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tontolina

Forumer storico
Non possiamo più aspettare
0 Posted by Redazione - 29 marzo 2020 - Blog
Non possiamo più aspettare

L’economia globale non sta affrontando solo una recessione, come quella del 2008 dopo il fallimento di Lehman Brothers, ma un vero e proprio arresto, improvviso, senza precedenti nella storia del dopoguerra. Questa emergenza sanitaria sta colpendo le economie con un effetto domino inarrestabile.
Per questa ragione, occorre intervenire contemporaneamente su due fronti:
da un lato bisogna scongiurare il collasso del sistema sanitario già allo stremo;
dall’altro bisogna salvaguardare le famiglie e le imprese in difficoltà.

Lo shock derivante da un’epidemia come quella a cui stiamo assistendo è di due tipi.
Il primo, dal lato dell’offerta, si caratterizza per la chiusura delle attività produttive o comunque per la minore disponibilità di forza lavoro a causa dell’emergenza sanitaria, e si sta riflettendo in un rallentamento, al limite dell’interruzione, di diverse filiere produttive.
Il secondo, dal lato della domanda, vede i consumatori modificare i propri comportamenti riducendo in maniera significativa – se non azzerando completamente – alcune tipologie di spesa; dal canto loro, le imprese sono costrette a fermare qualsiasi tipo di investimento per via della totale incertezza che si è venuta a creare.

Gli analisti prevedono una forte contrazione delle economie sviluppate, in particolar modo nel secondo trimestre, compreso un calo del 24% del PIL degli Stati Uniti – il doppio rispetto al precedente record del dopoguerra – con una riduzione, per tutto il 2020, pari al 3.8%.
Per l’area euro si prevede invece un calo del 4% nel primo trimestre e dell’11.4% nel secondo trimestre, con una riduzione su base annua che si aggira intorno al 9%.

Se andiamo a guardare l’indice Markit PMI dell’area euro che fornisce le indicazioni di quello che sta accadendo nel settore privato (monitorando i cambiamenti di parametri quali la produzione, i nuovi ordini, i livelli di magazzino, i tempi di consegna dei fornitori, i livelli occupazionali ed i prezzi), le stime di marzo registrano un crollo delle attività senza precedenti, proprio a causa dell’aggravamento della diffusione del coronavirus.
Da 51.6 dello scorso febbraio, il valore dell’indice composito PMI di marzo è crollato a 31.4,
con una contrazione maggiore di quella registrata a febbraio 2009 in cui l’indice aveva toccato il valore di 36.2. Il settore terziario, in particolar modo, quello più colpito, è crollato di 24 punti rispetto a 52.6 di febbraio, toccando 28.4, e superando con un ampio margine il valore minimo di 39.2 registrato nella precedente crisi finanziaria.
Anche il manifatturiero ha registrato una flessione considerevole della produzione, scendendo di 9 punti, da 48.7 di febbraio a 39.5 di marzo: la maggiore contrazione mensile del settore da aprile 2009.

Come si può osservare dal grafico seguente, tra i principali Paesi dell’area euro la maggiore caduta del PIL viene stimata per l’Italia (-11.6%), seguita da Spagna (-9.7%), Germania (-8.9%) e Francia (-7.4%).



Se queste stime troveranno conferma nei mesi a venire – pur ricordando che solo il rientro dell’emergenza sanitaria può essere risolutivo e che in ogni caso una qualche contrazione dell’attività non può essere evitata – le politiche economiche da adottare dovranno essere veramente ambiziose, per evitare una spirale depressiva che vada a compromettere non solo la ripresa ma la stessa sopravvivenza delle attività produttive.
Questa situazione lascia pertanto presupporre che vi sarà una risposta chiara e immediata da parte delle istituzioni governative, nazionali e sovranazionali. Ma sarà così? Finora qualche buona risposta l’abbiamo avuta, attendiamo le altre.

La BCE ha lanciato un Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) con acquisti, non vincolati alle capital key, per 750 miliardi di euro, almeno fino alla fine dell’anno e comunque non prima che sia terminata l’emergenza economica, oltre ai 120 miliardi di APP. Nel complesso la dimensione totale degli acquisti netti dei vari programmi arriverà a superare in media i 100 miliardi mensili.

La FED invece è intervenuta con un taglio dei tassi straordinario, andando oltre ciò che abbiamo visto nel 2008. In particolare, ha esteso il Quantitative easing in maniera illimitata per sostenere il regolare funzionamento del mercato e l’efficace trasmissione della politica monetaria; ha introdotto una linea di credito, pari a 300 miliardi di dollari, per fornire finanziamenti ai datori di lavoro, consumatori e imprese; ha inoltre creato uno speciale veicolo societario per permettere alla FED di acquistare, indirettamente, le obbligazioni corporate. Di non poca importanza riveste, insieme ad altri strumenti, l’estensione delle operazioni di swap valutario con le altre principali banche centrali del mondo al fine di fornire alle istituzioni finanziarie straniere i dollari che necessitano.

