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Tragedia Afghanistan: record di bambini uccisi nel 2016...


Tragedia Afghanistan: record di bambini uccisi nel 2016... | Sebastiano Nino Fezza
ninofezzacinereporter.blogspot.com

Reso noto a Ginevra un rapporto dell'Onu: 5.200 vittime civili tra loro 388 piccoli innocenti

E' un'altra notizia che molti fanno finta di non vedere.
Non solo ora ma da anni. C'è stato il drammatico record di vittime civili in Afghanistan nei primi sei mesi del 2016. Tra questi il numero più alto di bambini uccisi in soli sei mesi.
Dall'inizio dell'anno a giugno - ha rivelato un rapporto dell'Onu reso noto a Ginevra - sono stati documentati "1.601 morti civili e 3.565 feriti, per un totale di 5.166 vittime civili". Ciò rappresenta un "aumento del 4% rispetto ai primi sei mesi del 2015 - afferma l'Onu - ed è il totale piu' alto per un periodo di sei mesi dal 2009".
I bambini coinvolti sono 1.509, di cui 388 morti e 1.121 feriti, un dato "allarmante e vergognoso" ed anch'esso il più alto per un periodo di sei mesi. Il bilancio include 507 donne morte e 377 ferite.

Il rapporto della squadra di esperti per i diritti umani della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) sottolinea che le forze anti-governative restano responsabili della maggior parte delle vittime civili (60 %), ma anche che i civili uccisi e feriti da forze pro-governative sono aumentati. Il rapporto calcola infine che il totale delle perdite civili registrate tra il primo gennaio 2009 e il 30 giugno 2016 è ora salito a 63.934 (22.941 morti e 40.993 feriti).
La relazione dell'Onu "Afghanistan - Rapporto di meta' anno 2016-. Protezione dei civili nei conflitti armati" -documenta casi di persone "uccise durante la preghiera, il lavoro, lo studio, mentre si recavano a prendere l'acqua, mentre ricevevano cure negli ospedali", ha accusato Tadamichi Yamamoto, rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu per l'Afghanistan e capo dell'Unama."Ogni vittima civile rappresenta un fallimento e dovrebbe spronare le parti in conflitto a compiere significativi passi concreti per ridurre le sofferenze dei civili e aumentarne la protezione",ha affermato.
L'Alto Commissario Onu per i diritti umani Zeid Ra'ad Al Hussein ha esortato le parti al conflitto "a cessare i deliberati attacchi contro i civili e l'uso di armi pesanti nelle zone dove vivono i civili. L'impunità imperante di cui godono i responsabili di vittime civili deve cessare - di chiunque si tratti"...
(Globalist)
 

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gli americani sono bugiardi immatricolati

Americani Talebani
02 Giugno 2016 Scritto da Piero Cammerinesi
Americani Talebani

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Daoud è molto contento della promozione appena ricevuta. Agente di polizia in un villaggio vicino Gardez, nella provincia di Paktia, Afghanistan sud-orientale, Mohammed Daoud Sharabuddin invita allora amici e parenti a casa sua per festeggiare.


di Piero Cammerinesi

Daoud – la cui etnia è Tagika, a differenza di quella Pashtun cui appartiene la maggioranza dei Talebani - ha una vera passione per gli americani, ha partecipato a molti loro corsi di addestramento e la sua casa è piena di fotografie che lo ritraggono insieme a militari USA. Un membro della sua famiglia è un procuratore del governo locale appoggiato dagli USA e un altro addirittura un dirigente della vicina Università.

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È il 12 Febbraio 2010 e una ventina di persone tra amici e famigliari di Daoud stanno facendo festa, con balli e canti, quando, verso le 3.30 di mattina, si sentono dei rumori all’esterno e Daoud, insieme a Sediqullah, il figlio quindicenne, escono fuori armati temendo un attacco da parte dei Talebani.

Da quel momento una festa di famiglia si trasforma in una mattanza.

I due vengono immediatamente abbattuti da colpi d’arma da fuoco.

Altre persone richiamate dagli spari escono di casa per vedere cosa sta succedendo, comprese due donne incinte che cercano di trattenere un familiare, Zahir, dall’uscire all’aperto. Tutti vengono subito colpiti; sette persone restano sul terreno morti o agonizzanti, tra cui tre donne.

