Una donna ogni due/tre giorni... un ricordo (1 Viewer)

Claire

ἰοίην
questi gli uomini bastardi
Uomini | In Quanto Donna

leggete le pene, leggete e fatevi venire il fegato grosso, non c'è giustizia per le donne in Italia.
Se penso che Restivo si farà l'ergastolo solo perché preso e giudicato in Inghilterra, dove aveva ucciso un'altra ragazza, mi dico che qui non c'è storia, restano impuniti.

Ce ne fosse uno che ha scontato per intero la condanna. Cercarne uno che abbia davvero scontato l'ergastolo è impossibile. :(
 

Claire

ἰοίην
La verità vi prego, sulla morte http://www.inquantodonna.it/la-verita-v ... lla-morte/
di Emanuela Valente

“La strage di San Valentino”

Non è sbagliato affermare che la battaglia contro il femminicidio sia come quella contro la mafia, poiché i crimini contro la donna non sono eventi sporadici di squilibrati in preda ad un raptus improvviso e passeggero (come invece vengono quasi sempre presentati), ma la massima espressione di un sistema sociale e di una cultura millenaria di cui tutta la collettività, donne comprese, è intrisa.

L’omertà, l’onore, il rispetto sono concetti virgolettati che si adattano ad entrambe le stragi, spesso simili anche nelle modalità.

La battaglia va allora combattuta su più fronti, partendo dall’analisi sincera dei nostri personali pregiudizi nei comportamenti quotidiani, per arrivare alla consapevolezza di ciò che accade intorno a noi, in casa nostra, in strada o appena dietro la parete, non cedendo alla tentazione di sminuire i sintomi di un malessere che porta non solo a centinaia di morti ma anche ad uno standard di vita insostenibile per tutti.

La verità, vi prego, sulla morte

Oltre alle foto delle donne vittime di femminicidio, troverete le foto dei loro assassini: fidanzati, mariti, conviventi, ex, a volte anche padri. Le loro motivazioni sono quasi sempre le stesse e convergono in una sola: l’essere uomini che si ritengono proprietari della vita delle donne.

Eppure i mass media cercano altrove le ragioni di un inaccettabile costume sociale: la gelosia non è insano possesso e aggravante, piuttosto debolezza dell’uomo. È il comportamento della donna ad essere messo sotto la lampada dell’ispettore: di lei si analizzano le abitudini, gli orari, le frequentazioni, l’utilizzo di internet, gli sms, l’abbigliamento. Si eseguono ecografie e tamponi vaginali postmortem, l’utero della donna uccisa viene scandagliato come se lì potesse trovarsi una qualche ragione della follia maschile.

Dell’uomo solitamente si elencano le normalità, per porre in risalto l’imprevedibilità del folle gesto. Che però tale non è. La colpa non è solo di una millenaria cultura di possesso dell’uomo sulla donna, ma anche della sottomissione cui la donna stessa si presta, sostenuta da un intero sistema che la porta a non denunciare, a mostrare la fede e a lavare i panni in famiglia.

Quasi tutte le donne uccise hanno subito prima minacce e violenze, ma la maggior parte di loro non le ha denunciate. Quelle che l’hanno fatto, però (con grande tenacia e determinazione poiché la deposizione di una denuncia per stalking è nel nostro paese ostacolata in ogni modo sia moralmente che materialmente), non hanno ricevuto alcuna protezione. Lisa Puzzoli, Silvia Mantovani, Patrizia Maccarini e molte altre sono state uccise dopo aver denunciato chi le minacciava, dopo aver chiesto ripetutamente aiuto. Monica Da Boit ha chiamato il 118, terrorizzata, poche ore prima di essere uccisa, ma la pattuglia non è intervenuta. Sonia Balconi, poi, è morta per un “guasto elettrico al sistema informatico” che aveva fatto dimenticare le sue denunce …

Il silenzio delle innocenti

I giornalisti e i commentatori televisivi si aggirano come avvoltoi sui corpi delle adolescenti annegate, delle mogli riverse su marciapiedi sanguinanti. Eppure l’unico articolo rintracciato in cui una Camera penale denuncia il “crescente imbarbarimento del sistema mediatico” viene pubblicato non perchè qualcuno si senta offeso dal vilipendio mediatico di cadavere, ma per difendere un assassino, che non ha avuto possibilità di una difesa legale davanti alle telecamere.

