ai Tedeschi non piace più l'euro (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
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Politica & Attualità
ANTONIO SOCCI: AVEVA RAGIONE PAOLO SAVONA, L’EUROPA SI STA SQUAGLIANDO E ANDRÀ IN GINOCCHIO DA LUI
luglio 10, 2018 Politicamente Scorretto http://www.politicamentescorretto.info/2018/07/10/antonio-socci-aveva-ragione-paolo-savona-leuropa-si-sta-squagliando-e-andra-in-ginocchio-da-lui/

Dunque aveva ragione Paolo Savona. Il tempo è galantuomo e dopo appena un mese si sta verificando esattamente quello che l’economista sardo aveva previsto, quello che voleva prevenire e che proponeva di governare: l’implosione dell’Unione Europea.

Tale preveggenza, che doveva essergli riconosciuta come un merito, gli è invece costata cara. Per essa infatti ha dovuto rinunciare al ministero del Tesoro su cui avevano posto il veto Mattarella e la Germania. Adesso si scopre quanto Savona aveva visto giusto e quanto le sue proposte sarebbero (o saranno) utili all’Italia e alla stessa Europa. Infatti quelli che cominciano domani – secondo un’opinione diffusa – potrebbero essere i dieci giorni che sconvolgeranno l’Unione europea, ossia quella costruzione tecnocratica e poco democratica che è stata imposta a Maastricht nel 1992.

Il possibile terremoto avviene questa settimana in due fasi che però hanno lo stesso copione: un colossale disastro politico, provocato da Germania, Francia e altri paesi satelliti, che si pretende di rattoppare facendo pagare l’Italia, che si dovrebbe offrire come vittima sacrificale sull’altare degli interessi altrui.

Ecco nel dettaglio cosa sta accadendo.

La prima scossa del terremoto è rappresentata dal vertice sull’immigrazione.
In questi anni l’Europa (dopo aver destabilizzato la Libia per gli interessi francesi) ha predicato solidarietà con i migranti, ma pretendendo di accoglierli a migliaia con i porti e il portafogli degli italiani. Questa era la cosiddetta «politica europea». Con il nuovo governo Lega-M5S non è più possibile e quindi la Ue non ha più una politica sull’immigrazione, a meno che Germania, Francia, Spagna e compagnia non vogliano aprire i loro porti alle navi delle Ong (ma la Merkel rischia il posto e pure Macron non lo farà mai).

FALLIMENTO PALESE
La seconda scossa di terremoto sarà il Consiglio europeo di giovedì e venerdì dove andrà in scena il tentativo di Germania e Francia di imporre la loro riforma della governance economica dell’eurozona per evitarne la disintegrazione: vogliono così salvaguardare i propri interessi a scapito dell’Italia. Qua però c’è una novità: non possono più negare la verità. Se si rilegge l’articolo di Federico Fubini, uscito venerdì sul Corriere della sera, si scopre che il Palazzo europeo ora è costretto a riconoscere il proprio fallimento.

Fino ad oggi la narrazione ufficiale ripetuta dalle nomenklature europee (come dai vecchi governi italiani) e amplificata dai media, recitava che l’Italia era il malato d’Europa, un peso morto, che doveva fare «i compiti a casa», cioè sacrifici lacrime e sangue, altrimenti avrebbe avuto la colpa di far naufragare tutta l’Europa.

Oggi è evidente che non è così, anzi: non è mai stato così. Si scopre invece che – come aveva previsto Savona – l’edificio costruito sui Trattati di Maastricht è del tutto farlocco e sta crollando su se stesso perché sono sbagliati quei Trattati e perché sono stati gestiti dalla Commissione europea ancora peggio: per esempio non applicando tutti gli articoli del «Trattato sul funzionamento dell’Unione europea» che avrebbero impedito alla Germania il suo mostruoso surplus commerciale. È per questo che la strategia della Germania è quella di coalizzarsi con la Francia, contro di noi e ottenere il nostro consenso suicida fingendo di riconoscerci qualche contentino.

