TFR, quando può essere richiesto all’INPS? Il lavoratore che ha cessato il rapporto di lavoro a chi deve chiedere il pagamento del trattamento di fine rapporto maturato nell’arco della sua attività lavorativa? È il datore di lavoro o l’INPS a dover corrispondere il TFR? A chiarire l’argomento è intervenuta la Corte di Cassazione con una recente sentenza n. 7924 pubblicata il 28 marzo 2017. Vediamo cosa riporta la sentenza

Quando l’INPS corrisponde il TFR?

La sentenza evidenzia i casi in cui l’INPS può corrispondere il TFR al lavoratore alla fine del rapporto di lavoro.

L’INPS è tenuto a corrispondere il Trattamento di Fine Rapporto ai lavoratori, attingendo al Fondo di garanzia istituito presso di sé.

TFR: quando l’INPS deve pagare?

L’INPS è obbligato a corrispondere il TFR quando le società coinvolte siano sottoposte a procedure concorsuali.

In caso di fallimento dell’azienda, le ultime tre mensilità dello stipendio e il TFR sono pagati ai dipendenti dal Fondo speciale istituito dall’INPS. Per ottenere il TFR  dall’INPS, il datore di lavoro deve essere dichiarato fallito, i dipendenti devono insinuarsi nella procedura fallimentare ed essere ammessi, inoltre è necessario che lo stato passivo venga dichiarato esecutivo. Sintetizzando, si tratta di una fase del procedimento fallimentare volta a quantificare e verificare i crediti dell’azienda, prima del fallimento. Quando il dipendente è stato ammesso alla procedura fallimentare può presentare una domanda all’Inps, firmata dal curatore fallimentare.

TFR: cosa succede se l’azienda non fallisce?

Un’azienda fallisce quando rientra in determinati requisiti, ad esempio:

  • l’aver maturato un debito uguale o superiore a 500.000 euro;
  • un attivo patrimoniale pari ad almeno 300.000 euro e ricavi lordi di almeno 200.000.

Se l’azienda non presenta questi requisiti, non può essere dichiarata fallita, ma ciò non significa che i dipendenti perderanno il loro TFR.

Cosa ha stabilito la Suprema Corte

Riportiamo un’altra sentenza decisiva della Corte di Cassazione n.

8072/2016 del 21 aprile 2016, dove si evidenzia che il Fondo di Garanzia opera ugualmente al pagamento del TFR, alle seguenti condizioni:

  • il lavoratore deve aver agito contro l’azienda procurandosi una sentenza definitiva o un decreto ingiuntivo non opposto e, quindi, ormai irrevocabile: titolo esecutivo;
  • il patrimonio dell’azienda deve essere insufficiente a consentire la soddisfazione dei lavoratori (atto di pignoramento negativo).
    Lo stesso  vale nel caso in cui, pur presentando l’azienda i requisiti per fallire, l’istanza di fallimento venga rigettata perché l’impresa è ormai chiusa da oltre un anno o in caso di immediata estinzione del fallimento per insufficienza dell’attivo, in questo caso è necessario che il lavoratore si munisca di sentenza di condanna o decreto ingiuntivo.

Quando l’esecuzione si considera infruttuosa?

Il caso analizzato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 7924 del 28 marzo 2016, riguardava alcuni lavoratori che avevano convenuto in giudizio l’Inps per il pagamento del TFR non corrisposto da parte del loro datore di lavoro. Nello specifico gli stessi allegavano prova del deposito dell’istanza di fallimento nei confronti della società, ma gli amministratori risultavano irreperibili. Questa circostanza aveva comportato l’infruttuosità dell’esecuzione forzata.
L’Inps aveva impugnato sia la sentenza di I° che quella di II° grado, e con esito positivo in Cassazione. La sentenza stabiliva la mancanza delle condizioni di procedibilità nei confronti dell’INPS per il pagamento del TFR dal Fondo di garanzia.