Ma la politica monetaria da sola non basta per contrastare questa crisi.
È dal lato della politica fiscale che si richiedono scelte altrettanto coraggiose.


Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato una proposta per un pacchetto di stimolo fiscale da 2 mila miliardi di dollari, per un piano che include sostegni alle famiglie, trasferimenti diretti e fondi alle grandi imprese con possibilità di acquisire quote del capitale da parte del Governo.
Nell’Unione europea invece si fa ancora fatica, nonostante la Commissione abbia attivato la norma prevista dal Patto di Stabilità e Crescita che sospende temporaneamente il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di bilancio a medio termine, a condizione, però, che ciò non comprometta la sostenibilità fiscale.

Sulla base di questa sospensione e delle proposte ancora in corso, finora la Germania ha adottato un piano fiscale complessivo del valore di 123 miliardi di euro per l’emergenza oltre alle garanzie statali illimitate; la Francia ha presentato un piano per 45 miliardi e garanzie pubbliche per 300 miliardi; l’Italia prevede un iniziale intervento per 25 miliardi e garanzie statali fino a 350 miliardi; la Spagna invece ricorrerà a 17 miliardi di misure fiscali e a 100 miliardi di garanzie pubbliche.

Per i paesi dell’area euro, però, il primo problema da affrontare sarà quello di collocare sul mercato un volume notevole di titoli del debito pubblico, ciò che richiederà il tempo necessario per essere di volta in volta acquistati dagli investitori. Un secondo problema sarà il rialzo dei tassi di interesse, che sconteranno dei premi a rischio più elevati per i paesi, come l’Italia, che hanno già un rapporto debito/PIL più alto. Ciò che senz’altro comporterà un ulteriore aggravio delle finanze pubbliche.
Se si vuole quindi evitare un’altra crisi dei debiti sovrani, come quella del 2011, e non compromettere la sostenibilità fiscale degli Stati membri, la BCE deve poter intervenire per monetizzare i deficit pubblici. Si può fare, le altre banche centrali lo fanno, alcuni economisti – particolarmente qualificati – lo chiedono, la BCE dovrà farlo.

La solidarietà europea può passare solo attraverso l’abrogazione dell’articolo 123, paragrafo 1, del TFUE, ciò che permetterebbe l’acquisto di titoli da parte della BCE direttamente sul mercato primario. È questa l’unica richiesta sensata da fare ai tavoli europei.



Anche perché davvero non si capisce il motivo dell’attuale asimmetria che caratterizza l’attitudine della BCE di fronte al debito pubblico e a quello delle imprese private. Infatti, la BCE ha dato via il libera alla possibilità di acquistare i titoli di società private, attraverso il programma CSPP, sia sul mercato primario sia sul mercato secondario, mentre questo non è possibile per i titoli pubblici.

Ecco: questo è l’unico punto su cui bisognerebbe trovare un accordo. Tutte le altre soluzioni, quali il fondo salva Stati, dalla capienza limitata (per tacere degli altri aspetti, connessi alle condizionalità pro-cicliche che lo caratterizzano), o i cosiddetti “coronabond”, rischiano non solo di compromettere seriamente la partecipazione degli Stati alla moneta unica, ma servirebbero anche a poco: forse solo a ritardare di qualche settimana la tenuta sociale, soprattutto in un paese come l’Italia, già stremato dal punto di vista sanitario.
Occorrono soldi, tanti, e subito.
 

tontolina

Forumer storico

L'allarme di Confindustria: «La crisi economica sarà un meteorite, rischio depressione prolungata»


Un preoccupante rapporto di Viale dell'Astronomia sull'impatto economico dell'epidemia di coronavirus: «Calo Pil primo semestre del 10%. Il debito/Pil al 147%, deficit al 5%»

ROMA -
L'economia italiana è stata colpita al cuore dal Coronavirus. Uno shock che viene dall'esterno, come «un meteorite», e che rischia di provocare una «depressione prolungata» con un «aumento drammatico delle disoccupazione e un crollo del benessere sociale». Ecco perchè occorre tutelare il tessuto produttivo e «agire subito, senza tentennamenti o resistenze: altri Paesi si stanno già muovendo in questa direzione». E' questo l'appello rivolto al governo e al mondo politico dal Centro Studi di Confindustria.