Con i vecchi governi a guida Pd ce l’avrebbero fatta. Ma con l’attuale governo no. È chiaro che è l’Italia ad avere adesso una posizione di forza, perché è l’unico Paese (la seconda potenza manifatturiera d’Europa dopo la Germania) che può dire no.

La paralisi della Ue è dunque provocata dalla folle architettura mercatista e non cooperativa di Maastricht, ovvero dai paesi che non vogliono rinunciare alle posizioni di privilegio (Germania in primis).

Proveranno a scaricare la colpa del collasso sull’Italia perché si rifiuterà di sacrificarsi ancora una volta per gli egoistici interessi altrui. Fino a ieri Germania e Francia potevano contare sulla sudditanza politica e psicologica dei governanti italiani, sempre timorosi di essere colpevolizzati «dall’Europa» e dai media. Ma ora tutto è cambiato a Roma. Un osservatore autorevole come Wolfgang Munchau, condirettore del Financial Times, su Eurointelligence di cui è direttore, lo ha spiegato benissimo: «Ora è chiaramente diverso. Ciò che rende Matteo Salvini così pericoloso per la Ue è la sua completa mancanza di paura.

Questa è una categoria di politico recalcitrante che Merkel non ha ancora incontrato nell’Unione europea».

LA LEZIONE DI SALVINI
Salvini non ascolta i commentatori dei giornali italiani che predicano la resa alla Ue «per evitare l’isolamento». Salvini (che fa i selfie con migliaia di italiani, nelle nostre città) non va a mendicare una «photo opportunity» con la Merkel come fece Renzi nella sua prima uscita internazionale.

«Il vero pericolo che viene dall’Italia per l’Ue» dice Eurointelligence di Munchau «non è un piano ipotetico di lasciare l’euro. O una presa di posizione più dura sull’immigrazione. Questa sono cose risapute. La vera minaccia viene da un’improvvisa perdita di paura. È la paura dell’isolamento che ha tenuto in riga l’Italia nel corso dei decenni e le ha fatto accettare una legislazione manifestamente contraria all’interesse del paese, come la direttiva sulle banche (il bail-in) o anche il Fondo salva Stati» (nel primo caso pagano i risparmiatori, nel secondo è lo Stato italiano che paga salatamente: quindi sempre noi). Ora tutto è cambiato: «Dobbiamo ancora vedere la reazione formale dell’Italia alle riforme dell’Eurozona», aggiunge Munchau, «ma dubitiamo che le idee franco-tedesche sopravviveranno al filtro politico italiano. Se è previsto un cambiamento del trattato, questo governo italiano richiederà per lo meno la fine del fiscal compact e le relative regole fiscali…».

Secondo Munchau «in questo nuovo clima politico non è intelligente» per Germania e Francia continuare col vecchio metodo: «La Merkel ha disperatamente bisogno di un accordo nel giro di una settimana per tenere insieme il suo governo». Dunque l’Italia ha assunto un grosso peso politico. È qui che tornerà importante il contributo di Paolo Savona. Perché è chiaro che occorre tornare al punto in cui si è sbagliato strada. Quale sia quel punto lo spiega il recente pamphlet che Paolo Savona ha scritto con Paolo Panerai: «Il Trattato di Maastricht. Quando a Carli tremò la mano».


COME NEL 1936
Nel corso degli anni passati Savona ha continuato a lanciare l’allarme per scongiurare il baratro. Lo fece già nel 2012 scrivendo «agli amici tedeschi e italiani» per ricordare che la Germania stava «scivolando nuovamente sul piano economico nella direzione proposta dal Piano Funk (dal nome dell’allora ministro delle Finanze tedesco, ndr) del 1936. La politica economica che voi suggerite getta le basi per una disgregazione del sogno europeo di pace e di un comune progresso civile». Il Piano Funk, peraltro, prevedeva la creazione di una «moneta generale» che si sposava perfettamente «con l’idea della creazione di un’area valutaria da imporre al Continente».

