E, alla fine, qualcosa di nuovo al capitolo pensioni la manovra finanziaria lo destinerà. Infatti, al netto delle proroghe di Opzione donna e dell’Ape sociale che appaiono ormai scontate, il 2023 sarà l’anno dell’estensione della quota 41 a lavoratori diversi dai precoci. E anche dai gravosi, dagli invalidi (o con invalidi da assistere) e dai disoccupati di lungo corso. Sì, perché quota 41 non sarà una novità assoluta, ma una rivisitazione più larga di quella in vigore oggi. Ma non neutra da vincoli e quindi non aperta a tutti i lavoratori.
Questo non vuol dire che sarà una misura poco utile, anzi. Soprattutto alla luce di quanto successo in questi anni, ci sono intere platee di lavoratori che una misura del genere la attendevano con ansia.
“Mi chiamo Raffaele, sono nato l’8 giugno 1961 e credevo di dover continuare al lavorare fino al mese di marzo 2025 per poter andare in pensione. Infatti, a maggio 2023 completo 41 anni di contributi. Una carriera composta da 20 anni in edilizia, un anno di servizio militare, 10 anni come operaio in fabbrica e 5 anni come metalmeccanico di una azienda dedita al rifacimento ferroviario e stradale. Ho pure 5 anni di contributi figurativi, tra malattia, CIG e disoccupazione. Ero pronto a lavorare altri due anni, ma se è vero che ci sarà quota 41 nel 2023, potrei anticipare la pensione. Secondo voi posso?”

Per gli esclusi dalla pensione con quota 100 e 102 la nuova quota 41 è utile, ma solo in alcuni casi

In barba a quelli che pensano che sia una misura praticamente inutile, il nostro lettore dimostra che la quota 41 nel 2023 farebbe comodo a molti lavoratori. Al posto di andare verso la pensione anticipata ordinaria a 42 anni e 10 mesi di contributi, con la nuova quota 41 si potrà anticipare l’uscita. Per i nati nel 1961 una autentico toccasana dal momento che senza questa nuova misura per loro la pensione sarebbe rimasta una specie di miraggio.
I nati tra il 1959 ed il 1961, soprattutto con determinate condizioni contributive e lavorative rientrano tra i più penalizzati dalle particolari regole introdotte nell’ultima legislatura. Bastava non aver raggiunto i 38 anni di contributi versati entro il 31 dicembre 2021 per essere esclusi da quota 100 e tagliati fuori dalle misure successive. Basti pensare a chi con 62 ani di età completati nel 2021, aveva “solo” 37 anni di contribuzione. Niente quota 100 e nonostante il completamento dei 38 anni di contributi nel 2022, niente quota 102, perché oggi non bastano i 63 anni di età, ma ne servono 64. A dire il vero questo lavoratore sarebbe escluso anche dalla quota 41 che verrà introdotta nel 2023, perché lui si troverà a 39 anni di contributi e non con i 41 necessari.

A chi tornerà utile la quota 41 nel 2023

Sta di fatto che dopo il varo della nuova quota 41 nel 2023 potranno andare in pensione quanti si trovano con 62 anni di età compiuti e con 42 anni di contributi versati. Sono le due soglie minime di accesso alla novità principale in via di approvazione. Un vantaggio netto dal momento che anche il nato nel 1960, potrà sfruttare questo canale di uscita. Si tratta in pratica di quei soggetti che per colpa dell’età non sono rientrati nella quota 102. Infatti guardando la misura, servivano 64 anni di età e 38 anni di contributi versati. Una misura che ha tagliato fuori quanti, pur avendo oltre 38 anni di contributi versati, non avevano la giusta età anagrafica prevista. Un’età che adesso scendendo di due anni diventa più appetibile. Il caso tipico è di chi nel 2021 aveva 61 anni di età e già 39/40 anni di contributi versati. Più o meno come il nostro lettore.

Gli esempi pratici di chi è favorito dalle nuove pensioni 2023

Il lavoratore che nel 2021 aveva 61 anni di età e già 39 anni di contributi, risulta escluso da quota 100 per una ragione.
Non aveva raggiunto l’età minima di 62 anni. Lo stesso lavoratore che nel 2022 ha raggiunto i 62 anni di età, non ha potuto sfruttare la quota 102 perché nel frattempo il limite di età è salito a 64 anni. Niente pensione anche se nel frattempo il lavoratore ha superato abbondantemente la soglia dei 38 anni di contributi, arrivando a 40 o oltre. Per questi lavoratori adesso, quasi a sorpresa, perché ormai puntavano alla pensione anticipata ordinaria, si riapriranno le porte del pensionamento anticipato. Si riabbassa l’età pensionabile per le misure per quotisti e si torna ai 62 anni, cioè rispettando gli anni di contribuzione potranno andare in pensione anche i nati nel 1961.