottate solo nel​
caso di emergenza, quale massiccia fuga di capitali verso il franco.​
Le proiezioni inflazionistiche molto moderate e anche l’atterraggio​
morbido da noi previsto sul mercato immobiliare svizzero danno​
margine di manovra alla BNS per questa evenienza. La bassa pressione​
inflazionistica rende meno urgente un’azione più rapida della​
Fed in caso di dati sempre buoni del mercato del lavoro. Continuiamo​
a prevedere un primo aumento dei tassi verso la metà del 2015.​
I funzionari della Fed non mostrano tuttavia alcuna fretta. Pertanto,​
negli ultimi mesi anche per gli Stati Uniti le previsioni sui tassi a medio​
termine non si sono mosse ulteriormente al rialzo.​
La correzione della fiducia nell'Eurozona sta finendo,​
con prospettive sempre robuste per gli Stati Uniti​
Indici dei responsabili degli acquisti dell'industria​
manifatturiera​
La domanda globale più debole mantiene bassa la​
pressione inflazionistica a livello mondiale​
Prezzi al consumo, in % rispetto all'anno precedente​
L'allentamento della BCE diminuisce ulteriormente
le previsioni sui tassi; anche per la Fed è previsto
una normalizzazione dei tassi più lenta
Le accanite discussioni sulla recessione e sulla deflazione hanno fatto​
scendere i rendimenti obbligazionari nel 2014 ancora a nuovi livelli​
minimi. La nuova valanga di misure della Banca centrale europea​
(BCE) ha regalato ai debitori tassi ancora più bassi e agli investitori​
obbligazionari lauti utili di corso. Per reinvestimenti gli attuali​
rendimenti sono poco interessanti, ciononostante gli investitori si​
rifugiano sempre nei sicuri titoli di stato. In Svizzera, i rendimenti dei​
titoli della Confederazione inferiori allo 0.4% non riflettono più da​
molto tempo i dati fondamentali. Ma anche per il 2015 non prevediamo​
un forte aumento dei tassi a lungo termine in Europa e quindi​
neppure in Svizzera. La BCE saprebbe impedire i forti aumenti dei​
rendimenti con ulteriori misure, eventualmente con acquisti di titoli​
di stato. Riteniamo tuttavia i rendimenti supplementari per durate​
lunghe non adeguati all’aumento del rischio di modifica dei tassi​
d’interesse e preferiamo le durate medie. Rimaniamo prudenti per​
quanto riguarda le obbligazioni statunitensi, poiché la normalizzazione​
dei tassi dovrebbe iniziare molto prima rispetto all’Europa.​
Obbligazioni societarie favorite​
A causa delle banche centrali espansive e della ricerca di rendimento​
da parte degli investitori, i rendimenti delle obbligazioni societarie​
mostrano una tendenza negativa da cinque anni – anche nel​
settore delle obbligazioni ad alto rendimento con bassa qualità del​
credito (high yield). A causa della politica monetaria sempre espansiva​
in Europa raccomandiamo una quota neutrale nelle obbligazioni​
high yield nonostante il calo dei rendimenti.​
Per gli obbligazionisti riteniamo più interessanti le obbligazioni societarie​
nel settore investment grade inferiore (BBB). I premi di rischio​
rispetto ai titoli di stato di durate comparabili ammontano a​
un po’ di più di 100 punti base (cfr. figura) – molto meno rispetto al​
periodo successivo alla crisi finanziaria, ma sempre adeguati ai rischi.​
Anche le obbligazioni societarie dell’Eurozona dovrebbero​
continuare a essere risparmiate dai forti aumenti dei rendimenti a​
fronte della stabilizzazione economica con attività delle banche​
centrali sempre intense.​
Paesi emergenti sotto l’influenza dei tassi statunitensi​
Sottoponderiamo leggermente le obbligazioni dei paesi emergenti​
in valuta locale. Gli aumenti dei tassi negli Stati Uniti dovrebbero influire​
su questo segmento. Riteniamo più interessanti le obbligazioni​
dei Paesi emergenti in USD a causa dei minori rischi a fronte di un​
interessante premio di rendimento.​
Protezione contro l’inflazione quando le aspettative sono​
basse​
Le obbligazioni protette contro l’inflazione sono adatte a
un contesto​
dei tassi, nel quale l’inflazione prevista dal mercato viene ritenuta​
troppo bassa, il che a nostro avviso, con l’attuale aspettativa inflazionistica​
è opportuno soprattutto negli Stati Uniti. Tatticamente,​
all’interno dei titoli di stato sovraponderiamo quindi leggermente​
gli «Inflation-Linker», chiamati TIPS negli Stati Uniti