In difesa delle donne, senza voce prima e dopo la morte, non si solleva alcuna garanzia: di loro anche chi le ha uccise può dire che erano insopportabili, violente, che avevano uno o cento amanti, che erano incinta forse di un altro e anche affermare che non fossero delle buone madri, magari in diretta.

Il futuro dei colpevoli

Questi uomini spesso si suicidano, subito dopo o a distanza di anni. Quando non lo fanno, raramente rischiano l’ergastolo, a meno di non essere immigrati, preferibilmente musulmani marocchini.

Sono tantissimi i casi in cui non sembra esserci un colpevole (che non appaiono per il momento ma avranno prossimamente una rubrica dedicata), molti anche quelli in cui le perizie psichiatriche commutano il carcere con la casa di cura se non addirittura con l’assoluzione (non è per altro che tutti gli avvocati difensori invocano l’infermità mentale).

Non mancano i casi incredibili, come quello di Denis Occhi, che confessa di aver ucciso l’ex moglie solo dopo che la sentenza è passata in giudicato e rimane dunque, per il sistema giuridico italiano, libero e innocente. O quello di Renato Di Felice, un uomo buono e tranquillo, reo confesso, che ha scontato 2 giorni di carcere per l’uccisione della moglie.

Tra i capaci di intendere e volere, vi sono casi in cui il processo rimbalza senza arrivare a conclusione: quello per l’uccisione di Roberta Lanzino va avanti da 24 anni, Ubaldo Voli muore in attesa dell’appello, Giovanni Pupillo, prima di essere condannato a 21 anni di reclusione, è rimasto libero 7 anni in attesa della sentenza.

Il rito abbreviato prevede una pena massima di 30 anni (20 se gli autori del delitto sono minorenni, come nel caso di Lorena Cultraro) che generalmente scendono già subito a 16 o 14, per riconoscimento di attenuanti e quasi sempre esclusione della premeditazione.
Tra buona condotta, permessi premio e un probabile indulto, gli autori di femminicidi solitamente non trascorrono in carcere più di 7/8 anni, a volte escono dopo 3 anni, altre volte dopo appena qualche mese, come Massimo Gilardoni o Roberto Colombo, che ottengono i domiciliari in casa di cura a pochi giorni dalla condanna, pur essendo considerati perfettamente capaci di intendere e volere.
E quando escono ….


Emiliano Santangelo appena esce dal carcere uccide la ragazza che lo aveva fatto condannare per violenza sessuale. Quando Paolo Chieco – condannato a 12 anni e 6 mesi poi ridotti a 8 anni e 4 mesi per il tentato omicidio della convivente AnnaRosa Fontana – ottiene i domiciliari, a 300 metri di distanza dalla casa di Anna Rosa, finisce di ucciderla.
E lo stesso fa Luigi Faccetti: condannato a 8 anni per il tentato omicidio della fidanzata, dopo appena 10 mesi ottiene i domiciliari e la uccide con 66 coltellate: 52 in più rispetto alla prima volta.


Luigi Campise, condannato a 30 anni in primo grado ridotti a 16 in appello, è libero per indulto e buona condotta dopo appena 2 anni. Il padre di Barbara Bellerofonte, la ragazza che Campise ha ucciso con una raffica di proiettili sotto casa, solleva la questione ma i giornali, invece di centrare il problema, deviano la polemica sulle discrezionalità del Governo.

La pericolosità sociale di chi uccide viene sottovalutata in virtù di un presunto movente che consiste nella relazione affettiva – o di possesso – con la persona uccisa. Marco Travaglio, sempre a proposito di Campise, scrive: “non è un serial killer, ce l’aveva solo con la sua ragazza, che ormai è morta”.

Ma Luca Delfino, appena assolto dall’accusa di omicidio di Luciana Biggi, ha ucciso Maria Antonietta Multari.
Maurizio Ciccarelli, già arrestato per il tentato omicidio della prima moglie, mentre è ai domiciliari uccide la seconda, e lo stesso fa Franco Manzato.
Molti degli uomini che uccidono avevano già rivelato comportamenti violenti in passato
: la prima moglie di Francesco Maria Lo Presti sa che al posto di Vanessa avrebbe potuto esserci lei, l’assassino di Teresa Lanfranconi ad appena 20 anni aveva già in curriculum un’aggressione sessuale, e chissà quanti altri avevano già rivelato la propria indole ma semplicemente non erano stati denunciati, come è accaduto per Mario Albanese, Andrea Donaglio, Salvatore Savalli e molti, molti altri.

