Una domanda corre spesso quando si parla dell’indebitamento pubblico: come mai il Giappone, che ha un debito superiore al 200%del Pil (2018), ha il rendimento del titolo di Stato decennale negativo per circa lo 0,2% e non crea nessun allarme mentre in Italia, il cui debito è al 132%, il Btp a dieci anni viaggia attorno all’1,45% e, soprattutto, segnala grandi dubbi dei mercati sulla sostenibilità finanziaria del Paese? Una risposta — parziale ma interessante — viene da uno studio appena pubblicato dal Fondo monetario internazionale (autore Reza Yousefi). Vi si sostiene, dati e calcoli alla mano, che gli investitori non guardano solo all’entità dei debiti pubblici quando prendono decisioni di acquisto e di vendita di bond. Guardano anche allo stato patrimoniale, cioè alla composizione del bilancio dello Stato: alla sua dimensione e alla differenza tra attività e passività, tra debiti e patrimonio. Su 69Paesi considerati, l’Italia è il terzo messo peggio — dopo Grecia e Barbados — quando si calcola la differenza tra attività e passività, in sostanza la solvibilità del Paese: con una ricchezza negativa pari a circa l’80% del Pil (dati 2016).
Il Giappone, pur avendo passività pari al 238%del Pil, ha attività pari al 220%: dunque, con un valore negativo di solo il 18% del Pil. (Nel calcolo non sono considerate le passività pensionistiche e le attività legate alla proprietà della terra e alle risorse naturali). La media della solvibilità (attivi meno passivi) dei 69 Paesi è un più31% dei loro Pil: il Paese in condizioni migliori è la Norvegia, più 348%, quello in condizioni peggiori è la Grecia, meno 111% del Pil. Se si considerano solo gli asset liquidi e quindi facili da vendere e i debiti a breve termine, l’Italia è penultima (fa peggio solo il Gambia), con una posizione negativa attorno al 27% del Pil. Il Giappone, invece, ha una situazione leggermente positiva, con attività liquide e passività a breve termine entrambe superiori al 60% del Pil. Lo studio del Fondo conclude che «lo stato patrimoniale è importante per i rendimenti sovrani e per la resilienza dell’economia». Nel senso che i mercati considerano il debito ma anche gli asset di un Paese nel determinare il prezzo a cui sono disposti a comprare i suoi bond. E nel senso che Stati con un bilancio solido soffrono recessioni più lievi e brevi degli altri. Le differenze con le quali i mercati trattano Giappone e Italia non sono dunque così misteriose, inspiegabili.
Corsera/Taino