Talebani?


No, forze speciali americane del JSOC (Joint Special Operations Command) agli ordini dell’Ammiraglio William McRaven.


Subito dopo gli americani irrompono in casa e separano donne e uomini, portando via questi ultimi legati e bendati, senza portare i feriti in ospedale nonostante le suppliche dei sopravvissuti.

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Poi, alcuni di loro, infilano dei coltelli nelle ferite delle donne incinte massacrate per rimuovere i proiettili, in modo da non far risultare la responsabilità della squadra di assalto.

Incatenato e incappucciato, Mohammed Sabir, ancora inzuppato del sangue dei suoi cari massacrati, è uno degli uomini trascinati via e caricati sugli elicotteri del JSOC.

Sabir viene separato dagli altri, non riceve cibo né acqua – neppure per togliersi di dosso il sangue dei suoi famigliari macellati - per tre giorni e tre notti.

Ripete all’infinito di fronte a interrogatori pressanti che lui non è un Talebano, che i Talebani sono suoi nemici, che lui combatte i Talebani, che i Talebani hanno rapito dei suoi cari.

“Gli interrogatori – ricorda Sabir - venivano condotti da persone con la barba corta e senza uniforme. Avevano scatti di violenza improvvisi. Io ripetevo loro la verità, vale a dire che non c’erano talebani nella nostra casa”.

Uno degli americani gli dice che avevano ricevuto da fonti d’intelligence la soffiata che un attentatore suicida si era nascosto in casa loro e che stava progettando un attentato.

Sabir gli risponde: “Se avessimo avuto un attentatore suicida tra noi, avremmo suonato e cantato in casa nostra? Quasi tutti gli ospiti di quella festa erano dipendenti del governo”.

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Quando Mohammed Sabir ritorna a casa, dopo essere stato imprigionato e interrogato dagli americani, è troppo tardi per assistere alla sepoltura della moglie e degli altri membri della famiglia trucidati.

Il raid non passa inosservato alla stampa di regime che rilancia la versione ufficiale secondo la quale un gruppo di eroiche forze speciali aveva avuto uno scontro con dei Talebani in un villaggio vicino Gardez.

Un comunicato dell’ISAF, forza NATO, aggiunge che, nel corso dell’eroica missione, era stata fatta una macabra scoperta. Secondo la NATO, infatti, i militari erano entrati in un compound vicino al villaggio di Khataba dopo che fonti d’intelligence avevano “confermato” che si trattava di un sito in cui erano stati individuati dei ribelli.

Mentre si avvicinava – così la versione NATO – la squadra era stata coinvolta in un “conflitto a fuoco” con “parecchi insorti”.

Eliminati i ribelli gli americani avevano trovato tre donne legate e imbavagliate e poi giustiziate all’interno del complesso. Le forze USA - così il comunicato stampa - avevano trovato le donne “nascoste in una stanza vicina”.

Questa versione dei fatti venne ripresa e diffusa, nei giorni successivi al raid, da tutti i media.

Un “alto funzionario militare americano” affermò alla CNN che i corpi portavano su di sé “le caratteristiche di un tradizionale delitto d'onore”.

Del massacro di Khataba – come di cento altri simili - si sarebbe saputo solo questo se due giornalisti coraggiosi - Jerome Starkey e Jeremy Scahill - non avessero voluto andare fino in fondo, raccogliendo elementi e intervistando i superstiti dell’orrore.

Le indagini di Jerome Starkey costrinsero ben presto la NATO a riconoscere che la storia del “delitto d’onore” e delle donne uccise “trovate legate e imbavagliate” era un falso, obbligando gli americani ad aprire un’inchiesta.

Jeremy Scahill amplificò ulteriormente lo scandalo con il suo libro - e relativo film - Dirty Wars (guerre sporche).




Da quel giorno di Febbraio sono trascorsi sei anni e solo oggi la commissione d’inchiesta del Dipartimento della Difesa ha concluso la sua indagine.