Certo viene da chiedersi quanto valga la denuncia di una donna, se neppure la sua morte ottiene la certezza di una pena. Ma una persona capace di uccidere – o anche solo maltrattare e minacciare – la madre dei propri figli, la moglie, la fidanzata, la persona che dice di amare, non dovrebbbe essere considerata, piuttosto, maggiormente pericolosa?
 

Claire

ἰοίην
MASSACR LA FIDANZATA, JUCKER LIBERO DOPO 10 ANNI. BUONA CONDOTTA -FOTO

Non vedo giustizia nel concedere la libertà ad un detenuto che ha fatto a pezzi una persona, dopo 10 anni di carcere.

Tuttavia non vedo la giustizia neanche nella sentanza di secondo grado che ha ridotto da 30 a 16 gli anni di detenzione, grazie ad una norma procedurale, in quanto l’accordo tra accusa e difesa sull’equivalenza tra l’aggravante e le attenuanti (ma quali sono le attenuanti in un caso di omicidio?) derubricò l’imputazione in omicidio non aggravato, la cui pena massima di 24 anni fu ridotta a 16 dallo sconto di un terzo per il rito abbreviato.

Ed infine da questa pena Jucker come tutti gli altri condannati ha poi potuto detrarre lo sconto di 3 anni determinato dall’indulto approvato dal Parlamento per i reati commessi sino al 2 maggio 2006: 16 meno 3, uguale 13 anni, diventati, poi, infine 10.

:mad:
 

Claire

ἰοίην
Un bilancio del 2012


Nel 2012 abbiamo rilevato 124 femminicidi in Italia, un numero leggermente inferiore a quello degli anni precedenti, che resta però di grande preoccupazione e non segna un miglioramento rispetto al fenomeno, se si tengono altresì presenti i 47 casi di femicidi tentati, ma che fortunatamente non hanno portato alla morte della donna.

Il 69% delle donne uccise erano italiane, così come italiani sono il 73% degli assassini.

Il 60% dei delitti è avvenuto nel contesto di una relazione intima tra vittima e autore, in corso o conclusa. Nel 25% dei casi le donne uccise erano in procinto di porre fine alla relazione o l’avevano già fatto.

Nel 63% dei casi il femicidio si è consumato in casa, fosse essa della vittima, dell’autore o di un familiare. Anche nel 2012, come negli anni precedenti, le donne non sono le sole vittime dei femicidi: altre 8 persone, in maggioranza figli della donna o della coppia, pagano con la vita questa estrema forma di violenza di genere. Quindi sono state 132 le persone uccise nei tragici eventi.

La Regione Emilia-Romagna anche per il 2012 è tra le regioni italiane in cui si realizzano il maggior numero di casi, con 15 eventi, preceduta solo da Lombardia e Campania.

Le regioni del nord restano quelle in cui i delitti sono più frequenti, il 52% nel 2012, a dimostrazione di come laddove le donne vivono situazioni di maggior autonomia e indipendenza, e quindi sono meno propense ad accettare di subire violenza e disparità di potere nella relazione, esse sono anche maggiormente a rischio di finire vittime della violenza maschile.

Coerente con questo dato è anche quello che emerge dalle motivazioni di questi delitti riportate dalla stampa, poiché la volontà di separarsi, o una separazione in corso, è ascritta come causa del femminicidio nel 25% dei casi rilevati.

Un dato interessante che emerge dal rapporto di quest’anno, il solo a segnare una notevole discontinuità rispetto agli anni precedenti, è quello riguardante il numero di casi in cui la stampa riporta l’informazione sulla presenza di precedenti di violenza e maltrattamento contro la vittima effettuati dall’autore.

Ebbene se fino al 2011 in quasi il 90% dei casi riportati dalla cronaca tale tipo di informazione non era reperibile, perché l’articolo non ne faceva cenno, oggi sappiamo direttamente dalla stampa invece che il 40% delle donne uccise nel 2012 aveva subito precedenti violenze da quel partner od ex che poi l’ha uccisa.

