Può un soggetto residente all’estero e domiciliato fiscalmente in Italia, dedurre i contributi previdenziali che versa facoltativamente all’ente (INPS) che gestisce la forma pensionistica obbligatoria di appartenenza?

È la domanda cui l’Agenzia delle Entrate ha dato riscontro nella Risposta n. 148/E del 26 maggio 2020. In questo documento di prassi l’Amministrazione finanziaria ricorda che, sulla base della vigente normativa (art. 2 e 3 del TUIR), le persone fisiche fiscalmente non residenti nel territorio dello Stato sono soggetti passivi IRPEF e il relativo reddito complessivo è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato, secondo i criteri forniti dall’articolo 23 del TUIR.

Con riferimento poi alla deducibilità dal reddito complessivo dei contributi previdenziali, occorre richiamare l’art. 24 del medesimo TUIR, in cui si stabilisce che in materia di determinazione dell’imposta dovuta dai soggetti fiscalmente non residenti, “dal reddito complessivo sono deducibili soltanto gli oneri di cui alle lettere a), g), h), i) e l) del comma 1 dell’art. 10“.

Quando il soggetto non residente può dedurre in contributi previdenziali?

L’elencazione di cui al menzionato art. 24 TUIR è da ritenersi tassativa. In essa, come si può notare, non è indicata la lett. e) dell’Art. 10 TUIR, la quale si riferisce ai “contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi“.

La ratio di tale esclusione, risiede nella circostanza che i contributi previdenziali versati nel nostro Paese da un soggetto residente all’estero “rappresentano un attendibile segnalatore della situazione economica del contribuente solo in relazione al reddito complessivo che, come noto, rileva integralmente in Italia per i soli soggetti residenti, i quali sono tassati con riferimento a tutti i loro redditi, ovunque prodotti. Ciò non accade invece per i non residenti, il cui reddito, per la quota prodotta in Italia, costituisce un parametro insufficiente della capacità contributiva complessiva, in quanto rappresenta solo una parte del reddito complessivo che viene assoggettato a tassazione nel paese di residenza”.

Non bisogna però dimenticare la previsione contenuta al comma 3-bis dello stesso art. 24 del TUIR, con il quale il legislatore rendere deducibile gli stessi oneri previsti per i residenti anche ai soggetti non residenti in Italia ma residenti in Paesi che assicurino un adeguato scambio di informazioni, come elencati nel decreto del Ministro dell’Economia e Finanze del 23 marzo 2017. Questo a condizione, tuttavia, che il reddito prodotto nel territorio dello Stato italiano dal soggetto non residente sia pari almeno al 75% del reddito dallo stesso complessivamente prodotto e che egli non goda di agevolazioni fiscali analoghe nello Stato di residenza.