Meno democrazia, più diseguaglianze. Così saltiamo in aria
Scritto il 03/12/16 • nella Categoria:
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Se vince il Sì, il governo sarà più forte e i cittadini conteranno ancora di meno.
Come ha scritto don Ciotti, chi ha voluto questa “nuova” Costituzione vede «
la democrazia come un ostacolo», e il bene comune come «una faccenda in cui il popolo non deve immischiarsi».
Come siamo arrivati a questo?
La risposta, per Tomaso Montanari, è racchiusa in una parola: diseguaglianza. Secondo l’Istat, l’Italia è il paese in cui – tra 1990 e 2010 – la diseguaglianza sociale è aumentata di più. «
Succede in tutto l’Occidente: pochi ricchi sono sempre più ricchi, mentre si allarga la fascia degli impoveriti e la classe media non arriva agevolmente alla fine del mese».
Anche per Joseph Stiglitz, «la stragrande maggioranza sta soffrendo insieme», mentre
l’1% accumula fortune.
«Ma quando la diseguaglianza arriva a questi livelli – osserva Montanari – l’establishment ha un problema: la
democrazia.
Perché in
democrazia il voto di un ricco vale quanto quello di un povero». E i ricchi, osserva lo storico britannico Tony Judt, «non vogliono le stesse cose che vogliono i poveri».
La cosa più semplice, per il
potere? Silenziare il 99%, restringendo la
democrazia.
«Chi dipende dal posto di
lavoro per la propria sussistenza non vuole le stesse cose di chi vive di investimenti e dividendi», scrive Judt in “Guasto è il mondo”.
«Chi non ha bisogno di servizi pubblici (perché può comprare sanità, trasporti, istruzione e protezione sul mercato privato) non cerca le stesse cose di chi dipende esclusivamente dal settore pubblico».
E se i poveri votano tutti insieme, il sistema può essere rovesciato, conclude Montanari, in una riflessione sull’“Huffington Post”. «Fino a un certo punto la soluzione è a portata di mano:
incoraggiare l’astensione di massa». Non a caso il messaggio (dalla Thatcher a Blair, a Renzi) è: “non c’è alternativa”. Tradotto: “non votate, tanto è inutile”.
Ma, da un certo punto in poi, l’astensione non basta più: «Per tenere il conflitto sociale fuori dai luoghi in cui si decide bisogna separare questi luoghi (il Parlamento e il governo) dal suffragio popolare, dai cittadini. È per questo che non voteremmo più il Senato e i governi delle Provincie, che le leggi di iniziativa popolare sarebbero in balìa della maggioranza parlamentare, che le Regioni verrebbero espropriate di ogni
potere reale».
In breve, continua Montanari, «se la diseguaglianza è tale da rendere “pericolosa” la
democrazia ci sono due soluzioni:
diminuire la diseguaglianza, o diminuire la democrazia. Il governo Renzi ha scelto quest’ultima strada».
Il progetto di Renzi è chiaro: ridurre la partecipazione per consentire il perdurare della diseguaglianza.
«È per questo che Confindustria, Marchionne, Jp Morgan, l’establishment tedesco e in generale il mercato votano Sì», mentre «la Fiom e tutta la Cgil, Libera, l’Arci, l’Anpi e infinite associazioni di cittadini votano No».
Le poche riserve del mondo della
finanza (per esempio quelle dell’“Economist”) «non vengono certo da un disaccordo politico, ma dal dubbio (fondato) che le riforme siano così mal congegnate che rischiano di dare un
potere blindato nelle mani non dell’establishment», ma di un soggetto percepito come non-complice, cioè Grillo. Per Montanari,
votare No significa «aver compreso che così non si può andare avanti: se restringiamo ancora la democrazia, invece di ridurre la diseguaglianza, lo schianto sarà ancora più forte».
Secondo Montanari, «una vera classe dirigente» dovrebbe capire che, «se vogliamo evitare lo schianto, gli Stati devono ricominciare a esercitare la sovranità». Ovvero: «La libera circolazione delle merci non può continuare a essere l’unico dogma che regge il mondo: se la Cina continuerà a inondare il mondo di prodotti a costo zero (perché frutto di schiavitù di massa) l’Africa non avrà alcuna possibilità di sviluppo, con conseguenze drammatiche sulle migrazioni».
E dato che le sfide sono di questa portata, «il Sì è come un’aspirina per uno che ha bisogno di un trapianto: il No vuol dire mettersi in lista per l’operazione». Ancora: «Il Sì è come mettere il dito nel buco della diga: il No vuol dire avviarsi a svuotare il bacino che sta per tracimare». Qualcuno pensa davvero che si possa andare avanti così? Qualcuno sì, e cioè «chi ha qualcosa da difendere», soprattutto «i benestanti anziani, che preferiscono non chiedersi come faranno i loro figli e i loro nipoti a tenere insieme diseguaglianza e
democrazia». Magari «pensano che non ci saranno più quando tutto questo salterà in aria».