E’ un dato che ci ripaga del nostro impegno in questo lavoro di ricerca e controinformazione, perché dimostra che la consapevolezza dei media sul legame profondo tra violenza di genere e femicidio, che abbiamo sempre sostenuto, in questi anni è cresciuta e si è consolidata. Ciò anche grazie ai tanti Centri antiviolenza in prima linea tutti giorni contro la violenza alle donne e al lavoro prezioso di professionisti come Riccardo Iacona che ha dedicato libri, interviste e trasmissioni al tema.

Al tempo stesso questo dato ci dice anche un’altra cosa molto importante, ovvero di come sia assolutamente necessario e urgente fermare la violenza prima che essa giunga all’irreparabile, esso ci permette di affermare con sempre maggiore convinzione che la prevenzione di questi delitti è necessaria e praticabile, e la si può realizzare offrendo una protezione maggiore e più adeguata alle donne che vivono situazioni di violenza.
Per far questo è necessario destinare risorse ai centri antiviolenza, rafforzare le reti di contrasto ad essa tra istituzioni e privato sociale qualificato, effettuare una corretta formazione di operatori sanitari, sociali e del diritto
, perché sempre più donne possano sentirsi meno sole, possano superare la paura e divenire consapevoli che sconfiggere e sopravvivere alla violenza è possibile.
 

Claire

ἰοίην
Notizie di questo inizio di estate:

Il 16 giugno u.s., in Italia, non viene riportato solo l’assassinio di Cristina Omes e dei suoi due bambini da parte del marito di lei e padre dei piccoli.

A Pietra Ligure muore dei calci e dei pugni somministrati dal convivente Alba Varisto, 59 anni.

In quel di Siracusa muore dei colpi di piccone del marito una donna 36enne, di cui i giornali non riportano neppure il nome (come accadrà per altre vittime nei giorni successivi).

E Lamia Saifa, 46 anni, è strangolata a mani nude davanti al figlio di 2 anni seduto nel seggiolone (la notizia verrà data il 24, ma l’omicidio risale al 16): gli inquirenti cercano il padre di quest’ultimo, indiziato.


Il 17 giugno si ripescano nel Lago di Garda i resti di Federica Giacomini, 43 anni, nota anche con il nome di Ginevra Hollander come pornostar. E’ stata uccisa da violenti colpi alla testa e poi “zavorrata” e inabissata con l’incolpevole complicità di un barcaiolo che pensava di star maneggiando l’attrezzatura di un biologo. Il principale indiziato dell’omicidio è l’ex compagno della donna, Franco Mossoni: già arrestato nel 1978 per l’assassinio della moglie.

A Taranto, il 20 giugno, una ventinovenne muore per il colpo di pistola sparatole in testa dal marito.
( Lo stesso giorno, il Tribunale di Alessandria condanna a cinque anni e due mesi di reclusione un 22enne, riconosciuto colpevole di violenza sessuale, lesioni e stalking nei confronti della sua ex ragazza, studentessa delle superiori. Tra l’altro era solito tenerla al guinzaglio, con tanto di museruola: perché l’amava “da matti”, come era solito dire, e lei era “cosa sua”.)

Il 23 giugno siamo a Siena dove un pensionato di 78 anni accoltella ripetutamente la moglie 76enne, uccidendola, e successivamente si getta dalla finestra.


Il 24 passiamo a Pescara dove un marito martella la moglie sino a ridurla in poltiglia e poi si butta nel fiume.


(Il 28, il Tribunale di Pesaro condanna a vent’anni di carcere il mandante dell’agguato all’acido nei confronti di Lucia Annibali e a quattordici i due albanesi esecutori del crimine. Il giudice riconosce nella sentenza che il condannato Luca Varani coltivava “un odio incredibile” verso la sua ex, tanto che prima di farla sfigurare con l’acido il 13 aprile 2013, nel febbraio dello stesso anno le aveva manomesso l’impianto del gas (“tentato omicidio”)).

In quel di Napoli, il 29 giugno, un uomo cosparge moglie e figlia di 9 anni di liquido infiammabile e tenta di dar loro fuoco, poi le aggredisce con un coltello da cucina. Fortunatamente la bimba è illesa e sua madre ha riportato solo ferite ad un braccio.

