ma Deutsche Bank sta fallendo? (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
La crisi senza fine di Deutsche Bank

Una pila di derivati pari a 16 volte il Pil tedesco, il crollo in borsa, gli scandali. La bocciatura della Fed è solo l'ultima tegola per il sempre più fragile colosso bancario teutonico

La crisi senza fine di Deutsche Bank
di FRANCESCO RUSSO
30 giugno 2018,21:00

FEDERAL RESERVE
In un rapporto del giugno 2016 il Fondo Monetario Internazionale definì la Deutsche Bank come la più grande fonte potenziale al mondo di shock esterni per il sistema finanziario. La divisione americana del colosso tedesco del credito aveva fallito gli stress test (ovvero quelle simulazioni che valutano la resistenza di una banca a eventuali crisi sistemiche) della Federal Reserve e gli occhi del mondo erano tornati a rivolgersi su quella colossale pila di derivati (i prodotti finanziari il cui valore dipende da quello di un altro strumento, quelli - per intenderci - alla base della devastante crisi dei mutui del 2008) nella pancia dell'istituto: 42 mila miliardi di dollari, ovvero sedici volte il Pil della Germania. Almeno secondo le stime più caute. L'anno prima Deutsche Bank era stata investita dallo scandalo Libor, relativo alla manipolazione fraudolenta dei tassi di riferimento sui mutui immobiliari. I vertici di allora furono costretti a dimettersi e il conto di multe e risarcimenti superò i due miliardi e mezzo. Il 2015 si chiuse con una perdita netta di 6,8 miliardi di euro.


Un danno, prima di tutto, d'immagine
Le conseguenze dello scandalo andarono ben oltre l'esborso. Il caso fu un colpo durissimo per la credibilità di una compagnia che era sempre stata tra i simboli dell'affidabilità tedesca. Il risultato fu una fuga degli azionisti. La capitalizzazione di mercato, che all'inizio del 2015 superava i 40 miliardi di dollari (cifra che era già meno di un millesimo dell'esposizione a derivati), sprofondò fino a toccare un minimo di 15,7 miliardi di dollari nel settembre 2016, mese nel quale il dipartimento di Giustizia Usa chiede il pagamento di una sanzione da 14 miliardi di dollari (successivamente ridotta della metà) per irregolarità nella vendita di obbligazioni garantite da mutui. Il titolo in borsa risalirà la china solo al prezzo di una ristrutturazione dolorosissima, costata migliaia di posti di lavoro. "Immaginate di acquistare una casa per duemila dollari con garanzie per un dollaro", scrisse all'epoca il Financial Times per sottolineare la sproporzione tra valore di mercato ed un'esposizione ai derivati che è il 12% di quella totale mondiale.
"Non siamo pericolosi"
Il Chief Risk Officer del gruppo, Stuart Lewis, nell'autunno del 2016 si impegnò in una lunga campagna stampa per negare la pericolosità di una simile esposizione, "non così rischiosa come gli investitori potrebbero credere", disse al Welt am Sonntag. Giurò che la banca era impegnata a ridurre i derivati nel proprio portafoglio e sottolineò che l'esposizione netta era estremamente più bassa, 41 miliardi circa. Una rassicurazione, sottolineò la Banca per i Regolamenti Internazionali, che vale però solo in un mercato di derivati perfettamente funzionante. Se una controparte fallisce, invece, si innesca una reazione a catena dalle dimensioni imprevedibili, soprattutto se i titoli in oggetto sono stati cartolarizzati più volte.

"Non siamo pericolosi, la nostra casa è stabile", ribadì Lewis alla Faz. Secondo molti analisti il punto è un altro: un collasso di Deutsche Bank dovuto a una nuova crisi dei derivati sarebbe un po' come un'eruzione del supervulcano dei Campi Flegrei. Avrebbe effetti così terrificanti che è davvero meglio non pensarci. Anche perché, con la direttiva sul bail-in europea, le perdite ricadrebbero interamente sugli investitori. L'americana Morgan Stanley, per citare l'unica banca con un'esposizione paragonabile a quella di Deutsche Bank, non creerebbe problemi simili. La Fed tornerebbe a stampare trilioni di dollari per tappare il buco, come ai tempi della crisi dei mutui, e la situazione verrebbe, in qualche modo, risolta.

