HO CHIESTO SE ALL'INFERNO C'E' POSTO PER ME. MI HANNO RISPOSTO CHE NON VOGLIONO PROBLEMI (1 Viewer)

Damedos

Nuovo forumer
Da noi abbiamo ben altri problemi ......che VERGOGNA.
Un insulto a chi lavora veramente.

Georgina Rodriguez vorrebbe una cifra vicina ai 140mila euro per partecipare a una serata del festival di Sanremo,
circa tre volte tanto quello che percepisce la seconda donna più pagata, ossia Antonella Clerici.

La bionda conduttrice, però, avrebbe un cachet circa doppio rispetto a quello di tutte le altre donne che nei cinque giorni di Festival si alterneranno al fianco di Amadeus.

Il chachet così elevato di Georgina Rodriguez sarebbe stato giustificato anche dalla presenza di Cristiano Ronaldo, che dovrebbe accompagnare la sua compagna.
Ovviamente, il campione della Juventus non salirebbe sul palco ma resterebbe in platea e si garantirebbe qualche inquadratura.


Al contratto di Georgina Rodriguez ancora da approvare si sarebbe aggiunto quello di Roberto Benigni.

Come riferisce Dagospia, l'attore comico toscano pare che abbia avanzato una richiesta di 300mila euro per partecipare a una serata del festival di Sanremo.
Se così fosse, l'ad Rai Fabrizio Salini sarebbe anche in questo caso nella scomoda posizione di dover valutare se firmare o meno l'autorizzazione a erogare un compenso così elevato.
Nel caso in cui dovesse firmare per approvare la presunta richiesta di Roberto Benigni, esporrebbe l'azienda a una nuova polemica infuocata, che difficilmente si spegnerebbe rapidamente.

Anche la sua partecipazione all'edizione del 2014 di Sanremo destò polemica per il cachet, che all'epoca si mormorò fosse di 350 mila euro.

Quelle sui compensi troppo elevati sono polemiche che da sempre si accompagnano a qualunque edizione del festival di Sanremo.
Quella che deve ancora iniziare, però, pare sia una di quelle con il maggior numero di polemiche ancor prima della partenza, prevista per il prossimo 4 febbraio.

Invidioso ?
...Se sei povero è perché te lo meriti ! ...Sapevatelo ! :-D
 

Val

Torniamo alla LIRA
A neanche quarantotto ore dal voto in Emilia-Romagna, decisivo non solo per emiliani e romagnoli ma anche a livello nazionale,
ecco che arriva il sondaggio di Index Resarch sulle intenzioni di voto degli italiani qualora di dovesse tornare a votare per le Politiche.

A leggere i numeri raccolti dalla rilevazione dell'istituto demoscopico ci ha pensato Corrado Formigli,
durante la messa in onda di Piazzapulita, ormai tradizionale appuntamento del giovedì sera di La7.

Veniamo dunque ai numeri.

Il primo partito italiano è sempre la Lega: il Carroccio di Matteo Salvini guadagna lo 0,3% e si attesta al 31,8% delle intenzioni di voto dell’elettorato.

Alle spalle della compagine leghista ecco il Partito Democratico, ma i dem guidati dal segretario Nicola Zingaretti, rispetto al sondaggio della scorsa settimana, perdono lo 0,2% e scendono fino al 18,7% dei consensi.

In leggera ripresa è invece il Movimento 5 Stelle: la compagine pentastellata - che ha appena "subito" l'addio di Luigi Di Maio come capo politico -
guadagna due decimi di punto e si porta al 16% tondo-tondo delle preferenze.

Dietro ai 5stelle ecco che chiede strada Fratelli d'Italia: il partito di Giorgia Meloni è in crescita continua e secondo Index Research arriverebbe fino al 10,9% (+0,4%).

Dunque ecco Forza Italia di Silvio Berlusconi: gli azzurri, ora come ora, valgono il 6,5%.


Ancora crisi nera, invece, per Matteo Renzi e la sua Italia Viva, che cala ulteriormente dello 0,2 e affonda al 4,2% delle intenzioni di voto.

Neanche Azione di Carlo Calenda riesce a spiccare il volo e si ferma infatti al 2,2%, seppur in crescita dello 0,2%.