...:(
 

popov

Coito, ergo cum.
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Claire

ἰοίην
Cezara Musteda
Diciottenne uccisa pochi giorni fa, qui, nel bresciano :( Di origine moldava, muore per mano dell’uomo con cui aveva avuto una relazione, Luigi Cuel (41/44 anni, i giornali non sono concordi). Per due giorni la stampa racconta dei "fidanzati" e di lei che voleva troncare la relazione e della reazione disperata di lui – che aveva sofferto o soffriva di depressione – all’annuncio. I fatti sono che si erano lasciati da mesi, che lui ha pianificato l’omicidio somministrandole un sedativo, soffocandola con una fascetta di plastica e finendola a coltellate. Poi si è impiccato.

Ogni volta in cui una donna è assassinata da un uomo (si suicidi o meno successivamente costui) con cui aveva o aveva avuto una relazione, noi riceviamo tramite i media questa informazione di base: la donna ha innescato il meccanismo mortale con le sue azioni ed è quindi corresponsabile del proprio omicidio.

"I due avevano una relazione che la giovane aveva deciso di troncare, ma l’uomo non voleva accettare la fine della storia.”"Corriere, 1° settembre 2015.

"Brescia, non accetta la fine della relazione: la uccide e si impicca." Repubblica, 2 settembre 2015.

"L’uomo, che ha lasciato una lettera con la quale ha spiegato il gesto, non accettava la fine della relazione voluta dalla giovanissima, studentessa di scuola superiore (…)"La Stampa, 2 settembre 2015.

Il perpetratore, o perché infelice, o perché depresso, o perché in preda al raptus, o perché arrabbiato, anche quando – come nel caso di Cuel – ha pianificato per tempo l’uccisione è il mero protagonista di un bieco colpo del destino, qualcuno che dobbiamo compatire almeno quanto la donna assassinata, se non di più.

"Tragedia in serata a Sedena di Lonato, in provincia di Brescia. Un uomo di 41 anni, bresciano di nascita, ha ucciso la sua fidanzata, una ragazza moldava di 18 anni, e poi si è tolto la vita." Corriere, 1° settembre 2015.

"L’ipotesi degli inquirenti è che l’uomo abbia addormentato la giovane e poi l’abbia caricata in auto, per portarla poi a Sedena di Lonato, in una zona isolata, dove si è consumata la tragedia. (…) Luigi Cuel, 41 anni, e Cezara Musteada, studentessa 18 enne. Sono le vittime della follia omicida dell’uomo…" Repubblica, 2 settembre 2015.

A razionalizzare e giustificare l’omicidio segue invariabilmente l’elenco delle mancanze della donna in questione e delle donne in generale che, curiosamente, copre in pratica l’intero spettro del possibile. Lasciarlo? Sbagliato. Non lasciarlo? Sbagliato. Litigare? Sbagliato. Non litigare? Sbagliato. Assecondarlo? Sbagliato. Non assecondarlo? Sbagliato. E così via.

"La 18enne uccisa dall’ex presa nella trappola dell’ultimo incontro. La rabbia degli amici di Cezara, studentessa di origine moldava strangolata con una fascetta mortale da Luigi Cuel, 41enne di Calcinato: Non doveva andarci." Corriere, 3 settembre 2015

Non avrebbe nemmeno dovuto mettersi insieme a lui, tanto per cominciare. Non avrebbe dovuto aprirgli la porta. Non avrebbe dovuto fargli credere che poteva durare. Non avrebbe dovuto… lei, sempre lei, non lui.

Dovremmo essere grate di tanta pignolesca attenzione ai nostri comportamenti, purtroppo essa ha un piccolo fondamentale difetto: non serve ad evitare un solo pestaggio, un solo stupro o un solo assassinio, ma non importa, dopo averci addossato la colpa per la violenza che altri usano su di noi, chiunque può dormire fra due guanciali, uno imbottito di arroganza e l’altro di ignoranza. Sogni d’oro.