Auf wiedersehen, John Cryan
La voragine nei conti verrà ridotta gli anni successivi, chiusi comunque in rosso (di 1,4 miliardi nel 2016 e 0,7 miliardi nel 2017). I guai legali, nel frattempo, continueranno. Nel gennaio 2017 arriva dagli Usa un'altra multa da 425 milioni di dollari per violazione delle sanzioni alla Russia e sono attualmente in corso indagini in Australia per violazione delle leggi sulla concorrenza. A soccorrere il gigante coi piedi d'argilla arrivano i soliti cinesi: il gruppo Hna aumenta la propria partecipazione fino al 10%, diventando il principale azionista. Ma gli investitori hanno perso la pazienza: speravano in un ritorno in utile nel 2017, invece il taglio dei costi non sembra sortire gli effetti sperati, il fatturato è sceso ai minimi da sette anni, il ramo investment banking continua a generare ricavi decisamente inferiori rispetto alla concorrenza e la vendita delle attività in Spagna, Portogallo e Belgio non viene mai portata a termine.

Si scoprono perdite legate ai derivati delle quali gli azionisti non sapevano nulla, confermando l'immagine di una banca poco trasparente e con parecchi scheletri (contabili) nell'armadio. E, soprattutto, non sembra esserci una strategia di rilancio chiara. Nell'aprile 2018 l'amministratore delegato John Cryan, reclutato nel 2015 per ripartire dopo lo scandalo Libor, è costretto a lasciare il posto al capo del settore retail, Christian Sewing, che si ritrova una banca le cui azioni si sono deprezzate del 30% solo dall'inizio dell'anno. In borsa la performance di Deutsche Bank è stata, nell'ultimo anno, la peggiore tra i grandi istituti europei. Il titolo di migliore, per la cronaca, spetta all'italiana Unicredit.


La prima iniziativa di Sewing è portare da 9 mila a 10 mila i licenziamenti previsti dal piano al 2020. La seconda è annunciare un drastico ripensamento del modello di business. Via dai mercati obbligazionari americani, dove la concorrenza dei padroni di casa è troppo agguerrita, per tornare a concentrarsi sul mercato europeo, sui prestiti alle grandi aziende, cercando di recuperare la vocazione originale di "una banca tedesca per la Germania". Numerosi dirigenti lasciano in aperta polemica. È infatti la divisione americana, ovvero quella che Sewing vorrebbe sottoporre a un brusco ridimensionamento, quella che fa più utili. Un brusco memento sarebbe giunto a breve.

L'ultima tegola
Sewing non ha nemmeno il tempo di respirare che dalla Federal Reserve arriva la seconda bocciatura consecutiva negli stress test sui piani di capitale e la qualità della gestione. Su questo punto era venuta fuori, intanto, una gaffe incredibile, relativa al versamento per errore a Macquarie di ben 30 miliardi di dollari, poi recuperati, dovuto - pare - a un errore umano. La divisione Usa di Deutsche Bank è l'unica, su 35 banche, a non vedersi approvati i piani su dividendi e buyback.

"Nel loro esame qualitativo i supervisori della Fed hanno riscontrato «ampie carenze» nei sistemi interni di controllo della banca tedesca e nella gestione dati", spiega la Stampa, "una delle conseguenze della bocciatura sarà una limitazione dei profitti che la filiale nord americana potrà rimpatriare a vantaggio della casa madre a Francoforte. Una limitazione piuttosto dolorosa per Deutsche Bank se si considera che da due anni consecutivi i bilanci dell’istituto sono ormai in rosso e che la divisione statunitense rappresentava uno dei rami della banca ancora proficui". Nel frattempo, in borsa, le perdite accumulate dall'inizio dell'anno sono giunte al 41% e il prezzo delle azioni è sceso sotto la soglia psicologica dei 10 euro. Un colpo simbolico all'immagine del 'made in Germany' ancora più duro dell'eliminazione dal Mondiale.