Lo spiega il libro in uscita di Antonio M. Rinaldi, «La sovranità appartiene al popolo o allo spread?», dove si pubblicano i testi del «caso Savona», a cominciare dalla lettera che l’economista scrisse nell’agosto 2015 al presidente della Repubblica Mattarella. Dove usava toni drammatici, inconsueti per uno studioso come lui: «La cessione della sovranità fiscale marcherebbe la fine della democrazia italiana».

Oggi tutti i nodi stanno venendo al pettine. L’Eurozona è sull’orlo del baratro com’era stato previsto.
Ma l’Italia ha un governo che finalmente farà gli interessi degli italiani e così darà anche una mano all’Europa per farle ritrovare la strada del buon senso e della giustizia.

di Antonio Socci
www.antoniosocci.com
 

tontolina

Forumer storico
Cari amici,

essere nella UE è proprio utile, direi un bene. L’Europa dei sobri è un PARADISO di solidarietà, di pace e di amicizia…

Oppure no, è solo una versione diversa dell’Inferno. Come ci fa notare Keeptalkingaboutgreece la Germania si oppone all’esborso della tranche di 15 miliardi di euro del finanziamento europeo alla Grecia perchè questa non avrebbe ancora aumentato l’IVA alle cinque isole che ne erano state esentate per l’emergenza migranti. Questi aumenti erano stati programmati per il primo luglio, ma il primo ministro Tsipras li aveva rinviati al 31 dicembre valutando di rinviarli nuovamente, a causa dell’invasione dei migranti. In realtà la Grecia ha affermato di non aver proceduto in modo unilaterale, ma in accordo con le istituzioni europee e con l’approvazione di Jucker. Invece, dopo il meeting dell’Eurogruppo, il capo dell’ESM, il tedesco Klaus Regling, ha confermato le riserve tedesche collegate all’aumento dell’IVA. La cifra collegata è tra l’altro ridicola, 28 milioni di euro, lo 0,5% di quanto dovrebbe essere erogato dalla Troika, ma Regling ha confermato che senza quella cifra il Parlamento Tedesco non approverà l’accordo.

Il capo dell’eurogruppo, Mario Centeno, ha invece affermato che la cifra verrà sborsata ad agosto e che l’operazione è stata approvata da 18 paesi.

Comunque salta all’occhio la “Solidarietà” europea, la “Fratellanza” fra paesi: la Germania blocca un esborso necessario per l’economia greca, anche se in realtà si tratta di una pietra al collo di Atene perchè non è stato pagato lo 0,5%. La scuola democratica della Germania è quella di Brenno, del “Vae Victis”, ma, attenzione, la cosa finì male.


SCENARIECONOMICI.IT

Amica Europa: la Germania blocca la tranche di finanziamenti UE alla Grecia perchè questa non ha ancora aumentato l’IVA
 

big_boom

Forumer storico
io la vedo cosi' se c'e' un minimo accenno che l'europa collassa sara' prima l'asia a fare il tonfo e per un semplice motivo e' l'asia che trae maggiore vantaggio dall'euro

vediamo con l'uscita dell'Inghilterra dalla zona euro alla data del 29 marzo 2019, ore 23
 

tontolina

Forumer storico
Una proposta per tagliare il debito pubblico e riformare le banche di M.Fratianni e P.Savona

Una proposta per tagliare il debito pubblico e riformare le banche di M.Fratianni e P.Savona


Il problema del debito pubblico italiano torna agli onori della cronaca nonostante non sia mai sparito dagli onori … della realtà. Noi ce ne stiamo occupando sin dal 1993, quando presentammo al Presidente del Consiglio Ciampi la prima proposta di mettere il patrimonio pubblico a presidio di un’operazione di conversione dei titoli di Stato che abbattesse il tasso dell’interesse allora nell’ordine medio del 13,5%, con spread stratosferici rispetto a quello che oggi il mercato chiede. Ciampi rispose che il suo Governo era politicamente troppo debole per potere resistere all’assalto per ottenere una maggiore spesa pubblica che sarebbe seguito dall’abbattimento del rapporto debito pubblico/PIL risultante dall’attuazione del progetto sottopostogli. Non se ne fece niente.