Oggi, però, vorrei rimediare ad una mancanza palese in questa narrativa. Alla prodigalità con cui si inondano di "consigli" le vittime, persino quando essendo cadaveri non sono in grado di recepirli, non corrisponde neppure un minuscolo avviso ai perpetratori. Ma se vogliamo affrontare la violenza in modo da depotenziarla e poi eliminarla dal nostro orizzonte il focus deve cambiare. L’attenzione dev’essere spostata su chi la violenza la usa: il perpetratore deve stare al centro di ogni indagine, analisi e responso ed è il suo spazio a dover essere ristretto, sino a che continua ad usare violenza, non quello delle sue vittime. Perciò BASTA dire alle donne "cambia numero di telefono", "cambia strada", "cambia casa", "cambia lavoro", "cerca di evitare di incontrarlo", "lascialo" (e poi "eh, lo aveva lasciato…") – sono tutte cose che le donne fanno già nel tentativo di proteggersi e che però non incidono sulle motivazioni e sulla volontà di chi vuol far loro del male.

E’ a costoro che mi rivolgo: è tempo che anche voi beneficiate di qualche commento sulle vostre azioni e sui vostri convincimenti.

1. La depressione non conduce all’abuso e non tutte le persone che soffrono di depressione sono violente. E’ più accurato dire che a volte i violenti sono anche depressi. Se una persona depressa è capace di compiere abusi è anche responsabile per essi.

2. Siete legittimati a fare richieste alla vostra partner, non a darle ordini. Ad ogni richiesta corrisponde il diritto della persona a cui la fate a dire sì, no o a negoziare. Le persone che si amano si vengono incontro, non si scontrano frontalmente. La vostra partner ha come voi bisogni e limiti.

3. La vostra partner non ha il dovere di trascorrere ogni singolo minuto del suo tempo con voi o facendo qualcosa a vostro beneficio. E’ una persona autonoma con le sue proprie relazioni, come voi. Invece di angustiarvi su come lei passa il tempo, impiegate meglio il vostro trovandovi un hobby o cominciando a studiare qualcosa.

4. La vostra partner non è responsabile della vostra salute mentale, del vostro benessere fisico, del fatto che troviate o meno l’esistenza degna di essere vissuta, dei vostri problemi familiari, sociali o lavorativi. Non può sostituirsi a voi e mettere ordine nella vostra vita, non è la vostra mamma (e nemmeno lei poteva far questo), non ha la bacchetta magica. Questo lo sapete benissimo anche voi, ma vi piace giocare con il suo senso di colpa e avere un capro espiatorio.

5. Non siete i soli ad avere difficoltà in questo mondo e non vi trovate al suo centro. In una relazione, ogni persona parla e ascolta, dà e riceve sostegno: è un sistema di vasi comunicanti o una strada a doppia corsia, se preferite. I problemi della vostra partner non sono automaticamente "bazzecole" di fronte ai vostri, e quando sistematicamente rifiutate o evitate di ascoltarli non è a causa dell’abisso della vostra disperazione, ma a causa del tentativo di controllare la relazione e di avere la vostra partner completamente dedita ai vostri desideri e alle vostre necessità: mentre voi non sollevereste un mignolo per darle sollievo.

6. Minacciare violenza, usare violenza, minacciare il suicidio o di uccidere, non hanno mai risolto nessun disaccordo. Voi potete azzittire la vostra partner intimidendola e instillando in lei la paura, ma non potete convincerla in questo modo. Ogni aspetto problematico della vostra relazione trattato con tali mezzi – che usate strategicamente e non per incontrollabile impulso – non ottiene soluzione, costruisce un altro gradino di dolore e rabbia verso la fine della relazione stessa.

7. Le donne sono esseri umani, non oggetti che si possono rompere, ne’ zanzare su cui si può spruzzare insetticida. Non sono trastulli sessuali o beni domestici. Voi non possedete la donna con cui avete una relazione. Lei non è una mercanzia e non l’avete comprata. Non ha il dovere di restare con voi per sempre perché ha passato con voi 6 mesi. Non ha il dovere di restare con voi per sempre neppure se ha passato con voi 6 anni o persino 60. La sua vita le appartiene, come la vostra appartiene a voi. Non siete legittimati a ucciderla perché fa cose che non vi piacciono. Non siete legittimati a ucciderla perché vi ha lasciato o vuole lasciarvi.

Non siete legittimati a ucciderla perché "senza di lei non potete più vivere", lei non è il vostro cuore o il vostro cervello – togliete uno di questi due organi dal vostro corpo ed effettivamente non vivrete più, ma senza di lei voi continuerete a respirare e il sole ad alzarsi ogni mattina
 

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