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Oggi: 29 Dic, 2025

Pensioni più basse, ecco chi perde più soldi e perché va sempre peggio

Pensioni basse per via delle regole di calcolo, ecco chi ci perde di più e perché i trattamenti continuano a scendere.
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calcolo pensione
Foto © Pixabay

Per una volta, un problema pensionistico non ha come causa la riforma Fornero. Il fatto che le pensioni siano sempre più basse, infatti, non dipende da quella ormai famigerata riforma previdenziale, ma affonda le sue radici in una legge ancora precedente. Parliamo della riforma contributiva del 1996, passata alla storia come riforma Dini.

Da quel momento le pensioni hanno iniziato a essere calcolate con il sistema contributivo, anche se con la successiva riforma Fornero è stato introdotto un meccanismo di salvaguardia per alcuni lavoratori. Un meccanismo che, però, con il passare degli anni diventa sempre meno incisivo. È anche per questo che si va verso pensioni sempre più basse, a causa delle regole di calcolo delle prestazioni.

Il calcolo della pensione oggi

Come detto, il sistema pensionistico italiano è oggi basato sul metodo contributivo. Questo significa che la pensione viene calcolata sulla base del montante contributivo versato nel corso della carriera lavorativa. Prende una pensione più alta chi ha versato più contributi, sia in termini di anni di contribuzione sia come importo dei versamenti effettuati.

Prima della riforma Dini, invece, il sistema era retributivo. In quel caso, dopo anni di carriera e di contributi, l’INPS calcolava la pensione sulla base delle ultime retribuzioni percepite, generalmente quelle più elevate. Un meccanismo che favoriva l’importo finale dell’assegno, perché bastavano stipendi alti negli ultimi anni di lavoro per ottenere pensioni più consistenti, a prescindere dall’ammontare effettivo dei contributi versati.

Pensioni più basse, ecco chi perde più soldi e perché va sempre peggio

Oggi, a dire il vero, i due sistemi convivono ancora. È raro, se non eccezionale, trovare contribuenti non ancora in pensione con contributi versati esclusivamente nel sistema retributivo, cioè interamente prima del 1996.

Molto più numerosi sono coloro che hanno iniziato a lavorare prima di quella data e hanno poi proseguito la carriera successivamente.

Questi soggetti rientrano nel cosiddetto sistema misto, con una pensione calcolata in parte con il metodo retributivo e in parte con quello contributivo. Poi ci sono i cosiddetti contributivi puri, ossia coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 e che vedono l’intera pensione calcolata con il metodo contributivo.

Con la riforma Fornero è stata introdotta una norma di salvaguardia a tutela di chi aveva una lunga carriera contributiva prima del 1996. A questi lavoratori è concessa la possibilità di applicare il calcolo retributivo per un periodo più ampio e più favorevole. Ma, come detto, con il passare degli anni questo vantaggio si riduce, e le pensioni risultano progressivamente più basse.

Come funziona il calcolo contributivo della pensione

Chi ha maturato 18 anni o più di contributi prima del 1996 ha diritto al calcolo retributivo della pensione fino al 31 dicembre 2011. Per tutti gli altri, il calcolo retributivo si ferma al 31 dicembre 1995.

Per i nuovi iscritti — cioè per chi ha iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre 1995 — la pensione è calcolata interamente con il metodo contributivo. In questo caso, l’assegno dipende dal montante contributivo, che prima si rivaluta in base all’inflazione e poi si moltiplica per i coefficienti di trasformazione.

Sono proprio questi coefficienti a rendere il sistema sempre meno favorevole. Si tratta di parametri che trasformano il montante contributivo in pensione annua. Più tardi si va in pensione, più alto è il coefficiente e migliore è l’importo dell’assegno.

Pensioni e coefficienti che peggiorano

I coefficienti di trasformazione, però, non sono fissi. Si aggiornano ogni due anni e sono legati all’aspettativa di vita della popolazione. Se la vita media degli italiani aumenta, i coefficienti diventano meno favorevoli: una pensione che deve essere pagata per più anni deve necessariamente essere più bassa, per ragioni di sostenibilità della spesa pubblica.

La tendenza demografica va proprio in questa direzione. Dopo gli anni della pandemia, l’aspettativa di vita è tornata a crescere. Così come è accaduto nel 2025, con l’entrata in vigore di coefficienti più sfavorevoli, lo stesso scenario si ripresenterà nel 2027, con un ulteriore peggioramento degli importi pensionistici.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.