Per gli investitori azionari, il 2014 è stato di nuovo un anno superiore​
alla media, anche se nel corso dell’anno le aspettative congiunturali​
globali sono peggiorate. La Banca centrale europea (BCE) ha​
reagito sempre con nuove contromisure. Anche la Fed statunitense​
non ha accennato ad abbandonare rapidamente la politica dei tassi​
zero. Nel frattempo, il margine di manovra per ulteriori misure di​
stimolo da parte dei banchieri centrali è limitato. Alla BCE rimane​
ancora un possibile programma di acquisti di titoli di stato. Negli​
Stati Uniti, i segnali indicano invece aumenti dei tassi.​
Oltre alle previsioni sui tassi, anche le incertezze congiunturali globali​
dovrebbero occupare i mercati nei prossimi mesi. Il rallentamento​
della crescita viene confermato dagli attuali indicatori economici​
e dovrebbe impedire un rapido aumento dei corsi azionari globali,​
anche se non prevediamo un’altra recessione nell’Eurozona.​
In questo contesto, a differenza degli anni precedenti per il 2015​
non ci aspettiamo una performance azionaria superiore alla media.​
Tuttavia, le prudenti banche centrali e i solidi profitti aziendali ci​
fanno prevedere un rendimento positivo. Alle attuali valutazioni​
sono però sempre prevedibili correzioni lampo, come quelle del​
mese di ottobre 2014.​
La relativa attrattiva dei titoli con dividendi rispetto alle obbligazioni​
è sempre favorevole alle azioni. Dopo il continuo calo dei rendimenti​
dei mercati dei capitali, i dividendi azionari sono diventati ancora​
più interessanti rispetto alle cedole delle obbligazioni.​
Anche se l’economia statunitense mostra attualmente molto slancio,​
soprattutto in quel Paese le elevate aspettative del mercato con​
la prossima fine della politica dei tassi zero si trovano davanti a una​
difficile sfida. Le aspettative per l’Eurozona sono meno ambiziose.​
Inoltre, la BCE si trova sempre in modalità espansiva. Di conseguenza​
preferiamo l’Europa rispetto agli Stati Uniti, mentre per la Svizzera​
ci posizioniamo in modo neutrale.​
Valutazioni elevate in Svizzera​
Dopo sei anni di rally azionario, in Svizzera le valutazioni sono elevate.​
Sulla base del rapporto corso / utile, la maggior parte dei settori​
in un confronto a lungo termine è piuttosto cara – soprattutto i​
titoli difensivi dei settori sanità e alimentari. Il settore sanità (industria​
farmaceutica) rimane però uno dei nostri preferiti a causa del​
costante potenziale di crescita. I titoli ciclici hanno già anticipato​
gran parte del rallentamento congiunturale previsto e nel corso​
2014 sono quotati chiaramente nel settore negativo – a differenza​
del mercato complessivo in rialzo. Quanto ai prodotti industriali, a​
fronte di una congiuntura mondiale stabile, anche se non euforica,​
vediamo un certo potenziale di recupero. Anche per i titoli tecnologici​
rimaniamo ottimisti con una valutazione storicamente vantaggiosa.​
Il mercato azionario statunitense anticipa il ciclo​
dei tassi​
Rally azionario di 6 anni con tasso zero negli Stati Uniti​
Per l’oro riteniamo opportuna una leggera sovraponderazione. Infatti,​
anche se come sempre generalmente a un basso livello per il​
2015 prevediamo un leggero aumento dell’inflazione, con l’aumento​
più forte negli Stati Uniti e in Cina. Per questo motivo, la domanda​
di oro come investimento contro l’incremento dell’inflazione​
dovrebbe aumentare di nuovo leggermente. A ciò si aggiungono​
le azioni valutate in modo elevato e i rendimenti estremamente​
bassi delle obbligazioni, il che proprio per gli investitori interessati​
alla stabilizzazione fa sembrare interessante l’oro come protezione​
del portafoglio. Ciò è complessivamente favorevole a una leggera​
tendenza rialzista del prezzo dell’oro.​
Per i metalli industriali, quest’anno la tendenza ribassista dovrebbe​
stabilizzarsi. Anche per il 2015 è prevedibile un nuovo calo della dinamica​
di crescita in Cina, il che dovrebbe influenzare la domanda​
di metalli industriali. Nel complesso prevediamo tuttavia che la crescita​
economica globale, guidata dalla solida crescita negli Stati​
Uniti, accelererà leggermente rispetto al 2014. Per questo motivo​
riteniamo opportuno un posizionamento neutrale per i metalli industriali.​
Contesto difficile per il petrolio​
Dopo la decisione dell’OPEC di non ridurre nonostante l’eccesso​
dell’offerta di petrolio i quantitativi estratti target, in vigore dal​
2011, il greggio rimane sotto pressione. L’attuale livello dei prezzi –​
il più basso da oltre cinque anni – dovrebbe quindi rimanere ulteriormente​
sotto pressione nei prossimi mesi. Per il 2015 è previsto​
un leggero aumento della domanda globale di petrolio, ma non​
prevediamo alcuna sensibile distensione sul mercato petrolifero.​
Infatti, a condizione che non si verifichino seri crolli della redditività​
delle compagnie di estrazione, in primo luogo una notevole quota​
dell’aumento della domanda dovrebbe essere coperta dall’ulteriore​
incremento della produzione statunitense. E in secondo luogo​
per il primo semestre 2015 le previsioni sulla domanda di petrolio​
dell’OPEC sono nettamente inferiori al quantitativo estratto dell’OPEC​
di 30 milioni di barili al giorno, cosicché l’eccedenza
delle compagnie di estrazione, in primo luogo una notevole quota​
dell’aumento della domanda dovrebbe essere coperta dall’ulteriore​
incremento della produzione statunitense. E in secondo luogo​
per il primo semestre 2015 le previsioni sulla domanda di petrolio​
dell’OPEC sono nettamente inferiori al quantitativo estratto dell’OPEC​
di 30 milioni di barili al giorno, cosicché l’eccedenza di petrolio​
dovrebbe durare ancora. Sul periodo di 12 mesi vediamo quindi il​
prezzo del petrolio di poco superiore al livello attuale, per cui raccomandiamo​
un posizionamento leggermente sovraponderato.​
Interessanti investimenti alternativi​
La ricerca del rendimento nel contesto di tassi bassi continua anche​
nel 2015 e dovrebbe favorire quindi le strategie alternative. Come​
già il mese di ottobre 2014 ha mostrato, la volatilità delle categorie​
d’investimento tradizionali può aumentare improvvisamente in​
poco tempo. Assieme alla valutazione già ambiziosa delle azioni,​
questo fa sembra interessante per la diversificazione del portafoglio​
soprattutto le strategie d’investimento alternative non direzionali.​
Sovraponderiamo quindi leggermente gli investimenti alternativi

EUR/USD​
La retorica sempre prudente della Fed, che non lascia intravedere​
nessuna intenzione di procedere affrettatamente per normalizzare i​
tassi, e il calo delle aspettative inflazionistiche hanno determinato​
un rallentamento del movimento rialzista dell’USD. La ripresa estremamente​
lenta della congiuntura dell’Eurozona e la tendenza della​
BCE ad adottare ulteriori misure non convenzionali sono però sfavorevoli​
a una duratura inversione del cambio EUR / USD. Nonostante​
l’avvicinarsi di un primo aumento dei tassi della Fed, non​
prevediamo però neppure un’ulteriore forte rivalutazione dell’USD.​
Lo sganciamento della politica monetaria dell’Eurozona da quella​
degli Stati Uniti dovrebbe essere già ampiamente scontata. Anche​
l’eccedenza delle partite correnti dell’Eurozona ha un effetto stabilizzante​
sulla domanda di euro. A breve termine vediamo ancora un​
leggero potenziale ribassista a 1.22 per l’EUR / USD a causa della​
probabilità di ulteriori azioni della BCE. Sul periodo di 12 mesi, con​
una ripresa della congiuntura dell’Eurozona vediamo un livello di​
1.26.​
:mumble: m​


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mariougo
 

mariougo

Forumer storico
buona domenica..... estiva.... oggi 15 gradi....

