E ANCHE SE SONO UN LIBRO APERTO, MICA TUTTI SANNO LEGGERE! (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Quello che stiamo per scrivere potrà sembrare molto mondano, ma ha un sottofondo che vi farà capire l’importanza,
quella vera delle criptovalute e perchè la loro presenza sia necessaria nel sistema finanziario internazionale,
magari con una posizione secondaria, magari in forme non esattamente uguali alle attuali.

Paypal, il sistema di pagamento internazionale elettronico parallelo, ha deciso di tagliare fuori dal proprio circuito circa 100 mila modelle e modelli di Pornhub.

Praticamente questi, diciamo, perfomer, non possono accettare più pagamenti attraverso il sistema più diffuso al mondo di pagamenti elettronici,
che permette di trasferire denaro attraverso un semplice indirizzo email.

Questo ha gettato nel panico 100 mila persone che, legittimamente, facevano un lavoro eticamente discutibile, ma legittimo,
una sorta di prostituzione soft senza contatto diretto fra le parti in gioco.

Lungi da me voler fare qualsiasi elogio a questo tipo di attività, ma un sistema di pagamento non dovrebbe prendere, di sua iniziativa,
una posizione etica, diremmo politica, quanto l’attività in questione non è illecita nello stato in cui viene svolta.

Invece Paypal decide di fare il padre di famiglia e prende una posizione non giustificabile.

L’utilizzo delle carte di credito non è nè pratico nè anonimo, in questi casi, per cui Pornhub aveva deciso, in passato, di utilizzare una criptovaluta, Verge, per i pagamenti.

L’esperimento non ha avuto successo perchè…. i modelli non sono esperti di finanza o di criptovalute,
per cui non hanno capito bene quello che succedeva e non sono ancora stati in gradi di utilizzare le innovazioni della criptofinanza.

Il problema è che Paypal spesso in passato ha escluso anche operatori sulla base delle loro idee politiche.

Ad esempio Laura Loomer, attivista pro Trump, è stata esclusa dalla piattaforma per le sue idee politiche.

Lo stesso è successo a Kyle Chapman, conosciuto come Based Stickman, attivista della cosiddetta Alt-Right.

In questo caso è la posizione politica di Paypal, con una fofrte simpatia per i democratici, ad aver causato la cancellazione.

Le valute virtuali servono proprio a questo: a permettere pagamenti sicuri ed anonimi, a chi vogliamo,
senza che un ente superiore, banca o sistema di pagamento, ce lo impedisca per le sue scelte etiche o politiche, qualsiasi queste siano.

Perché sono scelte personali, che non devono essere alla mercè di enti tecnici che, fra l’altro paghiamo cari con le nostre commissioni.
 

Val

Torniamo alla LIRA
ILVA è l’ultimo evento di decrescita industriale dell’Italia, la cui produzione di acciaio è calata da 30 milioni di tonnellate annuo a 24 milioni di tonnellate.

Il reddito di cittadinanza non è servito per l’occupazione.

La legge di Bilancio, ha 11 miliardi di tasse in più, spendendo in più solo per 4,9 miliardi, prelevando risorse dall’economia.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Un dato molto preoccupante è stato diffuso negli USA nei giorni scorsi, relativo all’indice Cass
che ci mostra le variazioni percentuali dei trasporti merci.

Come potete immaginare dall’incipit i dati non sono particolarmente positivi.



Dopo settembre del 2018 l’indice dei trasporti è negatico , segnando quindi un calo che ormai viene a durare da un anno.

Particolarmente grave il calo a settembre, con un -6,5% , l’ennesimo dopo mesi di calo.

Se le merci non viaggiano non sono prodotte e non sono consumate.

Non siamo più nel medioevo, la produzione locale, a km zero, sono una minuscola parte del totale.

Quindi vuol dire che, al di là dei grandi indici l’economia non si muove.

Indicativi sono anche gli indici parziali, cioè quelli verso Europa, Pacifico/Asia e Cina.

Vediamo quindi l’andamento dei trasporti aerei verso queste aree, mettendoli in relazione con l’indice PMI per ogni singola area.

Iniziamo dall’Europa:



Ecco invece il valore dello stesso indice correlato all’area, in crescita , del Pacifico e Sud Est Asiatico



In questo caso l’indice è messo in relazione con un indice indicativo della produzione dei semiconduttori, produzione di grande importanza nel sud est asiatico.

