L’attuale periodo storico è costellato dalla crisi economica crescente, dalla scarsità di occasioni di lavoro e da tutte le conseguenti difficoltà economiche di una famiglia. Fattori questi che però possono spingere a usare la fantasia per venire fuori da questa situazione. Ed è così che qualcuno pensa a nuove iniziative. Per esempio c’è chi può decidere di avviare delle attività lavorative in proprio. Anche se non vere e proprie attività imprenditoriali come tradizione vuole. Internet, con le sue potenzialità, aiuta molto da questo punto di vista.

Sono davvero tante le persone che si inseriscono, infatti, nel commercio elettronico. Qualcuno lo fa per fare cassa, magari vendendo una console per videogiochi non più utilizzata, un telefonino ormai in disuso, prodotti da collezione oppure anche manufatti artigianali. C’è chi invece sceglie internet per aprire proprio una vera e strutturata attività commerciale senza negozio fisico.

Da Internet si può trarre guadagno

Decidere di entrare sulle piattaforme che consentono le vendite a distanza o creare un proprio sito Internet, comprando prodotti da altri venditori e tornando a venderli lucrandoci un guadagno, può essere una via per fare soldi. Ma dal punto di vista fiscale queste attività come possono essere inquadrate? L’occasione per parlare di questo genere di attività ce la offre una nostra lettrice, che sta pensando di sfruttare una sua capacità e una sua passione per fare soldi.

“Buonasera, sono Daniela una pensionata di 68 anni che vive con la pensione minima di poco superiore a 500 euro al mese. Vivere però è una parola grossa perché il monolocale dove abito mi costa già 200 euro al mese di affitto. E tra bollette e spese per la casa, potete immaginare le mie difficoltà ad arrivare a fine mese. La mia nipotina qualche tempo fa ha venduto su un sito di commercio elettronico due braccialetti fatti con fili e perline.

Lo ha fatto per gioco, ma ciò che va sottolineato è che questi braccialetti erano delle mie creazioni.

Infatti una mia passione è proprio quella di usare ago filo per creare braccialetti, collane, centrotavola, e qualsiasi altra cosa di questo genere. Secondo voi se mi faccio aiutare a costruire un sito Internet posso farla diventare una vera attività? E se posso, come funziona la parte fiscale di questa attività, dovrò pagarci le tasse?”

Come racimolare denaro con il commercio elettronico

Arrivare a fine mese è diventata un’impresa ciclopica per molti contribuenti in Italia e non soltanto per la nostra lettrice. Lei vive in un evidente stato di necessità dal momento che dice di vivere con una pensione che non arriva a essere integrata al minimo. La nostra lettrice sta valutando, quindi, l’ipotesi di arrotondare ciò che incassa di pensione, sfruttando una sua sana passione. Ma occorre sottolineare che da questo punto di vista il fisco ha l’occhio lungo, come si dice in questi casi.

Infatti, essendo un commercio che sfrutta le piattaforme Internet, il fisco ha facilità a intercettare questo genere di compravendite. Nulla di illecito però, ma è evidente che per quando vedremo dopo, se da semplice attività di vendita dei braccialetti va oltre e fa guadagnare soldi oltre una certa soglia, bisognerà adempiere a ciò che lo Stato prevede, tasse comprese.

Tassazione del commercio elettronico

Ormai il commercio elettronico fa parte della quotidianità della popolazione. In rete si compra tutto e si trova di tutto. E avviare una attività, o una attività in rete può essere facile. Ma il commercio elettronico non è esente da regole, tassazione e vincoli. Tutto dipende da cosa intende fare la nostra lettrice o da cosa intendono fare tutti gli altri contribuenti interessati a questo genere di iniziative. Per esempio, bisogna distinguere tra attività saltuaria o occasionale e attività in pianta stabile.

Due cose completamente diverse le cui differenze però, a conti fatti, sono difficilmente individuabili.

Bisogna partire dal presupposto che vendere di tanto in tanto un qualcosa, magari creato da soli, oppure un vecchio smartphone, la vecchia bici di un figlio o la raccolta di fumetti del passato non rappresentano una vera e propria attività commerciale. Quindi chi fa questo non è tenuto ad aprire una partita IVA e a iscriversi alla Camera di Commercio. Ma cosa significa vendere qualcosa di tanto in tanto? E su questo che i problemi possono essere molteplici. Innanzitutto va detto che aprire un proprio sito Internet dove si vendono prodotti può essere considerato dal fisco equivalente ad aprire un vero e proprio negozio.

Commercio elettronico, molto dipende dal volume di affari

Il tetto massimo che obbliga un commerciante da aprire la partita IVA è fissato a 5.000 euro annui. È evidente che chi è interessato al commercio elettronico e apre un proprio sito (o che si iscrive a una piattaforma di marketplace) e supera questa soglia di introito, può essere considerato un vero e proprio commerciante. Questo da parte del fisco naturalmente. Anche se a dire il vero la continuità di questo genere di attività deve essere nel tempo. Pertanto il fisco aprirà i controlli per verificare se questa attività del diretto interessato sia stata avviata da diversi anni. In quel caso, non è raro arrivare a dover versare le tasse non pagate l’anno precedente o gli anni precedenti per il volume d’affari prodotto con la vendita di determinati oggetti.

Chi invece non ha un sito internet e magari piazza alcuni propri articoli su un sito di commercio elettronico e di annunci, se lo fa sporadicamente non è assoggettabile a nessuna tassa. Resta il fatto che essendo la compravendita tutta definita in maniera digitale, dalla vendita al pagamento, il fisco italiano ha sempre gioco facile sulle verifiche nel caso di accertamento.