«Mai nella storia della Repubblica - è la premessa del Csc - ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni». Questo, secondo gli economisti di Confindustria «è il momento di agire affinchè il nostro Paese possa affrontare adeguatamente questa fase drammatica e risollevarsi quando l'emergenza sanitaria sarà mitigata».


Tutelare lavoratori, imprese e famiglie

Bisogna, in primis, tutelare lavoratori, imprese e famiglie «con strategie e strumenti inediti e senza lesinare risorse». Solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese «la recessione attuale potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata». Non appena possibile, poi, a giudizio di Confindustria occorrerà mobilitare risorse rilevanti per «un piano di ripresa economica e sociale». In entrambi le fasi «un'azione comune o almeno coordinata a livello europeo sarebbe ottimale; in assenza di questa possibilità, la risposta della politica economica nazionale dovrà essere comunque tempestiva ed efficace».


Calo Pil primo semestre del 10%

Guardando ai numeri, il Csc ha calcolato che ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive potrebbe costare una percentuale ulteriore di Pil dell'ordine di almeno lo 0,75%, pari a circa 13,5 miliardi di euro. La caduta cumulata del Pil trimestrale (che è pari a 430 miliardi) nei primi due trimestri arriva a -10%. Il Coronavirus, dunque, affonda il Pil italiano. Nel 2020 il prodotto interno lordo subirà un crollo del 6% portando l'Italia in profonda recessione. Il dato - avvertono gli economisti di Confindustria - potrebbe essere peggiore nel caso in cui le attività produttive non riaprissero a marzo.


Sul fronte del lavoro l'impatto delle misure di contenimento sarà pesante. Il tasso di disoccupazione risalirà quest'anno all'11,2% dal 9,9% del 2019. Nel 2021, secondo il Csc, tornerà invece a scendere attestandosi al 9,6%. L'occupazione totale, in termini di Ula, nel 2020, calerà del 2,5%.


Ogni settimana di blocco costa 13,5 miliardi

Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive potrebbe costare una percentuale ulteriore di Pil dell'ordine di almeno lo 0,75%, pari a circa 13,5 miliardi di euro. Nelle previsioni del Csc si ipotizza che nel settore manifatturiero saranno attive queste percentuali di imprese nei prossimi mesi: ad aprile 40% all'inizio e 60% alla fine del mese; a maggio 70% all'inizio e 90% alla fine del mese; a giugno 90% all'inizio e 100% alla fine del mese. Con queste ipotesi, la caduta cumulata del Pil trimestrale (che è pari a 430 miliardi) nei primi due trimestri arriva a -10%. Inoltre, la ripartenza nel secondo semestre sarà comunque frenata dalla debolezza della domanda di beni e di servizi.


Deficit-Pil vola al 5% nel 2020

Deficit pubblico in crescita. Il Centro Studi di Confindustria stima che a fine 2020 l'indebitamento delle Amministrazioni Pubbliche salirà al 5% del Pil, per poi scendere al 3,2% nel 2021. Il dato sconta anche la disattivazione completa, in deficit, della clausola di salvaguardia per un valore di 20,1 miliardi di euro (pari all'1,1% del Pil).


L'aumento delle entrate tributarie nel 2019 va considerato permanente. Sul 2020 influisce in maniera positiva la migliore evoluzione delle entrate nel 2019, che si è tradotta in un miglioramento del deficit (all'1,6% del Pil dal 2,2% previsto dalla Nota tecnica illustrativa allegata all'ultima Legge di bilancio). Il Csc ritiene che quest'aumento sia in buona misura permanente, sebbene verrà in larga parte eroso dalla dinamica negativa del Pil per il 2020.


Il rapporto debito pubblico/Pil salirà al 147% quest'anno per l'effetto congiunto dell'ampliamento del deficit legato all'emergenza Covid-19 e della caduta del Pil nominale (-5,2%). Nel 2021 si assesterà al 144,3%.


Imprese a rischio, Italia a rischio

Imprese a rischio, Italia a rischio. Per Confindustria oggi «è urgente evitare che il blocco dell'offerta ed il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquidità nelle imprese: a fronte delle spese indifferibili, tra cui quelle per gli adempimenti retributivi, fiscali e contributivi, e degli oneri di indebitamento, le mancate entrate prodotte dalla compressione dei fatturati potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive». Bisogna evitare che «la crisi di liquidità diventi un problema di solvibilità, anche per imprese che prima dell'epidemia avevano bilanci e prospettive solide».


