La settimana corta che molti sponsorizzano per una migliore conciliazione vita privata/studio e lavoro potrebbe diventare realtà (anzi in alcuni posti lo è già) ma per il motivo sbagliato. Meno scuola per risparmiare in bolletta. Una soluzione che, apparentemente, potrebbe sembrare sensata. Ma che, in realtà, andrebbe valutata in modo concertato. Scendere da sei a cinque giorni in termini di frequenza durante la settimana scolastica può essere la mossa giusta per abbattere il costo di quasi 5 milioni di euro delle utenze degli istituti scolastici? Il problema non è la scuola in sé, quanto una situazione di emergenza sul piano energetico che, a oggi, non ha ancora trovato le risposte giuste.

E che difficilmente potrà trovarle a stretto giro. Ok si parla di qualche provvedimento tampone come lascito finale del Governo Draghi. Ma si tratterebbe di qualche miliardo di euro per attutire il colpo del nuovo (previsto) rincaro in bolletta. Una misura che, di sicuro, non ha mancato di far discutere, anche se (per ora) non è altro che un’ipotesi. Lanciata peraltro a livello territoriale e, fin qui, discussa unicamente in qualche assemblea di presidi.

Scuola, ipotesi settimana corta

Al momento, però, il rischio è che possa valere tutto. Un po’ perché, effettivamente, di tempo per tamponare l’emergenza non ne è rimasto molto, anche se gli stoccaggi a disposizione dovrebbero, in teoria, assorbire in modo abbastanza buono l’impatto della carenza di gas. E un po’ per la difficoltà che le misure riescano a entrare a regime in tempo per sollevare i contribuenti dall’incubo delle spese rincarate. Del resto, gli esperti hanno tracciato un quadro abbastanza chiaro. E non è solo questione di scuola. I costi dell’energia sono in pieno rally, soprattutto il gas (che tocca vertici da capogiro sul mercato di Amsterdam, quello principale), e la frenata dei costi potrebbe ritardare anche di svariati mesi.

Il tutto mentre le tasche degli italiani sono già duramente provate dalla crisi innescata dalla pandemia e rafforzata dalla guerra in Ucraina. Il timore, infatti, è che il costo maggiorato delle utenze non sia altro che la punta dell’iceberg. Anche i beni di primissima necessità, infatti, hanno subito il morso velenoso dell’inflazione. Il pane, ad esempio, sale a 2,50 euro, mentre il carburante resta su livelli tutto sommato alti. E, anche se al momento figura sotto i 2 euro, l’instabilità del mercato potrebbe portare nuovi picchi anche in futuro.

Smart working almeno un giorno a settimana: la vita da ufficio si fa corta

Per questo i soli correttivi potrebbero non bastare. E l’idea di accorciare la settimana scolastica si affianca a quella relativa allo smart working come antidoto ai rincari per le aziende. Col rischio di innescare un circolo vizioso, in cui a rimetterci potrebbero essere nuovamente i lavoratori. Sui quali graverebbe il costo delle utenze rafforzato dal lavoro agile. Un altro problema riguarda gli interventi diretti sulle bollette, magari con l’istituzione di nuovi bonus o lo sgravio su alcuni costi base, come avvenuto in alcuni territori (Basilicata in primis). Misure che richiederebbero tempo (forse più della zona franca strappata alla campagna elettorale) e soprattutto risorse, difficilmente reperibili in tempi brevi, anche in vista della nuova Legge di Bilancio. E allora, ipotesi come la riduzione dell’orario delle lezioni (45 minuti invece di 50 o 60), l’abbassamento del riscaldamento di almeno un grado (forse due), la riduzione dell’illuminazione pubblica notturna e la riduzione dell’orario di accensione dei termosifoni diventano sempre più probabili. La sensazione è che il risparmio, ancora una volta, dovrà scaturire dal buonsenso dei contribuenti, piuttosto che da provvedimenti specifici. Con la speranza che gli studenti non debbano stare a scuola con la coperta sulle ginocchia.