Infine abbiamo la Cina con l’indice dei trasporti aerei verso Shanghai



In questo caso abbiamo sia l’indice dei carichi verso Shanghai ,sia quello da Shanghai verso l’esterno,
dove import tende a prevalere l’export, ma , comunque, entrambi mostrano dei valori negativi che,
nel periodo in cui sono iniziati i dazi, hanno raggiunto dei valori fortemente negativi.



Fatta questa analisi quello che ci interessa mettere in luce è che l’indice Cass è un previsore molto forte del PIL .



La variazione dell’indice CASS tende ad anticipare di uno-due trimestri l’andamento del PIL

Quindi le variazioni negative dell’indice Cass degli ultimi due trimestri indicano che ci sia da attendere un’ulteriore variazione negativa nel PIL degli USA nei prossimi trimestri.

Aggiungiamo che , se si togliesse l’apporto del sistema pubblico , pari a 0,8% ,
c’è un grosso rischio che il tasso di crescita del PIL del settore privato diventi negativo nell’ultimo trimestre,
e che comunque il tasso di crescita del PIL complessivo venga a sfiorare lo zero.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Mittal chiude gli altiforni dell’ex Ilva entro gennaio e il Governo prepara le carte per quella che il Premier Giuseppe Conte ha definito “la battaglia legale del secolo”.

Le due diverse vicende ricompattano il Movimento Cinque Stelle, che raggiunge il traguardo della chiusura dell’acciaieria
considerato come un obiettivo identitario della propria azione politica e vede spostare l’intera questione dal livello politico a quello giudiziario,
cioè all’altro e principale obiettivo identitario della propria battaglia rappresentato dalla sostituzione dell’equilibrio dei poteri
del tradizionale stato di diritto con il trionfo della supremazia del potere giudiziario sugli altri due.


I Cinque Stelle ricompattati dietro Luigi Di Maio non si curano del fatto che mentre il Governo prepara le carte per la battaglia giudiziaria del secolo
destinata ad esaltare il ruolo della magistratura, i diecimila lavoratori tarantini e gli oltre ventimila dell’indotto pugliese e nazionale rischiano la perdita del posto di lavoro.
Per loro la questione è di facile soluzione. Se ne occuperà lo Stato, con una nazionalizzazione piena o parziale
e con l’applicazione a pioggia della cassa integrazione per tutto il tempo (cioè per anni ed anni) necessario per lo svolgimento della battaglia giudiziaria.


Il costo di un’operazione del genere non turba il gruppo dirigente grillino.
Male che vada, lasciano intendere, c’è sempre la Cassa Depositi e Prestiti che può intervenire per tappare l’ennesima falla che si apre sulle casse dello Stato.
Come se la Cassa fosse una Ong caritatevole privata e non un organismo interno dello Stato stesso.

Quella dei grillini può apparire come una posizione folle.

In realtà è solo la dimostrazione che per loro l’ideologia della decrescita che porta al pauperismo egualitario
a spese di uno Stato totalmente assistenzialista (in quanto tale anche totalitario) deve avere sempre e comunque la priorità assoluta sui problemi reali.


Di folle, semmai, c’è la passività con cui gli alleati del Movimento Cinque Stelle accettano
una azione di governo subordinata alla priorità dell’ideologia grillina sulla realtà del Paese.

Presto o tardi quest’ultimo chiederà il conto di tanta passività. E sarà particolarmente alto e salato!
 

Val

Torniamo alla LIRA
Messi male....male male......

ArcelorMittal ci ha detto in modo plastico che non è in grado di rispettare il piano industriale e di conseguenza il piano occupazionale e questo il Governo non può accettarlo”.

La dichiarazione è del ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli,
dopo l’incontro con i rappresentanti dell’azienda franco-indiana decisi a chiudere gli altoforni dell’acciaieria di Taranto ed abbandonare l’impresa al suo destino.

Il senso delle parole del successore grillino di Luigi Di Maio allo Sviluppo economico è stato subito chiaro:
ArcelorMittal si ritira ed il Governo è deciso a fermarla con una grande battaglia legale.

L’unico punto che ha suscitato perplessità è stato il termine usato da Patuanelli
per definire il modo con cui l’amministratore delegato dell’azienda ha comunicato la decisione di uscire di scena.

Un modo “plastico” ?????????

