LO SPREAD SALE, MA L’ITALIA NON POTRÀ FARCI NULLA
L’economista della Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffè spiega perché il differenziale tra Btp e Bund si è allargato ai massimi da fine agosto: «Se il mondo economico ha un piccolo raffreddore il nostro Paese ha la febbre. E abbiamo finito il vaccino»
Lo spread si alza e l’Italia ha di nuovo paura. Ma questa volta il governo giallorosso c’entra poco con l’aumento del differenziale tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi. O quasi. La figuraccia dello scudo penale tolto, rimesso, tolto e ancora non rimesso ai dirigenti dell’ArcelorMittal ha causato l'annuncio della chiusura dell'impianto e ha consolidato la fama di un Paese poco affidabile. Ma perché venerdì lo spread è arrivato a 166 punti base? Alcuni osservatori sostengono sia colpa del ministro dell’Economia tedesco
Olaf Scholz perché in cambio dell’unione bancaria ha chiesto agli istituti di credito di ridurre il numero di titoli di Stato. E le banche italiane hanno almeno 400 miliardi di rischiosissimi Btp. Secondo altri la colpa sarebbe del f
enomeno di arbitraggio delle banche italiane che hanno sfruttato il nuovo meccanismo introdotto dalla Banca centrale europea per comprare prestiti a tassi negativi dalle banche del Centro nord Europa per depositarli a tasso zero nei conti correnti della Bce, guadagnando con la differenza. Ma così hanno diminuito la loro liquidità e in modo indiretto i tassi dei titoli di Stato italiani. O forse, come sempre la risposta vera è quella più semplice: non c’è un solo motivo ma sono questi e altri fattori legati alla congiuntura internazionale. «Dobbiamo metterci il cuore in pace: trovare una singola determinante dell'andamento lo spread è impossibile. C'è però un movimento a livello europeo per comprare i titoli di Stato dei Paesi "core countries" come Germania e Olanda», spiega
Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di strategia aziendale alla Bocconi.
Carnevale Maffé, se gli investitori internazionali comprano titoli dei Paesi più affidabili, che conseguenze ci sono per i nostri Btp?
Non buone, perché nel mercato si stanno vendendo sempre più titoli di Stato dei Paesi “periferici” come Italia, Spagna e Portogallo. Bisogna dire però che un po’ è anche colpa degli spagnoli. Dopo le quarte elezioni in quattro anni non hanno dato il segnale ai mercati di essere uno Stato stabile.
Anche l'Italia?
Sì, in generale il problema è che quando il mondo economico ha un piccolo raffreddore l'Italia ha la febbre. E quest'anno abbiamo finito il vaccino. Ma in questo momento particolare il nostro Paese è un po' alla deriva di fenomeni a livello europeo che passano sopra le nostre teste.
Diciamone uno.
L'atteggiamento della nuova presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde potrebbe non essere così accomodante come era sembrato fino a qualche settimana fa. Un comportamento diverso rispetto all'era Draghi metterebbe ulteriormente sotto pressione i paesi periferici dell'Unione europea, compresi noi.
Il Governo quindi non c'entra nulla?
Questi fenomeni di mercato e di politica monetaria che inficiano sullo spread non dipendono dall'andamento del nostro dibattito politico interno. Detto questo, è vero che il governo giallorosso finora ha dato segnali al mercato di confusione, conflitto e inconcludenza. Tra l'altro già ampiamente previsti fin dalla sua nascita. La vicenda Ilva è il caso emblematico. Se aggiungiamo ai fenomeni esterni anche un certo autolesionismo italico, tutto questo spiega in buona parte una posizione prudente dei mercati sullo spread Btp-Bund.
Anche il nostro outlook non aiuta.
L'outlook economico italiano è purtroppo senza infamia e senza lode. Stiamo sempre parlando di un rating BBB che non cresce. Una situazione non positiva, ma neanche critica. Per fortuna all'orizzonte non ci sono segnali preoccupanti di devastazione. Semmai c'è qualche rasserenamento sul fronte internazionale con le ipotesi di accordo tra Cina e Usa sui dazi.
Perché la crisi dei dazi non impatta sullo spread tedesco? In fondo ha appena schivato la recessione per un soffio.
La Germania ha resilienza e una capacità di reazione differente da noi. Può mettere in campo investimenti importanti perché ha uno spazio fiscale e industriale molto ampio. Possono reagire con forza alla congiuntura non positiva e i mercati si fidano. Mentre l'economia in Italia non tira, abbiamo un mercato sottile tenuto in piedi dalle nostre banche che ovviamente non hanno uno spazio infinito. Se ci mettiamo dentro anche le crisi industriali che stanno partendo adesso non è un bel sperare. Abbiamo una corda al collo.
Il Governo rIschia di stringerla con la legge di bilancio?
Ci sono grandi attese sull'anno prossimo. La legge di bilancio potrà determinare una variazione significativa dello spread. Il problema è che finora il Governo ha inserito due voci molto aleatorie sul lato entrate: il minor pagamento della spesa per interessi grazie al calo dello spread e il gettito fiscale che deriva dalla lotta all'evasione.
Perché non andavano messi nella legge di bilancio?
Perché come abbiamo visto in questi giorni lo spread è un fattore tutto esogeno: non si può far conto che il mercato ti grazi. Se non succede si rimane a secco. E anche la lotta all'evasione non dovrebbe essere un tema di recupero di spazio fiscale. In linea teorica ogni euro recuperato dalla lotta all'evasione, deve andare a compensare chi le tasse le paga già. Il saldo fiscale dovrebbe essere zero.
Ci grazieranno i mercati?
Per nostra fortuna abbiamo un governo cialtrone ma sostanzialmente europeista che non dice di voler uscire dall'euro. E questo è già un passo in avanti rispetto a un anno. Se pensiamo anche alle fazioni più estremiste del Movimento Cinque Stelle, al massimo sono anti industriali, ma non più anti europeisti. Per questo i mercati non vedono shock significativi di rischio. Teniamoci pronti però a vedere altri piccoli alti e bassi sullo spread come quello accaduto negli ultimi giorni.