Tutti in pensione con 41 anni di contributi? E’ questa una delle ipotesi allo studio del governo per riformare il sistema pensionistico. L’intenzione dichiarata del Ministro al Lavoro Nunzia Catalfo è quello di superare una volta per tutte la riforma Fornero che ha creato tanti disagi e delusioni fra i lavoratori.

Nel mirino ci sarebbe innanzitutto quota 100 che andrà a scadenza nel 2022 e lascerebbe un vuoto, uno scalone, a partire dal 2023. Ma anche opzione donna, troppo penalizzante e Ape Sociale a beneficio di una platea molto ristretta di persone.

Insomma, si punterebbe a una soluzione che semplifichi il sistema pensionistico senza danneggiare troppo i lavoratori.

Quota 41 per tutti i lavoratori?

Una delle soluzioni più accreditate sarebbe quella di estendere quota 41 a tutti i lavoratori. Oggi, in base alla legge in vigore e in alternativa alla pensione di vecchiaia, si può optare per la pensione anticipata con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica, ma bisogna soddisfare determinati requisiti. Il primo è l’appartenenza alla categoria dei lavoratori precoci, cioè a quei lavoratori che hanno versato almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età. Il secondo è l’appartenenza a una delle categorie svantaggiate previste dalla legge, quali disoccupati, invalidi (al 74%), caregivers, o lavoratori gravosi. Solo la combinazione di questi tre fattori dà il diritto ad andare in pensione con 41 anni di contributi.

Il superamento della riforma Fornero

Quello a cui punta il Movimento 5 Stelle è, quindi, abolire il requisito del lavoro precoce a l’appartenenza a una categoria di lavoro usurante o gravoso. In questo modo la platea degli aventi diritto alla pensione con 41 anni di contributi si estenderebbe a molti più beneficiari. Del resto 41 anni di contributi versati non sono pochi, ma la misura andrebbe a risolvere il problema dello scalone quando finirà quota 100. Una riforma che andrebbe così a superare quanto previsto al momento dalla pensione anticipata, che permette l’accesso alla pensione indipendentemente dall’età anagrafica al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi (per gli uomini) e 41 anni e 10 mesi di contributi (per le donne).

Il problema delle risorse economiche

Il problema, però, riguarda le risorse finanziarie per poter portare avanti una riforma del genere. L’Italia è uno dei Paesi che spende di più al mondo per le pensioni e proprio in questi giorni l’OCSE ha ammonito il governo a muoversi per mettere un freno alla spesa pubblica che ha raggiunto il 16% del Pil. Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, è necessario che l’Italia abolisca il sistema dei pensionamenti anticipati (quota 100) e allunghi il requisito dell’età pensionabile. Poiché le speranze di vita media si sono allungate, secondo l’OCSE, è necessario che il sistema pensionistico si adegui e che quindi l’Italia rispetti la riforma Fornero introdotta nel 2012. Qualora si intervenisse per anticipare l’uscita dei lavoratori dal mondo del lavoro, si creerebbe uno squilibrio fra entrate e uscite dell’Inps (i conti sono già sotto pressione) tali da non poter più garantire le pensioni future dei giovani lavoratori di oggi.