Ecco allora Europa Verde all'1,9% e +Europa di Emma Bonino all'1,7%. Sotto l'uno percento, infine, c'è Cambiamo! di Giovanni Toti.
 

Val

Torniamo alla LIRA
"Non ci poniamo il problema dei tempi o dei poteri, ma di guidare il M5S nella riorganizzazione.

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In ogni caso, da capo politico ho tutti i poteri previsti dallo statuto" :clapclap::clap::winner::banana::cin::up::capo:
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ha annunciato che intende modificare le procedure relative al taglio degli stipendi e la loro restituzione.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il generale Khalifa Haftar’ e la Libyan National Army (LNA) hanno appena dichiarato che abbatteranno qualsiasi aereo civile o militare
che cercherà di avvicinarsi all’aeroporto di Tripoli, come riportato dalla BBC.

Non si tratta di voci, ma di un comunicato ufficiale del suo addetto stampa Ahmad al-Mesmari.

Haftar vuole probabilmente evitare che la Turchia, attualmente il maggiore alleato del governo di Tripoli,
posso inviare dei rinforzi tramite aereo, come già fatto in passato: infatti nelle scorse settimane oltre 2000 miliziani siriani
sono stati mandati da Ankara in Libia tramite un ponte aereo creato utilizzando aerei civili.

BBC reporting that Haftar's spokesman said in a statement Wednesday that "any military or civilian aircraft, regardless of its affiliation, flying over the capital will be destroyed"

Said spokesman’s utterances often dismissed as bluster by apologists. Libya rebel forces threaten to hit civilian planes

— Mary Fitzgerald (@MaryFitzger) January 23, 2020

Il governo di Bengasi viene a minacciare anche i voli civili perché valuta che la Turchia stia utilizzando i passeggeri come degli scudi umania protezione dei guerrieri.
La minaccia è rivolta ovviamente verso l’aeroporto di Mitiga ex base militare attualmente utilizzata come aeroporto civile, dopo che l’aeroporto internazionale di Tripoli è stato messo fuori uso 2014.

Proprio ieri questo scalo era stato colpito da 6 missili terra-terra sparati dalle milizie Pro Haftar, anche perche la LNA
ritiene che la base sia utilizzata per le operazioni dei droni stranieri, in questo momento turchi, ma un anno fa italiani.

Naturalmente il governo di Tripoli è insorto denunciando con durezza la minaccia ai civili inermi, ma non può fare molto oltre al parlare.

Questo è il risultato dell’ inutile vertice di Berlino, durante il quale ha parole sia iniziato un processo di pacificazione, ma che, in realtà, ha dato il via libera alla fase finale del conflitto libico.
Nessuno, tantomeno l’Europa, ha il coraggio o le capacità per intervenire direttamente sul campo, quindi tutto viene lasciato al suo svolgimento naturale a favore del generale.

Nel frattempo Conte e Di Maio giocano a fare il primo il presidente del consiglio, ed il secondo il ministro degli Esteri.
Naturalmente sono completamente esclusi da gioco internazionale.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Negli anni 60 del secolo scorso venivano recapitate, nelle buche delle lettere, riviste come Postal Market o il catalogo Vestro,
pubblicazioni made in Italy pioniere della vendita per corrispondenza di prodotti per la casa, per l’ufficio e per la vita quotidiana.

Annualmente venivano arruolate persone qualunque, normalmente inserite nella vita familiare,
che diventavano per un anno modelli e testimoni (precursori dei moderni “influencer”)
per indossare capi di abbigliamento o provare oggetti, con lo scopo di incrementare gli acquisti che avvenivano via Poste italiane!

Oggi, Internet sostituisce buona parte delle realtà commerciali a tre dimensioni, attraverso le vetrine autogestite sui siti web ma anche sui social:
Facebook, Instagram e Youtube, dove pullula una tribù competitiva di giovani emergenti, gli Influencers.

C’è di tutto e di più in questa tribù: da quelli affermati e titolati, come Fedez e la Ferragni, fino ai tantissimi improvvisati, emergenti, esibizionisti, veri e propri candidati alla sindrome narcisista.
I loro sono tentativi di cercare forme di affermazione della propria immagine, del proprio esibizionismo comportamentale, sognando ovviamente di diventare Influencer ben retribuiti!

Da molti anni la psicologia cognitivo-comportamentale ha evidenziato come, nella nostra mente, il potere dell’Imago vinca sempre nettamente sull’inflazionato potere del Logos!

