Sull’uso improprio dei voucher lavoro non preoccupa solo il boom anomalo di richieste pervenute all’Inps ma anche il gap tra quelli acquistati e quelli che sono stati poi effettivamente riscossi. Che fine fanno tutti gli altri che mancano all’appello?

I voucher non attivati possono essere oggetto di rimborso ma, visti i numeri eccessivi, è lecito e realistico pensare che ci sia qualcosa dietro.

Voucher lavoro: l’importanza dell’attivazione automatica per la tracciabilità

A lanciare l’allarme è stato il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy che ha fatto appello all’articolo 35 della Costituzione e alla tutela del “lavoro in tutte le sue forme e applicazioni” chiedendo che le stesse garanzie siano previste per il lavoro accessorio, come invece al momento non è.

E la colpa potrebbe essere in parte proprio dei voucher Inps che, nati per stanare il lavoro in nero, il più delle volte si stiano dimostrando inefficaci e, sotto alcuni aspetti, perfino controproducenti: “questo istituto sta compromettendo sempre di più non solo la regolarità dei rapporti di lavoro, ma anche le tutele del lavoro per centinaia di migliaia di lavoratori interessati ogni anno. Nel 2015, con un salto rispetto al 2014, del 37,7% i voucher riscossi sono stati 88 milioni, per complessivi 1,4 milioni di lavoratori. Questo è un dato che deve allarmare. A fronte di quelli realmente riscossi, i voucher venduti sono stati oltre 115 milioni, con un differenziale di oltre 27 milioni di voucher mai erogati ai lavoratori”.

Per ridurre il gap tra voucher lavoro acquistati e attivati, e in generale per prevenire abusi nell’utilizzo di questi buoni Inps, è opportuno garantire la massima tracciabilità degli stessi. Da questo punto di vista il numero di voucher riscossi deve corrispondere quasi del tutto a quelli acquistati.