Ultima chiamata per Ue, subito eurobond

Le istituzioni europee «sono all'ultima chiamata per dimostrare di essere all'altezza della situazione». Le prime azioni messe in campo vanno accompagnate da un «cruciale passo in più: l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata». In Europa, secondo il Csc, «dopo i consueti balbettamenti assai gravi in questa situazione, in queste settimane sono state già prese decisioni importanti. I massicci interventi della Bce, che hanno fermato per ora l'impennata dello spread sovrano per l'Italia; la sospensione di alcune clausole del Patto di Stabilità e Crescita, per la finanza pubblica; le misure temporanee sugli aiuti di Stato». Queste azioni, però, «vanno accompagnate con un cruciale passo in più: l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata». L'Europa, insomma, è chiamata a compiere «azioni straordinarie per preservare i cittadini europei da una crisi le cui conseguenze rischiano di essere estremamente pesanti e di incidere duraturamente sul nostro modello economico e sociale».


Già la crisi dei debiti sovrani del 2011, a giudizio degli economisti di Confindustria, aveva mostrato le criticità dell'architettura della casa comune europea. «I limiti dell'assetto della governance europea sono nuovamente evidenziati dall'attuale crisi sanitaria. Il piano proposto finora dalla Commissione Ue - conclude il Csc - è poca cosa e come al solito lascia ai singoli paesi la responsabilità di gestire la crisi. La sospensione del Patto di stabilità è emergenziale, indispensabile ma insufficiente».


L'allarme di Confindustria: «La crisi economica sarà un meteorite, rischio depressione prolungata»
 

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RECESSIONE 2020: CI SIAMO? di Massimo e Gian Michele Moschella.
Posted on 27 marzo 2020 by scattacolpending Lascia un commento
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Il Bureau of Economic Analysis degli Stati Uniti aveva appena rilasciato i dati sul Pil del quarto trimestre, (che hanno confermato le attese assestandosi al 2,1%), quando il numero delle richieste dei sussidi di disoccupazione ha ricordato la gravità dell’impatto del coronavirus sull’economia degli Stati Uniti.

Quasi 3,3 milioni di lavoratori hanno fatto richiesta di sussidi nell’ultima settimana terminata il 21 marzo.
Un esercito senza precedenti nella storia moderna degli Usa, cinque volte tanto il precedente massimo storico di 695.000 che risale all’ottobre del 1982.

Si tratta della risposta del mondo del lavoro americano alle misure di lockdown che, nei giorni scorsi, sono state implementate in 18 stati (che comprendono circa la metà della popolazione degli Stati Uniti, o un quinto della forza lavoro complessiva), per tentare di arginare la diffusione del Covid-19.

Secondo il Labor Department, la crescita esponenziale delle richieste di sussidi è dovuta alle difficoltà in cui si sono ritrovati soprattutto i settori della ricreazione e della ristorazione che, prima di tutti, hanno subito l’impatto della misure di contenimento. Ma il dipartimento cita molti altri settori in forte difficoltà: quello artistico, dell’assistenza sociale, dei trasporti, del commercio al dettaglio e delle industrie manifatturiere.

La Pennsylvania guida la classifica con stime statali di 378.900 richieste, rispetto a 15.440 della settimana precedente, seguita dall’Ohio con 187.780 (contro sole 7.045 in precedenza), dalla California con 186.800, dal Texas con 155.660 e dal New Jersey con 155.450.
New York ha riportato 80.430 richieste contro 14.270 nell’immediato passato.

Ricordiamo che il dato ufficiale sulla disoccupazione del mese di marzo è atteso venerdì 3 aprile. Tuttavia lo stesso non rifletterà ancora appieno i traumi recenti.
Infatti le statistiche sulla disoccupazione sono calcolate sulla base di sondaggi e informazioni riportate da aziende e famiglie fino alla metà del mese di marzo.
I dati sulla disoccupazione rispecchieranno davvero i traumi del mercato del lavoro solo nel comunicato governativo dell’8 maggio relativo al mese di aprile.

Moody’s Analytics ha ventilato la cancellazione complessiva di cinque o sei milioni di posti di lavoro solo nel mese di marzo, record di sempre.
Nel peggior mese dell’ultima recessione, il marzo 2009, furono persi circa 800.000 posti di lavoro.
In tutto il periodo recessivo, cominciato nel 2008, ne andarono perduti 8.700.000.
Il tasso di disoccupazione americano, di fronte a simili prospettive, potrebbe portarsi oltre il 10% dai minimi record del 3,5%.
Nel corso del secondo trimestre, non si esclude che il tasso dei senza lavoro raggiunga invece una percentuale vicina al 12 e, in assenza di interventi che si rivelino efficaci (ma faccio difficoltà a crederlo), nei prossimi mesi potrebbe portarsi anche oltre il 20 per cento.

