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Forumer storico
La geometria dei Babilonesi per inseguire Giove

Le fondamenta del calcolo integrale potrebbero essere state gettate dagli astronomi e sacerdoti babilonesi, almeno 14 secoli prima di quanto conosciuto finora. È la novità più eclatante riportata nell’articolo sul metodo di calcolo geometrico del movimento di Giove rintracciato in antiche tavolette cuneiformi, in copertina sull’ultimo numero di Science. Media INAF ha intervistato l’autore, Mathieu Ossendrijver della Università Humboldt di Berlino
di Stefano Parisini

Pubblicato sull’ultimo numero della rivista Science, che vi dedica anche la copertina, uno studio che costringerà a rivedere i libri di storia. La ricerca è frutto del certosino lavoro di un unico autore, Mathieu Ossendrijver, professore di Storia della Scienza Antica alla Università Humboldt di Berlino.

Ossendrijver, che si è specializzato nella traduzione e interpretazione di tavolette d’argilla babilonesi in caratteri cuneiformi dal contenuto matematico-astronomico, ha trovato in cinque reperti databili tra il 350 e il 50 a.C. la prova che gli astronomi babilonesi prevedevano la posizione in cielo del pianeta Giove tramite sofisticati calcoli geometrici, e quindi non solo concetti aritmetici come si riteneva finora.

In altre parole, gli astronomi babilonesi per i loro calcoli non utilizzavano solo tabelle di numeri, ma anche figure geometriche. Trapezi, in particolare, e vedremo perché. Nel nuovo studio, Ossendrijver descrive “procedure trapezoidali” contenute nelle tavolette, ovvero una lista di istruzioni attraverso le quali, calcolando delle aree di una specifica figura trapezoidale, si potevano determinare le posizioni di Giove lungo l’eclittica per i successivi 60 e 120 giorni, a partire da un determinato giorno in cui il pianeta gigante faceva la sua comparsa come “stella del mattino”, appena prima dell’alba.

Ora, l’utilizzo in epoca così antica di questo tipo di calcolo basato sulle aree, in cui la geometria viene usata in senso astratto per rappresentare tempi e velocità, è stupefacente. Anche perché costringe a retrodatare l’invenzione di tale sofisticata tecnica di almeno 14 secoli! Come ha meglio spiegato lo stesso Mathieu Ossendrijver in questa intervista rilasciata a Media INAF:

Che tipo di formazione ha? Possiamo definirla un archeoastronomo?
Mathieu Ossendrijver durante l’intervista di Media INAF

«La mia formazione di base è in astrofisica, di cui ho anche conseguito un dottorato. Ma ho anche fatto studi orientali e sulla scrittura cuneiforme, quella che viene chiamata assiriologia, ottenendo un dottorato anche in questo campo, specificamente sull’astronomia babilonese. Mi considero uno storico della scienza antica. L’archeoastronomia è più focalizzata nel cercare la connessione tra architetture antiche e astronomia, mentre io sono più interessato ai testi storici e alla loro traduzione.»

Ci può descrivere l’importanza della sua scoperta?

«Ho lavorato sull’astronomia babilonese per diversi anni, traducendo un grande numero di tavolette contenenti istruzioni su come calcolare le posizioni dei pianeti. Queste istruzioni erano aritmetiche, si basavano cioè su operazioni numeriche. Ora, nell’articolo pubblicato da Science, descrivo tavolette che contengono anche geometria, provando che gli astronomi babilonesi non facevano i loro calcoli solo utilizzando numeri ma anche – almeno in certe occasioni – con figure geometriche. Questo fatto non era conosciuto e la sua scoperta rappresenta certamente un’importante novità, ma non è questa la parte più interessante.»

«L’aspetto più eclatante, nonché la ragione principale per cui Science ha deciso di pubblicare l’articolo, è che non abbiamo solo a che fare con la geometria, ma con un tipo veramente particolare di geometria. Un tipo di geometria di cui non si trova traccia in alcun altro luogo nell’antichità, e che troviamo per la prima volta solamente nel XIV secolo in Europa, un’infinità di tempo dopo. Si è finora ritenuto, infatti, che il tipo di geometria utilizzato in queste tavolette sia stato inventato assai più tardi, attorno al 1350 d.C. da filosofi e matematici di Oxford e Parigi. Ma ora l’abbiamo trovata nelle tavolette babilonesi!»