E il verdetto è – avevate qualche dubbio? - che “tutti i militari hanno seguito le regole d’ingaggio” e che quindi non c’è nessun colpevole, nessuno da punire.

Nonostante due bambini colpiti, due donne incinte crivellate di colpi e testimoni che raccontano che dei militari americani aprivano i loro corpi per estrarre i proiettili, gli inquirenti del Dipartimento della Difesa hanno concluso l’inchiesta affermando letteralmente – pur riconoscendo qualche “errore tattico” - che “la forza utilizzata era necessaria, proporzionale e applicata al momento opportuno”.

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Ci racconta Scahill, tornato sul luogo del massacro, che la famiglia delle vittime non può perdonare gli americani. Mesi dopo Hajji Sharabuddin, l’anziano della famiglia, che va a trovare a casa sua, gli dice: “Non accetto le loro scuse. Non scambierei i miei figli per tutto il regno degli Stati Uniti ... Dapprima credevamo che gli americani fossero amici degli afghani, ma ora sappiamo che gli americani sono terroristi come gli altri. Gli americani sono nostri nemici. Portano terrore e distruzione; non hanno solo distrutto la mia casa ma anche la mia famiglia”.

Aggiunge Mohammed Tahir, il padre di una delle donne massacrate: “Noi li chiamiamo ‘Americani Talebani’”.

Come dargli torto?
 

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Un oceano di dollari e droga, l’Afghanistan 15 anni dopo

Sono passati 15 anni dall’invasione militare dell’Afghanistan da parte degli americani, supportati dalla cosiddetta “coalizione internazionale”, di cui anche noi facciamo parte.
Le truppe americane hanno invaso l’Afghanistan il 7 ottobre del 2001, meno di un mese dopo gli attacchi terroristici dell’11 Settembre a New York e Washington. Quella che era sembrata una rapida vittoria sul regime dei Talebani si è trasformata in una sanguinosa guerriglia che continua ancora oggi.
L’amministrazione del presidente Bush aveva accusato l’organizzazione Al-Qaeda di Osama Bin Laden di aver dirottato gli aerei civili che hanno colpito e World Trade Center e il Pentagono. La Casa Bianca era convinta che Bin Laden si trovasse in Afghanistan, e pretese e i Talebani glielo consegnassero.
I Talebani, guidati dal Mullah Omar, chiesero agli americani di mostrare le prove della sua colpevolezza. In cambio, ebbero la guerra.
Con l’aiuto dei jet e delle truppe americane, i signori della guerra della Alleanza del Nord scacciarono i Talebani dalle città più importanti e presero il controllo della capitale, Kabul, a metà di novembre.

Venne insediato un nuovo governo guidato dal presidente Hamid Karzai, sostenuto dagli americani, ricorda “Russia Today”, in una ricostruzione ripresa da “Luogo Comune”, il blog di Massimo Mazzucco. Gli alleati della Nato legittimarono in qualchemodo l’azione americana, mandando truppe per aiutare “la ricostruzione” dell’Afghanistan. «Per quanto sia stato il presidente Bush a iniziare la guerra in Afghanistan, è stato il suo successore, Barack Obama, a dare luogo alla “surge”, l’incremento militare che avrebbe dovuto mettere fine alla guerra», ricorda “Rt”.

Così, 15 anni dopo l’invasione, oggi sono poco meno di 9.000 i militari americani in Afghanistan, da un picco di 100.000 che era stato raggiunto nel 2011. Questi soldati fanno parte dell’operazione “Sentinella della Libertà”, e il Pentagono insiste nel dire che il loro unico ruolo sia di “consigliare e assistere” i militari afghani, e non di combattere i Talebani o lo Stato Islamico. Ma, di recente, il sergente Adam Thomas è stato ucciso nella provincia di Nangarhar, apparentemente a causa di una bomba artigianale.
È il terzo soldato americano ucciso in Afghanistan nel 2016.

Secondo la “Reuters”, a partire dal 2002 gli Stati Uniti hanno speso più di 60 miliardi di dollari per addestrare ed equipaggiare le forze di sicurezza afghane.

