E’ successo in provincia di Udine nei giorni scorsi: dopo il parto una donna voleva impedire ai medici di tagliare il cordone ombelicale. Alla fine il personale dell’ospedale di San Daniele del Friuli è stato costretto a chiedere l’intervento della Procura per poter proseguire come da prassi medica. A nulla infatti erano servite le spiegazioni tecniche dei dottori che avevano cercato di convincere con le buone la coppia a far recidere il cordone ombelicale.
I due, sembrerebbe, non erano mossi da motivazioni religiose bensì personali.

Un caso che può sembrare assurdo ma se si analizza quanti utenti cercano ogni anno su internet “rifiutare il taglio del cordone ombelicale” o parole chiave simili, appare evidente che è una domanda che si pongono molte coppie in dolce attesa, pur senza arrivare poi alla fine all’opposizione drastica come in questo caso, appunto.

A livello scientifico non c’è possibilità di negare ai medici il taglio del cordone ombelicale: quest’ultimo, infatti, serve a dare nutrimento al feto ma, dopo il parto, non deve restare attaccato per più di pochi minuti onde evitare complicazioni dovute al possibile reflusso della placenta. Ecco perché, ad Udine, l’equipe medica era in ansia di fronte al trascorrere del tempo per via dell’ostruzionismo della coppia di neogenitori. Impedire il taglio del cordone, in quest’ottica, equivale ad ostacolare un intervento medico necessario.

Ma questa storia offre anche un altro spunto di riflessione, molto attuale in epoca no-vax. A che punto può arrivare la medicina fai da te? In che modo il diritto deve porre un freno? A cogliere questo aspetto è stato anche il Procuratore della Repubblica di Udine, Antonio De Nicolo, che ha commentato “Ciò che è accaduto è un segno triste dei tempi, che dimostra a che punto sia arrivata la medicina difensiva”. La coppia, infatti, aldilà del taglio del cordone ombelicale, aveva rifiutato anche la somministrazione di terapie che di prassi vengono prescritte alla neo mamma e al neonato dopo il parto.

Dalla Procura, pur in assenza di provvedimenti, il messaggio è chiaro “la mission dei medici è salvare vite. Nel momento in cui sussiste un pericolo, il trattamento sanitario va fatto. I medici devono essere liberi e sereni nello svolgere il loro lavoro per salvare i pazienti. Evitare le denunce è impossibile, ma qualora arrivasse, chiaramente archivieremo. Se al contrario il neonato fosse morto in assenza di intervento, in quel caso sì che avremmo aperto un fascicolo d’indagine”.

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