Il Carnevale 2018 è iniziato ma pensare che ogni scherzo vale come ai vecchi tempi è assolutamente sbagliato. Fare uno scherzo innocuo può essere passabile, diciamo così, ma spingersi oltre può causare di finire dritti in tribunale con responsabilità penali. Ma quali sono gli scherzi che possono farci passare dei guai anche a Carnevale?

Scherzi telefonici e falsi profili Facebook

Gli scherzi telefonici sembrano innocui, spesso si fanno tra amici per ridere ma a volte un semplice gesto goliardico può trasformarsi in guaio, soprattutto se va a spaventare la vittima o a ledere la sua dignità.

Emblematica, a tal proposito, la sentenza numero 25772/2014 della Corte di cassazione in cui un minore fu considerato colpevole per aver fatto uno scherzo ad un amico, chiamandolo di notte e fingendosi un membro di una setta. La vittima fu spaventata dalla frase “morirai entro 7 giorni” e per questo l’amico fu condannato per reato di minaccia. Altro che scherzo. Un altro scherzo carnevalesco e non a cui fare attenzione è quello di creare falsi profili Facebook o Instagram a nome di un amico e scrivere post a nome suo. La sentenza numero 25775/2014 della Corte di cassazione ha condannato un ragazzo per reato di sostituzione di persona per aver creato un finto profilo a nome di un amico con foto e descrizione non simpatica. La stessa condanna può avvenire se si utilizza la foto di un’altra persona come propria nel profilo Facebook.

Gavettoni e lettere anonime

Anche le lettere anonime fanno parte di quegli scherzi su cui spesso ci si ride sopra. Non è andata però bene ad una ragazza che aveva inviato delle missive senza nome ad un’altra ragazza, una con dentro uno scorpione morto. Il gesto le è costato caro: la Cassazione con la sentenza numero 30306/2009 l’ha condannata per il reato di molestie e il pagamento di 400 euro di multa.

Anche i gavettoni vanno fatti con attenzione. Lo sa bene un uomo che fingendo di annaffiare le piante ha cercato di bagnare il vicino antipatico beccandosi una condanna per molestie. E attenzione anche alle smorfie: la sentenza n. 48306/2009 della Cassazione ha condannato un contadino per il reato di ingiuria per aver fatto la linguaccia ad un altro contadino. L’uomo ha fotografato il gesto del suo collega denunciandolo.

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