La sanatoria migranti si è conclusa male. Solo un terzo dei potenziali stranieri presenti sul territorio nazionale ha fatto domanda di regolarizzazione. 207.542 persone per la precisione, molto meno di quei 600 mila previsti dalla ministra per le Politiche Agricole Teresa Bellanova.

Un grosso buco nell’acqua hanno titolato i media. Ma anche un buco nel bilancio di previsione dello Stato che pensava di raccogliere circa 3 miliardi di euro dal condono su colf, badanti e braccianti agricoli clandestini. Statisticamente, l’85% delle domande di regolarizzazione ha riguardato colf e badanti, di cui un quarto circa solo in Lombardia.

Conclusasi il 15 agosto, la sanatoria voluta dalla ministra per le Politiche Agricole non ha quindi dato i risultati sperati. Nel settore dell’agricoltura mancano infatti braccia per la raccolta stagionale dei prodotti agricoli e – complice l’emergenza sanitaria – per quest’anno si profila un disastro con molti frutti e ortaggi che rischiano di marcire se non raccolti in tempo – fa notare la Coldiretti -.

I costi della sanatoria sui migranti

Ma cosa non ha funzionato nella sanatoria estiva sui migranti? Innanzitutto le procedure burocratiche e il vincolo che occorreva essere presenti in Italia prima del 8 marzo 2020, data di inizio lockdown. Poi i costi che sono la nota più dolente di tutta la procedura: 500 euro a carico del datore di lavoro per ogni lavoratore regolarizzato “a copertura degli oneri connessi alla procedura di emersione”. Oltre a 130 euro a carico del lavoratore per il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto e i costi fissi da versare a Inps ed erario che sono stati determinati lo scorso mese di luglio.

Il ministero del Lavoro, con decreto pubblicato in gazzetta ufficiale lo scorso 7 luglio 2020 ha infatti fissato gli importi in via forfettaria a titolo di retribuzione e contributi pregressi. Si tratta di 300 euro per i braccianti e 156 euro per colf e badanti.

Circa un terzo della somma va al fisco e due terzi all’Inps, ciascuno per propria competenza. Il versamento dovrà essere fatto a mezzo F24 prima della convocazione del lavoratore presso lo sportello unico per l’immigrazione. Pena la mancanza di rilascio del contratto di soggiorno.

Lo sfruttamento dei migranti

Nel settore agricolo, la sanatoria ha sortito un effetto boomerang. I pochi braccianti che sono stati regolarizzati dai datori di lavoro sono finiti nelle grinfie di caporali e sfruttatori che, a fronte dei costi di regolarizzazione, hanno chiesto di essere “ricompensati”. Migliaia di immigrati sono così stati ricattati con la promessa del lavoro regolare e la vendita di contratti di regolarizzazione fino a 8.000 euro. La denuncia, sollevata da un’inchiesta de L’Espresso, non è una novità e si poteva prevedere. Al punto che qualcuno ha perfino detto che il governo a fomentato lo sfruttamento e il caporalato in Italia. Una vera e propria “compravendita delle indulgenze”, in cui si è promesso il paradiso a costi altissimi per centinaia di migliaia di lavoratori.

Quindi, a pesare sul fallimento della sanatoria non ci sono solo i datori di lavoro. Ma anche lo stesso governo che ha imposto regole e costi che i migranti non avrebbero potuto rispettare perché senza soldi. Le cose sono andate un po’ meglio fra colf e badanti, ma non nel settore dell’agricoltura dove la Bellanova si aspettava di risolvere il problema della mancanza di manodopera a causa della pandemia. Poi, certo, ha pesato anche il ruolo giocato dai datori di lavoro. Si moltiplicano le segnalazioni di “padroni” che hanno scelto a chi concedere il contratto, ancora una volta dietro lauto compenso.