Focus: Mercato delle divise ancora in balia​
della tempesta​
Il mercato delle divise ancora in balia della tempesta. Nel​
delicato equilibrio tra differenze di interessi, manovre di​
politica monetaria, andamento della congiuntura globale e​
discussioni sull'uscita della Grecia dall'Unione monetaria la​
pace non tornerà rapidamente.​
La brutale svalutazione del rublo russo in dicembre ha portato​
a intensificare la già maggiore domanda di valute sicure​
come il franco svizzero. Il limite minimo EUR / CHF di 1.20 ha​
tenuto solo grazie agli interventi della BNS. Come conseguenza​
la Banca nazionale, il 18 dicembre, ha annunciato​
interessi negativi, senza tuttavia produrre l'effetto sperato. A​
seguito di una prima reazione l'EUR / CHF si è impennato​
solo a 1.21 scarsi, per stabilizzarsi già nei giorni successivi​
nuovamente a un livello chiaramente inferiore a 1.2050.​
Ultimamente le discussioni su una possibile uscita della Grecia​
dall'Eurozona hanno nuovamente portato l'EUR / CHF​
pericolosamente vicino al limite minimo. In presenza di corsi​
inferiori a 1.2010 partiamo dal presupposto che la BNS intervenga​
sul mercato delle divise, come è successo nel dicembre​
2014, quando, secondo le nostre ipotesi, è stato​
acquistato per circa CHF 20 miliardi il controvalore in EUR e​
che dovrebbe aver scatenato acquisti da parte della BNS​
anche negli scorsi giorni. Non si intravedono segnali di una​
rapida distensione. Le elezioni in Grecia a fine gennaio e la​
riunione della BCE sui tassi del 22 gennaio annunciano per il​
breve termine una costante avversione nei confronti della​
moneta unica europea. Il Presidente della BCE Draghi dovrebbe​
fare tutto il possibile per non deludere i mercati in​
riferimento a ulteriori misure. La BNS resterà pertanto in​
stato di allarme e probabilmente dovrà intervenire puntualmente​
sul mercato delle divise. Attualmente non ci attendiamo​
ulteriori misure, p.es. un nuovo taglio dei tassi o la​
riduzione del limite minimo.​
USD / CHF – Potenziale lentamente esaurito​
Dato che nel prossimo futuro l'EUR / CHF dovrebbe restare​
«fisso» a un livello di poco superiore a 1.20, l'andamento di​
USD / CHF resta la palla da giocarsi per l'andamento di EUR /​
USD, la coppia di valute più importante a livello globale.​
All'inizio del 2015 l'USD ha proseguito il trend positivo​
dell'anno precedente. Ultimamente l'EUR / USD si è attestato​
chiaramente al di sotto di 1.20, al livello minimo da 9 anni e​
sotto il valore dell'estate 2012, quando le speculazioni su​
una disintegrazione dell'Eurozona avevano toccato l'apice. Il​
basso corso EUR / USD non è solo il risultato della costante​
debolezza dell'EUR, ma anche della positiva aspettativa del​
mercato nei confronti del biglietto verde. A seguito del solido​
andamento della congiuntura negli Stati Uniti e delle​
sempre nuove misure espansive di politica monetaria da​
parte della BCE la differenza dei tassi si è chiaramente ampliata.​
Tuttavia, non vediamo un ulteriore potenziale di ribasso​
(cfr. figura). I tassi sono infatti già a zero nell'Eurozona e i​
tassi di deposito presso la BCE sono addirittura negativi. E​
per quanto riguarda i tassi della Fed statunitense, quest'anno​
i mercati hanno scontato due o tre fasi da rispettivamente​
25 punti base. L'attuale andamento dell'inflazione non segnala​
l'innesto di una marcia più alta da parte della Fed.​
Tanto più che l'attuale debolezza dell'euro e i bassi prezzi​
dell'energia agiscono come un programma congiunturale​
per l'economia europea, il che dovrebbe leggermente sostenere​
l'euro nel corso dell'anno. Questo presuppone che,​
come ipotizzato, la Grecia non esca in modo incontrollato​
dall'UME. L'umore negativo nei confronti dell'euro dovrebbe​
leggermente diminuire nei prossimi mesi, portando l'EUR /​
USD nuovamente a un livello superiore a 1.20 e quindi comprimere​
l'USD / CHF sotto la parità​
Il prezzo del petrolio influisce sui mercati delle divise​
Le valute dei paesi emergenti, in particolare quelle sensibili​
alle materie prime, non dovrebbero subire alcun rapido rebound​
in seguito ai bassi prezzi dell'energia. Inoltre, sulla​
base degli imminenti aumenti dei tassi negli USA ci attendiamo​
temporaneamente una crescente volatilità sui mercati​
finanziari, il che sulla scia di una maggiore avversione al​
rischio dovrebbe influire sulle valute dei paesi emergenti. Il​
RUB resta vulnerabile anche dopo il forte crollo. Un impegno​
richiede la massima capacità di sostenere rischi.​
Negli ultimi mesi hanno sofferto anche le «commodity currency​
» dei paesi industrializzati. La corona norvegese a causa​
del basso prezzo del petrolio, il dollaro australiano anche a​
causa della riduzione della differenza dei tassi e del rallentamento​
della crescita in Cina. Per NOK e AUD gli effetti negativi​
dovrebbero scontare minori quotazioni delle materie prime

m:specchio:
 

mariougo

Forumer storico
focus

Focus: corso minimo della BNS – fine con​
spavento​
La Banca nazionale svizzera (BNS) ha sospeso del tutto inaspettatamente​
il corso minimo dell'euro, introdotto oltre tre​
anni fa, e allo stesso tempo ha ridotto il tasso negativo sui​
conti giro presso la BNS a una fascia target da -0.25% a -​
1.25%. La quota esente per i tassi negativi rimane venti volte​
maggiore dell'obbligo della riserva minima.​
Stupisce il momento della misura. Con le continue discussioni​
sulla possibile uscita della Grecia dall'Eurozona e la previsione​
che il Presidente della BCE Draghi integrerà il pacchetto​
di misure politico-monetarie con l'acquisto di titoli di​
stato, la domanda di CHF come porto sicuro era comunque​
aumentata. La decisione della BNS ha fatto cedere l'argine e​
ha fatto crollare in pochi minuti l'EUR/CHF del 30% fino a​
0.85. Il tasso di cambio si è tuttavia ripreso durante la giornata​
ritornando di nuovo di poco sopra la parità. Anche il​
mercato azionario svizzero ha reagito con forza, registrando​
una flessione del 10% circa.​
Il CHF si è rivalutato nettamente dopo la sorprendente​
sospensione del limite dell'euro (15.01.2015)​

