La caduta del governo e la fine anticipata della legislatura hanno dato la mazzata finale sulla riforma pensioni. Fra l’insediamento del Parlamento e la formazione del nuovo governo non si farà in tempo per varare la tanto attesa riforma.

La strada verso il ritorno pieno alle regole Fornero è quindi spalancata. E non è nemmeno una sorpresa. Il governo Draghi non ha mai disdegnato la fine delle pensioni anticipate e delle deroghe al sistema ordinario.

Il ritorno integrale alla Fornero sulle pensioni

In questo contesto politico ed economico, d’altra parte, è difficile immaginare una riforma pensioni ben fatta che richiederebbe tempo e confronti costruttivi con le parti sociali.

Inoltre dovrebbe essere agganciata a una revisione della politica salariale (salario minimo) adeguata.

Non si può nemmeno ricorrere ancora una volta al deficit come vorrebbe la Lega o a Quota 41 come chiedono i sindacati. La tenuta dei conti pubblici è dietro l’angolo, anche perché dal prossimo anno serviranno altri 23 miliardi per rivalutare 16 milioni di pensioni a causa dell’inflazione.

Anche Quota 102 è in fase terminale. La pensione anticipata con uscita a 64 anni e 38 di contributi ideata dal governo per evitare lo scalone tra la fine di Quota 100 e i requisiti di vecchiaia sta per scadere. Senza interventi legislativi, dunque, non ci saranno più deroghe alle regole Fornero.

Come si andrà in pensione nel 2023

Posto quindi che le uniche certezze per il 2023 restano la pensione di vecchiaia a 67 anni e quella anticipata con 41-42 anni e 10 mesi di contributi, cosa potrebbe accadere nel frattempo? La legge di bilancio deve ancora essere presentata e non è escluso che qualcosa si farà.

Piccoli aggiustamenti, ben inteso, nulla di più. Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha rassicurato che saranno prorogate Ape Sociale e Opzione Donna. Ma non basta. Le due misure sono insufficienti a coprire la platea di quei lavoratori che è rimasta fregata dalla fine di Quota 100.

Sullo sfondo ci sarebbero le riforme suggerite dall’Inps per riformare il sistema senza compromettere l’equilibrio delle finanze pubbliche. Ma si viaggia sul filo del rasoio perché, in ogni caso, i potenziali beneficiari non sarebbero molti e subirebbero penalizzazioni.