Il presidente della Fed Powell ha detto nei giorni scorsi che la banca centrale agirà “aggressivamente” per sostenere famiglie e imprese, dopo aver già annunciato la settimana scorsa un’allentamento della politica monetaria senza precedenti.
Intanto, il Senato Usa ha approvato il pacchetto di stimolo da 2.000 miliardi di dollari a sostegno delle imprese sofferenti e dei milioni di americani colpiti dalla crisi sanitaria. Si faranno anche i primi test di Helicopter Money con il versamento di circa 1200/2000 $ direttamente sul conto corrente dei residenti.

Molto difficile, allo stato, secondo la nostra opinione, evitare la caduta in recessione del paese a stelle e strisce. Quella di continenti come l’Europa è data invece per certa.

Chi ci ha seguito nei seminari del 2018 e del 2019, organizzati e gestiti con l’amico Gei, ricorderà che avevamo indicato una data abbastanza precisa dell’inizio della prossima recessione: estate 2020.

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Con il passare dei mesi, scandito dall’implementazione delle robuste politiche trumpiane, ci eravamo quasi convinti, felicemente, di aver bucato la previsione.
Poi a marzo la pandemia che ha provocato una decadenza profonda e veloce dell’output economico-finanziario.
Poichè il nostro fornitore di dati lavora su base mensile, dovremo attendere aprile per avere decine di grafici che esplorino il mondo in tutte le direzioni.

Al momento, vi mostriamo un unico grafico – aggiornato al 25 marzo – che sintetizza la curva del tasso del bond Usa a 2 anni fratto il tasso del decennale (grafico che vi abbiamo già mostrato nei precedenti incontri).

Anche nel 2020 la curva sta mostrando andamento analogo a quanto già occorso nel 2000 e nel 2007: fa un top, che coincide con l’avvio della liquidazione strisciante dei titoli finanziari, a cui segue l’inizio del periodo recessivo circa 14 mesi dopo.

Dunque il mondo, o buona parte di esso, dovrebbe entrare in recessione ad agosto (mese prima, mese dopo).

Ritorneremo sull’argomento più diffusamente il prossimo mese.

All the best

dott. Massimo Moschella

dott. Gian Michele Moschella
 

tontolina

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L'allarme di Confindustria: «La crisi economica sarà un meteorite, rischio depressione prolungata»

Italia 31/03/2020 - 12:50
Un preoccupante rapporto di Viale dell'Astronomia sull'impatto economico dell'epidemia di coronavirus: «Calo Pil primo semestre del 10%. Il debito/Pil al 147%, deficit al 5%»

ROMA - L'economia italiana è stata colpita al cuore dal Coronavirus. Uno shock che viene dall'esterno, come «un meteorite», e che rischia di provocare una «depressione prolungata» con un «aumento drammatico delle disoccupazione e un crollo del benessere sociale». Ecco perchè occorre tutelare il tessuto produttivo e «agire subito, senza tentennamenti o resistenze: altri Paesi si stanno già muovendo in questa direzione». E' questo l'appello rivolto al governo e al mondo politico dal Centro Studi di Confindustria.

«Mai nella storia della Repubblica - è la premessa del Csc - ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni». Questo, secondo gli economisti di Confindustria «è il momento di agire affinchè il nostro Paese possa affrontare adeguatamente questa fase drammatica e risollevarsi quando l'emergenza sanitaria sarà mitigata».

Tutelare lavoratori, imprese e famiglie
Bisogna, in primis, tutelare lavoratori, imprese e famiglie «con strategie e strumenti inediti e senza lesinare risorse». Solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese «la recessione attuale potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata». Non appena possibile, poi, a giudizio di Confindustria occorrerà mobilitare risorse rilevanti per «un piano di ripresa economica e sociale». In entrambi le fasi «un'azione comune o almeno coordinata a livello europeo sarebbe ottimale; in assenza di questa possibilità, la risposta della politica economica nazionale dovrà essere comunque tempestiva ed efficace».

Calo Pil primo semestre del 10%
Guardando ai numeri, il Csc ha calcolato che ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive potrebbe costare una percentuale ulteriore di Pil dell'ordine di almeno lo 0,75%, pari a circa 13,5 miliardi di euro. La caduta cumulata del Pil trimestrale (che è pari a 430 miliardi) nei primi due trimestri arriva a -10%. Il Coronavirus, dunque, affonda il Pil italiano. Nel 2020 il prodotto interno lordo subirà un crollo del 6% portando l'Italia in profonda recessione. Il dato - avvertono gli economisti di Confindustria - potrebbe essere peggiore nel caso in cui le attività produttive non riaprissero a marzo.

