Sul tema della pensione anticipata per malattia c’è molta confusione. Erroneamente si pensa a volte che basti una malattia, cronica eventualmente, per smettere di lavorare e andare in pensione prima. Le cose non stanno propriamente così.

Chi sta male può smettere di lavorare prima?

Chiariamo in primis che cosa si intende per malattia cronica. A livello medico si definisce cronica una patologia che non prevede guarigione o miglioramenti ma solo stazionamento o aggravamento nel tempo. Se questa malattia impedisce o rende difficile lo svolgimento dell’attività lavorativa potrebbe sorgere il diritto al riconoscimento di inabilità al lavoro o invalidità nei casi più gravi.

Dunque l’eventuale pensione per malattia cronica presuppone il riconoscimento di una di questa due condizioni.

Oltre alla pensione Inps, se la patologia rientra nel novero delle malattie professionali, dà diritto alla rendita Inail.

Quando la malattia dà diritto al riconoscimento di invalidità

La valutazione dell’invalidità può variare a seconda della categoria di lavoro e della prestazione richiesta:

  • per stabilire la percentuale d’invalidità civile si calcola la riduzione della capacità lavorativa generica;
  • l’invalidità  pensionabile Inps deve essere valutata da una commissione medica ad hoc.

Se ti è stata riconosciuta l’impossibilità di svolgere qualsiasi tipo di attività lavorativa, in modo assoluto e perenne, e hai un montante contributivo di almeno 5 anni (di cui almeno 3 versati nell’ultimo quinquennio), puoi maturare il diritto alla pensione d’inabilità al lavoro (attenzione la prestazione non va confusa con la pensione per inabilità alle mansioni o a proficuo lavoro che è riservata ai dipendenti pubblici).

Questo trattamento presuppone la cessazione di ogni attività lavorativa nonché la cancellazione da elenchi o albi. La pensione viene calcolata con gli stessi criteri che sottostanno alle pensioni dirette, sulla base dei versamenti, delle  retribuzioni medie e dell’anzianità lavorativa; l’anzianità contributiva maturata viene però incrementata applicando una maggiorazione (nel limite massimo di 2080 contributi settimanali, che corrispondono a 40 anni), sulla base del numero di settimane che vanno dalla decorrenza della pensione di inabilità al compimento dei 60 anni.

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