Non inequivocabile, secco e neppure sintetico o addirittura brutale. Ma “plastico”. E che vuol dire?

In tanti si sono cimentati nel tentativo di trovare una risposta plausibile all’arcano.

Ma tutto è stato inutile fino a quando a qualcuno è arrivata una soffiata illuminante.

Patuanelli ha usato il termine “plastico” per far comprendere la determinazione del Governo a far recedere i franco-indiani dal loro proposito.

Non solo con la prospettiva di una azione giudiziaria di risarcimento danni ma anche con la minaccia di allargare la tassa sui tappi di plastica alle parole di plastica di ArcelorMittal!


Da Di Maio a Patuanelli. Di male in peggio!
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ragazzi....salviamoci.

Di rado mi è stato dato di sentire scempiaggini sesquipedali peggiori di quelle che in questi giorni vengono seraficamente pronunciate
da quanti – politici o semplici osservatori – commentino le tristi vicende dell’Ilva di Taranto.
Si tratta di dichiarazioni che a volte suscitano perfino un sorriso, tanto sono divaganti da sembrare perfino comiche.

Così è dato ascoltare esponenti dei 5 Stelle che, seriosamente presenti davanti alla telecamera e con aria pensosa,
si dicono contrari, anzi contrarissimi al cosiddetto “scudo penale”, dando mostra però,
man mano che avanzano lungo la tragica spirale di un discorso per loro troppo complesso,
di non aver compreso nulla o quasi nulla di cosa mai possa essere codesto scudo al quale si oppongono:
sarà quello di Aiace, si chiedono i più colti? O quello di qualcun altro? Chissà... intanto, meglio opporsi.

Altri, invece, sia dei 5 Stelle sia di altri schieramenti politici, con la mascella irrigidita e sulla scia di ciò che ebbe incautamente
a dichiarare il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella immediatezza della nascita della crisi dell’acciaieria –
e cioè che il Governo sarebbe stato “inflessibile” (forse perché si trattava appunto di acciaio) – dichiarano,
senza arrossire a causa della scempiaggine del loro pronunciamento, che l’ArcelorMittal sarà costretta dal Governo a restare al suo posto, a tutti i costi.

Già. Ma con quale mezzo? Con i fucili? Con l’esercito? O forse con qualche ricatto? E di che tipo, se è lecito saperlo?
Oppure con una controversia legale, opponendosi al recesso contrattuale, già dalla stessa esercitato?
O, ancora, arrestandone i responsabili e destinandoli al lavoro coatto?

In realtà, non esiste un mezzo per costringerla a rimanere a Taranto, più di quanto possa già dirsi in relazione alla causa già in corso presso il Tribunale di Milano.

Le cause non costringono nessuno – e meno male! – dovendosi svolgere secondo una loro logica e giungendo ad un esito processualmente attendibile, qualsiasi esso sia.

Come finirà allora la causa appena avviata? Non lo sappiamo, lo vedremo fra alcuni mesi, al momento della sua conclusione. Certo non domani o dopodomani.

Anche se nell’oceano di tante insulsaggini si fa non poca fatica a ragionare, cerco di farlo.

E, ragionando, mi accorgo che esiste un soggetto che la fa da vero protagonista in questa vicenda
e che invece inspiegabilmente non viene neppure citato: si tratta della magistratura di Taranto,
che rappresenta il vero ostacolo alla prosecuzione dell’attività di ArcelorMittal, come del resto lo sarebbe per qualunque altro gruppo nazionale o internazionale.

Infatti, essa non solo sequestrò anni orsono decine di tonnellate di acciaio già prodotto e pronto per la consegna ad acquirenti esteri
– per un fatturato complessivo di centinaia di milioni – costringendo i vari governi (di ogni colore politico)
a sfornare a getto continuo decreti urgenti per rimediare a tale assurda contrapposizione,
ma è poi passata al ruolo di vero gestore della crisi: a volte occulto, ma autentico gestore.


Questo – e non altro – è il vero motivo che spinge la ArcelorMittal ad una fuga precipitosa:
il doversi di continuo confrontare con una magistratura – come quella tarantina – che invece di “dire il diritto”,
assume nei fatti il ruolo di amministratore della crisi dell’acciaieria, senza tuttavia averne le competenze tecniche e, meno che mai, quelle giuridiche.