Secondo il Presidente della BNS, Jordan, l'argomento principale​
a favore della rapida uscita dal limite minimo è stata la​
valutazione che la difesa del limite minimo non sarebbe stata​
«sostenibile» a causa dell'andamento internazionale e un​
mantenimento del limite minimo non avrebbe più avuto​
alcun senso. Senza dubbio una parte importante dell'andamento​
internazionale descritto è l'aumento dell'avversione​
del mercato nei confronti dell'euro, il che negli ultimi giorni​
ha fatto probabilmente sì che la BNS sia stata costretta ad​
acquistare euro per notevoli importi. In seguito alla previsione​
di una continua debolezza dell'euro, la BNS ha deciso di​
adottare al più presto una misura di emergenza e questo​
prima che la BCE probabilmente decidesse nuove misure. Di​
conseguenza non era un'opzione valida legare il CHF a un​
paniere di valute al posto di concentrarsi in modo isolato​
sull'euro.​
Fondamentalmente non sono però riscontrabili chiari cambiamenti​
dei segnali che hanno generato questo intervento. I​
rischi di deflazione messi in campo dalla BNS non sono diminuiti​
nelle ultime settimane. In contrasto con tale opinione,​
la BNS adduce ora come argomento il fatto che il prezzo del​
petrolio che fa scendere l'inflazione non genera alcuna spirale​
deflazionistica, ma che al contrario prevalgono i positivi​
effetti dei bassi prezzi dell'energia. Ciò dovrebbe favorire​
l'economia svizzera anche tramite i positivi impulsi nell'Eurozona.​
E qual è la direzione ora a partire dall'attuale livello? Secondo​
la BNS, il CHF è aumentato eccessivamente ed è chiaramente​
sopravvalutato. Il tasso d'interesse nettamente negativo​
sui conti giro dovrebbe aiutare a frenare gli afflussi di​
denari in CHF. Gli speculatori sono stati avvertiti: secondo la​
stima del Presidente della BNS Jordan, per gli speculatori​
diventerà più caro acquistare CHF all'attuale livello. Un cessato​
allarme vi è anche rispetto ai timori che i tassi possano​
diventare negativi anche sui normali conti di risparmio. L'attuale​
quota esente di 20 volte le riserve minime delle banche​
non viene superata con l'attuale grado di adempimento​
(quasi il 2200%) della gestione delle riserve. La riduzione dei​
tassi negativi ha unicamente lo scopo di impedire nuovi afflussi​
di EUR in CHF.​
Riteniamo che i rischi di una nuova forte diminuzione del
CHF sotto la parità siano limitati. Se i mercati dovessero
muoversi in questa direzione, a nostro avviso la BNS interverrebbe
di nuovo sul mercato delle divise. Le discussioni sui
tassi nell'Eurozona non indicano però neppure una rapida
ripresa dell'euro

e chi ci crede?
:wall: m
 

mariougo

Forumer storico
oil a 70..?

buon w...

Durante la riunione del Consiglio direttivo di giovedì, attesa
con impazienza, la Banca centrale europea (BCE) ha deciso di
allentare ulteriormente la sua politica monetaria (vedi tema
Focus pagina 2). Le misure annunciate hanno superato leggermente
le aspettative del mercato. Sui mercati finanziari
non si sono quindi verificate grandi movimenti o addirittura
turbolenze. L'EUR/CHF ha registrato una leggera diminuzione
e viene scambiato ora di poco sotto la parità. Di conseguenza,
contrariamente agli aumenti dei corsi nella maggior
parte dei mercati europei, anche lo SMI è stato messo leggermente
sotto pressione. Le incertezze sull'ulteriore politica
della BCE sono ora superate. Ciò non significa tuttavia che
ora l'EUR/CHF si prepari a una vera e propria corsa al recupero.
Le discussioni su un'uscita della Grecia continuano e
potrebbero intensificarsi dopo le elezioni parlamentari di
domenica prossima. Tuttavia, nel complesso, il 15 gennaio il
franco è salito eccessivamente e al momento è nettamente
sopravvalutato. Secondo la maggior parte dei modelli di
calcolo risulta un corso «equo» di almeno 1.15. Anche la
BNS parla di una netta sopravvalutazione e probabilmente
interverrebbe di nuovo se l'euro scivolasse in modo duraturo
sotto la parità. Nel 2015 prevediamo tuttavia una continuazione
della leggera ripresa congiunturale nell'Eurozona, il
che supporta la moneta comune. Nel complesso, nel corso
dell'anno l'EUR/CHF dovrebbe muoversi lentamente in direzione
della nostra previsione a 12 mesi di 1.10, con un andamento
che non avverrà necessariamente in modo graduale.
Ciononostante, la sorprendente rivalutazione è una difficile
sfida per gli esportatori e il settore del turismo. Non prevediamo
tuttavia alcun forte crollo congiunturale. Il forte franco
migliora il potere d'acquisto delle imprese e dei consumatori.
Inoltre, i bassi prezzi del petrolio e la moderata ripresa
nell'Eurozona hanno un effetto di supporto. Nel complesso,
nel 2015 la crescita del PIL svizzero dovrebbe rallentare
all'1.1% dopo l'1.8% dell'anno precedente. Un certo indebolimento
della dinamica dovrebbe essere segnalato già la
prossima settimana dal barometro congiunturale KOF.
Dopo la BCE, ora la Banca centrale statunitense tornerà di
nuovo al centro dell'interesse del mercato. Tuttavia, per la
prossima valutazione, non prevediamo alcuna variazione
significativa in questo momento. Ultimamente, i dati economici
sono stati disomogenei, ma dopo l'andamento congiunturale
estremamente dinamico degli ultimi mesi la normalizzazione
con tassi di crescita più moderati non è sorprendente.
Nell'ultimo trimestre, con ogni probabilità il PIL
statunitense ha registrato ancora una crescita relativamente
elevata del 3% (annualizzata). Nei mesi estivi, gli investimenti
in impianti sono notevolmente aumentati e nel 4° trimestre
sono quindi stati leggermente più moderati. L'andamento
del consumo privato è stato invece più soddisfacente. E dal
settore edilizio sono giunti ultimamente di nuovo più impulsi
alla crescita. Nel complesso le prospettive sono sempre intatte
e la solida domanda interna dovrebbe consentire anche
quest'anno una robusta crescita dell'occupazione. A causa
del forte calo del prezzo del petrolio, il tasso d'inflazione
complessivo è diminuito ultimamente dall'1.3% allo 0.8% e
molto probabilmente diminuirà ulteriormente fino a metà
anno. Con la ripresa del prezzo del petrolio, da noi prevista,
a USD 70 al barile alla fine dell'anno vi sono buone probabilità
che l'inflazione nel secondo semestre tenda di nuovo
verso il 2%. In ogni modo, come in fasi precedenti caratterizzate
da forti effetti del prezzo del petrolio la Fed dovrebbe
concentrarsi soprattutto sull'inflazione di base. E qui a causa
della solida ripresa economica e del maggiore potere d'acquisto
dei consumatori vediamo un andamento ampiamente
stabile. In questo contesto è incoraggiante il fatto che le
aspettative inflazionistiche dei consumatori non siano quasi
penalizzate dal drastico calo dei prezzi della benzina. Nei
prossimi mesi, anche la dinamica salariale dovrebbe registrare
un leggero miglioramento. L'indice dei costi occupazionali
aumenta moderatamente già dal 2° trimestre 2014 e anche
la prossima settimana dovrebbe registrare un solido aumento.
Nel complesso continuiamo quindi a prevedere il primo​
aumento dei tassi a metà 2015.
:mmmm:m
 