Che cos’è la procedura trapezoidale e perché è così importante?

«Queste tavolette ci parlano di una figura che è un tipo di trapezio: come un rettangolo, ma con un lato superiore inclinato. Questa figura è menzionata su quattro tavolette, che sono tutte danneggiate, quindi incomplete, e nessuno capiva di cosa si trattasse. Sta di fatto che i calcoli che riguardano questo trapezio sono scritti su tavolette che contengono altri calcoli, e questi altri calcoli riguardano Giove. Finora non potevamo affermare con certezza che questi calcoli trapezoidali si riferissero proprio a Giove. Ma ora è sicuro che riguardano Giove e ne descrivono il moto.»


La tavoletta cuneiforme che ha fornito la chiave per decifrare i metodi geometrici per individuare la posizione di Giove. Crediti: M. Ossendrijver / Science

«L’ho scoperto grazie a una quinta tavoletta, che nell’articolo su Science è indicata con la lettera A. Questa tavoletta descrive il moto di Giove con numeri, quindi non menziona il trapezio, ma ho scoperto trattarsi dello stesso calcolo. Descrive come la velocità di Giove, espressa in gradi al giorno (quindi, per quanti gradi si muove ogni giorno rispetto alle stelle), cambi con il tempo, e descrive diversi intervalli di tempo in cui la velocità di Giove cambia. E così il primo intervallo, che dura 60 giorni, è un intervallo in cui, secondo questa nuova tavoletta, la velocità di Giove diminuisce lentamente e linearmente, da un certo valore (che è di 12 minuti d’arco al giorno) fino a un valore inferiore. Questo è in accordo con fatti empirici. Se si osserva Giove, e si misura la sua velocità, non lo vediamo muoversi a una velocità costante, ma a volte rallenta, fa una battuta d’arresto, poi fa un movimento all’indietro, che noi chiamiamo “moto retrogrado”, e infine riprende la direzione iniziale. Sappiamo che questo è essenzialmente un effetto di proiezione, perché stiamo entrambi girando intorno al Sole, ma la Terra si muove più velocemente, cosicché una volta all’anno la Terra supera Giove. In quel periodo Giove sembra andare all’indietro, ma in realtà siamo noi che lo stiamo sorpassando. Questa è la spiegazione “moderna” del perché vediamo questa diminuzione della velocità.»

«Se volessimo tracciare questo movimento con metodi “moderni”, dovremmo tracciare un grafico in cui la velocità viene messa in relazione con il tempo, ottenendo proprio una figura trapezoidale. Ed è esattamente questo trapezio che viene menzionato nelle altre quattro tavolette, mentre nella quinta viene descritto. Quindi questa nuova tavoletta, che parla della velocità di Giove, è una chiave: è la chiave per comprendere tutte le altre tavolette, perché questo movimento, se lo rappresentiamo in maniera moderna, risulta un trapezio. Esattamente il trapezio in questione.»

«Quello che i Babilonesi stanno facendo qui è la visualizzazione del movimento attraverso un grafico tempo-velocità nello spazio. Questo metodo è molto, molto moderno. E anche inaspettato, poiché si pensava fosse stato inventato intorno al 1350, nel Medioevo. Ma ora lo abbiamo su tavolette babilonesi, dove, in aggiunta, viene calcolata l’area del trapezio. Ora, chiunque abbia delle basi di fisica o matematica sa che se si calcola l’area della curva della velocità in funzione del tempo, si ottiene la distanza percorsa dal corpo in movimento. Questo è molto moderno, trattandosi di una parte del calcolo integrale. Un tipo di calcolo che è stato compiutamente sviluppato da Newton e Leibniz nel XVII secolo, ma le cui origini si presume risalgano attorno al 1350, quando si sono cominciati a fare i grafici di velocità rispetto al tempo di corpi in movimento. Quindi, qui nella tavoletta babilonese abbiamo qualcosa di molto, molto simile a quel metodo. Un metodo che ritenevamo inventato nel XIV secolo, ma che ora sappiamo essere stato già utilizzato dai Babilonesi. Questa è la cosa sorprendente.»


Il dio babilonese Marduk

Qual era l’importanza del pianeta Giove per i Babilonesi?