Poi c’è la droga, continua “Russia Today”: la coltivazione di oppio, che era stata proibita sotto la stretta interpretazione islamica dei Talebani, ha avuto un ritorno “glorioso” durante la guerra. Secondo un rapporto della Unodc, l’ufficio delle Nazioni Unite su droga e crimine, si stima oggi l’estensione delle coltivazioni di oppio in Afghanistan ad oltre 200.000 ettari. Le cifre finali rischiano di superare il record del 2014, che era di 224.000 ettari. «L’eradicazione delle coltivazioni è stata praticamente zero», ha detto il direttore della Unodc, Yury Fedotov. Come siamo arrivati a questa situazione? Per quanto l’invasione del 2001 sia riuscita a rovesciare il governo dei Talebani, afferma “Rt”, gli Stati Uniti non sono riusciti a catturare o uccidere Bin Laden – il presunto organizzatore dell’11 Settembre – che 10 anni dopo, nel presunto (e tuttora oscuro) blitz di Abbottabad, in Pakistan, da cui però non è mai giunta nessuna foto del cadavere del capo di Al-Qaeda, che poi sarebbe stato “sepolto in mare”, gettato dal ponte di una portaerei.

«Per un mese – ricorda “Russia Today” – le truppe americane hanno inutilmente setacciato le grotte di Tora Bora, al confine col Pakistan, dove si credeva che Bin Laden fosse nascosto. «Nonostante Bush avesse promesso, in campagna elettorale, di mettere fine all’ingerenza americana nelle altre nazioni, i soldati americani e della Nato si sono presto ritrovati a combattere una tipica guerra di contro-insorgenza, lanciando continue offensive contro gli sfuggevoli Talebani e i ribelli di Al-Qaeda».
I comandi americani in Afghanistan continuavano a chiedere sempre più truppe, ma la maggior parte delle forze americane era impegnata in Iraq, dopo che l’invasione del 2003 aveva seguito un percorso analogo: da una rapida vittoria a un incubo senza fine. «Grazie ad una combinazione fra un incremento di truppe e accordi sottobanco con i leader locali, gli Stati Uniti sono riusciti a neutralizzare la maggior parte della ribellione in Iraq». E ora, dopo la sua rielezione, «Obama ha implementato un programma simile anche in Afghanistan».

E dire che, nel maggio 2011, una squadra di Navy Seals aveva attaccato il presunto rifugio di Abbottabad, dove – secondo Washington – sarebbe stato ucciso Bin Laden. «Questo significava il raggiungimento dello scopo principale della guerra, per quanto sia arrivato dopo quasi un decennio». Con la presunta scomparsa di Bin Laden, Obama ha annunciato il ritiro graduale dall’Afghanistan entro la fine del 2016, mentre le operazioni di combattimento – ufficialmente – sarebbero terminate nel dicembre del 2014. «Qualcuno però si è dimenticato di dirlo al Talebani», se è vero che, nel maggio 2015, un drone americano ha ucciso in Pakistan il loro leader, Mohammad Mansour. «E’ ora che gli afghani smettano di combattere e inizino a costruire un futuro tutti insieme», disse allora il ministro degli esteri statunitense John Kerry, invitando i Talebani a prendere accordi con il governo afghano del nuovo presidente, Ashraf Ghani. I Talebani invece hanno scelto il mullah Haibatullah Akhundzada come nuovo leader, lanciando una nuova offensiva. Nel settembre 2015 hanno preso Kunduz, importante città del nord del paese, vicino al confine con il Tajikistan. Ne sono stati scacciati dopo due settimane di pesanti combattimenti, nel corso dei quali gli aerei americani hanno distrutto l’ospedale di “Medici Senza Frontiere”. Un anno dopo, però, i Talebani rientravano nuovamente a Kunduz, piantando la loro bandiera al centro della piazza principale della città.