A seguito della crisi finanziaria americana esplosa nel 2008, da queste stesse colonne proponemmo, con il collega Antonio Rinaldi, una conversione di titoli di Stato offrendo dei diritti di acquisto (warrant) su componenti del patrimonio pubblico. Le obiezioni che furono sollevate riguardavano soprattutto il valore effettivo del patrimonio pubblico e le difficoltà di realizzazione di una siffatta operazione; alla nostra proposta furono contrapposte diverse forme di tassazione della ricchezza, sulle quali questo giornale diede ampia e specifica informazione. Ancora una volta non se ne fece niente, facendo insorgere il sospetto che l’elevato livello del debito pubblico sia considerato, nel migliore dei casi, una barriera per arginare la spinta della spesa pubblica o, nel peggiore, un attaccamento al patrimonio pubblico quale fonte di alimentazione della spesa corrente, come in effetti è stato.

Ritorniamo ora alla carica proponendo una profonda riforma che risolva, in aggiunta a una riduzione del rapporto Debito/PIL, altri due gravi problemi: quello del risparmio privato, che va tutelato come è prescritto nella nostra Costituzione, e quello delle banche, a cui questo risparmio è affidato, che soffrono le conseguenze della grande crisi finanziaria e della crisi del debito sovrano. La nostra proposta si cala nel solco di una letteratura economica che va indietro nel tempo e tiene conto dei progressi tecnologici registrati ai giorni nostri. Essa consiste nel dividere le banche che raccolgono moneta (money bank) da quelle che concedono credito (credit bank) al fine di annullare i rischi e oneri di gestione delle insolvenze che gravano sui depositi e di concentrare l’attività delle banche nella valutazione del merito per concedere credito al fine di ridurre le sofferenze.

Nella nostra proposta il credito non sarebbe più finanziato da depositi ma da capitale e obbligazioni. I depositi sono attualmente garantiti fino a un massimo di 100 mila euro, ma solo potenzialmente data l’esiguità del Fondo di tutela dei depositi e la proibizione che lo Stato intervenga per integrarlo.

Nella nostra proposta, i risparmiatori sposterebbero i loro depositi su basi volontarie presso una nuova istituzione statale, la banca-moneta, la quale li custodirebbe nella catena telematica blockchain attivabile solo da parte dei titolari per effettuare pagamenti con un semplice click dal telefonino o dal computer, senza che forze a questi esterne possano usarle per altri fini. La banca-moneta “collateralizzebbe” i depositi con debito pubblico e, di conseguenza, l’ammontare dei depositi entrerebbe nel calcolo di tale debito come una posta attiva, ossia in senso riduttivo.

Qualora l’intera massa in essere di depositi “garantibili” si spostasse, in quanto perfettamente sicura e meno costosa da tenere, il saldo del debito pubblico si ridurrebbe di circa 800 mld, convergendo verso l’85% del PIL dall’attuale 134%.
Siamo consci delle reazioni che una tale proposta causerebbe se non meditata nelle sue implicazioni complessive. Si dirà che è una pura finzione contabile, ma essa va oltre questo contenuto formale perché comporta anche una serie di economie esterne, oltre a iniziare ad affrontare il problema del debito pubblico:

