L’esercente di un bar può limitare l’uso dei bagni ai soli clienti? Nel Lazio, e in particolare a Roma, la tassa sull’uso del bagno del bar per i non clienti potrebbe essere addirittura imposta dal testo unico sul commercio regionale. Qualcuno, con un po’ di amara ironia, parla già di “tassa sulla pipì”. Definizione che ha fatto pensare ad una bufala: che cosa c’è di vero?

Il riferimento è all’articolo 75 sulla trasparenza dei prezzi che prevede espressamente: «Qualora il servizio igienico, per i soggetti diversi dalla clientela, sia messo a pagamento, il prezzo dello stesso deve essere reso ben noto attraverso l’apposizione di idoneo cartello».

Questa frase, di fatto, apre alla possibilità di tassare l’uso del bagno negli esercizi commerciali per i non clienti.

L’uso del bagno nei bar è gratuito o a pagamento?

Uno scenario che ha suscitato diverse critiche e polemiche. L’uso gratuito del bagno negli esercizi commerciali per molti rappresenta una regola base in un paese civile, dove i servizi base non andrebbero negati a nessuno. Soprattutto nelle aree in cui i servizi igienici pubblici non sono presenti o non sono sufficienti a coprire la richiesta.

Peraltro la proposta lascia aperti diversi punti: chi stabilisce quanto far pagare e come si distingue un cliente da un non cliente? Basta comprare una bottiglietta d’acqua o c’è un limite di spesa minimo? Inoltre: quale servizio si paga con la “tassa sulla pipì” esattamente? Il semplice uso della toilette o anche servizi di pulizia, fornitura di carta igienica etc.?

Molti degli esercenti invece appaiono a favore. Vale soprattutto per chi gestisce bar nelle zone più turistiche della capitale. I proprietari lamentano che i servizi igienici sono spesso presi d’assalto da turisti che non consumano e lasciano l’ambiente sporco. Mettere a disposizione il bagno, osservano, ha anche dei costi (legati alla pulizia, alla carta, all’acqua e alla luce etc).

Dunque che cosa potrebbe cambiare?