Alla “conferenza dei donatori”, in Austria, Stati Uniti ed Europa hanno appena promesso 15 miliardi di dollari per sostenere il governo afghano nei prossimi quattro anni. «Il costo della guerra in Afghanistan è stato stimato in 685 miliardi di dollari dal Servizio di Ricerca del Parlamento americano», aggiunge “Rt”. Secondo una stima della Harvard Kennedy School of Government, però, il costo a lungo termine potrebbe arrivare a 6 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari, se si calcolano «i costi di assistenza medica a lungo termine e di disabilità per i veterani, il rinnovamento dell’arsenale militare ed i costi economici e sociali». Tutti soldi «scomparsi nel nulla». Miliardi di dollari destinati alla “ricostruzione” dell’Afghanistan sono stati spesi «in aerei da guerra che sono poi stati svenduti a prezzo di rottame», ma anche «in stazioni di rifornimento da 30 milioni di dollari ciascuna», e anche «in aerei per combattere il traffico di droga che non sono mai decollati, com’è stato documentato dall’ispettore generale degli Stati Uniti per la ricostruzione in Afghanistan».

La sola lotta al narcotraffico, conclude “Russia Today”, ha ingoiato 8,4 miliardi di dollari, senza dare il minimo risultato visibile: «L’Afghanistan oggi produce il 90% dell’eroina nel mondo, in quantità ancora maggiori di quanto lo facesse prima del 2001». Forse la più grossa ironia della guerra in Afghanistan sta nel fatto che «gli americani hanno finito per combattere la stessa gente che avevano supportato durante la Guerra Fredda». Sul finire degli anni ‘70, Washington aveva finanziato di nascosto i ribelli islamici per attirare l’Unione Sovietica in un “incubo simile al Vietnam”. Missione compiuta, peraltro: grazie anche a Osama Bin Laden, appositamente reclutato e armato da emissari della Casa Bianca, del calibro del super-massone Zbigniew Brzezinski. «Dopo il ritiro dei sovietici, nel 1989, gli stessi ribelli – i mujaheddin – iniziarono a lottare fra di loro, permettendo così ai Talebani di emergere come fazione dominante». I soggetti ideali per la “guerra infinita”, l’alibi perfetto per il conflitto permanente e la militarizzazione del pianeta.

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Tragedia Afghanistan: record di bambini uccisi nel 2016...

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Reso noto a Ginevra un rapporto dell'Onu: 5.200 vittime civili tra loro 388 piccoli innocenti

E' un'altra notizia che molti fanno finta di non vedere.
Non solo ora ma da anni. C'è stato il drammatico record di vittime civili in Afghanistan nei primi sei mesi del 2016. Tra questi il numero più alto di bambini uccisi in soli sei mesi.
Dall'inizio dell'anno a giugno - ha rivelato un rapporto dell'Onu reso noto a Ginevra - sono stati documentati "1.601 morti civili e 3.565 feriti, per un totale di 5.166 vittime civili". Ciò rappresenta un "aumento del 4% rispetto ai primi sei mesi del 2015 - afferma l'Onu - ed è il totale piu' alto per un periodo di sei mesi dal 2009".
I bambini coinvolti sono 1.509, di cui 388 morti e 1.121 feriti, un dato "allarmante e vergognoso" ed anch'esso il più alto per un periodo di sei mesi. Il bilancio include 507 donne morte e 377 ferite.

Il rapporto della squadra di esperti per i diritti umani della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) sottolinea che le forze anti-governative restano responsabili della maggior parte delle vittime civili (60 %), ma anche che i civili uccisi e feriti da forze pro-governative sono aumentati. Il rapporto calcola infine che il totale delle perdite civili registrate tra il primo gennaio 2009 e il 30 giugno 2016 è ora salito a 63.934 (22.941 morti e 40.993 feriti).
La relazione dell'Onu "Afghanistan - Rapporto di meta' anno 2016-. Protezione dei civili nei conflitti armati" -documenta casi di persone "uccise durante la preghiera, il lavoro, lo studio, mentre si recavano a prendere l'acqua, mentre ricevevano cure negli ospedali", ha accusato Tadamichi Yamamoto, rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu per l'Afghanistan e capo dell'Unama."Ogni vittima civile rappresenta un fallimento e dovrebbe spronare le parti in conflitto a compiere significativi passi concreti per ridurre le sofferenze dei civili e aumentarne la protezione",ha affermato.
L'Alto Commissario Onu per i diritti umani Zeid Ra'ad Al Hussein ha esortato le parti al conflitto "a cessare i deliberati attacchi contro i civili e l'uso di armi pesanti nelle zone dove vivono i civili. L'impunità imperante di cui godono i responsabili di vittime civili deve cessare - di chiunque si tratti"...
(Globalist)
Usa, sganciata in Afghanistan la «madre di tutte le bombe» Un avvertimento alla Corea?
Corriere della Sera - ‎20 minuti fa‎