mariougo

Forumer storico
cosa pensano... in ch

Sono ormai passati dieci giorni da quando la BNS, come un fulmine a ciel sereno, ha elimina-to la soglia minima del franco. Da quel momento l'euro oscilla intorno alla parità e la Svizzera tra approvazione e scetticismo. Al più tardi dopo la sfrenata inondazione del mercato da parte della BCE è indubbio che per la BNS ci sarebbe voluto uno sforzo enorme per contenere il franco. Ha deciso pertan-to di opporsi a quest'avventura raccogliendo applausi ampiamente diffusi. Ha dovuto incassare critiche al mas-simo per la tempistica e la modalità di comunicazione. Altrimenti è prevalso un sorprendente consenso sul fatto che l'uscita sia stata un passo doloroso ma inevitabile. È tuttavia scontato che le esportazioni verranno notevol-mente penalizzate. Un improvviso peggioramento della competitività dei prezzi del 20% quasi, dovrebbe portare alla chiusura più di una società e rappresentare un vero e proprio freno per le industrie che operano in Svizzera. Ora anche il settore del turismo non potrà più evitare di essere più dinamico. Per quanto più tempo il franco con-tinua a persistere intorno alla parità con l'euro, tanto più forti saranno le perdite di sostanza delle aziende, che parallelamente tenteranno di sfruttare ogni occasione per aumentare la produttività. Questo consente tuttavia di recuperare solo una parte delle perdite dei fatturati. Per di più, sono del tutto irrealistici aumenti di produttività a due cifre, che adesso sarebbero necessari per evitare un crollo della redditività contemporaneo a quello del tasso di cambio. Considerando inoltre la configurazione dei mercati, ovvero una politica monetaria in Europa che probabilmente resterà espansiva anche dopo il 2015 con prospettive di crescita nel contempo piuttosto deboli, si giunge necessariamente alla conclusione che la Svizzera ha davanti a sé un percorso difficile.
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Urgenze
[/FONT][/FONT] Ormai da tempo è chiaro a tutti che la Svizzera, nel suo ruolo di paese dai salari elevati, non può continuare a resistere nel lungo periodo alla concorrenza dei prezzi. Pertanto, le aziende svizzere si sono periodicamente reinventate in parte, come ad esempio l'ultima volta negli anni '90. Allora abbiamo assistito a una trasformazione da un'industria tradizionale in un'industria all'avanguar-dia, e da questa evoluzione l'economia svizzera ha tratto vantaggio per più di un decennio. All'inizio del millennio era rimasta indietro e registrava elevati eccessi di espor-tazioni, situazione nella quale ha aiutato però il fatto che l'euro tendeva a rafforzarsi. Infine, la crisi finanziaria ha portato a una cesura, le cui conseguenze tardive si riper-cuotono ora anche a casa nostra. Il 2015, anno ancora giovane, diventa in tal modo un anno di decisioni fon-damentali. Le industrie svizzere devono superare un pro-gramma di fitness epocale per digerire lo shock valutario e nel settore del turismo non sarà più possibile rinviare un cambiamento strutturale parzialmente doloroso. Un tasso di cambio di CHF 1.10 per EUR 1 sarebbe già un balsamo per le ferite. Ma non si può puntare su questo. Oltre al mandato permanente di non far lievitare i costi, ora molte aziende devono farsi prescrivere rapidamente anche un programma innovativo epocale. Questo può funzionare solo se le aziende non hanno già l'acqua alla gola. Esiste pertanto un'elevata necessità di intervento, ma dove concretamente?
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Supporto all'innovazione e offensiva di formazione invece di programma congiunturale
[/FONT][/FONT] I programmi congiunturali aiutano poco le esportazioni. Fintanto che la domanda non si riprende all'estero e soprattutto in Europa, essi sono praticamente delle sov-venzioni. Questo succederebbe ad esempio se la Confe-derazione compensasse una parte dei crolli dei fatturati dovuti a motivi valutari. Il lavoro a orario ridotto è forse un mezzo per bilanciare oscillazioni provvisorie della domanda, ma non è adatto a compensare uno shock valutario che mette in dubbio la competitività. Senza una riduzione dell'occupazione, non sarà possibile superare la sfida. In ogni caso, l'intensità dipende dal livello sul quale si stabilizzerà il franco rispetto all'euro. Il compito priori-tario non sarà pertanto quello di mantenere ogni posto di lavoro a qualsiasi costo, bensì di interpretare le condi-zioni quadro nel contesto attuale in modo da poter avvia-re un'offensiva di innovazione per creare nuovi posti di lavoro orientati al futuro.
Non vi è quasi nessuna economia altamente sviluppata al mondo in cui la disoccupazione sia così bassa come in Svizzera. Questo è un grande vantaggio per il nostro paese, in quanto sono meno le risorse umane inutilizzate di quanto succeda all'estero. Si tratta quindi di impedire che in una reazione iniziale vadano persi troppi posti di lavoro e di incorrere quindi nel rischio, come è già suc-cesso in precedenza ad altre nazioni, di perdere in modo irreversibile a livello di creazione del valore. Pertanto, la Svizzera ha ora bisogno di un'offensiva di formazione che miri a ricalibrare il potenziale di innovazione non sfrutta-to, soprattutto all'interno delle aziende. In particolare quest'ultimo deve essere ottimizzato. Il motto è quindi: sostenere il capitale umano e l'innovazione invece di ridurre i posti di lavoro. Effettuare tagli per mantenersi in vita non rappresenta un'alternativa per la Svizzera. Invece di dibattiti sulla distribuzione è giunto il momento di indire un vertice nazionale per l'innovazione, prima che la riduzione dell'occupazione imbocchi la direzione del vertice

m:mmmm:
 

mariougo

Forumer storico
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pensate a san valentino.............


L'incombente insolvenza della Grecia e la possibile uscita dall'Eurozona sono di nuovo al centro dell'interesse. Lo scontro del nuovo governo con i creditori europei è stato relativizzato dai mercati solo inizialmente. Ora però la Banca centrale europea (BCE) aumenta la pressione sulla Grecia, non accettando più le obbligazioni greche come garanzie per le operazioni di rifinanziamento. In precedenza per le obbligazioni greche è stata fatta un'eccezione: Venivano ammesse come garanzia anche se non disponevano di un rating investment grade. Le banche greche continuano ad avere un accesso diretto alla liquidità da parte della BCE, se mostrano sufficienti garanzie nella qualità richiesta. Altrimenti, il finanziamento deve avvenire tramite inie-zioni di liquidità previste per le emergenze. Anche questo è un credito della banca centrale nell'ambito del sistema euro, ma viene concesso dalla Banca centrale nazionale a condizioni più care. Dopo che il nuovo governo greco ha disdetto la coopera-zione con la Troika e ha presentato proposte di ristrutturazione per i debiti esistenti, ora la BCE oppone una certa resistenza. Entrambe le parti non hanno alcun interesse a un'escalation. Tuttavia, dopo i recenti sviluppi i mercati si mostrano tesi. I premi di rischio per i titoli di stato grechi hanno registrato prov-visoriamente un notevole aumento.
Una leggera ripresa si delinea invece nei dati congiunturali europei. Già per l'ultimo trimestre del 2014, la Spagna ha comunicato una crescita sorprendentemente forte dello 0.7% rispetto al trimestre precedente e quindi l'aumento maggiore degli ultimi sette anni. La prossima settimana i pesi massimi dell'Eurozona, Germania, Francia e Italia, comunicheranno la crescita del PIL nel T4 2014. Dopo gli ultimi due trimestri deludenti – l'economia è in stagnazione dalla primavera – la Germania dovrebbe aver ritrovato la strada della crescita. La produzione industriale mostra una tendenza molto positiva. Il debole euro e i bassi costi delle materie prime dovrebbero sostenere sempre più la congiuntura.
Per l'Eurozona nel T4 prevediamo una crescita economica dello 0.2% rispetto al trimestre precedente, pertanto nel 2014 rispetto all'anno di recessione 2013 risulta un aumento dello 0.8%.
In Svizzera è prossima la pubblicazione dei prezzi al consumo per gennaio. A causa del periodo di rilevamento (per lo più le prime due settimane del mese), l'effetto della rivalutazione del franco ancora si riflette solo lievemente nei dati. Il motivo per il previsto calo dei prezzi rispetto a dicembre dovrebbe dipendere principalmente dai prezzi dei saldi. Solo i dati di febbraio mostreranno un effetto netto dovuto alla valuta. Anche i dati del mercato del lavoro sono caratterizzati da una forte stagionalità. Depurati dall'effetto stagionale prevediamo un valore invariato del 3.2%.
Il calendario dei dati negli Stati Uniti fornisce una prima impressione nelle aspettative inflazionistiche dei consumato-ri, un indicatore che viene seguito anche dalla Fed in riferimento a possibili aumenti dei tassi in estate. I fatturati della vendita al dettaglio nominali dovrebbero essere di nuovo negativi a causa delle minori spese per l'energia. La dinamica congiunturale negli Stati Uniti rimane tuttavia complessiva-mente solida , il che è evidenziato anche dai recenti dati sul mercato del lavoro.