@CiccioRusso_Agi
 

tontolina

Forumer storico
Deutsche Bank: trimestrale BOOM, ma forse i motivi sono molto più profondi di quanto possiate pensare.
Derivati e titoli illiquidi nel mirino.

Sempre in contrasto, con il beneficio del dubbio.
Quale sarà la realtà?
Una banca che realmente è “fuori controllo” e che quindi è destinata al default o quantomeno al salvataggio pubblico, oppure stiamo sopravvalutando il problema?
Io continuo ad essere convinto del fatto che Deutsche Bank rappresenta una mina vagante, una banca che ha accelerato su tutta la finanza più estrema per tenere il passo delle più importanti banche USA.
Spesso, come è giusto che sia, critichiamo le nostre banche. Ma cari lettori, sappiate che anche nei paesi considerati totalmente sicuri, come la Germania, ci sono delle storie che di sicuro hanno ben poco.
E la vicenda USA di Deutsche Bank ce ne ha dato la prova.

(…)Deutsche Bank ha fallito gli stress test della Federal Reserve, che per motivare la sua bocciatura ha fatto riferimento a una “debolezza materiale nei piani relativi al capitale” del colosso bancario tedesco. I risultati sono la seconda parte degli esami annuali della banca centrale americana, nei quali questa approva o meno i piani degli istituti di credito per aumentare i buyback o pagare i dividendi. Deutsche Bank e’ stata l’unica banca a fallire il secondo round degli stress test. La Fed ha detto che la banca tedesca non e’ capace di prevedere correttamente i ricavi e le perdite delle linee chiave di business e ha mostrato lacune nei controlli sulla gestione del rischio. (…) [Source]

La controllata americana di DB gestisce asset per 133 miliardi di dollari, non ha passato la seconda parte degli stress test annuali della Federal Reserve per carenze ampie e critiche. Questo lo ritengo essere solo la punta di un iceberg, visto che le banche tedesche oltre ad avere in pancia ancora moltissimi derivati, hanno mantenuto un modello di business poco efficiente.
Per motivi di spazio e tempo non vi parlo di Commerzbank e delle varie Sparkasse.

Intanto però il faro sui derivati e sui titoli illiquidi deve sempre restare ben acceso sul problema. Infatti il fenomeno è ancora più grave di quello che emerge, considerato che gli stessi derivati in pancia alle banche teutoniche sono circa un terzo del totale detenuto dalle banche europee e che i titoli più opachi e rischiosi, quelli definiti di livello tre (titoli illiquidi), sono circa il 40% del capitale netto tangibile, contro circa il 9% delle banche italiane.

Quindi motivi per restare tranquilli, insomma, ce ne sono pochi.

Ma ecco che un illuminante news cerca di ribaltare tutto.