Infatti, le aree della memoria visiva (neocorteccia carcarina) si dimostrano molte più potenti a influenzare i pensieri e i comportamenti delle persone
rispetto alle varie forme di comunicazione basate su procedure neurolinguistiche unicamente verbali.

Di questo si capisce che, potenziare i comportamenti per immagine, come fa l’Influencers attraverso i social network,
diventa un potente strumento di potere istrionico, narcisistico ed economico, in grado di suggestionare chi lo esercita e di condizionare in modo virale chi ne recepisce i messaggi!

Paradigmatica delle modaltià comunicative degli Influencer è Emma Chamberlain, “Youtuber” tra le più famose della Generazione Z, nata post 2000.

Il suo modo di presentarsi rasenta la banalità e la sciatteria, sempre però modulata astutamente da sguardi e pose che lanciano chiari messaggi allusivi!
Non ha avuto bisogno di fare scuole di dizione, neanche di recitazione e, tanto meno, corsi di formazione in psicologia della comunicazione… Eppure è vincente!

Ovvio, quindi che sempre più giovanissimi (quasi mai con il consenso dei genitori) si lancino nel tentativo di giocarsi l’esibizione comportamentale più bizzarra,
stravagante oppure – purtroppo – in alcuni casi, addirittura più pericolosa o immorale, pur di guadagnare qualche like o follower in più!

Cosa accade, però, nella mente di un giovane Influencer?
Il ragazzo o la ragazza che continuamente studia, progetta e verifica i livelli di audience e followers, inizia ad autocompiacersi delle risposte
che il cervello rilascia durante le performance di esibizione comportamentale, sotto forma di endorfine e dopammina.
Sensazioni destinate a crescere in modo esponenziale con l’aumentare dei like e dei followers.
Si apre così la via a una situazione emotiva per cui si sta bene solo se si è visti e seguiti!

Poi, per il principio di mantenimento e aumento del desiderio di piacere provato, la mente si focalizza,
ossessionandosi in modo compulsivo a produrre foto e storie da postare all’infinto!
Il giovane, a questo punto, è diventato un “narcisista patologico” che si sveglia anche di notte per controllare se ha ricevuto un follower in più!

Infatti, se invece di investire quasi totalmente le normali capacità affettivo-relazionali emergenti all’esterno, verso gli altri,
l’adolescente le canalizza a specchio su se stesso, riflettendosi nei social alla esclusiva ricerca di consenso, si apre così la via del narcisismo disturbato, dunque psicopatologico!

È proprio la fascia di età adolescenziale quella a maggiore rischio, l’età dove il carattere si apre grazie all’impulso ormonale e si forma la personalità.
Non a caso è questa la fascia in cui agisce il social oggi di maggior successo: TikTok.

Attenzione, perché, poi, il principio di piacere agli altri – quando si è contaminati dalla sindrome narcisistica patologica –
si distorce e il traguardo ambito dal narciso non rimane più “piacere a tutti”!

Il narciso patologico, infatti, è felice, in preda alle encefaline droganti, quando riesce nell’esibizione a “dividere gli altri”,
quando ombreggia o schernisce, inventa fake news, semina zizzania o, meglio, affossa i suoi competitors con la propria immagine “scomportamentata” che riesce a ottenere un follower in più!

Per questi narcisi overgame non è mai importante ciò che avviene intorno, nel mondo, nella società;
ciò che conta è essere presenti nella rete come l’essere supremo: il più figo!

Infine, il narciso ormai in orbita, immagina, nella sua accresciuta follia, che tutto il mondo, virtuale e reale, giri come vuole Lui e, possibilmente, sempre attorno a Lui!

I dati parlano chiaro: con 1,4 milioni gli utenti sono altresì 80 milioni le storie postate su Instagram!

Ma il dato che inquieta maggiormente e la quantità di giovani che non si limitano più a “esibirsi”
ma ormai vivono full time dentro i social network… fino al punto di aver bisogno di aiuto psichiatrico per poterne uscire.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Mai acquistato un gelato da loro.

"Siamo orgogliosi di aver la possibilità di lavorare insieme ai migliori manager di Unilever,
perché siamo certi che grazie alle loro competenze e alla loro conoscenza dei mercati internazionali riusciremo a realizzare il sogno,
nato 12 anni fa in un piccolo negozio nel centro di Torino, di portare il gelato italiano di qualità nel mondo».