  1. richiamare l’attenzione dei mercati sul fatto che l’Italia ha un debito sovrano a fronte del quale la ricchezza del paese è circa 6 volte il PIL e i mezzi di pagamento ne sono parte integrante;
  2. i depositanti sarebbero garantiti che i loro mezzi di pagamento non verranno più messi a rischioconcedendo credito, il costo di mantenimento si ridurrebbe rispetto a quello oggi praticato dalle banche e l’uso reso più semplice, con effetti sociali rilevanti perché la gran parte è nelle mani delle classi di reddito minori;
  3. le banche non avrebbero più gli oneri di finanziamento dei fondi tutela depositi, che non sarebbero più necessari;
  4. le banche dovrebbero tornare a fare il loro mestiere, ovvero concedere credito alle imprese e alle famiglie, con strategie di sviluppo centrate su questo obiettivo e non sul sistema dei pagamenti, comportandosi da imprenditrici invece che da rentier;
  5. il miglioramento che ne conseguirebbe per le valutazioni del merito di credito innalzerebbe la performance del sistema economico italiano complessivo perché sarebbero scelti gli imprenditori capaci di rimborsare il credito, senza incorrere nel rischio derivante da comportamenti di azzardo morale oggi connessi con la garanzia formale e informale sui depositi.
Nello spazio offerto da un commento, non è possibile dilungarsi su questi e altri vantaggi derivanti dall’attuazione del programma di riforma strutturale del sistema dei pagamenti e del credito che proponiamo. Tuttavia, come per gli altri progetti avanzati, il presupposto è che la politica ponga fine irreversibilmente e per un lungo periodo all’aumento della spesa pubblica in deficit, per non trovarsi sempre di fronte alla necessità di aumentare le tasse a seguito di aumenti di spesa, con effetti deflazionistici che peggiorano il rapporto debito pubblico/PIL.

Occorre rompere questo circolo vizioso, smettendo di praticare l’ignavia sull’entità del debito sovrano.

Michele Fratianni e Paolo SAVONA Milano Finanza 11.2.17
 

tontolina

Forumer storico
MINISTRO TEDESCO: SE L’ITALIA ESCE DALL’EURO LA GERMANIA CROLLA, E L’ITALIA VOLA!
Maurizio Blondet 1 settembre 2018 0 commenti
30 agosto 2018

Theo Waigel è stato per dieci anni Ministro delle Finanze di Helmut Kohl. Il 21 giugno scorso ha rilasciato un’intervista a T-Online. Questo è un frammento delle sue dichiarazioni.


Intervistatore: “I sondaggi sull’uscita dalla UE mostrano che se si chiedesse ai francesi e ad altri, vincerebbe chi vuole uscire, con uno scarto minimo. Secondo lei da dove viene questa disaffezione per l’UE?

Theo Waigel: “Al grado di sviluppo della globalizzazione e dei mercati aperti cui siamo arrivati – che non è più reversibile -, ci sono forze che si oppongono, sostenendo la necessità di ritornare ai confini e alle regolamentazioni nazionali, che prima funzionavano bene, per tornare ad appropriarsi delle proprie capacità decisionali“.
Intervistatore: “E cosa gli si può rispondere?

Theo Waigel: Gli si può rispondere in modo del tutto chiaro quali svantaggi ne scaturirebbero. Se la Germania oggi uscisse dall’unione monetaria, allora avremmo immediatamente, il giorno dopo, un apprezzamento tra il 20% e il 30% del marco tedesco – che tornerebbe nuovamente in circolazione -. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per il nostro export, per il nostro mercato del lavoro, o per il nostro bilancio federale“.

L’euro conviene alla Germania, ecco perché ci restiamo dentro.
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MINISTRO TEDESCO: SE L’ITALIA ESCE DALL’EURO LA GERMANIA CROLLA, E L’ITALIA VOLA! - Blondet & Friends



Queste cose i commentatori nazionali non ve lo dicono. Queste notizie ai telegiornali non passano.
Per chi lavora la stampa italiana?
Per chi lavora la politica italiana?
Per l’Italia o per Berlino?

Se lavorasse per gli italiani, interviste come queste sarebbero in prima pagina su tutti i quotidiani, in luogo dello spettro dell’inflazione, e la gente inizierebbe a trarne le conclusioni.
In Germania, invece, non si fanno problemi a dirlo con chiarezza.
 

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