Sul fronte del lavoro l'impatto delle misure di contenimento sarà pesante. Il tasso di disoccupazione risalirà quest'anno all'11,2% dal 9,9% del 2019. Nel 2021, secondo il Csc, tornerà invece a scendere attestandosi al 9,6%. L'occupazione totale, in termini di Ula, nel 2020, calerà del 2,5%.

Ogni settimana di blocco costa 13,5 miliardi
Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive potrebbe costare una percentuale ulteriore di Pil dell'ordine di almeno lo 0,75%, pari a circa 13,5 miliardi di euro. Nelle previsioni del Csc si ipotizza che nel settore manifatturiero saranno attive queste percentuali di imprese nei prossimi mesi: ad aprile 40% all'inizio e 60% alla fine del mese; a maggio 70% all'inizio e 90% alla fine del mese; a giugno 90% all'inizio e 100% alla fine del mese. Con queste ipotesi, la caduta cumulata del Pil trimestrale (che è pari a 430 miliardi) nei primi due trimestri arriva a -10%. Inoltre, la ripartenza nel secondo semestre sarà comunque frenata dalla debolezza della domanda di beni e di servizi.

Deficit-Pil vola al 5% nel 2020
Deficit pubblico in crescita. Il Centro Studi di Confindustria stima che a fine 2020 l'indebitamento delle Amministrazioni Pubbliche salirà al 5% del Pil, per poi scendere al 3,2% nel 2021. Il dato sconta anche la disattivazione completa, in deficit, della clausola di salvaguardia per un valore di 20,1 miliardi di euro (pari all'1,1% del Pil).

L'aumento delle entrate tributarie nel 2019 va considerato permanente. Sul 2020 influisce in maniera positiva la migliore evoluzione delle entrate nel 2019, che si è tradotta in un miglioramento del deficit (all'1,6% del Pil dal 2,2% previsto dalla Nota tecnica illustrativa allegata all'ultima Legge di bilancio). Il Csc ritiene che quest'aumento sia in buona misura permanente, sebbene verrà in larga parte eroso dalla dinamica negativa del Pil per il 2020.

Il rapporto debito pubblico/Pil salirà al 147% quest'anno per l'effetto congiunto dell'ampliamento del deficit legato all'emergenza Covid-19 e della caduta del Pil nominale (-5,2%). Nel 2021 si assesterà al 144,3%.

Imprese a rischio, Italia a rischio
Imprese a rischio, Italia a rischio. Per Confindustria oggi «è urgente evitare che il blocco dell'offerta ed il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquidità nelle imprese: a fronte delle spese indifferibili, tra cui quelle per gli adempimenti retributivi, fiscali e contributivi, e degli oneri di indebitamento, le mancate entrate prodotte dalla compressione dei fatturati potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive». Bisogna evitare che «la crisi di liquidità diventi un problema di solvibilità, anche per imprese che prima dell'epidemia avevano bilanci e prospettive solide».

Ultima chiamata per Ue, subito eurobond
Le istituzioni europee «sono all'ultima chiamata per dimostrare di essere all'altezza della situazione». Le prime azioni messe in campo vanno accompagnate da un «cruciale passo in più: l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata». In Europa, secondo il Csc, «dopo i consueti balbettamenti assai gravi in questa situazione, in queste settimane sono state già prese decisioni importanti. I massicci interventi della Bce, che hanno fermato per ora l'impennata dello spread sovrano per l'Italia; la sospensione di alcune clausole del Patto di Stabilità e Crescita, per la finanza pubblica; le misure temporanee sugli aiuti di Stato». Queste azioni, però, «vanno accompagnate con un cruciale passo in più: l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata». L'Europa, insomma, è chiamata a compiere «azioni straordinarie per preservare i cittadini europei da una crisi le cui conseguenze rischiano di essere estremamente pesanti e di incidere duraturamente sul nostro modello economico e sociale».

Già la crisi dei debiti sovrani del 2011, a giudizio degli economisti di Confindustria, aveva mostrato le criticità dell'architettura della casa comune europea. «I limiti dell'assetto della governance europea sono nuovamente evidenziati dall'attuale crisi sanitaria. Il piano proposto finora dalla Commissione Ue - conclude il Csc - è poca cosa e come al solito lascia ai singoli paesi la responsabilità di gestire la crisi. La sospensione del Patto di stabilità è emergenziale, indispensabile ma insufficiente».

leggi anche:Giulio Tremonti cita Togliatti: «Il prestito darà lavoro agli operai. Gli operai ricostruiranno l'Italia»
 

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Cdp, ecco come Sace sarà diretta dal Mef di Gualtieri
di Fernando Soto
Cdp, ecco come Sace sarà diretta dal Mef di Gualtieri
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Il nuovo corso di Sace (gruppo Cdp): che cosa prevede il decreto del governo, direzione e coordinamento passano da Cdp al Mef, la trasformazione in Export credit agency e come funzionerà Garanzia Italia

Il braccio di ferro tra Pd e M5s è stato vinto dal Pd e dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri: la controllata Sace del gruppo Cdp attiva nel settore dell’assicurazione e della riassicurazione per le imprese finisce di fatto sotto il cappello del dicastero dell’Economia e delle Finanze (Mef) perché non è più “soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Cdp”. Sace rimane all’interno del gruppo Cdp (la Cassa depositi e prestiti sarà sempre azionista unico di Sace) ma cambia la propria governance diventando più autonoma. E’ quanto prevede in sostanza il decreto Imprese pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 9 aprile.

