Quando un lavoratore esce dal lavoro e va in pensione, l’INPS che liquida il rateo mensile lo calcola alla data in cui il lavoratore stesso presenta domanda. Un calcolo che oltre a tenere conto dei dati presenti in archivio, tiene conto delle dichiarazioni presentate dal pensionato a corredo della domanda, con i classici allegati. Spesso però i trattamenti previdenziali che eroga l’INPS sono sbagliati come importo. Nessun errore da parte dell’Istituto, perché non di rado a sbagliare è il pensionato.

Soprattutto perché dopo anni ed anni di pensione, è fisiologico che per il pensionato qualcosa possa essere cambiato.

Una nostra lettrice infatti ci chiede: “Mi è stato detto che posso ottenere una pensione più alta semplicemente chiedendo il ricalcolo. Ma come posso fare e in cosa consiste questa operazione? Una mia amica ha ottenuto dall’INPS 150 euro al mese in più di rateo e 3.000 euro di arretrati. Posso fare lo stesso io?”

Effettivamente qualcosa di vero in ciò che l’amica della nostra lettrice ha detto esiste. Prendere sulle pensioni aumenti e arretrati fino a 5 anni e tutto parte dalla busta paga del pensionato è una possibilità concreta.

 

Il ricalcolo della pensione conviene, ecco perché

Esiste una campagna di sensibilizzazione che alcune sigle sindacali per il tramite dei loro patronati hanno avviato da tempo. Si tratta della campagna “ricalcola la tua pensione”. In pratica vengono invitati i titolari di assegni previdenziali ad andare al patronato per farsi ricalcolare il trattamento. Tutto nasce dal fatto che statisticamente, pare che una pensione ogni tre sia sbagliata. E soprattutto, pare che l’errore sia a sfavore di chi è in quiescenza. Il modello fondamentale per avere chiaro il quadro non è la CU (Certificazione Unica), quanto piuttosto il modello OBIS/M. Per chi non lo conosce, oppure per chi lo ha sentito nominare ma non sa cos’è, parliamo della busta paga del pensionato.

Nel modello sono riportati i dati della pensione lorda, le trattenute (dalle tasse a quella sindacale) e le voci che compongono l’assegno mensile incassato. Una volta questo modello arrivava nella cassetta della posta tramite spedizione ordinaria. Adesso bisogna provvedere a scaricarlo dall’area riservata del sito dell’INPS. O si fa da soli, con le credenziali SPID, CIE o CNS, o tramite patronato.

I diritti inespressi e perché si chiamano così

Visionando e analizzando il modello il pensionato ha la possibilità di verificare se la sua pensione è giusta. Naturalmente con l’ausilio di chi ha le capacità di verificare tutto ciò. La nostra lettrice deve per prima cosa recuperare il modello OBIS/M e dopo avviare le opportune verifiche. Non è detto però che gli effetti ottenuti dalla sua amica che ha recuperato qualcosa come 3.000 euro di arretrati e un cospicuo aumento di pensione, siano i medesimi anche per lei. Resta il fatto che sulle pensioni esistono i cosiddetti diritti inespressi. Sono voci e importi aggiuntivi sulle pensioni, che l’INPS non eroga automaticamente, ma solo dietro richiesta del pensionato.

Sugli assegni incidono i redditi, la composizione della famiglia e naturalmente i contributi versati

Soprattutto per le pensioni di basso importo il pensionato può ottenere delle somme aggiuntive. Parliamo delle maggiorazioni sociali, dell’integrazione al trattamento minimo, della quattordicesima. Ma sugli assegni previdenziali si ha diritto anche all’assegno sui familiari a carico, a partire dal coniuge. Sul modello OBIS/M si può verificare se questi emolumenti aggiuntivi sull’assegno previdenziale, sono presenti. E se non ci sono, occorre fare domanda all’INPS. Dal modello OBIS/M si può verificare anche se l’INPS trattiene la quota sindacale. Una trattenuta che magari il diretto interessato la subisce inconsapevolmente, perché nemmeno sa di avere.

Magari perché è una trattenuta figlia di una sottoscrizione all’atto della domanda di pensione. La maggior parte di queste somme aggiuntiva vanno richieste mediante apposita istanza. Una domanda di ricostituzione della pensione, magari per motivi reddituali, può essere utile. Ed è quella che offrono i sindacati con la campagna di sensibilizzazione prima citata. Può essere utile per esempio, per recuperare i contributi non utilizzati nel momento in cui il diretto interessato ha lasciato il lavoro. Oppure, diventa utile anche se ci sono contributi versati dopo la data di uscita dal mondo del lavoro.