m:wall:
 

mariougo

Forumer storico
buona settimana

I media internazionali sono quasi impazziti all'annuncio dello straordinario risultato trimestrale di Apple. Mai prima d'ora una società aveva conseguito un profitto talmente elevato in un solo trimestre. Si parla di cifre astronomiche. In tre mesi Apple ha ottenuto un utile di USD 18 miliardi a fronte di un fatturato pari a quasi 75 miliardi e di un nuovo aumento del margine lordo a un incredibile 40%. Non stupisce che il risultato record abbia catturato l'attenzione dei media anche qui in Svizzera. Particolarmente interessante è stato vedere come, subito dopo l'annuncio del risultato trimestrale, le emittenti radiofoniche facesse-ro a gara per fornire tutti i dettagli ai cittadini. «Apple vende 34'000 iPhone all'ora, cioè ben 800'000 al giorno». Così ognuno di noi può facilmente intuire quali sono le proporzioni del fenomeno. In America, dove, si sa, il denaro governa il mondo, il profitto ha ovviamente forni-to lo spunto per alcuni semplici esercizi di calcolo. Si è detto che Apple guadagnerebbe 2'300 dollari al secondo, ossia 200 milioni al giorno. Un risultato superlativo, che ha mandato palesemente in visibilio la moderatrice di Bloomberg TV.
I conti sono corretti; del resto, non ci vuole un mago per calcolare il numero di pezzi o l'utile trimestrale in giorni, minuti o secondi. Risultati come questi, però, suscitano la meraviglia auspicata anche tra i non-esperti di finanza, aumentano i livelli d'ascolto e forniscono argomenti di conversazione a tutto il mondo. Non ricordo che i media abbiano mai celebrato con la stessa euforia una simile macchina da profitti. Le voci critiche sono state pratica-mente assenti: Il risultato è semplicemente troppo splendido e irreprensibile per lasciar spazio ai pareri contrari. Fortunatamente a nessuno è venuto in mente di confrontare il nostro prodotto interno lordo con la quotazione in borsa di Apple. In quel caso, traducendo liberamente, si sarebbe forse potuto dire che Apple vale più della Svizzera.
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Senza rivali
[/FONT] I servizi meno carichi di emozioni si sono concentrati sui fatti e hanno giudicato positivamente il risultato. Grazie al successo di iPhone & Co., Apple non è costretta a fare i conti con domande scettiche. Perché i suoi clienti non acquistano beni di lusso esotici o farmaci di vitale importanza, ma un prodotto di massa, diventato ormai un cult tra gli acquirenti, che siano ricchi o poveri, conservatori, di estrema destra o verdi. Si tratta senza dubbio di un successo imprenditoriale degno di nota, ma non sarà che Apple guadagna magari leggermente troppo? Un margi-ne lordo del 40% è in ogni caso estremamente raro e ancora più raro se di lunga durata, perché rappresenta per i nuovi operatori un incentivo economico a captarne una parte a proprio vantaggio. Apple invece sembra non avere concorrenza. Un nuovo accesso a quello che è sì un mercato lucrativo, ma senz'altro molto maturo, appare come un'avventura finanziaria con elevate barriere d'ingresso. Samsung vende all'incirca gli stessi volumi di smartphone, eppure è di gran lunga meno redditizia. È lo status di cult a fare la differenza. La disponibilità a pagare da parte dei fan di Samsung è nettamente inferiore.
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] …ma non senza macchia
[/FONT][/FONT] È chiaro a tutti che oggi non è più possibile immaginare la vita quotidiana senza iPhone e smartphone. Ma siamo franchi: non preferiremmo ogni tanto poter spegnere il nostro onnipresente compagno? Quanto tempo trascorriamo sui nostri apparecchi mobili facendo cose che non apportano alcun valore aggiunto nel contesto economi-co, per non parlare di quello familiare o sociale? E quanti, soprattutto ma ormai non più solo tra i giovani, utilizzano il cellulare 24 ore su 24? Non accade sempre più spesso che i rampolli adolescenti mostrino sintomi di astinenza se non hanno a portata di mano l'apparecchio? E che dolori quando la batteria è scarica! Potrebbe essere che anche fenomeni come questi contribuiscano in parte all'elevata redditività?
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Se è un cult non può far male
[/FONT][/FONT] Probabilmente è così, perché oltre allo status di oggetti cult, iPhone & Co. trasmettono la sensazione di avere tutto sotto controllo, di essere sempre pronti e disponibili per chiunque o qualsiasi cosa, di poter vincere in modo «intelligente» la noia e di essere organizzati con la mas-sima efficienza. Tutto questo racchiude un evidente potenziale di dipendenza. E dubito che grazie a smartphone e così via la produttività dell'economia nazionale complessiva aumenti. Sono sempre più numerose le porzioni del nostro cervello che vengono per così dire esternalizzate in apparecchi elettronici. Le capacità che si liberano le utilizziamo per «servizi intelligenti» come Whatsapp, giochi o selfie. Diventiamo soprattutto dei campioni del multitasking. Inviamo velocemente un'e-mail, poi un SMS al volo, diamo uno sguardo rapido al meteo, il tutto naturalmente anche durante il lavoro. Se dovessimo addebitare ai responsabili questi effetti esterni negativi, i margi-ni à la Apple apparterrebbero presto al passato. Prima o poi bisognerà cominciare a riflettere sulla rispettiva inter-nalizzazione. Come scrive la rivista tedesca «Der Spiegel», Apple era già sospettata di ottimizzare le imposte con dei trucchetti, in particolare puntando su società off-shore in Irlanda. Questo si può interpretare come ottimizzazione, ma anche nel senso che Apple non sembra essere consapevole della propria responsabilità sociale. Il controllo totale di Apple & Co. sulle nostre vite è solo una questione di tempo. Ciononostante, questo settore gode di un grado di libertà inaudito, grazie allo status di marchio cult, e perché è un settore difficile da regolamentare

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Ultima modifica:

mariougo

Forumer storico
buon w.....