Sace concorderà dunque con Cdp strategie per massimizzare le sinergie del gruppo ma, per attuare misure di sostegno all’export al rilancio degli investimenti “non è soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Cdp”. Deve inoltre consultare il ministero dell’Economia per le decisioni importanti e concordare con Mef, che opera in concerto con gli Affari Esteri (Mae), i diritti di voto e le nomine. Tiene conto anche delle linee guida del Mae.


EXPORT CREDIT AGENCY
Quindi Sace – presieduta da Rodolfo Errore e guidata dall’ad, Pierfrancesco Latini – cambia governance e diventa Export credit agency, ma nella sua nuova veste sarà pienamente operativa da gennaio 2021. Lo stabilisce il decreto Imprese, pubblicato in Gazzetta, dopo che anche ieri il Governo ha definito gli ultimi dettagli.

LA CONTROGARANZIA DELLO STATO
Sace avrà “la funzione di concedere garanzie, assistite dalla controgaranzia dello Stato, su finanziamenti alle imprese nel settore dell’esportazione”, come richiede la “grave crisi economica” in atto, così come la “prospettiva futura della ricostruzione e anche oltre nel tempo, le garanzie potranno rappresentare uno strumento di intervento pubblico nell’economia più rilevante di quanto sia al momento”.

LA RELAZIONE
A regime, l’attività di Sace sarà “operatività di mercato in conformità della normativa eurounitaria”, si legge nella relazione illustrativa. Le condizioni di rilascio delle garanzie e di operatività saranno definite da un decreto interministeriale.


IL RUOLO DI SACE
Tutto l’impianto del decreto imprese relativo alle garanzie pubbliche a sostegno della liquidità è “imperniato sul ruolo di Sace quale canale di trasmissione alle imprese del robusto intervento pubblico in forma di garanzia dello Stato. Ne deriva l’opportunità di allineare la governance al mutato contesto” e per questa finalità vengono applicati “modelli noti alle relazioni azionarie di controllo tra lo Stato (Mef ed Esteri), Cdp e Sace”, con modalità di accordo, condivisione e informazione tra Stato e Cdp e di rapporti diretti tra Stato e Sace; per massimizzare gli effetti delle misure si prevede che Cdp e Sace concordino le strategie industriali e commerciali, per esportazione, internazionalizzazione e rilancio dell’economia. E’ previsto anche un Comitato per il sostegno finanziario pubblico all’esportazione composto da Mef, Esteri, Difesa, Sviluppo, Interno e Politiche agricole.


PARTE GARANZIA ITALIA
La Sace, gruppo Cdp, si prepara ad attivare Garanzia Italia, il nuovo strumento straordinario per sostenere le imprese italiane nel reperire liquidità e finanziamenti necessari per fronteggiare l’emergenza Covid-19 garantendo continuità alle attività economiche e d’impresa. Così in una nota la società dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge varato due giorni fa dal Governo. Sace ricorda che interverrà fornendo il supporto operativo necessario, impegnandosi ad emettere la garanzia, contro-garantita dallo Stato a fronte di finanziamenti concessi, alle imprese che ne faranno richiesta, dagli istituti di credito. Lo strumento, che potrà essere richiesto fino al 31 dicembre 2020, sarà disponibile per qualsiasi tipologia di impresa con sede in Italia indipendentemente dalla dimensione, dal settore di attività e dalla forma giuridica. Le richieste di finanziamento dovranno essere presentate dalle imprese direttamente alle banche di riferimento, e successivamente sarà la stessa banca ad effettuare la richiesta di garanzia a Sace.