Ma vi sembra normale che la Procura abbia assegnato un termine all’azienda per provvedere ad alcune incombenze tecniche per un altoforno,
dopo la scadenza del quale si sarebbe proceduto penalmente?


Mi vengono due domande.

La prima. Come fa la Procura a sospendere l’esercizio dell’azione penale – ammesso che fosse necessario esercitarla –
autoassegnandosi un termine, quello stesso dato all’azienda, dopo il quale promuoverla?

Non mi risulta che la Procura abbia il potere di sospendere l’esercizio dell’azione penale. Nessuna norma lo concede: o la esercita o no.

La seconda. Come fa la Procura a sostituirsi di fatto alle competenze proprie dell’assessore, del prefetto, del ministero,
organismi tutti ai quali la legge attribuisce in via esclusiva e fra loro – si badi bene, soltanto fra loro
la competenza in tema di inquinamento e che sfocia nell’Aia (autorizzazione integrata ambiente)?

Nessuna norma permette questa sostituzione.


Il vero è che ormai i giudici governano.

E governano anche crisi del genere, in barba anche alle sentenze della Corte costituzionale.

È infatti la Consulta a precisare con una decisione emessa nel 2013, la n. 85, proprio in tema di Ilva e nei confronti della magistratura tarantina che
“le opinioni del giudice, anche se fondate su particolari interpretazioni dei dati tecnici a sua disposizione,
non possono sostituirsi alle valutazioni dell’amministrazione sulla tutela dell’ambiente, rispetto alla futura attività di un’azienda...”
.

E ciò perché – precisava poco sopra la Corte – “Non rientra nelle attribuzioni del giudice una sorta di ‘riesame del riesame’ circa il merito dell’Aia,
sul presupposto – come sembra emergere dalle considerazioni del remittente... prendendo in esame le norme relative allo stabilimento Ilva di Taranto
– che le prescrizioni dettate dall’autorità competente siano insufficienti e sicuramente inefficaci in futuro”.


Più chiaro di così!

Ma i politici fingono di non capire, tranne i 5 Stelle che forse non capiscono davvero.

Gli altri hanno forse paura di denunciare che l’ArcelorMittal fugge proprio a causa di queste invadenze della magistratura
in competenze non sue che comporterebbe poi l’apertura di un procedimento penale.

Mentre scrivo queste note giunge notizia che la Procura di Milano ha aperto un fascicolo per eventuali reati commessi nell’ambito del recesso esercitato da Arcelor.


Di bene in meglio.

Ormai siamo in piena “crinocrazia”, che vale “governo dei giudici”: una stoltezza, un suicidio delle istituzioni!

Propongo perciò che i magistrati vengano allo scoperto e si seggano nei ministeri e in Parlamento.

Tanto è come se già occupassero quei posti. Ma almeno si eviterebbe ogni mistificazione.
 

Val

Torniamo alla LIRA
ROMA. Resta fissata a 67 anni l'età di accesso alla pensione di vecchiaia nel 2021.

E' quanto stabilisce un decreto del ministero dell'Economia pubblicato sulla gazzetta Ufficiale.

«A decorrere dal 1 gennaio 2021, i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici non sono ulteriormente incrementati», stabilisce il provvedimento.

In particolare, via XX Settembre ha preso atto della nota del presidente dell'Istat che comunica l'aumento della speranza di vita a 65 anni, «pari a 0,021 decimi di anni».

Il dato, spiega il decreto, «trasformato in dodicesimi di anno, equivale a una variazione di 0,025 che, a sua volta arrotondato in mesi, corrisponde a una variazione pari a 0».
 

Val

Torniamo alla LIRA
Prendendo spunto da quanto sta succedendo fra Arcelor-Mittal e ripercorrendo la storia degli ultimi anni,
pensiamo ai casi in cui aziende straniere che si sono impossessate ed hanno spolpato il sistema economico ed industriale italiano, banche comprese.

Un caso esemplare è quello di Unicredit, ma andando più indietro nel tempo anche di Parmalat.

Aziende che sono state acquistate per essere distrutte, spolpate, vendute.

Eppure queste aziende distrutte erano efficienti, producevano prodotti di qualità, ILVA inclusa, quindi non possono essere state il prodotto di un popolo di deficienti.

In realtà sono vittime di una classe politica che volontariamente le ha cedute e distrutte, non per incapacità,
ma secondo un disegno preciso conseguito da persone che sono al servizio di poteri esterni.
 

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