Charlie Hebdo, Giannuli e la tesi del complotto: “Perché i conti non tornano”
Cronaca
Tempi di fuga dei terroristi troppo rilassati, scarsa protezione della redazione del settimanale e armi degli attentatori. Ecco i punti dell'attentato che non convincono l'esperto di servizi segreti
di
F. Q. | 8 gennaio 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/201...complotto-i-conti-non-tornano-perche/1323690/
Già nel giorno dell’
attentato alla redazione di Charlie Hebdo avanzava l’
ipotesi di un complotto.
E anche oggi
Aldo Giannuli,
esperto di servizi segreti, in un post sempre sul blog di
Beppe Grillo, insiste: nella vicenda possono “esserci altre ‘manine’ di ben altra qualità” perché i “conti non tornano”. O meglio: “Molto probabilmente la strage è
islamica,
però che gran puzza di bruciato!”.
Gli elementi che lo inducono a sostenere questa tesi vanno dai documenti ‘dimenticati’ in auto ai rilassatissimi
tempi di fuga dei terroristi, passando dalla
scarsa protezione della redazione del settimanale e arrivando alle armi degli
attentatori.
“Come in tutti i ‘grandi casi’ (Kennedy, piazza Fontana, Palme, 11 settembre, morte di Osama bin Laden ecc), anche in questo di Parigi – scrive
Giannuli – i
conti non tornano e ci sono un sacco di cose da spiegare”.
L’esperto di servizi segreti domanda, ad esempio, “come mai un obiettivo sensibile” come la redazione di
Charlie Hebdo fosse “così debolmente protetto”.
E, prosegue, “le
armi, gli
attentatori, dove se le sono procurate? Portate appresso dalla
Siria? E i francesi – osserva – se le sono fatte passare sotto il naso?” Ma, soprattutto, “
avete mai visto dei terroristi che vanno a fare un’azione portandosi appresso la carta di identità che, poi, dimenticano in auto?”.
E, ancora, quando mai si sono visti “terroristi che agiscono perdendo tanto tempo durante la
fuga e dopo aver avuto ben due
scontri a fuoco con auto della
polizia: si attardano a dare il
colpo di grazia ad un
agente, raccattano scarpe, poi lasciano un guanto.”
E come mai “non è scattato alcun
blocco della zona? Nel pieno centro di
Parigi, non devono essere state poche le auto della
polizia in zona. E Parigi non ha un traffico scorrevolissimo”.
Insomma, conclude Giannuli elencando altre circostanze, “resto dell’idea che la pista della
strage jihadista sia quella nettamente più probabile, perché coerente con tutto un quadro formatosi da 10 anni in qua, questo però
non vuol dire che nella questione non possano esserci altre ‘manine’ di ben altra qualità.
E neppure che gli attentatori non siano stati lasciati fare, magari perché qualche sentore c’era, ma non ci si aspettava una cosa di questa gravità.
O che gli organi inquirenti – ipotizza – non abbiano altri scheletri nell’armadio, che non c’entrano con la strage, ma che qualche aspetto della strage potrebbe portare alla luce e che, invece, occorre tener nascosti”. O, conclude, “anche che nella vicenda le mani che intervengono a vario titolo (
mandanti, organizzatori,
utilizzatori occasionali, infiltrati,
esecutori, intervenuti marginali ecc.) siano decisamente più di due, quattro o sei”.