Per la prima volta, il Pentagono ha utilizzato la MOAB («Mother of all bombs») in battaglia, in Afghanistan. La sua potenza equivale a 11 tonnellate di tritolo: più devastante di questa, nell'arsenale americano, c'è solo l'atomica
di Guido Olimpio

WASHINGTON — Il Pentagono ha usato per la prima volta la «madre di tutte le bombe», dopo di questa c'è solo quella nucleare. Un aereo delle forze speciali l'ha lanciata su posizioni jihadiste nella provincia di Nangahar, nell’Afghanistan orientale. Una serie di tunnel dove erano nascosti elementi Isis. Un’operazione che però ha un significato che va oltre questo target: il ricorso a questo ordigno — noto anche come Moab: Massive ordnance air blast o “Mother of all bombs”, “madre di tutte le bombe” appunto — è probabilmente un messaggio anche ad altri nemici, nord coreani compresi. La bomba è stata pensata non certo per contrastare ribelli, ma piuttosto per neutralizzare posizioni ben protette. Lo strumento bellico deve affiancare le cosiddette «bunker buster», ossia gli ordigni che perforano lo «scudo» ed esplodono all’interno.


Dall’Iraq alla Corea?
Entrata in servizio nel 2003, venne spostata nel teatro iracheno durante la guerra del Golfo, però non fu mai impiegata. Di solito è caricata su velivoli da trasporto C 130, in particolare le versioni utilizzate dalle forze speciali. È un sistema che sprigiona una potenza devastante e per questo è previsto un uso in zone determinate, visto gli effetti collaterali che può provocare. Il Pentagono ha voluto la Moab per missioni mirate alla distruzione di installazioni ben protette. In passato si era ipotizzato — in alcuni scenari bellici — che gli Usa potessero ricorrere a questo ordigno contro gli impianti nucleari iraniani nascosti nei fianchi di una montagna o nel sottosuolo. Stessa cosa per i siti creati dalla Corea del Nord: il regime ha realizzato molte installazioni-bunker ed hanno piazzato in gallerie centinaia di pezzi d'artiglieri che minacciano Seul. Dunque è possibile che l’attacco nell’area afghana abbia anche un valore di guerra psicologica nei confronti degli avversari.

13 aprile 2017 (modifica il 13 aprile 2017 | 19:09)
 

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Forumer storico
aprile 14, 2017

L’Afghanistan accusa la Russia di addestrare talebani. Il capo della polizia provinciale di Uruzgan ha detto ai media afghani che notizie d’intelligence hanno mostrato che i russi fornivano ai militanti talebani armi e addestramento.

«Undici russi, tra cui due donne, vestiti in uniformi da medico e sorvegliati da quattro talebani armati, insieme a un traduttore afgano, sono stati avvistati in varie parti della provincia» ha detto Ghulam Farooq Sangari, capo della polizia di Uruzgan, riporta VoA.

I “consiglieri militari” russi sono stati avvistati due volte nei pressi Tirinkot, capoluogo dell’Uruzgan, prosegue VoA. Le connessioni dei talebani con la Russia sono venute fuori da quando Mosca ha cercato di aumentare la sua influenza sulla nazione per contrastare l’espansione dello Stato islamico dall’Afghanistan verso i paesi confinanti dell’Asia centrale.

Le accuse di coinvolgimento militare russo in Afghanistan hanno acceso la preoccupazione da parte degli Stati Uniti e delle autorità afghane che la Russia stia lavorando dietro le quinte per aiutare i gruppi militanti a combattere contro le forze afghane.

La Russia ha riconosciuto sì dei legami politici con i talebani, ma Mosca non sta fornendo ai talebani né armi né addestramento. La Russia afferma che i loro contatti con i talebani sono finalizzate a facilitare il processo di pace in Afghanistan.

