Una recente sentenza è tornata su un tema molto delicato in ambito lavorativo: quello del trasferimento di sede del dipendente e delle motivazioni che autorizzano quest’ultimo a rifiutarlo senza rischiare il licenziamento. In particolare la Cassazione, con ordinanza n. 29954/2017, ha respinto il ricorso di una datrice di lavoro che voleva imporre il trasferimento di una lavoratrice sebbene quest’ultima avesse obiettato che lo stato d’ansia gli impediva di raggiungere la sede più lontana ubicata in un altro Comune.

Il lavoratore che rifiuta il trasferimento rischia il licenziamento?

Il Tribunale in primo grado aveva accertato la diagnosi fatta dalla USL locale di “disturbo d’ansia generalizzato” che impediva alla donna di lavorare come portalettere.

Stessa conclusione in Appello, dove la CTU confermava il disturbo d’ansia che impediva di guidare. La donna quindi poteva raggiungere la sede di lavoro solo con mezzi pubblici. Non solo: anche il fatto di dover cambiare mezzo prendendo coincidenze e non autobus diretti, poteva incidere sul disturbo della donna. Ecco perché le è stato riconosciuto il diritto di assegnazione di una sede di lavoro facilmente raggiungibile dalla propria residenza con il trasporto pubblico. Peraltro la lavoratrice aveva trovato un collega di pari livello e competenze disposto ad accettare il trasferimento al suo posto: scambio al quale la datrice di lavoro si era opposta (sebbene anche la distribuzione di organico nelle due sedi fosse equivalente e quindi senza apparente motivo logico).

Gli Ermellini hanno ribadito anche che i datori di lavoro sono tenuti ad osservare l’articolo 2087 c.c. in termini di tutela delle condizioni di salute dei dipendenti dovendo assicurare la compatibilità dello stato di salute nella scelta della sede di lavoro e delle mansioni affidate.