Utile lordo (700 milioni) e netto (400 milioni), ricavi (6,6 miliardi), spese al netto degli interessi (5,8 miliardi), CET1 (13,6%) e leva finanziaria (3,9%): i dati preliminari di Deutsche Bank nel secondo trimestre dell’anno sono andati tutti «considerevolmente» meglio delle previsioni di mercato e del consensus. E questo gap, tra quanto atteso e quanto realizzato, è stato tale da far scattare ieri un trigger, l’obbligo, imposto dall’autorità di vigilanza bancaria tedesca BaFin, di pubblicazione dei dati trimestrali in via preliminare. Le regole della compliance questa volta hanno giocato a favore della banca, da tempo messa sotto osservazione dai suoi azionisti, dagli investitori internazionali e dalle agenzie di rating per migliorare redditività e strategia. I risultati a sorpresa infatti sono stati graditi dal mercato che li ha premiati con un rialzo di DB alla Borsa di Francoforte del 7,36 per cento. (…) Nel comunicato Deutsche Bank ieri ha sottolineato che la performance del secondo trimestre conferma la stabilità della banca.
Ma c’è di più. Gli azionisti, gli analisti, gli stakeholders e le agenzie di rating attendevano da tempo un segnale che posizionasse la banca al suo giro di boa, con le peggiori notizie archiviate e il nuovo piano strategico e di ristrutturazione operativo a pieni giri e dunque finalmente implementato a passo spedito. Questo trimestre potrebbe segnare la svolta, ma il mercato attenderà conferme nel secondo semestre dell’anno. (…) Deutsche bank ha avviato lo smantellamento di quelle attività negli Usa che l’hanno vista perdente contro la concorrenza delle rivali statunitensi: ma in Germania e in Europa non cederà terreno ma al contrario continuerà a rafforzarsi, tenendo sotto controllo e riducendo i costi delle attività meno redditizie ma investendo di più nell’alta tecnologia per tenersi al passo con i tempi. (…) [Source]

Incredibile.
Anzi no.
Tutto fila, bisogna fare il possibile per far tornare fiducia su DB per evitare il fuggi fuggi di investitori e clienti.
Bisogna dare segnali tangibili di un miglioramento che a conti fatti sembra illuminante.
Però non possiamo anche dimenticarci del resto.
Parlo proprio e sempre di loro. 48 mila miliardi di euro lordi – 14 volte il Prodotto interno lordo della Germania – di DERIVATI in pancia all’istituto.
Ve lo ripeto.
14 volte il PIL tedesco.
Se non è una bomba atomica innescata questa…
E anche un potenziale aumento di capitale non potrebbe che limitare minimamente il problema.
Credo sia chiarissimo che il problema si può solo cercare di gestirlo al meglio, evitando traumi e consentendo alla banca una progressiva “exit strategy”. Ma per questo è necessario un mercato “tranquillo e sereno” e non certo in tensione.

La trimestrale potrebbe aiutare, ma “smontare” il castello di carta creato in DB tra derivati e titoli illiquidi di livello3, non sarà né facile né rapido.

STAY TUNED!

Danilo DT
Il GRANDE BLUFF teutonico | IntermarketAndMore
 

tontolina

Forumer storico
DEUTSCHE BANK REQUIEM! | icebergfinanza


Perché Deutsche Bank e Commerzbank hanno interesse a sposarsi
I PERCHE’ DELL’INTESA IN FIERI
Un’unione tra Commerzbank e Deutsche Bank (comunque non considerata immediata) darebbe vita al terzo istituto europeo, dopo Hsbc e Bnp Paribas , e per le dimensioni potrebbe aprire la strada anche a operazioni tra banche di Paesi diversi, come quella (più volte ipotizzata) tra Unicredit e SocGen .

LE OPPORTUNITA’ DELL’ACCORDO
Restando ai due gruppi tedeschi, consulenti e banchieri, anche annusando le ingenti commissioni in entrata, vedono significative opportunità nell’accordo. Commerzbank è ancora partecipata al 15% dallo Stato ed è da tempo sul mercato. Perciò la banca guidata da Martin Zielke in passato è stata accostata anche ad Unicredit e Bnp Paribas . Il prezzo, stimato in 14 miliardi (con premio del 35% sui valori attuali), non sarebbe pagato in contanti ma con scambio di azioni.

IL RUOLO DI CERBERUS
La manovra sarebbe facilitata dalla presenza nell’azionariato delle due banche tedesche del fondo Cerberus, che è diventato anche advisor del ceo di Deutsche Bank Christian Sewing in materia di redditività. Il recupero di efficienza e il taglio dei costi è peraltro necessario nel settore bancario tedesco, uno dei meno redditizi in Europa.