Focus: il poker del debito della Grecia
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Alla fine del mese si conclude il programma di aiuti a favore della Grecia. Contrariamente a Irlanda e Portogallo, l'accesso al mercato dei capitali resta ampiamente bloccato per la repubblica ellenica. Saranno necessari altri strumenti di supporto per poter utilizzare i crediti del FMI e della BCE nel resto dell'anno. Il nuovo governo greco insiste tuttavia su un abbandono radicale dell'attuale programma di aiuti e delle sue condizioni. La vo-glia di attacco si fonda tra l'altro anche sul fatto che in caso di un fallimento delle trattative i creditori pubblici hanno molto da perdere. Essi detengono ormai più dell'80% del debito di stato greco, pari a complessiva-mente EUR 320 miliardi. Inoltre, nell'ultimo anno la Grecia ha ottenuto un avanzo primario. Questo significa che, detratti i pagamenti degli interessi, lo stato è riuscito a coprire le proprie spese con le entrate correnti. A prima vista si potrebbe concludere che la Grecia nella trattativa occupi una posizione di vantaggio.
Questa posizione non trova tuttavia alcuna conferma nelle trattative di questa settimana. Le richieste greche parzialmente radicali non trovano alcun supporto nei partner di trattativa. Si parla apertamente di una conclusione degli aiuti. La decisione della BCE di limitare le possibilità di rifinanziamento delle banche greche ha rivelato qual è il tallone di Achille della Grecia: l'accesso alla liquidità. Anche se le banche possono attingere fino a nuovo ordine alla liquidità di emergenza della Banca centrale greca (Emergency Liquidity Assistance), tuttavia, senza il programma di aiuti il Consiglio della BCE dovrebbe chiudere anche questo canale. Il che colpirebbe duramente le banche, tanto più che la fuga di capitale dei risparmiatori da dicembre ha registrato una nuova accelerazione.
La posizione di trattativa della Grecia si rivela pertanto estremamente debole. Senza un compromesso il sistema bancario greco è a poco dal collasso. Con questo anche la delicata piantina dell'incipiente ripresa congiunturale verrebbe calpestata. Dopo una contrazione di ben un quinto dal 2008, l'economia subirebbe un nuovo crollo. E quest'anno non sarebbe più possibile ottenere un avanzo primario. Anche senza questo scenario le prospettive di crescita si sono già sensibilmente indebolite a causa delle nuove elezioni. Dall'inizio dell'anno i versa-menti fiscali si sono notevolmente ridotti e l'incertezza ha un effetto paralizzante.
Ciononostante, anche con un accordo senza un diretto taglio del debito la Grecia, nonostante l'elevatissima quota di debito pari al 175% del PIL, potrebbe venire a patti relativamente bene. Nell'ambito dei programmi di salvataggio il servizio del debito è stato infatti già adeguato più volte verso il basso. La durata dei crediti giunge fino a 40 anni. E l'addebito degli interessi l'anno scorso è stato effettivamente inferiore al 3.0% del PIL, che corrisponde a un tasso d'interesse medio di un ridottissimo 1.5%. Un'ulteriore concessione dei creditori non può migliorare di molto le condizioni, ma almeno di poco. Soprattutto i rappresentanti di altri paesi colpiti dalla crisi del debito non possono giustificare nei propri paesi un forte allentamento delle condizioni. Per quest'anno è comunque ipotizzabile un addebito degli interessi del 2.0% circa del PIL. Un valore molto moderato, vicino a quello della Germania.
[/FONT]
[/FONT] L'addebito degli interessi greco non è schiacciante
In % del PIL
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com]
[/FONT]
[/FONT][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Fino a questo momento i colloqui, come detto esplicitamente dalla Commissione UE, «non sono stati molto fertili» e non si può escludere un'insolvenza non coordinata della Grecia, non ultimo a causa della pressione sul governo greco affinché mantenga le sue consistenti promesse elettorali. Tuttavia, continuiamo a ritenere più probabile una soluzione transitoria, con concessioni difficili ma proficue da entrambi i lati. In ogni caso il tempo stringe. Numerosi parlamenti europei devono ancora approvare una soluzione. E senza un nuovo pro-gramma la BCE dovrebbe tagliare l'apporto di liquidità per le banche greche. E in questo modo la Grecia non riceverebbe più sul mercato nemmeno i fondi a breve termine, che il paese assorbe principalmente attraverso le banche nazionali. La conseguenza sarebbe una rapida insolvenza e con essa almeno delle turbolenze a breve termine sui mercati finanziari internazionali con la pro-babilità di nuovi flussi di capitale verso i porti sicuri, anche verso la Svizzera. Il poker del debito prosegue ufficialmente lunedì. A quel punto le carte dovranno essere messe in tavola.
:mumble:m
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mariougo