LA NOTA DI SACE
Sace aggiunge che sono già in fase avanzata i lavori con la Task Force con l’Associazione bancaria italiana, così come i tavoli con i principali istituti bancari, per analizzare e rendere operativi tutti gli aspetti connessi alle nuove disposizioni contenute nel Decreto Legge, con l’obiettivo di operare congiuntamente per dare attuazione a quanto stabilito in tema di liquidita’ per le imprese. Sace mette anche a disposizione un numero verde (800 020 030) per avere maggiori informazioni sull’iniziativa a breve operativa.


l costo della garanzia è a condizioni agevolate rispetto alla normale operatività ed è il seguente:
  • per i finanziamenti di piccole e medie imprese sono corrisposti, in rapporto all’importo garantito, 25 punti base durante il primo anno, 50 punti base durante il secondo e terzo anno, 100 punti base durante il quarto, quinto e sesto anno
  • per i finanziamenti di imprese diverse dalle piccole e medie imprese sono corrisposti, in rapporto all’importo garantito, 50 punti base durante il primo anno, 100 punti base durante il secondo e terzo anno, 200 punti base durante il quarto, quinto e sesto anno
Il costo complessivo per il richiedente sarà costituito dal costo di finanziamento specifico – tasso di interesse incluso margine – definito da ciascun soggetto finanziatore, e dal costo della garanzia.

Le commissioni devono essere limitate al recupero dei costi e il costo dei finanziamenti coperti dalla garanzia deve essere inferiore al costo che sarebbe stato richiesto dal soggetto o dai soggetti eroganti per operazioni con le medesime caratteristiche ma prive della garanzia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dei suddetti soggetti eroganti. Il minor costo dei rifinanziamenti coperti dalla garanzia deve essere almeno uguale alla differenza tra il costo che sarebbe stato richiesto dal soggetto o dai soggetti eroganti per operazioni con le medesime caratteristiche ma prive della garanzia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dei suddetti soggetti eroganti, ed il costo effettivamente applicato all’impresa.

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DOSSIER COMMISSIONI; ESTRATTO DAL SITO DI SACE
 

tontolina

Forumer storico
BlackRock, Larry Fink vede nero: ‘tasse più alte, consumatori cauti e boom fallimenti’.
Fed (e Trump) si preparino

07/05/2020 09:41 di Laura Naka Antonelli

Tasse più alte, una catena di bancarotte e fallimenti, aerei vuoti, consumatori cauti.
Numero uno di BlackRock, l’asset manager più grande al mondo, Larry Fink non è affatto ottimista sul futuro dell’economia americana.
Nel corso di una conference call con i suoi clienti, Fink si è chiesto, di conseguenza, se la Fed non debba fare di più per sostenere i fondamentali Usa.
D’altronde un collasso dei prezzi degli asset, ha spiegato, si tradurrebbe in un irrigidimento esplosivo delle condizioni finanziarie, con ripercussioni immediate sull’economia reale. Secondo il dirigente, a quel punto andrebbe tutto giù.


Larry Fink non è solo il ceo della società di risparmio gestito numero uno al mondo: è anche, si potrebbe dire, l’uomo che sussurra a Wall Street, e anche alla Casa Bianca,
visto che BlackRock sta lavorando con l’amministrazione Trump e con la stessa Fed per aiutare le autorità a rispondere in modo efficiente alla crisi innescata dalla pandemia da coronavirus.
Fink è inoltre consigliere personale di Donald Trump e del team presidenziale.


Il suo attenti, ha fatto notare Bloomberg, non promette nulla di buono: “Il messaggio del leader dell’assset manager più grande al mondo contrasta in modo netto con i toni vivaci di un mercato azionario che è risalito dai minimi recenti“. E che probabilmente, come emerge anche dal Buffett Indicator , starebbe ora davvero esagerando in termini di ottimismo.
Larry Fink teme inoltre che le tasse sulle aziende americane- che sono state abbassate con la famosa rivoluzione fiscale di Trump – potrebbero tornare a salire l’anno prossimo dal 21% a cui sono scese fino al 28-29%: Ad aumentare sarebbero anche le tasse sulle persone fisiche.
Insomma, a suo avviso il peggio deve ancora arrivare.
E il virus annienterebbe anche lo shock fiscale promosso dal presidente Usa.
Ma su cosa sta puntando BlackRock in questi tempi di coronavirus?
A svelarlo, verso la metà di aprile, è stato Rick Rieder, responsabile del team globale di allocazione della società di asset management:
“Seguiremo la Fed e le altre banche centrali dei paesi avanzati, acquistando quello che stanno acquistando loro”. Follow the Fed, dunque, con il colosso finanziario da $7 trilioni che starebbe di conseguenza vendendo volatilità sui tassi di interesse e acquistando bond caratterizzati da una lunga duration. Oltre a essere posizionato in modo significativo sul cash, in tempi di crisi economica.
Inoltre, a proposito di acquistare ciò che le banche centrali stanno acquistando – dunque non solo Follow the Fed, ma anche Follow the BceBlackRock ha annunciato settimane fa di star acquistando anche i BTP italiani.
 

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