«Loro calcolavano la posizione di tutti i pianeti, da Mercurio a Saturno, ma sembrano mostrare un particolare interesse per Giove. L’unica spiegazione che mi viene in mente è che questi astronomi che facevano i calcoli erano anche sacerdoti del più importante tempio di Babilonia, dove la divinità principale era Marduk , il cui pianeta simbolo era proprio Giove. Probabilmente, per gli astronomi babilonesi Giove era particolarmente importante perché pensavano fosse una manifestazione della divinità suprema di Babilonia. Naturalmente è solo un’ipotesi, perché nelle tavolette astronomiche i Babilonesi non ci hanno lasciato scritto né che Giove fosse un dio, né tantomeno la motivazioni dei loro calcoli.»

http://www.media.inaf.it/2016/01/28/geometria-babilonesi-giove/
Pubblicato da FUORI DI MATRIX a 01:30:00
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Etichette: GEOMETRIA SACRA
 

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Esperimenti a scelta ritardata

fisica quantisticaJohn Archibald WheelerTiziano Cantalupi

John Archibald Wheeler

Ciò che l’osservatore farà in futuro definisce ciò che accade nel passato?

Secondo il fisico John Archibald Wheeler (premio Wolf per la Fisica nel 1997) la risposta è affermativa, in quanto attraverso dei particolari esperimenti si può dimostrare che “Strumenti di registrazione che operano qui ed ora hanno un ruolo innegabile nel generare ciò che è accaduto”

Alla fine degli anni settanta del secolo scorso uno dei più prestigiosi fisici americani, John Wheeler, avvalendosi di uno strumento chiamato interferometro di Mach-Zehnder (tale strumento richiama molto da vicino il funzionamento delle apparecchiature a due fenditure viste in una delle precedenti Sezioni) dimostrò che ci sono situazioni un cui è possibile assistere ad una inversione dell’ordine temporale dei fenomeni.

Prima di illustrare nel dettaglio in cosa consistono gli esperimenti proposti ed eseguiti da Wheeler e collaboratori (che la comunità scientifica conosce come “esperimenti a scelta ritardata”) è bene fare alcune precisazioni sul funzionamento degli interferometri Mach-Zehnder.
La Figura 5 mostra cosa accade ad un fotone (o a un elettrone, o a un qualsiasi microente) che entra in un interferometro Mach-Zehnder.
La prima cosa che il fotone incontra è uno specchio semitrasparente (M): il lettore avrà certamente visto una versione di detto specchio in alcuni film polizieschi, nelle situazioni in cui occorreva vedere senza essere visti.
In seguito all’interazione con M il fotone ha il 50 % di probabilità di attraversarlo dirigendosi quindi verso lo specchio B oppure essere deviato dirigendosi verso lo specchio A.
Indipendentemente dal ramo preso e della deflessione subita, il fotone finirà la sua corsa sullo schermo S.
In assenza di S il fotone impatterà sul rivelatore P1 o P2. I rivelatori sono apparecchi che registrano in modo permanente l’arrivo di particelle come fotoni, elettroni, ecc.



Si immagini ora una situazione in cui due fotoni attraversino contemporaneamente i due rami dell’interferometro (ovvero il ramo con lo specchio A e il ramo con lo specchio B). Vista la componente ondulatoria associata ai fotoni accadrà che l’incontro degli stessi in S produrrà una tipica situazione di interferenza.

A questo punto le leggi dell’ottica (e del buon senso) ci dicono che tale interferenza può aversi soltanto nel caso in cui entrambi i rami dell’interferometro siano attraversati da un fotone. Nell’evenienza in cui un solo fotone stia interessando l’interferometro, avendosi un solo fronte d’onda nessuna interferenza in S può prodursi.
Invece, come negli esperimenti a due fenditure, anche inviando un solo fotone per volta, sullo schermo S si producono gli esiti di una interferenza.

La spiegazione in chiave quantistica di questo fenomeno (come per i test a due fenditure) è che il fotone, dopo aver attraversato lo specchio M, si “divide in due”, percorre contemporaneamente entrambi i rami dell’interferometro, autointeragisce con sé stesso e, infine, giunto in S, manifesta gli effetti dell’interferenza costruttiva o distruttiva. Questa situazione, seppur estremamente semplificata (per varie ragioni non si è tenuto conto dei ritardi che un fotone accumula interagendo con gli specchi A e B), è quella che si produce eseguendo esperimenti con un solo fotone che si muove all’interno di un interferometro Mach-Zehnder.