Forumer storico
buona domenica,

L'attuale verbale della riunione della Banca centrale statunitense​
non ha fornito alcuna nuova indicazione importante. I​
nuovi strumenti per l'assorbimento di liquidità, soprattutto i​
reverse repo, vengono ancora verificati, ma nei prossimi mesi​
dovrebbero essere sufficientemente maturi. Il nuovo meccanismo​
è diventato necessario a causa dello straordinario​
aumento dei crediti delle banche centrali, che ha bloccato il​
mercato interbancario per gli averi in conto giro (vedi Prospettive​
settimanali del 10.10.14). Per il momento dell'intervento​
sui tassi, nel FOMC non sembra però esserci ancora​
alcun consenso. Dal verbale risulta che circa la metà dei​
membri vuole rimandare ancora l'aumento dei tassi, mentre​
l'altra metà auspica un aumento fra pochi mesi. Dopo la​
riunione di gennaio quest'ultima metà è stata leggermente​
favorita: il rapporto sul mercato del lavoro ha mostrato oltre​
alla robusta crescita dell’occupazione di nuovo un forte aumento​
dei salari. Ciò ha indotto alcuni membri del FOMC a​
impegnarsi pubblicamente per un aumento dei tassi a giugno.​
Tra questi anche un rappresentante della Fed che finora​
era stato piuttosto favorevole a un intervento posteriore. La​
prossima settimana potrebbe emergere se i rapporti di forza​
nel comitato nel frattempo sono veramente cambiati. Janet​
Yellen presenterà alle due camere del Congresso il rapporto​
semestrale della Banca centrale sulla politica monetaria e​
risponderà anche a domande dei parlamentari.​
Ultimamente, negli Stati Uniti la forte ripresa economica è​
un po' rallentata. Soprattutto dall'inizio dell'anno la maggior​
parte dei dati congiunturali è stata inferiore alle elevate​
aspettative. Questa settimana ciò si è verificato di nuovo​
nella produzione industriale e nei dati immobiliari. La forte​
rivalutazione dell'USD ha un effetto frenante, come un inasprimento​
della politica monetaria. Nel complesso, gli attuali​
indicatori per il 1° trimestre segnalano però una solida dinamica.​
Se i dati a febbraio e marzo dovessero registrare un​
andamento simile a quello registrato finora, si può prevedere​
una crescita annualizzata del PIL del 2.5% circa, ossia ancora​
al di sopra del potenziale. La prossima settimana gli ordini​
per beni durevoli dovrebbero registrare una ripresa e confermare​
la dinamica di crescita sempre positiva. Attualmente​
in primo piano vi è però soprattutto l'inflazione. La prossima​
settimana, il tasso annuale dovrebbe scendere dallo 0.8% a​
quasi lo 0.0%. A causa dell'inversione di tendenza del prezzo​
del petrolio nel resto dell'anno l'inflazione dovrebbe risalire​
però verso il 2% (vedi pagina 2). La nostra proiezione mostra​
una dinamica simile anche per l'inflazione di base: essa​
viene sostenuta dalla robusta congiuntura e nei prossimi​
mesi dovrebbe scendere solo moderatamente. Tutto sommato,​
un aumento dei tassi a giugno è quindi plausibile.​
Se nelle prossime settimane e nei prossimi mesi la discussione​
sui tassi dovesse intensificarsi, le incertezze sui mercati​
dovrebbero aumentare. Attualmente, la volatilità sul mercato​
non è però a livelli elevati.​
m:titanic:

 

mariougo

Forumer storico
buon w.....

Alla fine il nuovo governo greco è giunto a un compromesso​
con l'Eurogruppo, con ampie concessioni. Il programma di​
aiuti, che si conclude a fine febbraio, per il momento verrà​
prolungato fino a metà anno. In linea di massima restano in​
vigore gli obiettivi di riforma concordati, lasciando tuttavia​
alla Grecia un po' di margine di manovra in più. Con l'approvazione​
da parte di alcuni parlamenti degli stati creditori,​
l'accordo può entrare in vigore. Questo però non toglie dal​
tavolo il tema della «crisi del debito greco». Già nelle prossime​
settimane il governo greco deve dimostrare di essere in​
grado di attuare le riforme previste nel rispetto dei vincoli​
finanziari e nel contempo deve guadagnarsi la fiducia dei​
risparmiatori e delle aziende per invertire la tendenza di fuga​
dei capitali, accelerata nell'ultimo periodo, e di cautela negli​
investimenti. L'esito positivo di una verifica dell'attuazione​
delle misure da parte dei finanziatori in primavera è il requisito​
per il versamento di ulteriori mezzi di credito e per un​
eventuale terzo programma di aiuti. Dopo una breve pausa​
di respiro sono quindi già in programma altre tensioni.​
La proroga del programma di aiuti ha in ogni caso disinnescato​
la difficile situazione per il settore finanziario greco,​
almeno nel breve periodo. Fino a nuovo ordine la BCE non​
dovrebbe bloccare la messa a disposizione di liquidità di​
emergenza a favore delle banche commerciali attraverso la​
Banca centrale greca. Il presidente della BCE Mario Draghi,​
dopo il compromesso, ha definito le proposte greche come​
un punto di partenza solido ai fini della conclusione «proficua​
» del programma di aiuti. Dalla riunione politicomonetaria​
della BCE del prossimo giovedì non ci si può​
aspettare praticamente nulla di nuovo. L'ampliamento del​
programma di acquisto di obbligazioni a EUR 60 miliardi al​
mese è già stato deliberato in gennaio. L'acquisto di titoli di​
stato inizia i primi di marzo. Nel frattempo gli ultimi dati​
congiunturali hanno confermato la tendenza rialzista nell'Eurozona.​
L'indice tedesco IFO sulla fiducia delle imprese, dopo​
il forte aumento nei mesi precedenti, in febbraio ha continuato​
a migliorare moderatamente. Fortunatamente anche​
le aspettative delle aziende nel sondaggio INSEE francese​
hanno registrato un rialzo, il che relativizza il deludente risultato​
registrato la settimana scorsa dall'indice dei responsabili​
degli acquisti francese per l'industria manifatturiera. Inoltre,​
anche l'indice della fiducia delle imprese italiano ISTAT di​
febbraio è cresciuto molto di più del previsto. In Svizzera​
invece lo shock del tasso di cambio deprime l'umore delle​
aziende. Ciò dovrebbe riflettersi in una nuova diminuzione​
dell'indice dei responsabili degli acquisti all'inizio della prossima​
settimana. Nell'ultimo trimestre del 2014 il PIL svizzero​
dovrebbe tuttavia registrare di nuovo un solido aumento​
dopo il forte trimestre precedente (ved. Focus a pag. 2).​
Negli Stati Uniti, contrariamente all'Eurozona, proseguono i​
preparativi verso una normalizzazione dei tassi. Tuttavia, non​
si hanno certezze in merito alla possibile data d'inizio. La​
presa di posizione di questa settimana da parte della presidente​
Fed Janet Yellen davanti al Congresso esclude tuttavia​
un primo aumento dei tassi già in occasione della prossima​
riunione di marzo. Infatti, prima di una decisione sui tassi,​
secondo Yellen, la Fed adeguerà ulteriormente la propria​
retorica. Dopodiché una decisione rapida sarà invece possibile​
di riunione in riunione. L'ultima volta i dati congiunturali​
negli Stati Uniti non sono riusciti per lo più a soddisfare le​
elevate aspettative. Inoltre, a causa del crollo del prezzo del​
petrolio in gennaio il tasso di inflazione è sceso leggermente​
in territorio negativo, ma l'inflazione di base si è stabilizzata​
all'1.6%. E complessivamente Janet Yellen si è dimostrata​
anche relativamente ottimista nella valutazione della situazione​
economica, riscontrando sensibili progressi sul mercato​
del lavoro. L'occupazione dovrebbe continuare ad aumentare​
anche in presenza di un previsto rallentamento della velocità​
di crescita. I tassi USA a lungo termine hanno subito una​
parziale correzione dopo il movimento rialzista di inizio febbraio.​
Il rendimento dei Treasury a dieci anni si è attestato​
nuovamente attorno al 2.0%. Con dati economici buoni​
nelle prossime settimane, come ad esempio un altro rapporto​
sul mercato del lavoro con risultati soddisfacenti alla fine​
della prossima settimana, un aumento dei tassi in giugno​
resta sempre a portata. E anche in caso di un inizio leggermente​
ritardato il trend rialzista dei rendimenti USA dovrebbe​
proseguire nei prossimi mesi

m:wall:
 

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