CHE COSA SERVE A DEUTSCHE BANK
Dal lato di Deutsche Bank , l’integrazione con Commerzbank potrebbe agevolare il cambiamento del modello di business verso il retail. Deutsche è oggi è la banca europea più esposta attivi illiquidi, con 633 miliardi di titoli di livello 2 e 22 miliardi di livello 3. Una svalutazione del 5%, secondo una recente analisi di R&S Mediobanca , ridurrebbe il capitale Cet1 di Deutsche del 9,5% (da 14,8 a 5,3%).

LO SGUARDO DELLA BCE
Inoltre la Bce, che finora si è focalizzata soprattutto sui crediti deteriorati, in futuro potrebbe guardare con più attenzione gli strumenti illiquidi. Sewing vorrebbe rendere le attività meno volatili, riducendo il peso dell’investment banking e aumentando quello di corporate e retail: in questo ambito Commerzbank (che pure è attiva come banca d’affari) ha 13 milioni di clienti e può facilitare economie di scala, ottenibili grazie anche all’integrazione in corso di Postbank dentro Deutsche Bank .

LO SCENARIO
Ancora per alcuni mesi, tuttavia, le banche tedesche (come quelle italiane) potrebbero essere impegnate più a guardare in casa propria che all’esterno. Sempre che non arrivino offerte su Commerzbank da banche estere: in tal caso la politica tedesca potrebbe scendere in campo per creare un maxi-polo nazionale.

(articolo pubblicato sul sito di Mf/Milano Finanza)

 

tontolina

Forumer storico
News e Analisi
Deutsche Bank-Commerzbank, governo in campo per la fusione
Il ministro tedesco delle finanze, Olaf Scholz, vede di buon occhio l'operazione. "Un matrimonio per non morire"
Stefano Neri
mercoledì 12 settembre 2018 09:10
Deutsche Bank-Commerzbank, governo in campo per la fusione

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Il governo di Angela Merkel scende in campo per favorire l'aggregazione tra i due colossi bancari tedeschi Commerzbank e Deutsche Bank, in quella che la stampa tedesca definisce una fusione "per non morire".

Secondo le ultime indiscrezioni citate dallo Spiegel il ministro tedesco delle finanze, Olaf Scholz, vede di buon occhio una fusione tra i due istituti di credito. Ma se da una parte il ceo di Commerzbank, Martin Zielke, è pronto a dare la sua parola, dall'altra il nuovo ad di Deutsche Bank Christian Sewing, sembra temporeggiare. Il manager infatti preferirebbe riparlarne fra 18 mesi, e nel frattempo portare a regime l'integrazione con Postbank e terminare il programma di taglio dei costi annunciato qualche mese fa.

Deutsche Bank, reduce da tre anni di fila di bilanci in perdita e appena estromessa dall'indice Eurostoxx delle maggiori 50 quotate dell'Eurozona, è descritta da Spiegel come "un'ombra della grandezza" di un tempo e "non solo a causa della crisi finanziaria".

Inoltre Deutsche Bank è alle prese con il riassetto che scaturirà dall'uscita del suo primo azionista Hna, che ha deciso di lasciare.

Commerzbank invece ha ridotto di molto le sue capacità dopo il 2008 e a fine settembre dovrà uscire dal Dax, l'indice più importante di Francoforte.

Per questo Spiegel titola: "Sarebbe un matrimonio dettato dalla paura davanti alla morte". E ciò spiegherebbe l'interesse della politica tedesca a spingere per la fusione.

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tontolina

Forumer storico
dopo Lehman Broders
la Deutsche Bank ha continuato a fare operazioni speculative
ed è un vero buco nero .... ma la BCE nordica finge di non accorgesene

Valerio Malvezzi - Crisi morale o finanziaria?
 

tontolina

Forumer storico
Pare che in Tedesconia comincino a volare gli stracci.