Durante lo scorso fine settimana, l’ambasciata russa a Kabul ha rilasciato una dichiarazione dicendo che l’esercito russo non stava aiutando militanti talebani: «È sorprendente che statisti, deputati e alti ufficiali di polizia, sulla base di voci e congetture e senza fornire al pubblico le prove, si permettano di fare pubblicamente accuse irresponsabili contro la Russia di finanziamento e aiuti al terrorismo», recita il comunicato.

Nonostante questo le accuse di legami militari russo-talebani stanno crescendo: il governatore della provincia di Kunduz aveva detto il mese scorso che i talebani chiedevano a Mosca armi e formazione per contrastare la crescente influenza di Daesh in varie parti del paese.

Maddalena Ingrao

AFGHANISTAN. Kabul accusa Mosca di addestrare i talebani




Mosca sostiene i talebani sul ritiro di truppe straniere dall’Afghanistan
 

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Forumer storico
Afghanistan: attacco talebani, 150 vittime - Asia


Afghanistan, talebani fanno strage in una base militare: "150 soldati morti" - FOTO - Il Fatto Quotidiano

22/04/2017 13:56
...
L’attacco è stato rivendicato dal portavoce talebano Zabihullah Mujahid come “vendetta” per l’uccisione di un loro leader nella provincia di Mazar-i-Sharif. Giorgio Saracino ne ha parlato con Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni Internazionali all'Università Cattolica del Sacro Cuore:

R. - L’impressione è che i talebani in questo momento siano in difficoltà perché stanno perdendo una parte del consenso all’interno del Paese e in qualche modo cercano di reagire a questa situazione. Ultimamente si sono trovati in difficoltà soprattutto sul piano militare, nel senso che nonostante in Afghanistan la situazione sia tutt’altro che brillante, alcuni capi importanti sono stati localizzati ed eliminati. Penso alla super-bomba che è caduta in Afghanistan qualche giorno fa, lanciata dagli americani. E questo è il loro modo di reagire a questo tipo di situazione.

D. - Qual è la situazione ora in Afghanistan?

R. - La situazione purtroppo non è molto diversa da quella che è stata lasciata dopo l’episodio di Isaf. Il presidente in carica, in realtà fa fatica a tenere il Paese sotto controllo. Ci sono due problemi che conoscevamo fin dall’inizio. Da un lato per poter mettere in sicurezza questo Paese occorre un numero di forze militari e paramilitari imponenti e che ha un costo gigantesco; dall’altro c’è la preoccupazione per il rallentamento delle attività dei donors internazionali. Quindi, insomma un po’ un paradosso perché l’uscita dell'Isaf dall’Afghanistan ha privato il governo del principale strumento attraverso il quale la situazione si era parzialmente stabilizzata. Quindi questo ha riaperto un meccanismo infernale, riportando l’Afghanistan indietro di parecchi anni. Tutto questo nonostante la buona volontà del governo del presidente in carica. Sicuramente l’Afghanistan in questi anni di presenza dell'Isaf è entrato brutalmente a contatto con il mondo esterno, quindi questa situazione di totale isolamento che c’era prima dell’intervento militare negli anni più bui del governo talebano, non c’è più.

D. – Quale sarà il futuro dell’Afghanistan?

R. - Credo che sia da escludere un tracollo immediato del nuovo Afghanistan, però credo sia anche difficile immaginare una riunificazione sotto un governo nazionale dell’intero Paese, anche perché non dimentichiamo che il Pakistan continua ad avere un ruolo ambiguo nei confronti dell’Afghanistan, così come ha un ruolo ambiguo l’Iran. Oggi sicuramente l’Iran ha un’influenza sull’Afghanistan che 15 anni fa non poteva neanche sognare. Il Pakistan ha perso una parte della sua influenza, ma continua ad averne in maniera rilavante sulla parte orientale del Paese ed è da lì che in qualche modo continua a tessere le sue linee per impedire una stabilizzazione dell’Afghanistan che vada troppo a svantaggio di quella che è la concezione di opportunità strategica che ha ossessionato i governi pakistani fin dall’indipendenza del Paese.

