Conviene ad un uomo rifiutare il test del DNA per accertare la paternità del figlio che gli viene attribuito?

Il test del DNA, infatti, può accertare senza ombra di dubbio la paternità di un figlio, l’uomo però, volendo, può rifiutarsi di eseguire il test anche se, forse, potrebbe trattarsi di una decisione non proprio conveniente.

L’uomo, infatti, che rifiuta di sottoporsi al test di paternità potrebbe passare dall’incertezza di avere o meno un figlio, alla certezza grazie ad una sentenza del tribunale.

I giudici, infatti, potrebbero intendere il rifiuto di sottoporsi al test del DNA come una tacita ammissione di responsabilità e che l’uomo rifiuta il test per nascondere qualcosa. Il rifiuto di sottoporsi al test di paternità, quindi, potrebbe essere interpretato dai giudici come una prova sufficiente per riconoscere la paternità.

Una sentenza della Corte di Cassazione,  la numero 23296 del 2015, pronunciata sul caso di un uomo che per ben 2 volte non si è presentato all’esame del DNA ha stabilito l paternità giudiziale ponendo alla base della decisione il rifiuto di sottoporsi alle indagini di rito. Secondo la Suprema Corte, infatti, rifiutare il test di paternità equivale ad un comportamento valutabile per i giudici. In Italia non ci sono leggi che obbligano un uomo a sottoporsi al test di paternità, ma un uomo che si rifiuta di sottoporvisi sicuramente desta il sospetto di voler nascondere qualcosa.

Se, invece, l’uomo motiva con ragioni credibili il suo rifiuto, come ad esempio contestando l’esistenza di un rapporto sessuale con la donna.

La sentenza di paternità equivale ad un riconoscimento volontario del figlio: con essa il presunto padre diventa padre a tutti gli effetti dovendosi fare carico degli obblighi di mantenimento, di istruzione e di educazione del figlio, così come recita il codice civile.

Nell’incertezza, quindi, se mancano validi motivi di rifiuto, per l’uomo è sempre meglio sottoporsi al test di paternità per evitare una sentenza di paternità.