MILANOFINANZA.IT
La mega truffa sui dividendi tocca Deutsche Bank e Santander - MilanoFinanza.it

Rischia di diventare la più importante inchiesta per frode in Germania dal Dopoguerra a oggi, giocata attorno a quella che le autorità hanno definito una truffa sui dividendi. E che pare sia già costata ai contribuenti tedeschi oltre 55 miliardi di euro. Ma il timore è che l'effetto dirompente si estenda a mezza Europa, Italia compresa.

Il fascicolo prende il nome di CumEx-Files e su questo vi stanno lavorando dall'aprile del 2013 (con una forte accelerazione negli ultimi mesi) tre procure su fatti avvenuti fra il 2006 e il 2009. Si tratta di Francoforte, Monaco e Colonia. Quest'ultima è fra l'altro specializzata in crimini fiscali internazionali. Nelle ultime ore stanno emergendo dai media tedeschi diversi particolari sulle indagini, grazie al lungo lavoro svolto in 12 nazioni da 19 gruppi editoriali riuniti nella newsroom Correctiv.

Secondo l'accusa, le banche coinvolte nella truffa avrebbero fuorviato lo Stato tedesco su due livelli: il primo accreditando il dividendo nella giornata di stacco a più soggetti, che risultavano tutti titolari dell'azione, e il secondo perché questi ultimi maturavano un credito fiscale dalla cedola. Oggi il Tagesschau scrive che alla fine dei conti si è trattato di danni per 55,2 miliardi nei confronti del Fisco di Berlino. Ma non riguarderebbe solo la Germania, anzi.

Sempre il Tagesschau oggi riporta alcune rivelazioni fatte alla magistratura tedesca da alcune persone coinvolte nella truffa. "Abbiamo creato una macchina del demonio", ha detto una fonte a conoscenza dei fatti agli investigatori. "Non abbiano transato solo azioni tedesche, ma anche di altre nazioni quali Francia, Spania, Italia, Austria, Belgio, Danimarca".

Come ha funzionato, di fatto, lo schema secondo le procure?
Una banca accetta di vendere il titolo di una società quotata, per esempio a un fondo pensione, prima dello stacco della cedola e glielo consegna dopo che il dividendo viene pagato. Sia la banca[illegalmente] che il fondo pensione fanno richiesta della ritenuta sui dividendi (witholding tax).

In alcuni casi le banche vendono azioni che non posseggono e concordano di acquistarle più avanti nel tempo secondo il metodo dello short selling. Il titolo viene rapidamente trattato all'interno di un gruppo di istituti di credito, investitori ed hedge fund per creare l'impressione che vi siano molti possessori (ma l'azione è una sola). I profitti da questa operazione (illegale) vengono poi divisi fra i soggetti.

Secondo l'agenzia Reuters, i nomi degli istituti coinvolti nell'operazione sono diversi: in primis lo spagnolo Santander,
ma anche Deutsche Bank
e l'australiana Macquarie Bank.

Quanto ad HVB, la controllata di Unicredit, il gruppo guidato dall'ad Jean Pierre Mustier ha chiuso le pendenze con la magistratura e presentato ricorso per risarcimento nei confronti di tre ex dipendenti. La specifica è contenuta nel bilancio semestrale della banca al 30 giugno 2018. Secondo il documento, il Supervisory Board del gruppo ha concluso le indagini interne scoprendo che la controllata tedesca, Ucb AG, "ha subito perdite a causa di passate azioni/omissioni attribuibili a singole persone. A tal proposito, il Supervisory Board ha presentato un ricorso per risarcimento danni nei confronti di tre singoli ex componenti del consiglio di gestione non ritenendo opportuno intraprendere alcuna azione nei confronti dei componenti dello stesso attualmente in carica". Sono state poi condotte "indagini penali nei confronti di attuali o ex dipendenti in Germania da parte delle Procure di Francoforte, Colonia e Monaco con lo scopo di verificare presunti reati di evasione fiscale da parte loro". La banca ha collaborato e sta collaborando con i magistrati.
 
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