Afghanistan: oltre 140 soldati uccisi dai talebani - Radio Vaticana



Torna a infiammarsi la lunga guerra in Afghanistan – Analisi Difesa


At Least 100 Killed in Taliban Attack on Afghan Military Base
 
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tontolina

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La nostra ignoranza è la LORO forza.

Zero Hedge commenta la notizia riportata da Reuters e dal Wall Street Journal, secondo cui i funzionari del Dipartimento di Stato americano avrebbero iniziato delle trattative con i capi talebani per una tregua e la fine della guerra. Dunque, dopo che in Afghanistan contro il regime talebano sono stati mobilitati decine di paesi, è stato pagato un costo di migliaia di militari morti e sono stati causati centinaia di migliaia di morti civili, gli Stati Uniti sembrano voler scendere a patti con il nemico, senza nemmeno coinvolgere il governo afghano nelle trattative.
di Zero Hedge, 01 agosto 2018



L’Afghanistan, noto da tempo come la “guerra dimenticata” dell’America, è finalmente ritornato tra le notizie del giorno. Ma questa volta, con una svolta scioccante per un conflitto che dura ormai da 17 anni, la notizia è che gli Stati Uniti stanno negoziando con i talebani.



È forse questo il motivo per il quale i media mainstream non stanno dando a questa notizia bomba tutta l’attenzione che dovrebbe avere? O forse le reti principali ritengono che l’opinione pubblica americana abbia da lungo tempo smesso di prestare attenzione alla vicenda, e che dunque potrebbe accogliere al massimo con un sbadiglio un titolo che contenga le parole “truppe USA / Afghanistan”?



Come spiegato da Daniel McAdams, la scorsa settimana i funzionari del Dipartimento di Stato Americano hanno incontrato i leader talebani in Qatar. Su richiesta dei talebani, il governo afghano sostenuto dagli USA non è stato invitato. I funzionari hanno discusso di una tregua e per la fine della guerra.



Nel frattempo l’ispettore generale USA incaricato di monitorare le spese americane per la ricostruzione dell’Afghanistan ha riportato che dal 2008 a oggi gli Stati Uniti hanno completamente sprecato almeno 15,5 miliardi di dollari. Ritiene, comunque, che si tratti solo della punta dell’iceberg.




Questa domenica Reuters ha riportato in questo modo gli ultimi sorprendenti sviluppi:



La settimana scorsa a Doha c’è stato un incontro tra un alto funzionario USA e i rappresentanti talebani per discutere un possibile cessate il fuoco. L’incontro si è concluso con “segnali molto positivi” e la decisione di proseguire con ulteriori incontri. Questo è stato riferito domenica da persone informate sui colloqui in corso.



L’incontro tra la delegazione guidata da Alice Wells, vice assistente segretario dell’ufficio del Dipartimento di Stato per gli affari nell’Asia centrale e meridionale, e i rappresentanti talebani è stato riportato per primo dal Wall Street Journal, ma non è stato confermato ufficialmente.



Secondo un rappresentante talebano, che afferma di essere uno dei quattro membri della delegazione, l’incontro si sarebbe tenuto “in un’atmosfera amichevole” in un hotel di Doha, e avrebbe portato “segnali molto positivi”.



Stiamo forse assistendo alle prime fasi di una uscita concordata per salvare la faccia, dopo quasi due decenni in cui l’America si trova impantanata nell’Asia centrale?


VOCIDALLESTERO.IT

ZH – La guerra è uno sporco affare: dopo 17 anni e miliardi buttati, gli USA negoziano la pace con i Talebani
Dopo che per la guerra in Afghanistan contro il regime talebano sono stati mobilitati decine di paesi, è stato pagato un costo di migliaia di morti militari e sono stati causati centinaia di migliaia di morti civili, gli Stati Uniti sembrano scendere a patti col nemico.
 

tontolina

Forumer storico
l generale Scott Miller, comandante delle forze Usa e alleate in Afghanistan, ha annunciato il 25 aprile l’inizio del ritiro delle truppe straniere che, secondo quanto deciso dal presidente Biden, dovrebbe essere ultimato entro l’11 settembre. Gli Usa terminano così la guerra condotta per quasi vent’anni? Per capirlo, occorre anzitutto fare un bilancio dei risultati della guerra.
 

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