Il sistema previdenziale italiano è sull’orlo del baratro. Fiore all’occhiello e modello per i Paesi europei più sviluppati dagli anni del boom economico fino all’alba del nuovo secolo, il welfare tricolore dà evidenti segni di cedimento per il futuro. La spesa pubblica per mantenere in equilibrio il sistema di assicurazione sociale in Italia è destinata a esplodere in assenza di interventi strutturali.

A mettere in evidenza la problematica è il nuovo Rapporto sul Welfare presentato a Roma da Unipol, che insieme a The European House Ambrosetti.

Nulla di sorprendente, ma il tempo passa e, in assenza di interventi da parte del legislatore, il Paese rischia di non avere più soldi per garantire a tutti previdenza e sanità entro il 2050. La politica non vuole intervenire per non perdere consensi e le lobby, dal canto loro, non vogliono rinunciare ai guadagni che derivano dalla gestione di previdenza e sanità.

Welfare sull’orlo del collasso

Ma il dado è ormai tratto. La popolazione italiana invecchia, si fanno sempre meno figli e l’apporto degli immigrati già adesso non è più sufficiente a supportare il crollo demografico del Paese. In futuro ci saranno più pensionati che lavoratori, ma già adesso il rapporto si sta sbilanciando. Il lavoro sarà sempre più precario e la contribuzione a favore dei fondi pensionistici Inps sarà deficitaria col risultato che, alla fine, non ci saranno più soldi per pagare le pensioni future. Ma, d’altro canto, chi inizia a lavorare oggi non è sicuro di avere una pensione domani ed è comunque certo che, con le attuali regole, sarà una pensione da fame. Gli squilibri sociali si stanno già intravvedendo con l’incremento di preoccupanti indici di povertà in un Paese che in passato non conosceva, al pari di altre nazioni, questo problema. Cosa fare, allora?

Il Welfare New Deal

Secondo Valerio De MolliManaging Partner CEO di The European House Ambrosetti, “Sono tanti i motivi per cui gridiamo a gran voce che la politica deve focalizzarsi urgentemente su quello che abbiamo chiamato Welfare New Deal: il nostro Paese è penultimo in Europa per disoccupazione giovanile, è ultimo per giovani che non cercano lavoro e nemmeno studiano, abbiamo una popolazione femminile che è la più bassa in Europa in termini di partecipazione al lavoro”.

Il sistema è destinato a non reggere – si legge nel rapporto Unipol sul Welfare – perché si sta creando un profondo disequilibrio sociale che impatterà inevitabilmente come una meteora sui conti dello Stato, già appesantiti da un enorme debito pubblico. “Nel 2018 – prosegue De Molli – per la prima volta gli over 60 sorpassano gli under 30, provocando uno sbilancio assoluto tra chi genera risorse e chi le consuma”.

La ricetta per uscire dalla crisi

Ma non sono solo le pensioni a preoccupare, c’è anche la sanità. Nel 2050, cioè fra 30 anni, la spesa pubblica sanitaria raddoppierà perché ci saranno più anziani da assister, la popolazione sta invecchiando in maniera rilevante e le aspettative di vita si allungano. “Diventa quindi urgente – conclude De Molli – mettere al centro la politica di rilancio del Welfare che necessita di una forte integrazione tra pubblico e privato e di una visione chiara sulle politiche e le iniziative di rilancio”.

Il progetto Welfare Italia

Il progetto di studio e riforma proposto da The European House Ambrosetti e Unipol si chiamerà Welfare Italia e porrà le basi per la costruzione di un modello di welfare adatto ai tempi, a una società che va più veloce, che sta introducendo le nuove tecnologie e che si è globalizzata. Il nuovo sistema dovrà tenere conto dei cambiamenti della società e delle aspettative dei giovani di oggi con maggiore integrazione fra pubblico e privato. Il nuovo Think Tank sarà dunque una piattaforma permanente di discussione che apporterà spunti e idee per riformare in maniera sostenibile la spesa italiana per il welfare partendo dai cambiamenti in atto nel mondo del lavoro.

Molti nuovi lavori – osserva Stefano Scarpetta, direttore del Dipartimento per l’occupazione, il lavoro e le politiche sociali dell’Ocse – saranno creati, mentre altri potrebbero scomparire: secondo l’Ocse, il 15% dei posti attuali è ad alto rischio di automazione in Italia nei prossimi 15-20 anni. Ma un altro 35,5% potrebbe subire sostanziali cambiamenti nel modo in cui vengono svolti; questi posti di lavoro rimarranno ma con mansioni molto diverse da quelle attuali. La transizione non sarà facile per molti lavoratori e senza politiche d’intervento mirate, le disparità nel mercato del lavoro rischiano di aumentare. In questo contesto, offrire formazione professionale a tutti i lavoratori e un welfare adeguato alle esigenze di un mondo del lavoro mutato sono elementi cruciali per evitare ulteriori diseguaglianze tra lavoratori e famiglie e garantire la sostenibilità economica e sociale“.