Furono queste le prime parole di Guido Martinetti e Federico Grom pronunciate nel 2015, quando i due fondatori annunciarono di aver venduto Grom a Unilever.

Dopo cinque anni dalla vendita, di quel piccolo negozio nel centro di Torino non è rimasto niente.

Chiusa la storica location di via Cernaia dove tutto era partito nel 2003.
E non è stata l’unica chiusura: quattro saracinesche abbassate nel 2019, altre tre previste nel primo trimestre di quest’anno.

In Italia, mercato cruciale, Grom oggi ha 40 gelaterie, ne aveva 67 all’epoca della vendita.
Il gruppo ha subito ribattuto e ha sottolineato di voler puntare su altri canali di vendita (chioschi, biciclette gelato, la grande distribuzione, i bar e il canale direct to consumer)
ma resta il dubbio di essere di fronte al caso di un’azienda made in Italy comprata e snaturata.

Il colosso olandese-britannico, infatti, anziché continuare a puntare sulle gelaterie e su quell’aspetto artigianale del prodotto messo anche spesso sotto accusa
(il Codacons aveva diffidato Grom per l’utilizzo improprio del termine artigianale, in quanto Grom prepara le miscele in un unico centro produttivo, in provincia di Torino, e da lì viene smistato ovunque)
ma che ne aveva decretato il successo agli inizi degli anni zero, ha puntato sull’internazionalizzazione, la diversificazione dei prodotti (marmellate, confetture, prodotti da forno)
e la grande distribuzione con la vendita dei barattoli di gelato nei banconi frigo dei supermercati.

Un’operazione, quest’ultima, non proprio originale e che ha probabilmente indebolito la reputazione del prodotto
che dalle gelaterie con le file chilometriche è passato ai banchi frigo di fianco ai surgelati.

L’azienda sostiene che «dal 2015 al 2019 Grom è cresciuta tutti gli anni, con una crescita complessiva del +46,7% se si considera il brand comprensivo di tutti i paesi e tutti i canali».

Ma restano molti dubbi, tanto che già si comincia a parlare di un possibile addio dei due fondatori, di certo consapevoli che una volta venduto il marchio al gruppo dell’Algida, le cose sarebbero cambiate.

Era dall’autunno del 2013 che Federico Grom e Guido Martinetti cercavano capitali o nuovi soci, trovando alla fine l’interlocutore adatto nel 2015.
Ma i dubbi emersi subito dopo l’annuncio dell’operazione, sembrano essere oggi confermati.

Le grandi multinazionali acquistano soprattutto per occupare in modo rapido e diretto un mercato estero
oppure per appropriarsi velocemente di asset materiali e immateriali dell’impresa: licenze, brevetti, rete di fornitori, clienti.


È successo con Findus, Valentino, Bulgari, Mv Agusta.

Grom era all’epoca sulla cresta dell’onda tanto da entrare persino a Palazzo Chigi quando l’allora premier Matteo Renzi
decise di farsi un gelato Grom in mondovisione per rispondere a una vignetta dell’Economist.

Poi la vendita e la nuova strategia della multinazionale che per abbattere i costi, lottare contro la concorrenza e la stagionalità dei prodotti, ha scelto la via dei supermercati.
Un progetto che testimonia come Grom sia ormai diventato un gelato dal connotato industriale e stia abbandonando l’imprinting artigianale che era stato all’origine del suo successo.

Il rischio boomerang è dietro l’angolo.

«la nostra missione è portare nella vita di più persone, in tutto il mondo, il puro e autentico gelato italiano.
Perseguirla ha richiesto, negli ultimi anni, un’evoluzione del modello di business e una visione proiettata sul medio e lungo periodo,
che tenga conto di nuove opportunità, nuovi canali e nuove attitudini di acquisto. Tutto questo si traduce anche in un’analisi della rete di vendita
e nella scelta di chiudere alcuni negozi, mantenendo tuttavia il ruolo del retail come hub dell’esperienza e DNA di Grom:
anche il gelato confezionato nasce dal desiderio di “mettere la nostra gelateria in barattolo”.
 

Tolomeo

Perdo pelo, non il vizio
...