Ritorniamo ora a Wheeler e ai suoi test. Gli esperimenti proposti e condotti dal fisico americano si incentrano sulla possibilità che lo schermo S possa venire rimosso immediatamente dopo che il fotone ha interagito con lo specchio M. Compiendo questa operazione i fatti dimostrano che il fotone viene registrato dal rivelatore P1 oP2, manifestando, il fotone stesso, un comportamento specificamente corpuscolare.

Schematizzando quindi:

1) Togliendo S dopo che il fotone ha interagito con M, avremo un comportamento CORPUSCOLARE: il fotone viene registrato dal rivelatore P1 o dal rivelatore P2.

2) Lasciando S dopo che il fotone ha interagito con M, avremo un comportamento ONDULATORIO: su S infatti si avrà l’interferenza distruttiva o costruttiva tipica dell’aspetto ondulatorio della materia.

A questo punto però, Wheeler fa notare che si è verificato qualcosa di molto strano.

Infatti la realtà ondulatoria o corpuscolare deve venire assunta dal fotone (così come da qualsiasi altro microente) non a livello di S, P1 o P2, ma nel momento in cui esso interagisce con lo specchio M. E’ al livello dello specchio semitrasparente che avviene materialmente l’atto di osservazione, che avviene la risoluzione dallo stato di sovrapposizione, assumendo, il fotone, le proprietà di ente con caratteristiche “ondulatorie” o “corpuscolari”. Se però il fotone che ha interagito con M e con lo schermo S in posizione (ovvero davanti ai rivelatori), alla fine della sua corsa arriva come ente ondulatorio in prossimità S e non trova questo schermo, non può fare altro che svanire nel “nulla”, attraversando i rivelatori. Quando un’onda incontra un rivelatore di particelle, infatti, non viene da questo registrata, lo attraversa e basta!
Come fanno allora i rivelatori a registrare il fotone come corpuscolo se dopo l’interazione con lo specchio semitrasparente questo aveva assunto le caratteristiche di onda?
La spiegazione che Wheeler da di questi fatti è che la presenza o meno dello schermo S dopo che il fotone ha interagito con M produce un effetto nel passato, “forzando” il fotone a cambiare il suo stato. Praticamente la scelta (nel futuro) di lasciare o meno S, condiziona il modo di propagarsi (nel passato) del fotone.

Per meglio comprendere quanto appena illustrato vediamo cosa scrive lo stesso Wheeler riguardo il significato da dare agli esperimenti a scelta ritardata:

“Strumenti di registrazione che operano qui ed ora hanno un ruolo innegabile nel generare ciò che è accaduto […]. La Fisica Quantistica dimostra che ciò che l’osservatore farà in futuro definisce ciò che accade nel passato”

E ancora nell’intervento intitolato “Esperimenti a scelta ritardata e dialogo Bohr-Einstein”, tenuto a Londra alla riunione congiunta della Società Americana di Filosofia e della Società Reale inglese (1980), Wheeler afferma:

“E’ sbagliato pensare al passato come già esistente in ogni dettaglio, Il passato è teoria. Il passato non ha esistenza tranne che per l’essere registrato nel presente […] Ciò che abbiamo il diritto di dire circa lo spazio-tempo passato, e circa gli eventi passati, è deciso da scelte – di quali misure effettuare – compiute nel passato recente e nel presente. I fenomeni resi esistenti da queste decisioni si estendono all’indietro nel tempo nelle loro conseguenze […]. Strumenti di registrazione che operano qui ed ora hanno un ruolo innegabile nel generare ciò che appare essere accaduto. Per quanto utile possa essere nella vita di ogni giorno il dire «il mondo esiste la fuori indipendentemente da noi», questo punto di vista non può più essere mantenuto. C’è uno strano senso in cui il nostro è un universo partecipato …”

Prof. Tiziano Cantalupi

quantistica.org
 

tontolina

Forumer storico
dal minuto 18:30 il Presidente russo Medvedev parla tranquillamente degli alieni sulla terra

mentre dal minuto 19:30 il Presidente Europeo parla dei dirigenti di altri pianeti che ci guardano da lontano e sono preoccupati

 

tontolina

Forumer storico
alle coordinate 27:50
Alcuni decenni fa VISITATORI DI ALTRI PIANETI ci misero in guardia .... e si offrirono di aiutarci [???]
 

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