Dopo i recenti scandali sullo sfruttamento del lavoro in alcune grandi aziende, Zara corre ai ripari. La nota catena di abbigliamento ha deciso di rispondere alle voci sulle accuse di ricorrere a manodopera sottopagata, inserendo il codice QR nelle etichette dei vestiti. L’iniziativa partirà dai negozi Zara in Brasile. Di che cosa si tratta?

Etichette vestiti Zara: il codice QR che spiega cosa c’è dietro

Nelle etichette di molti vestiti Zara, accanto al prezzo, alla taglia e all’indicazione di provenienza “made in”, comparirà il codice QR.

Quest’ultimo conterrà indicazioni su tutti i passaggi della catena di produzione: dalle materie prime alla confezione e alla messa in vendita. In altre parole il codice QR in etichetta servirà anche a confermare codice di condotta che Inditex, il colosso spagnolo, ha imposto nelle sua sedi di produzione per respingere le accuse, soprattutto in caso di subappalto.  

Lavorare a Zara: dietro i vestiti lo sfruttamento?

Non è un caso che la sperimentazione sia partita in Brasile dove da tempo il gruppo Inditex è impegnato per respingere le accuse di pratiche “analoghe alla schiavitù”. Per contrastare lo stato di schiavitù in cui vivono ad oggi circa 155 mila persone (stando ai dati raccolti lo scorso anno dalla fondazione Walk Free), il governo brasiliano ha intensificato i controlli sui posti di lavoro e nel mirino sono finiti anche i laboratori di Zara a San Paolo. Proprio lì sono stati riscontrati turni di 15 ore, in un edificio in condizioni precarie e per uno stipendio mensile tra i 100 e i 150 euro. Nuova benzina sul fuoco che si getta sul marchio dopo le accuse del leader del movimento pachistano Ehsan Ullah Khan, impegnato contro lo sfruttamento della manodopera infantile, che