Non dobbiamo dimenticare un aspetto fondamentale: in un'epoca in cui non esistevano ancora la fotografia né internet, e in cui la gente si muoveva molto meno di adesso, queste stampe svolgevano il compito che oggi assolvono libri, cataloghi, cartoline, poster e infinite pubblicazioni che ci mostrano i capolavori in ogni minimo dettaglio. La notizia di qualche nuova incisione di questo o quel capolavoro si diffondeva in un battibaleno in tutta Europa presso il pubblico colto, e le serie erano quasi sempre esaurite in breve tempo e dovevano essere ristampate. Qualcuna diventava un vero e proprio bestseller come la serie delle "Delizie materne" di Longhi.
Esatto. E dunque in quel caso la funzione informativa\divulgativa aveva sopravanzato quella artistica, sia nell'operare dell'autore che nell'apprezzamento del pubblico. E' un fenomeno simile a quello per cui anche oggi l'arte viene apprezzata in funzione, stavolta, del messaggio politico\sociale che manda, o si ritiene che mandi. O, come un tempo, certi lavori godevano di ampia considerazione non per il loro valore artistico, magari assai basso, ma per il sentimento religioso veicolato.
E' curioso che proprio oggi che abbiamo finalmente chiara (o più chiara) la funzione specifica dell'artistico si ricada per altra via nelle vecchie confusioni - destinate con il passare delle mode a perdere di peso sino a svolazzare come un palloncino. Penso ai neon dell'arte concettuale, ai papi di Cattelan, e a tutte le "provocazioni" pseudoqualcosa, dalla Abramovich all'intera, ormai, Biennale di Venezia, che non vado più a vedere da tempo. Cioè da quando non ci si accontenta di "farla", ma la si vuole anche esporre, maleodorante com'è, appellandosi a significati più escatologici che, come sarebbe giusto, scatologici.
Ciò non significa che gli amici di diversa opinione non abbiano il sacrosanto diritto di sostenere il loro punto di vista.
Sta di fatto che non sono mai riusciti a convincermi le [rare, a dire il vero] volte che ci hanno provato