Oggi su whatsapp un amico mi ha girato queste notiziole sulle sarde con preghiera di divulgare al massimo.

"Mattia Santori, 30 anni è un ricercatore del RIE, società che si occupa di comunicazione sociale.

Il RIE é una società di privata di consulenza fondata da R. Prodi e A. Clò.

Questo secondo è membro del CdA della GeDi, società ed. di De Benedetti e degli Agnelli.

Ricordiamo che GeDi è il maggior gruppo editoriale in Italia e controlla tra i tanti quotidiani e canali radio:
Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, Huffington post, L'Espresso.

Ecco svelato il trucco della grande risonanza mediatica.

Diciamolo chiaramente: le sardine sono spinte dalle due famiglie più ricche e potenti d'Italia: De Benedetti e Agnelli" (fonte: " Il Mediterraneo").


Ho fatto qualche verifica ...

Qui c'é la liason Santori-Clò
Team | Rie

E qui la liason Clò-De Benedetti-Elkann
GEDI Gruppo Editoriale: Consiglio di amministrazione


Di chi sarà stata l'idea di chiamarle "sardine" ?
Di Alberto Clò, di Marco De Benedetti o di John Elkann ?

Ma la cosa sorprendente, almeno per me, è che non mi era ancora capitato di sentire, nei vari talk politici e sui social, della esistenza del legame tra Mattia Santori e la GEDI.
Possibile che, negli ambienti bolognesi, qualcuno non fosse a conoscenza di quel legame ?

E' comprensibile che, a sinistra, politici e pennivendoli abbiano cercato di mascherare la cosa.
Ma nel cdx che facevano, dormivano ?

Il tentativo di far passare l'invenzione delle sardelle come qualcosa di spontaneo, nato all'interno dell'opinione pubblica sinistrorsa, ora non è più sostenibile.

La catena che conduce da Santori alle famiglie De Benedetti e Agnelli è evidente.
E dire De Benedetti significa dire PD, Repubblica, l'Espresso e compagnia cantante.
Evidentemente, l' operazione sardelle, è stata progettata e messa in atto come disperato tentativo di non perdere l'impero emiliano-romagnolo.

Ma che aspetta, adesso, il cdx prima di sput_tanare il tentativo ?
 

Val

Torniamo alla LIRA
Cosa ci volete fare. Sono fatti così.....speriamo che gli Italiani se ne accorgano in tempo.

«Io ieri sera ho parlato con Elisa… – è il discorso attribuito a Bonaccini – dalla telefonata non mi ha detto che si candida con la civica della Borgonzoni…
se la scelta è quella è chiaro che poi succede qualcosa nei rapporti con voi… te lo volevo dire perché se è così, se per caso vinco io come è probabile,
dopo però non mi cercate più… io non ho detto che deve candidarsi con me… diceva di no punto… sto dicendo che se me la ritrovo candidata di là…
io il punto è parlane con lei e dille che ti ho chiamato… la cosa che dico solo è che dal candidarsi con me al trovarmela di là…. chiaro che dopo allora c’è un giudizio».

«Per il sindaco di Jolanda si tratta di un “atteggiamento minatorio”, non adatto a chi riveste un ruolo nelle istituzioni.
Sul momento lascia passare, convinto che il tutto non possa avere “pregiudizi verso la mia amministrazione”. Poi però lo doccia fredda.
Alcuni comuni limitrofi decidono “sottrarre in maniera anomala risorse di personale importantissime per il mio Comune che mi erano state appena concesse”.

Il sindaco infatti aveva chiesto “l’utilizzo condiviso di cinque dipendenti”, ma “dopo la pubblicazione delle liste”
un Comune rifiuta “il nulla osta”,
un altro revoca “la precedente adesione”
e un altro ancora anticipa “la scadenza concordata”.

Solo un caso?»

«Pezzolato sul suo profilo Fb entra allora nel merito della questione.
“Alla fine – scrive – è risultato chiaro il senso di quella telefonata (di Bonaccini, ndr) tendente a farmi convincere Elisa a non candidarsi con nessuno se non volevo avere ritorsioni”».

Non ci voleva proprio, per Bonaccini, questo caso che scoppia a pochi giorni dalle elezioni regionali.

Funziona così, con le ritorsioni, il tanti celebrato modello emiliano?
 

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